Alla mattina mi alzo presto costringendo mio figlio a levatacce assurde. Nel giro di ¾ dora faccio di tutto. Mi vesto, vesto mio figlio, andiamo a casa dei nonni, che abitano a pochi passi da noi, gli faccio fare colazione, faccio colazione, mi preparo qualcosa per mangiare velocemente e svogliatamente alla pausa pranzo, e alle 7.15 sono già in macchina in direzione LAVORO. Mentre mi faccio 25 km per arrivare alla mia piccola azienda, con la mente vago tra le liste delle cose che dovevo fare prima della mia partenza, nella speranza di non essermi dimenticata nulla, e la mtb e a quello che mi piacerebbe creare per mio figlio, per gli altri, per me. Alle 7.45 sono già al lavoro, di nuovo cambiata. Lavoro in una ditta alimentare come controllo qualità. Ci dobbiamo vestire tutti di bianco, dalla casacca alle scarpe. Niente collane, niente bracciali, niente anelli né orologi. In condizioni del tutto igieniche e per questo anche con una BUFFOSISSIMA cuffietta in testa per i capelli. Per chi non mi conosce questo può sembrare del tutto normale, comune a molte persone. Chi mi conosce a fondo sa, invece, che questo è indice di sofferenza mia, interiore. Amo il sole, amo laria aperta, amo i colori vivaci, amo vestire provocando, amo cospargermi di creme profumate e destate di brillantini, amo provocare in modo del tutto innocente e smaliziato. Tutto questo è nella mia indole ed è difficile da nascondere. Tutta questa NORMALITA è inconsueta e strana per me. La cosa che più al mondo odio in questo momento è la cuffia per i capelli. Sono cresciuta con una cugina parrucchiera. Fin da piccola sono stata abituata, grazie a lei, a cambiare look, a cambiare il mio aspetto esteriore a seconda dei miei umori, per non stancarmi di vedermi sempre uguale, giorno dopo giorno. Mia cugina è morta poco più di un anno fa, devastata da un tumore, mangiata nella carne nel giro di 3 mesi ma non nello spirito, perché non ha mai pianto, non si è mai lamentata, non ha mai pensato di non farcela. Emorta con il sorriso in bocca e la speranza negli occhi, continuando fino allultimo a fare progetti su viaggi e cene che avrebbe fatto dopo la malattia. Mia cugina (mia sorella per me) si chiamava Giuseppina, Pina per tutti. Con lei è morta una parte di me, quella più speranzosa, quella più solare. Con lei è morta anche parte della mia femminilità e della mia civetteria.
Ora ho capelli lunghi che non curo poi molto. Vado dal parrucchiere solo in casi eccezionali ed andarci è comunque un travaglio per me, perché nessuno è come lei, nessuno saprà farmi uscire dal negozio come sapeva farlo lei.
In ogni modo non ha più senso neanche curarli perché i miei capelli ora sono legati e nascosti sotto una cuffia. Insieme alla mia femminilità, nascosta dentro ad una divisa abbondante e del tutto amorfa, come è amorfa e totalmente piatta la mia vita di adesso. E così i giorni passano, tutti uguali. Lunico giorno simpatico da un anno e poco più che lavoro qui, è stato un pomeriggio di novembre.
Erano le 16.15 e il mio capo mi chiama e mi dice che dovevo preparare camice e cappelli ad una troupe televisiva della rai, perché stavano facendo un servizio sulle Marche o meglio sul mare delle Marche e su alcune ditte che lavoravano grazie al mare e ai suoi frutti. Tra queste ceravamo anche noi. Non contento del mio panico mi dice anche che la presentatrice mi avrebbe sicuramente fatto un intervista. Vedendomi sbiancare mi dice da gran signore di esperienze vissute: tranquilla Catia, tanto ti faranno dire due parole. Tu dici quello che sai e poi non è detto che ti mandano in onda..tranquilla dai!!!
Tranquilla un cazzo. La ditta era totalmente sottosopra. La produzione si ferma alle 17 erano ormai le 16.30 e capite bene in che condizioni poteva essere la sala lavorazione. Era il caos allo stato puro. Si respirava aria di stanchezza, di noia, di routine, di voglia di andare a casa, di grigiore come grige erano ormai le divise delle operaie dopo quasi 8 h di lavoro. La troupe è entrata in quelle condizioni, incurante degli animi delle persone, incurante dellodore penetrante e forte, incurante del rumore e del caos. Doveva fare un servizio e il servizio ci sarebbe stato..in qualsiasi condizione.
