7Colli7Passi: Giro del mondo in bicicletta partendo da Roma

  • Siete di quelli che, quando comincia a fare freddo, mettono la bici in garage e vanno in letargo, sdivanandosi fino alla primavera? Quest’anno avrete un motivo in più per tenervi in forma, e cioè la nostra prima Winter Cup, che prende il via il 15 novembre 2024 e si conclude il 15 marzo 2025.
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brillo

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Sparviero celeste, ciclisti promiscui, gelosie recondite, abele e caino, divise dividenti, io ce l'ho più lungo l'elenco di iscritti e sono più rappresentativo, io ce l'ho più corto e godo di più, io vado a trenta, io vado a trecentotrenta, io una volta ho fatto trenta chilometri e avevo la lingua di fuori, io trenta chilometri li faccio a piedi e nemmeno la spreco la bici ... Noi tutti dovremmo abbassare le penne e gli steccati ... sforzarci di comprendere che il movimento è uno, quello dei pedali, e che l'unione fa la forza ... Divide et impera .. dividi e comanda ... la divisione, la rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova a chi vuol dominarli ... meditate, ciclisti, meditate ... il gruppo più bullo del mondo rigetta un corpo ora estraneo ... l'arbitro stavolta non lo espelle, il cartellino rosso è inutilizzabile, al massimo può fischiargli un "rigorino" contro ... del tutto ininfluente ai fini del risultato ... io, il corpo estraneo, ho prevalso di misura: in amor vince chi fugge ... Finale di partita in Osteria da Samuel Beckett: "Lo vedi, ecco Marino .. la bici cor trucchino ... si nun te piace er casco, armeno metti er basco ... de dietro noi arrancamo, cor cambio de shimano ... aspettace un pochin, Marin Marin ...." :) Carrellata di Foto, con il Mitico Trip-Baro ... quel punto vita 30 grida vendetta ... Lokomotiv, il russo de noantri ... e altri visigoti, ostrogoti, visi noti e visi ignoti ...
 

sparvroma

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Ciao Clab04,
è un giro del mondo con la scalata in bici dei 7 passi (ciclabili) più alti, :specc:
hanno stimato di farlo in 3 forse 4 anni. :i-want-t::i-want-t::i-want-t:

Il bello è che i nostri 2 eroi sono anche alpinisti, secondo me quando saranno in Nepal

scaleranno qualche vetta dell'Himalaya ma come alpinisti.
 

sparvroma

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ecco i nostri avventurosi amici sulla neve della Georgia.
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sparvroma

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riporto integralmente l'articolo scritto da Simona:

Ilgar Dagi Gecidi – Il secondo gelido passo 29 JANUARY 2015

Ci siamo, il giorno del passo è arrivato, ma l’emozione de La Bonette stenta ad arrivare. Probabilmente congelata dal freddo di questi giorni, dalle preoccupazioni legate alle temperature, alle attrezzature, al fatto forse che dopo il passo lasceremo la Turchia.

E’ un’altra splendida e fredda giornata di sole. Prima di partire controlliamo nuovamente l’altimetria, dal profilo sembrerebbe una salita fattibile, circa 500 metri in più di 10 chilometri, insomma un 5% di pendenza assolutamente pedalabile considerato ciò che abbiamo dovuto affrontare fino ad oggi. Ma l’esperienza ci ha insegnato che non bisogna fare troppo affidamento sul profilo altimetrico in Turchia, troppe volte ci siamo trovati ad affrontare passi con pendenze inaspettate, e dentro di me so che sarà così anche oggi.
Il sole si è appena alzato, ancora non è abbastanza forte per riscaldarci ma ci accompagna lo stesso piacevolmente lungo i primi 7 chilometri di falso piano. Siamo imbacuccati come nella più fredda giornata di sci, e come l’aria comincia a scaldarsi e la strada a farsi un poco più ripida dobbiamo fermarci per toglierci lo strato più pesante di vestiti ed indossare un buon anti-vento. L’operazione di cambio vestiti avviene in un benzinaio, nel paesino di Hanak. Mentre siamo intenti a metterci lo strato di vestiario giusto, vediamo avvicinarsi un ciclista, figura davvero rara da queste parti.
Capiamo subito che si tratta di Cuneyd, un ragazzo che avevamo contattato tramite Warmshowers, per l’esattezza l’unico Warmshowerer in questa parte remota della Turchia. E’ uscito per una pedalata domenicale ed ora che ci ha incontrato ha deciso di fare una parte di strada con noi.
La sua descrizione del passo, fatto in estate per andare in Georgia, è abbastanza preoccupante. Il suo consiglio nel messaggio inviato tramite Warmshowers era stato di farsi dare un passaggio per superare la parte finale!

