Peccato che Minion Dhf Maxxgrip che monto all'anteriore io non la considero una gomma da gara (che deve essere cambiata di ogni uscita).A me le metzeler da pista k2/k1 costavano 280 euro per durare 25-30 giri. Con le Minion in confronto sono diventato ricco.
Se paragoniamo il top con il top il ragionamento torna ad avere un senso
Ma te sei così sicuro che ci sia tutta questa ricerca e sviluppo nelle gomme da MTB? Ma pure le pastiglie alettate che razza di novità sarebbe quando i dissipatori di calore esistono in elettronica dall'invenzione del transistor o nell'automotive dall'invenzione di pistoni e cilindri?
A me sembra che ci fanno pagare fior fior di quattrini per pneumatici che al posteriore durano una stagione, devono sopportare sollecitazioni di un sistema di appena 100kg o pastiglie freno in resina che durano un battito di ciglia.
Poi si, son d'accordo con te che i costi non possano essere quelli di quelli dell'automotrice, così come la pasta integrale costa di più di quella bianca pur avendo meno lavorazioni.
Però se metto di fianco 250gr di pasta integrale e 500gr di pasta bianca non ho lo stesso effetto di pastiglie MTB vs pastiglie automotrice. Cioè, avendole tra le mani come è capitato a me, io dubito che non avresti anche la sensazione da pollo che ho provato io così come se avessi tra le mani una gomma d'auto e una MTB.
Pana...RacerE quale sarebbe una gomma da gara?
Sei te che hai tirato fuori il discorso gomme da garaE quale sarebbe una gomma da gara?
Veramente no, mai fatto gareSei te che hai tirato fuori il discorso gomme da gara
Manco io infatti facevo un discorso di componenti per l'uso di tutti i giorni.Veramente no, mai fatto gare
Il valore di un oggetto è una cosa definita in un mondo libero: non è quello che vorrebbe idealmente pagare chi compra; non è nemmeno ciò che idealmente vorrebbe pagare chi vende; è invece il valore (appunto) a cui si incontrano la domanda e l'offerta. Se non vi piace, siete liberi di andate a vivere in Paesi dove i valori li definisce lo Stato.certo... "percepito"... per quello si impegnano cosi tanto nel modellare quelle percezioni, per spalmarle su quello che loro vorrebbero e non per quello che è... (anche quando poi il prodotto è effettivamente ottimo)... si chiamano apposta "bisogni indotti"...
ad ogni cambio di stagione ci sono frotte di biker (perché stiam parlando grossomodo del settore ciclo) che aspettano bava alla bocca e portafoglio in mano (prima ancora di aver potuto valutare sul serio il prodotto) la possibilità di prenotare il nuovo "giocattolo" che sarà (ogni santa volta) rivoluzionario e segna una svolta epocale rispetto al modello precedente (che era stato lanciato con gli stessi roboanti proclami) che di colpo diventa all'occhio dei fashion victims vecchio, inutile, obsoleto, persino brutto (ovviamente non è cosi)... e ritorniamo al discorso dell'insoddisfazione perenne o della soddisfazione temporanea.
Attenzione che anche io seguo con attenzione le evoluzioni del prodotto ma con ben altri scopi, intenzioni e "spirito"... e non è certo una questione di quanti soldi hai a disposizione (nessuno ci resti male ma mi fa una certa tristezza chi la pensa cosi) per fortuna... essere liberi di fare le proprie scelte non significa essere liberi dal giudizio che ne consegue... e anche qui, per fortuna.
Certo, con simili discorsi stiamo generalizando ed in piccolissima parte estremizzando visto che poi ogni marchio ha una sua specifica "impronta", una filosofia, un modo di fare, produrre e relazionarsi con l'utenza finale (e con tutti i protagonisti intermedi) ma parlando di "massimi sistemi" è scontato che venga fatto e venga rilevato il trend principale...
in realtà certi discorsi di economia non sarebbero di per se particolarmente complessi, anzi... cominciano a diventare più articolati e complessi perché intervengono nel processo (che porta dall'ideazione del prodotto alle mani del consumatore finale) una lunga serie di variabili e soggetti il cui comportamento è legato a fattori locali come pure globali. Fattori anch'essi dipendenti da variabili esterne che possono essere assai mutevoli quando non (virtualmente) imprevedibili... vedi esempio del coronavirus.