In quello scenario apocalittico, le persone che contano vengono messe ciascuna al posto giusto, mentre dietro le operaie continuano incessanti il lavoro, macchine sopra altre macchine.
Quando il quadro è più o meno perfetto si accendono i riflettori ed inizia lintervista e mentre io parlo su come lazienda lavora e che cosa fa, la mia mente vaga ad un solo pensiero, Il BRUFOLO, causato da stress e maritozzi con la nutella, che giusto giusto la sera prima avevo deciso di schiacciarmi perché non volevo vederlo più. Così facendo però, avevo peggiorato la situazione ed ora eccolo in bella vista, davanti alla RAI. La mia prima intervista, con una cuffietta in testa ed un brufolo al lato del mento. Parlo parlo ma non mi rendo conto di quello che dico e come lo dico perché ho la mente occupata. Finita lintervista, si spengono le luci, la produzione chiude e tutti vanno negli spogliatoi per cambiarsi, per la terza volta. Io sono la prima di tutte. Mi svesto e mi rivesto nel giro di un secondo; e nel giro di un secondo sono già in macchina. Questa volta nel viaggio di ritorno la mia mente vaga su come raccontare e cosa raccontare di questa avventura ai miei familiari. Decido di tenerla segreta a tutti, eccezione fatta alla cerchia strettissima di parenti ed amici. Passano i giorni, anche questi monotoni e normali. Poi arriva l8 Dicembre, il giorno del servizio sul canale nazionale. Subito dopo il telegiornale danno la notizia, dicendo che XXXXX sarebbe stata a San benedetto del Tronto. Sparecchio come meglio capita, ammucchiando i piatti sul lavandino e mi affondo sulla poltrona con mio figlio ed aspetto. Il servizio inizia e appena mio figlio mi vede sullo schermo mi dice:mamma, ma sei davvero in tv!!!. Non lho neanche considerato. Ero concentrata sul mio brufolo in mondo visione. Non stavo attenta a quello che dicevo e non ho visto neanche passare la scritta con il mio nome e cognome ed il mio ruolo nellazienda. Speravo solo che il servizio così come fosse iniziato finisse, senza tanto clamore e senza tanta pubblicità.
Il clamore invece cè stato; complice il tempo. Quel giorno di festa, infatti, pioveva, anzi diluviava, anzi cadevano dal cielo secchiate dacqua. Era un tempo di merda. Lunica possibilità di rilassarsi era quello di svagarsi davanti alla televisione. Questo pensiero ce lhanno avuti in tanti, perché finito il servizio mi sono fioccate telefonate e sms di conoscenti e parenti che mi avevano visto. Tutta Cupra marittima e paesi limitrofi hanno visto il programma. Mamma e babbo erano contenti xchè hanno visto la figlia in tv e xchè hanno avuto una notorietà anche loro, che continua ancora adesso. Lultimo complimento lho avuto circa un mese fa. Ero al supermercato ed ho incontrato una signora. Mi si avvicina e mi dice:tu sei la figlia di Clelia, vero? Complimenti, ti ho visto in televisione
Il lunedì seguente allandata in onda del programma, vado al lavoro ed incontro il mio capo. Mi saluta.era stracontento e come non esserlo del resto. Ha fatto pubblicità alla sua azienda senza sborsare un soldo. Ma per me neanche un grazie o un commento da parte sua; solo il ricordo di una cuffietta in testa, di un brufolo in mondovisione e la speranza che nessuno, navigando su youtube tiri di nuovo fuori questo video.
Ora ho capelli lunghi che non curo poi molto. Vado dal parrucchiere solo in casi eccezionali ed andarci è comunque un travaglio per me, perché nessuno è come lei, nessuno saprà farmi uscire dal negozio come sapeva farlo lei.
In ogni modo non ha più senso neanche curarli perché i miei capelli ora sono legati e nascosti sotto una cuffia. Insieme alla mia femminilità, nascosta dentro ad una divisa abbondante e del tutto amorfa, come è amorfa e totalmente piatta la mia vita di adesso. E così i giorni passano, tutti uguali. Lunico giorno simpatico da un anno e poco più che lavoro qui, è stato un pomeriggio di novembre.