Usciamo dal calduccio della stazione di servizio e montiamo nuovamente in sella alle nostre gelide biciclette. La strada da qui parte subito in salita, una ripida salita. Persino da lontano capiamo che non si tratta proprio di un 5% di pendenza! Ed infatti si tratta di 3 chilometri con pendenza media al 7/8% e punte del 9/10%…Mentre spingo sui pedali con tutto il peso del mio corpo ed il respiro comincia a farsi sempre più affannato, la mente torna ai passi affrontati sulle Alpi.
Continuo a ripetermi che se ho potuto affrontare La Bonette e l’Iseran, posso anche affrontare questo..Non è più difficile, non è più duro..
Fortunatamente i 3 chilometri passano presto, era solo una collina e la strada diventa nuovamente piana. Qualche ripido saliscendi tanto per non annoiarsi, ma la pedalata è comunque piacevole e la giornata è splendida. Tutto è completamente ricoperto dalla neve, ci ritroviamo su un altopiano privo di alberi e circondato da alte montagne, il bianco ed il blu colorano il panorama.

Siamo già a 2100 metri, il passo è a 2550 e mancano ancora 20 chilometri alla vetta, penso che forse la salita finale non sarà così terribile.

Arrivati a Damal, Cuneyd decide di offrirci il pranzo, è mezzogiorno e qui le giornate finiscono alle 15.30. Ma la compagnia è piacevole, il pranzo buonissimo ed il locale è caldo, per cui finisce che salutiamo Cuneyd e ricominciamo a pedalare alle 14. Abbiamo solo un’ora e mezza per fare gli ultimi 10 chilometri, che se fossero di pianura non comporterebbero alcun problema. Ma come lasciamo il piccolo paese cominciano le sorprese.
La strada invece di salire, scende! Brutto, brutto segno, vuol dire che gli ultimi chilometri dobbiamo risalire più dei 450 metri preventivati, vuol dire che gli ultimi chilometri non saranno al 5% come avevamo immaginato!
Non solo ma un buon tratto di strada non è asfaltato, stanno facendo i lavori e tutto è coperto da un brecciolino che proprio non piace alle ruote delle nostre biciclette, tant’è che ad un tratto siamo costretti a scendere e spingere. Ed intanto il tempo passa.. Finalmente arriviamo all’attacco della salita vera, mancano 8 km ed io sono già abbastanza provata dal freddo e dalla strada fino a qui percorsa. Appena vedo la salita che ci aspetta ricomincio a ripetere a me stessa “Pensa a La Bonette, pensa all’Iseran, pensa al Furkapass…” I penseri si interrompono subito, dopo i primi due chilometri di salita, troppo, troppo ripida, tutto il mio corpo ha bisogno di ossigeno, concentrazione, sforzo, non posso disperdere energie in pensieri.. Mentre arranco faticosamente, riesco a mala pena a sentire la voce di Daniele che da lontano mi urla “Simo scendi! E’ una pendenza assurda non puoi pedalare!”. Siamo oltre il 12%!!
Non me lo faccio dire due volte, e così, come accadde sulla Bonette, scendo e comincio a spingere. E’ troppo tardi per fermarsi e riposare, non c’è tempo. Il sole tra poco tramonterà e noi dobbiamo già essere al di là del passo. Non possiamo dormire in quota perché mettono forti nevicate per il giorno successivo, non possiamo scendere con il buio perché la strada potrebbe essere troppo pericolosa a causa delle basse temperature. Dobbiamo arrivare in cima che c’è ancora luce, non possiamo permetterci di riposare ora.

