[per avere indicazioni e mappe, contattatemi!]
Per non andare sul solito Mottarone, ho sondato i margini delle cartine tra Lago d'Orta e Valsesia, assemblando vari ricordi, descrizioni "pedonali" e confidando nell'aiuto morale dato dalla giornata stupenda, per creare un anello insolito.
Il programma prevede una salita da Nonio fino all'Alpe Sacchi, un attraversamento fino all'Alpe Camasca, con eventuale capatina sul Monte Croce, per poi ritornare ai Laghetti di Nonio per lo più su sterrate.
Così, dopo una notte travagliata per l'influenza che non mi ha ancora mollato, alle 8e45 Fabio mi raccatta e andiamo a Nonio.
Lasciata la macchina ai Laghetti di Nonio (580m slm) ci inerpichiamo sulla sterrata che sale con pendenze varie, lasciando spazio per respirare e per spingere quando "era troppo".
Fabio sudando come un icebearg all'equatore, partito già con le gambe cotte, si accorge, dopo un buon tratto di salita, di aver dimenticato in macchina il camelback.
Il disgusto non è stato tanto per i fili della sua saliva che pendevano dalla mia cannuccia del camelback, quanto per l'effetto allattamento che dava l'avere Fabio che succhiava in prossimità del mio capezzolo... attimi di raccapriccio.
Le gambe di Fabius domenica non erano le solite, ma due tronchi stagionati e rigidi che non avevano voglia di portarlo sù.
Una cosa curiosa incontrata sul percorso è stata una cavernetta particolare, perché la volta era fatta da uno sottile strato di radici intrecciate naturalmente di un faggio ormai quasi completamente scalzato.
La salita in sè non era lunga. Da quando pedalare era diventato problematico per le pendenze dell'ultimo tratto, il panorama era cambiato, allargandosi in meravigliosi boschi di faggi maestosi.
Finita la sterrata infatti, iniziava un sentierino comodo (bici+biker affiancati) che sale allegramente in quel favoloso bosco di faggi. Mancavano solo i folletti nell'atmosfera magica tra quegli alberi possenti ed eleganti, le chiazze di neve, lo sfondo blu intenso del cielo e le morbide sfumature bronzee di foglie del terreno.
E' stata una piacevolissima sorpresa trovare quel sentiero più largo di come l'avevo percorso le precedenti due volte in cui ero transitato di lì (solo in discesa). Così ai 600m di dislivello di sterrata si aggiungono 200m di sentiero, che però non pesano, data la comodità con cui si spinge la bici senza ripidi o pezzi con la bici in spalla. Solo le foglie scivolose sono un fastidio per le scarpe spd.
Le numerose pause della salita ci han fatto sorprendere all'ora di pranzo alla fine di quella non lunghissima salita. O meglio... non so quanto fosse lunga, perché chiacchierando a me è passata senza pensarci tanto, a Fabius invece penso che paresse non finire mai. Pedalando tutti i giorni, un calo ogni tanto ci sta.
Mi stupisco di come abbia azzeccato senza esitazione i bivi, nonostante i fuggevoli ricordi di una veloce discesa tante estati fa. :old:
Finito l'ameno sentiero, una irta sterrata in due curve si eclissa sotto una coltre di neve. Allora optiamo per una "salita freeride" libera nei prati cosparsi di primule e crochi bianchi. L'aria tersa trasmette un meraviglioso tepore che ci illumina il cuore.
Zigzaghiamo sugli stretti terrazzamenti pratosi, più per goderci la meraviglia di quell'alpeggio che non per esigenze di traiettoria.
Ci fermiamo sotto la cresta che si staglia nell'azzurro con una criniera albina di betulle che oscillano alle lievi folate calde.
Morbida, comoda, asciutta, fronte sole, vista panorama è la sdraio naturale che ci accoglie per la pausa pranzo.