In linea di massima con gli, ormai vecchi (che non vuol dire peggiori o sbagliati), stilemi classici del capitalismo il prezzo si componeva (principalmente e mediamente) proprio delle due voci costi (progettazione, di produzione, distribuzione) + congruo margine di ricavo... ogni step intermedio fino ad arrivare al cliente finale caricava sul prodotto queste voci. Il caso limite in negativo era il Monopolio (privato) che infatti nelle economie moderne era tendenzialmente avversato (a volte anche con le cattive) in quanto poteva imporre il prezzo ad capocchiam (cioà fuori da ogni parametro logico) costringendo gli acquirenti a sottostare alle sue logiche ed uccidendo il concetto di libera concorrenza. Gli Stati Uniti sono stati i primi (fine 800) a ravvisare la necessità di imporre regole (antitrust, concorrenza, prezzi calmierati, politiche dell'occupazione e dei salari, controlli di qualità statali ecc) che limitassero gli effetti speculativi più marcati (con risultati assai altalenanti dipendendo in primis dalla qualità della classe politica).
Da qualche decennio il prezzo (il primo prezzo, poi intervengono una miriade di fattori) è semplicemente "il prezzo più alto che la maggior parte dei potenziali acquirenti è disposta a spendere per godere di quel bene o servizio"... ovviamente il modo migliore per alzare considerevolmente quel prezzo è rendere quanto più desiderabile possibile quel bene... e qui intervengono marketing, pubblicità, sponzorizzazioni ecc...
Ormai il prezzo (al dettaglio) di un bene non ha davvero più nulla a che fare con il reale valore (costo di produzione, valore materie prime, distribuzione etc) del bene stesso... quando poi si parla di beni che classicamente venivano definiti "voluttuari" (e le nostre amate bici rientrano perfettamente in questa categoria) il prezzo è "a fantasia" (per modo di dire, ovviamente, nel senso che può avere dei range enormi e totalmente svincolati da valore, costi ecc) e l'unico limite reale è la nostra capacità di spesa (in gran parte aggirabile con l'introduzione di carte di credito e rateizzazione) e la nostra "spinta" (bisogno, desiderio etc) a fare nostro quel bene.
E a proposito di "spinta"... è ovvio che un sistema siffatto funziona e si basa su due grandi cardini:
Il primo è il grado di "insoddisfazione" o soddisfazione temporanea... altrimenti (e vista anche la qualità medio alta delle realizzazioni nel nostro settore) quel bene durerebbe almeno 10 anni prima di sentire la vaga necessità di sostituirlo con qualcosa di meglio o semplicemente di "diverso". (traduzione: saremo perennemente insoddisfatti e alla ricerca di un nuovo momento di appagamento... poi il ciclo riparte e continua)
Il secondo è l'obsolescenza programmata (per costringere anche il più riottoso ed impermeabile al marketing degli acquirenti) che può essere attuata in vari modi i più comuni sono il classico pezzetto da due soldi che si rompe e devi ricomprare tutto un apparato complesso (a costi elevati e cominci a valutare che forse non ne vale la pena e conviene ricomprare tutto il bene nuovo), il cambio di standard (un classico). Oppure, semplicemente, l'utilizzo di materiali (ottimi e perfino eccelsi di partenza) che per loro stessa natura e composizione con il tempo si degradano e non solo alterano le loro prestazioni ma diventano potenzialmente insicuri (è il caso classico del carbonio, o meglio delle resine associate...)
La percezione conta assai più della realtà... quindi...