Ah La Bonette, dura, durissima, ma che bello avere il tempo di fermarsi, prendere fiato, godersi il panorama e ripartire!
E così eccomi qui a spingere la bicicletta pesantissima, non che spingere sia meno faticoso di pedalare, anzi! Così gli ultimi 5 chilometri, per me, sono un continuo pedalare, annaspare, scendere e spingere.
A mala pena riesco a godermi la luce meravigliosa di questa ora della giornata, il sole basso all’orizzonte che fa brillare la neve di un colore argentato. Daniele è invece in splendida forma, pedala con la sua solita leggerezza e sembra quasi non faticare! Non c’è niente da fare, le salite sono il suo oppio.

Dopo qualche curva per girare intorno al Monte Ilgar finalmente arriviamo al passo, al secondo dei nostri sette passi. Ma è difficile rendersene conto dopo tanta tanta fatica. Inoltre la giornata sta già per finire, fa molto freddo e dobbiamo ricominciare a scendere.
Abbiamo giusto il tempo di fare un video per immortalare il momento, video che mostra chiaramente gli effetti della salita: la mia devastazione e l’esaltazione di Daniele. Meno male che uno dei due ha ancora tante energie!

LA DISCESA
Come di rito, ci vestiamo per affrontare la discesa: balaclava per il viso, mascherina, primaloft, copriscarpe.. Via in discesa! Ma il sole è già andato via, ed il freddo è sempre più pungente soprattutto a 40 km/h! Ogni 2 chilometri dobbiamo fermarci perché le mani gelano e non si riesce a frenare ed i piedi.. i piedi ci fanno proprio soffrire! Siamo tanto lenti in discesa quanto lo eravamo in salita, il sole se n’è andato ed il crepuscolo sta cedendo al buio, dobbiamo trovare un posto per fermarci prima che faccia notte. Posof, il paese che avrebbe dovuto essere la meta della nostra giornata, è ormai un insieme di lucine lontane.
Forse potremmo arrivarci lo stesso, ma il timore che non sia tutta discesa e soprattuto il timore di essere assaliti dai cani da guardia ci fa guardare intorno alla ricerca di un posto per dormire, anche se siamo ancora a 2400 metri.

Finalmente compare un caseggiato lungo la strada, vediamo delle persone alla finestra ma non realizziamo subito di che luogo si tratti, non notiamo il filo spinato e le transenne. Prima delle persone ci vengono incontro tre cani, i soliti cani da guardia con il loro atteggiamento poco amichevole.
Abbaiano e ringhiano a noi ed alle nostre biciclette, passando da me a Daniele, da Daniele a me, molto, troppo vicini alle nostre ruote ed alle nostre gambe! Nonostante la situazione, le persone alla finestra stentano ad avvicinarsi, ci vogliono le nostre urla per muoverle dalla loro statica e disinteressata posizione.
Forse non è proprio il luogo più adatto per fermarsi, ma è vicino e magari i cani si calmeranno quando i loro padroni gli diranno qualcosa – almeno così speriamo.

Ma i loro padroni sono dei militari, che alla nostra richiesta disperata di accamparci nel loro terreno rispondono con un secco “No, dovete scendere a valle” – “Ma è buio e scendere a valle è pericoloso, non vedete come reagiscono i VOSTRI cani? Figuriamoci quelli a valle!”.. Niente da fare, per tutta risposta ci girano le spalle e se ne vanno. A noi non resta che imprecargli contro e imprecare contro i loro cani che ci impediscono di pedalare! Riusciamo, solo tramite il lancio di sassi, a guadagnare la strada e ricominciare a scendere. Ma ormai è buio, e siamo davvero preoccupati dai cani e dal gelo lungo la strada… “Stupidi, stupidi militari” continuo a pensare mentre continuiamo a scendere! Fortunatamente arrivati a quota 1900 troviamo un buon posto per accamparci e montiamo la nostra tendina.