Il Mottarone sull'altro lato della valle si innalza potente mostrando i muscolosi costoni di granito che salgono da Omegna. Esaminiamo da lontano la Direttissima che avremmo voluto fare. Ci sono tratti in stile "sta minkia! "... ci vuole una corda probabilmente per calare le bici in qualche tratto... Ipotizziamo addirittura l'uso dell'imbrago! ahah!
Mangiamo i panini della Kicco's Production, mezza mela e ci approvvigioniamo alla fontanella dell'alpe Sacchi (agriturismo aperto d'estate). Per non pestar la neve e non bagnarci i piedi prendiamo l'acqua dal tubo che solitamente è di competenza bovina, ma visti i mesi di lavaggio senza presenza di bestiame, ci fidiamo e vffncl.
Che ingenuotti. Non per il cagotto che non si è manifestato, per fortuna, quanto per la lunga passeggiata nella neve alta che ci aspetta!
Sulla crestina sopra l'Alpe Sacchi si può scorgere il Signor Monte Rosa che fa capolino oltre la successiva bocchetta che avremmo a breve raggiunto. Wow. E quell'arietta tiepida, che meraviglia...
Si vedono bene alcune montagne intorno al Lago di Como e molte altre più lontane ad est. A Nord invece il Monte Croce, il Monte Cerano e il Monte Massone ci proteggono dal vento più forte ma ci nascondono l'arco alpino a settentrione.
Abbiam perso troppo tempo nel primo tratto di salita per sperare di poter completare l'impresa di raggiungere i 1600 e passa metri del panoramicissimo monte Croce. Sarà per la prossima
La sterrata che arriva all'Alpe Sacchi (1260m), partendo dalla Colma (passo tra Arola e Varallo Sesia), è completamente coperta da un manto di 30-40cm di neve e non ci son cazzi... c'è da bagnarsi i piedi.
Quindi alla strada in falsopiano con fondo compatto su cui pedalare chiacchierando amabilmente si sostituisce un faticoso incedere sprofondando fino a metà stinchi nella neve densa per 1,5-2km. Visto che ho il 48 di piedino, vado davanti ad aprir una via più comoda, pestata allo stanco Fabio. Per fortuna avevo le gomme da 2,20" altrimenti spingere la bici in quel nevaio, aprendo la prima traccia, sarebbe stato più faticoso.
Arrivato alla bocchetta dove finisce la sterrata ed inizia il sentierino incazzoso, mi arrampico su uno sperone di roccia per poter contemplare al meglio i due versanti: verso est, col lago d'Orta, il Mottarone, Vergante e le alpi lombarde e verso ovest con l'inseguirsi di cime innevate dal grandioso massiccio del Rosa fino al Gran Paradiso, passando dal Corno Bianco, Grand Combin e Monte Bianco in lontananza, oltre ad una moltitudine di vette non meglio identificate. Più vicini si presentano i pascoli solivi alle falde del Monte Croce, mentre a Nord l'Alpe Camasca e le frazioni di Quarna si arroccano sul pendio soleggiato. Wow!
:-?
Quando arriva Fabio, non vien fin dove mi sono inerpicato io, per cui mancano alcune foto dal cucuzzolo. Amen.
Pieni di neve, con i freni che non frenano ci avventuriamo per il sentierino tossico (con alcuni passaggi S3, direi) non facili da gestire con quella neve e quei non-freni.
Ma in breve raggiungiamo di nuovo una nuova sterrata (realizzata da meno di due anni, ancora su nessuna mappa).
Sulla cresta non c'è neve, ma appena compare una possibilità d'ombra ci sono almeno 30cm di coltre. All'inizio tutto bene, poi, per evitare una salita lungo una gobba del crinale, ci smaroniamo su un diagonale tra neve e foglie. Costretti poi ad infradiciarci ancora i piedi spingiamo ancora fino ad un bivio.