Il valore di un oggetto è una cosa definita in un mondo libero: non è quello che vorrebbe idealmente pagare chi compra; non è nemmeno ciò che idealmente vorrebbe pagare chi vende; è invece il valore (appunto) a cui si incontrano la domanda e l'offerta. Se non vi piace, siete liberi di andate a vivere in Paese dove i valori li definisce lo Stato.
prima dello stato regolatore (che fatica perfino ad arginare il telemarketing selvaggio) farei affidamento sulla conoscenza e consapevolezza del cittadino; il funzionamento dei mercati, le strategie di marketing come quella sulla definizione dei prezzi che hai linkato, a mia avviso dovrebbero diventare materia di studio nella scuola dell'obbligo per educare le persone a confrontarsi alla pari con i professionisti della vendita."Se non vi piace, siete liberi di andate a vivere in Paese dove i valori li definisce lo Stato."
(...)
Oppure che è proprio compito e funzione degli stati regolare e dettare le “regole del gioco”… ed infatti, nel bene e nel male, è proprio quello che fanno… magari ti era sfuggito… e non perché gli stati siano cattivi ma semplicemente (e qui torniamo alla teoria) perché rispondono ad interessi collettivi (utilità) mentre il mercato ad interessi privati (profitto)… sempre semplificando.
Si' ... esatto ... un nervo scoperto. Quello di chi apprezza il modo in cui funziona il libero mercato, pur con tutte le sue imperfezioni.Non capisco il tono (forse ho toccato un nervo scoperto?!) ma va bene lo stesso…
Hai mischiato (storpiandoli) un detto, che con leggere variazioni si utilizza anche in politica e diplomazia:
-il prezzo non è mai quello che vorrebbe pagare chi compra e non è nemmeno quello che vorrebbe incassare chi vende...
con uno dei postulati di economia:
-è il valore indicato nel punto in cui si incontrano le curve di domanda e offerta (e si dice perché la rappresentazione classica viene fatta con assi cartesiani e relative curve)
il "mondo libero" (come definizione) esiste solo nei libri di storia (vedi alla voce "guerra fredda", non che esistesse sul serio, era una definizione d'uso corrente) e nel magico mondo di Amelie (o Emmellevu)... nel mondo reale esistono il Mercato, le teorie economiche che lo ispirano e lo spiegano e le norme che gli stati adottano per regolarlo (semplificando di molto).
Dovrebbe essere superfluo ricordare che le libertà di cui godiamo non sono il frutto della benevolenza di alcuno (men che meno del mercato) ma di lotte condotte da milioni di individui nel corso della storia (tipicamente degli ultimi tre secoli ma in realtà non solo, questo è davvero un dato "aggregato"), individui che quando hanno visto che qualcosa "non gli piaceva"(gentile eufemismo) non hanno "cambiato paese" ma hanno cambiato le cose… (anche qui, visto dove siamo e di cosa parliamo, semplifico molto)
"Se non vi piace, siete liberi di andate a vivere in Paese dove i valori li definisce lo Stato."
Ad una simile affermazione (più per educazione che per altro) cosa dovrei risponderti? che siamo liberi (e ripeto, non è stato un regalo…) di vivere un po’ dove c@@@o ci pare, se non ti piace puoi sempre comprarti un asteroide e andarci a vivere?
Oppure che è proprio compito e funzione degli stati regolare e dettare le “regole del gioco”… ed infatti, nel bene e nel male, è proprio quello che fanno… magari ti era sfuggito… e non perché gli stati siano cattivi ma semplicemente (e qui torniamo alla teoria) perché rispondono ad interessi collettivi (utilità) mentre il mercato ad interessi privati (profitto)… sempre semplificando.
Le aziende che vendono prodotti senza considerare i bisogni del consumatore e ad un prezzo decisamente più alto del valore percepito dal consumatore sono le aziende che falliranno nel futuro.
del valore o del valore percepito?
un iphone, una audi, un freno con le alette sono prodotti che hanno un valore "percepito" maggiore del valore reale.
Non c'è una ragione "reale" in termini di costi. (...)