Il posto che abbiamo trovato è perfetto, un prefabbricato di un cantiere, il portico ci permette di mettere al riparo le nostre bici e ripara la tenda dal vento. E’ una notte splendida, il cielo è pieno di stelle ed i villaggi sono molto lontani per cui c’è abbastanza silenzio.
Cuciniamo la nostra meritata cena e ci chiudiamo nei nostri caldi sacchi a pelo, la mente e lo spirito ritrovano la loro positività e possiamo ora goderci il momento e soprattuto la conquista del secondo dei 7 passi. Siamo sempre più consapevoli che ce la faremo, nonostante il freddo, nonostante le difficoltà.

Abbiamo fatto il secondo passo, l’abbiamo fatto in pieno inverno. Abbiamo superato e lasciato definitivamente la nostra zona di comfort, e siamo sempre più convinti ad andare avanti, ad affrontare la Steppa e le difficoltà che verranno. Ora sappiamo che possiamo farcela o che almeno possiamo provarci!
 

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sparvroma

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Ecco i nostri amici dopo altri 4 mesi:
Otto giorni per percorrere 420 chilometri, otto giorni di lotta con il vento ed il freddo, davvero al limite delle nostre capacità mentali.

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sparvroma

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Nuovo articolo su BeCycling - Dai sette colli ai sette passi
Cina – parte intera
by Simona