Erano le 16.15 e il mio capo mi chiama e mi dice che dovevo preparare camice e cappelli ad una troupe televisiva della rai, perché stavano facendo un servizio sulle Marche o meglio sul mare delle Marche e su alcune ditte che lavoravano grazie al mare e ai suoi frutti. Tra queste ceravamo anche noi. Non contento del mio panico mi dice anche che la presentatrice mi avrebbe sicuramente fatto un intervista. Vedendomi sbiancare mi dice da gran signore di esperienze vissute: tranquilla Catia, tanto ti faranno dire due parole. Tu dici quello che sai e poi non è detto che ti mandano in onda..tranquilla dai!!!
Tranquilla un cazzo. La ditta era totalmente sottosopra. La produzione si ferma alle 17 erano ormai le 16.30 e capite bene in che condizioni poteva essere la sala lavorazione. Era il caos allo stato puro. Si respirava aria di stanchezza, di noia, di routine, di voglia di andare a casa, di grigiore come grige erano ormai le divise delle operaie dopo quasi 8 h di lavoro. La troupe è entrata in quelle condizioni, incurante degli animi delle persone, incurante dellodore penetrante e forte, incurante del rumore e del caos. Doveva fare un servizio e il servizio ci sarebbe stato..in qualsiasi condizione.
In quello scenario apocalittico, le persone che contano vengono messe ciascuna al posto giusto, mentre dietro le operaie continuano incessanti il lavoro, macchine sopra altre macchine.
Quando il quadro è più o meno perfetto si accendono i riflettori ed inizia lintervista e mentre io parlo su come lazienda lavora e che cosa fa, la mia mente vaga ad un solo pensiero, Il BRUFOLO, causato da stress e maritozzi con la nutella, che giusto giusto la sera prima avevo deciso di schiacciarmi perché non volevo vederlo più. Così facendo però, avevo peggiorato la situazione ed ora eccolo in bella vista, davanti alla RAI. La mia prima intervista, con una cuffietta in testa ed un brufolo al lato del mento. Parlo parlo ma non mi rendo conto di quello che dico e come lo dico perché ho la mente occupata. Finita lintervista, si spengono le luci, la produzione chiude e tutti vanno negli spogliatoi per cambiarsi, per la terza volta. Io sono la prima di tutte. Mi svesto e mi rivesto nel giro di un secondo; e nel giro di un secondo sono già in macchina. Questa volta nel viaggio di ritorno la mia mente vaga su come raccontare e cosa raccontare di questa avventura ai miei familiari. Decido di tenerla segreta a tutti, eccezione fatta alla cerchia strettissima di parenti ed amici. Passano i giorni, anche questi monotoni e normali. Poi arriva l8 Dicembre, il giorno del servizio sul canale nazionale. Subito dopo il telegiornale danno la notizia, dicendo che XXXXX sarebbe stata a San benedetto del Tronto. Sparecchio come meglio capita, ammucchiando i piatti sul lavandino e mi affondo sulla poltrona con mio figlio ed aspetto. Il servizio inizia e appena mio figlio mi vede sullo schermo mi dice:mamma, ma sei davvero in tv!!!. Non lho neanche considerato. Ero concentrata sul mio brufolo in mondo visione. Non stavo attenta a quello che dicevo e non ho visto neanche passare la scritta con il mio nome e cognome ed il mio ruolo nellazienda. Speravo solo che il servizio così come fosse iniziato finisse, senza tanto clamore e senza tanta pubblicità.
Il clamore invece cè stato; complice il tempo. Quel giorno di festa, infatti, pioveva, anzi diluviava, anzi cadevano dal cielo secchiate dacqua. Era un tempo di merda. Lunica possibilità di rilassarsi era quello di svagarsi davanti alla televisione. Questo pensiero ce lhanno avuti in tanti, perché finito il servizio mi sono fioccate telefonate e sms di conoscenti e parenti che mi avevano visto. Tutta Cupra marittima e paesi limitrofi hanno visto il programma. Mamma e babbo erano contenti xchè hanno visto la figlia in tv e xchè hanno avuto una notorietà anche loro, che continua ancora adesso. Lultimo complimento lho avuto circa un mese fa. Ero al supermercato ed ho incontrato una signora. Mi si avvicina e mi dice:tu sei la figlia di Clelia, vero? Complimenti, ti ho visto in televisione
Il lunedì seguente allandata in onda del programma, vado al lavoro ed incontro il mio capo. Mi saluta.era stracontento e come non esserlo del resto. Ha fatto pubblicità alla sua azienda senza sborsare un soldo. Ma per me neanche un grazie o un commento da parte sua; solo il ricordo di una cuffietta in testa, di un brufolo in mondovisione e la speranza che nessuno, navigando su youtube tiri di nuovo fuori questo video.