la bici l'ho presa .. il motore dovrebbe arrivare fine settimana....
l'unica "cosa" e' appunto che la bici e' già cosi bella cosi che non vorrei rovinarla.... ma pare che il sistema non infici il fatto di poter tornare indietro.... quindi credo proverò. i gradini sono gradini da "creuza" sono gradini lunghi circa 90 cm e con un'alzata di 10 cm ... prima andando piano li facevo con la graziella, senza piegare nulla.... non credo sia un problema x la bici... parlandone sul forum di bici elettriche i "ragazzi" mi hanno messo in guardia sul fissaggio degli elementi.... che dovrà essere granitico, ma non ti nascondo che anche io sono perplesso sul dubbio che hai sollevato tu in merito al motore..... terrà le sollecitazioni? il venditore (che non e' una società a fine di lucro ma una onlus per la promozione dei veicoli ecologici) conosce i mei scopi, gli ho scritto una filippica di tre pagine e crede dovrebbe reggere ... ora come ora sto cercando qualcuno che usi la mb elettrica per fare fuoristrada, l'utilizzo più simile a quello che voglio fare io per avere dritte.... in merito al cerchio... che dire... sul sito del produttore facevano proprio riferimento al fatto che da quest'anno montano cerchi piu robusti.... io francamente non sono un intenditore ... ma la decisione finale credo la prendero con davanti aglio occhi bici e motore... anche xche ci sono ancora un sacco di problemi a cui non ho risposta.... come ad esempio il discorso "
freni" .....
boh, chi vivrà vedra.... o lo monto li, o sulla graziella... or forse sulla
trek 1200 vintage che mi hanno appena regalato..... mah....
in merito al tuo epitaffio sulla bici che e' tale solo se rimane a pedali... che dirti... in linea di principio hai tanta ragione... ma se abitassi a parma invece che sulle alture di genova... beh, ne avresti un sacco di piu.... (a tale proposito ti invito, nel caso in cui tu non lo conosca a vedere il sito di Paolo
www.movimentofisso.it secondo me splendido
... vorrei condividere con voi un pensiero, chissa' che anche lo scontrosissimo gk leggendolo non riesca a schiodarsi da ground zero.....
... ovviamente non e' farina del mio sacco
La BICICLETTA
è nata assieme allautomobile, è il più democratico mezzo di locomozione ma è stato sopraffatto.
La bici è l'unico mezzo che può risolvere i problemi delle nostre città angustiate da traffico e smog.
La lezione di Ivan Illich:
La nostra società dedica invece un tempo enorme agli spostamenti, è vittima del funzionamento ingombrante e controproducente che ha come centro l'auto.
L'automobile è un ossimoro.
La risposta individuale alla mobilità finisce per impedire all'individuo di spostarsi: il traffico e l'imbottigliamento non sono un effetto secondario del sistema, ne sono l'essenza.
Già negli anni '60 la cosa era talmente chiara da diventare il tema centrale dei film di Fellini - vi ricordate la scena di «8 e mezzo?»- e di Jean Luc Godard.
Julio Cortazar ne fa il centro della sua riflessione in un racconto paradossale: lo spostamento in auto il fine settimana diventa un safari di stanziali sull'autopista.
La nostra società è ancora vittima dell'automobile e l'automobile ormai è un soprammobile da città che ha perso qualunque carattere anche vago di utilità.
Guardate le pubblicità ossessive che ormai invadono tutto il campo della pubblicità televisiva.
L'auto è proposta non come mezzo per spostarsi, ma come opera d'arte, la gente si volta a guardarla come se fosse una bella donna, suscita stupore e soprattutto regala - almeno apparentemente - un vantaggio sul prossimo, l'invidia che suscita negli altri essere visti alla guida di un'auto siffatta.
Oppure la promessa è ancora "via dalla pazza folla".
Gigantesche Suv e 4 per 4 che conquistano i pochi boschi e le poche montagne rimaste.
La cosa ancor più ferale è che oggi non c'è più quasi una critica sociale all'automobile o sembra essersi rassegnata al dato di fatto - proprio oggi che siamo agli sgoccioli energetici e ambientali e che il disastro urbano è giunto al limite, o è una leggera scalfitura ad un sistema che ormai diamo quasi tutti per scontato a cui mettere ogni tanto pezze e di cui turare a turno i buchi.
L'effetto è fare credere ai più che l'ecologia sia solo una questione di stile di vita e di scelta - de gustibus- e non l'ultima uscita possibile.
Ivan Illich aveva scritto il testo che ora esce in italiano col titolo Elogio della bicicletta chiamandolo Energie et equité, su invito del direttore di Le Monde, a seguito del successo che in tutto il mondo qualche tempo prima aveva avuto I limiti dello sviluppo.