Ho scritto e cancellato almeno 4 articoli, nella disperata ricerca di una forma narrativa che mi permettesse di condensare in una pagina le immagini e le sensazioni del nostro viaggio in Cina. Ma come si può condensare un paese da più di 1 miliardo e mezzo di abitanti e 55 etnie; un paese che va dai -155 metri della depressione di Turpan ai più 8850 del monte Everest; con megalopoli futuristiche e villaggi fermi nel tempo; un paese dove puoi trovare tutto e niente; dove no vuol dire sì e sì vuol dire forse; un paese di autostrade perfette che finiscono in mulattiere impraticabili; di pale eoliche e di fabbriche super inquinanti; un paese di riserve naturali e dighe mozzafiato; di yak e di banane; di SUV e motorini elettrici; un paese di pastori e business men; di città che prima non c'erano ma ora ci sono ma poi non ci saranno più; di piste ciclabili e strade impercorribili; un paese militarizzato ma ognuno fa un po' come gli pare; dove le regole sono severe ma basta non seguirle; un paese dove tutto è impossibile ma possibile; dove ogni cosa è l'imitazione dell'imitazione; dove il falso è vero e viceversa; un paese dove tutto è vendibile singolarmente persino la singola bustina di sali minerali; un paese dove in cucina abbinano di tutto tranne che la carne con il pomodoro; un paese altamente tecnologico ma con il più importante blocco internet al mondo; di giovani con il cellulare di ultima generazione e famiglie che non hanno la corrente elettrica; un paese di selfie ma non fotografabile; un paese di atei, musulmani, buddisti e animisti; un paese di birra e vino di riso; di cay e caffè; un paese di donne che ballano in strada e lavorano nei cantieri; di risaie e cave; di paesaggi mozzafiato e immondezzai sconvolgenti; di sorrisi e lacrime; di salite faticose e discese faticosissime; di pioggia, sole e vento; un paese del "questo solo qui lo puoi vedere" e " andiamo ma voglio restare "; un paese senza il quale il mondo avrebbe la metà del colore?
La strada che abbiamo percorso ci ha portati a pedalare in zone poco conosciute alla maggior parte dei cicloviaggiatori. Partiti da Yushu abbiamo attraversato il Qinghai, Sichuan e Yunnan, scalando passi al di sopra dei 4000 metri su strade sterrate che spesso ci hanno costretto a scendere di sella e spingere, ed a mettere in dubbio la fattibilità del percorso scelto. I primi 18 giorni sono stati una corsa verso Shangri-La, verso il paradiso del rinnovo del visto. 18 giorni senza nemmeno un giorni di riposo, allietati dalla vista mozzafiato delle montagne tibetane e dagli innumerevoli "Tashi Delek" (buona strada) urlati da bordo strada, dai camioncini e dalle motorette; dalla curiosità di chi non ha mai visto due occidentali nella propria vita e nonostante la difficoltà di comunicazione è pronto ad aprire la porta di casa per offrire un riparo dalla pioggia ed un pasto semplice.
Scesi dai 4900 metri del Tro La Pass, forse il passo più spettacolare che abbiamo fatto fino ad oggi, ci siamo ritrovati lungo le dure sponde del fiume Jinsha, ad un tiro di schioppo dal territorio a noi proibito: la Regione Autonoma del Tibet. La strada è un trattino grigio su Google.maps e la nostra mappa off line nemmeno la riporta. Ma esiste ed è bellissima.
Gli ultimi chilometri per Shangri-La sono i più duri. La salita di per sé non presenta grosse difficoltà, 60 chilometri con pendenze fattibili. Ma la stanchezza e l'ansia di un visto in scadenza mettono a dura prova gambe e testa. Stiamo quasi per mollare quando ci raggiunge un sorridente ciclista cinese, anche lui diretto a Shangri-La. Grazie al suo spirito positivo ed ai suoi incoraggiamenti riusciamo a raggiungere la meta e concederci così il meritato riposo. Rinnovato il visto e rinforzato il fisico ci lanciamo alla scoperta del Mekong, Lancang in cinese. Fiume che evoca l'esotico solo a nominarlo, che nasce sulle alte terre tibetane e sfocia in Vietnam dopo aver attraversato 6 stati.
Sono chilometri di puro piacere, pedaliamo sospesi sull'acqua, su sponde alte e ripide, sconsigliate a chi soffre di vertigini e chi teme le frane. La maggiore difficoltà è la carenza di spiazzi per campeggiare e ci troviamo quindi spesso a chiedere ospitalità a chi vive in questa parte difficile di mondo. Sentendoci spesso a disagio nel trovarci ospiti di chi non ha niente (né acqua corrente né luce) ma è desideroso di darci tutto.
Ritorniamo alla civiltà nell'anonima città di Baoshan, dove, per la prima volta in Cina, veniamo cacciati da tutti gli alberghi in quanto non adibiti all'accoglienza di stranieri. Come sempre a tirarci fuori dai guai è la gentilezza delle persone del posto. Una famiglia, gestore di un ristorante-albergo, ci offre ospitalità nonostante il rischio. La multa da pagare in caso la polizia scopra la nostra presenza è davvero molto alta.
Da Baoshan in poi siamo fuori dalle montagne, il clima tropicale del sud dello Yunnan comincia a farsi sentire. L'umidità è altissima e la vegetazione sta cambiando vistosamente. Dai brulli altopiani del Sichuan, siamo passati alle foreste subtropicali nei pressi di Shangri-La per arrivare alle immense piantagioni di banane dello Xishuangbanna. Siamo ai tropici, si sente e si vede! La quantità di etnie in questa regione della Cina è altissima, l'influenza dei vicini Myanmar, Laos e Tailandia si vede nelle costruzioni, negli abiti e nei tratti somatici delle persone.
A Jonghong prendiamo fiato prima di salutare definitivamente questo enorme paese. Assistiamo ad una lotta tra galli, facciamo spesa, per la prima volta in 2 mesi, in un supermercato degno di questo nome (niente potrà mai immortalare il momento in cui abbiamo trovato l'olio d'oliva!) e ci divertiamo nel continuare a ripetere a noi stessi: "Questo solo in qui lo puoi vedere!".
Ad oggi la Cina è per noi il paese dei record, dal punto più basso al punto più alto del viaggio, la distanza più lunga pedalata in un giorno, il numero massimo di ore in sella, il numero maggiore di giorni consecutivi di pedalata, velocità massima, numero massimo di giorni senza una doccia (di questo però andiamo poco fieri), maggior numero di visti e maggior numero di volte in cui ci siamo irritati per poi ricrederci!
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Simona | febbraio 21, 2016 alle 3:35 pm | Categorie: Blog, Storie di Viaggi | URL: http://wp.me/p4CzeA-2TW
 

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