Si parlava allora (nel '73) - si parla ancora - di crisi energetica, di fine prossima del
petrolio.
Rispetto ad allora sappiamo con certezza che il nostro clima è stato alterato indelebilmente dalla concentrazione di C02 nell'atmosfera, che il livello degli Oceani si sta alzando e che i Poli si stanno sciogliendo.
Sappiamo che la nostra vita quotidiana è peggiorata, che le città sono camere a gas ed incubi ad aria condizionata, che le automobili hanno occupato gran parte dello spazio che dovrebbe essere riservato ad una convivenza piacevole e sana e che di tutto questo le industrie automobilistiche, i governi, gli amministratori se ne fanno un ricco baffo e fanno pagare a noi i costi, come se tutto ciò fosse inevitabile.
Tale progresso che nel 1973 poteva ancora avere dei fedeli ma oggi è solo glamour, cinismo ironico delle brand e fatalismo dei politici.
Oggi nell'agenda di nessun politico c'è l'eliminazione del traffico privato dalle città, né esiste un solo paese d'Europa dove la contrazione del numero di vetture circolanti viene visto come un necessario, inevitabile provvedimento.
Ancora una volta come trent'anni fa vince la miopia, il brevissimo termine di una civiltà che nel suo insieme si sta suicidando e sta suicidando il mondo.
Illich ci ricorda che la bicicletta è una invenzione contemporanea a quella dell'automobile. E' anch'essa un omaggio all'individuo ed è l'inno alla meccanica, alla capacità di
ruote e rondelle di cambi e bielle di moltiplicare la spinta umana, di rendere miracolosamente redditizio lo sforzo umano che già lo è di per se (anche l'uomo del risciò o del cyclo lo sa).
E' una soluzione funzionale perché ha la velocità giusta per un a città, riesce a districarsi in mezzo ad altre mille bici, non ha un problema di occupazione di spazio, non prevede l'eliminazione dell'uomo che cammina né l'invenzione del pedone.
Era una idea geniale, ma qualcuno ha trovato immediatamente il modo di metterla dentro una riserva: piste ciclabili si chiamano.
La bicicletta è il modo inventato per dare il massimo della libertà a tutti ed il massimo della democrazia ad una città. Non richiede che le strade divengano piste né che i centri storici vengano condannati perché ostili alla circolazione.
Oggi l'effetto più controproducente del monopolio automobilistico è che non è credibile che urbanità e auto possano convivere.
Nemmeno le grandi riforme urbanistiche dell'800 con i grandi boulevard e la città disegnata per assi di percorrenza "tengono più".
L'auto postula la fine della città, non ne ha bisogno, se ne serve solo come tappa per parcheggiarvi per un po', ma della qualità dei suoi spazi e soprattutto della fruibilità di strade e piazze non se ne fa nulla.
Per l'auto l'unica vera città è un autogrill, l'idea che la città è da fruire come piazzola di sosta o come luogo di passaggio.
L'ipotesi, praticata da tutto il «Movimento moderno per l'architettura», con in testa Le Corbusier, è che la città sia destinata a finire per dare luogo a "snodi" e nuclei molto concentrati di servizio agli spostamenti in auto.
Questa ipotesi è talmente poco credibile però che l'unico effetto dell'auto è stato solo di allontanare il centro, non di eliminarlo: è stato l'ingigantimento delle periferie.
L'auto ha allontanato la città come possibilità di godimento, è stata la causa e non la soluzione della crescita urbana, ha dilaniato e slabbrato una forma che è diventata una massa senza intelligenza né pensiero.
Nella carrellata del pensiero attuale della classe degli architetti è grottesco quanta poca intelligenza ci sia della impossibile convivenza tra auto e città.
Le soluzioni funzionali, le sopraelevate, i parcheggi sotterranei, i raccordi e le tangenziali, i tunnel e vi a dicendo servono solo ad aumentare il traffico.
Una strada al traffico è una strada destinata a riempirsi.
Architetti, urbanisti e amministratori continuano a giostrarsi nella mediocrità di soluzioni e proposte a breve e brevissimo termine.
I primi potrebbero avere la capacità immaginativa per capire che siamo alla fine e che nessuno si illude più, ma non hanno il coraggio di essere radicali e intelligenti. Preferiscono essere i "designer" della città, quelli che ne aggiustano i ritocchi mentre la qualità urbana va a catafascio.
La rinascita delle città passa per lo sgombero della strada dalle auto.
Nessuno ha mai deciso che le strade dovessero appartenere all'auto e non ai cittadini.
Franco La Cecla
www.comedonchisciotte.org
Fonte:
www.avvenire.it
3.09.06
Per una mobilità intelligente