Fabio prosegue per la via bassa tutta innevata, mentre io risalgo lungo la cresta sulla bella sterrata che in breve si asciuga, pensando di evitare una fatica inutile e godermi una bella discesa free.
E così sarà. Il panorama dalla cresta è stupendo, magico. Sono arrivato oltre la quota in cui non crescono gli alberi e la vista può spaziare vastamente su tutti i versanti. Mi dispiacce un sacco che non sia salito anche Fabio, ma come faceva a prevederlo?! vabbeh. Allora non c'è tempo per la contemplazione, ma i grandi pratoni lisciati dalla neve appena sciolta sono un invito all'orgasmo.
Pedalo a mezza costa su un ameno sentierino fino a decidermi a perdere quota per raggiungere il povero Fabio, che s'è perso questo godimento freerideoso. Tra poco l'erba schiacciata dalla neve si rialzerà e non sarà più possibile sfrecciare a zigzag per le conche e dorsali prative senza rischiare di capottarsi nei numerosi buchi (solo ora ben visibili). Godutooo!!
Ritornato sulla sterrata in basso, con un sorriso immenso, mi ricongiungo con Fabius e riprendiamo la discesa. Non era la sterrata che credevo avremmo percorso, ma in breve la sterrata diventa sentiero e cominciamo a destreggiarci con somma libidine senza mai avere grandi pendenze. Poi, giunti ad una dorsale ancora innevata, ci orientiamo seguendo alcune tracce di animali abitudinari che ci rivelano il sentiero che sotto la neve non potevamo vedere.
Neve vergine e noi che solchiamo beati il manto candido... spettacolo. La pendenza è perfetta per non arenarsi né dover frenare. Si gioca un po' con il peso e si arriva al boschetto più in basso con un'overdose di contentezza.
A questo punto comincia la parte tecnica ripida e infida.
Dopo aver seguito per qualche decina di metri una falsa traccia cinghialesca, ritorniamo sul sentiero sepolto da uno strato di foglie di faggio che richiedeva una fiducia totale nell'assenza di tronchi e sassi nascosti. Il buon Fabius apre la strada, rassicurandomi proprio su questa fiducia ben riposta nel fondo nascosto ma pulito. Una gincana continua di tornantini su tornantini su tornantini su tornantini ci fan perdere quota sul pendio ripido. Le tantissime viscide foglie di faggio e il durupo all'esterno di ogni curva sono una bella prova di self-control.
La libidine è all'ennesima potenza.
Quando poi arriviamo ad un tornantino particolarmente stretto, mi rendo conto che se avessi fatto in noosepress anche i precedenti avrei rischiato di meno. Che pirla. I tornanti successivi fatti alzando il posteriore son diventati una cagata... o meglio, più agili e divertenti. :-?
Figata.
Finita la pacchia bella tecnica, si arriva ad un bel ponte di pietra tra cascatelle di un ruscello gorgeggiante.
Poi un breve saliscendi più o meno pedalabile ci porta sulla sterrata che credevo avremmo dovuto percorrere fin dalla cima... ma che abbiamo evitato con grande culo e piacere.
Un po' di discesa un po' di salita ed in pochi minuti arriviamo a Quarna Sotto. Chieste info per raggiungere il laghetto di Quarna, dopo una scalinata ci immettiamo nuovamente su singletrack, per sfociare su asfalto ancora un pezzettino.
Trovata la via, dal bacino artificiale di Quarna, da cui parte una condotta forzata, una bella mulattiera (un po' scassata) larga 120-150cm scende a tornanti di fianco alla condotta. E' da guidare con attenzione data l'irregolarità del fondo e la velocità che non abbiamo tanto intenzione di diminuire. Fiko!
Arrivati alla mini-centrale, abbiamo percorso la prosecuzione della mulattiera fatta di lastre di pietra e cemento che coprono un canale gorgogliante. Su questa piacevole passeggiata pianeggiante arriviamo ai laghetti di Nonio da cui eravamo partiti.
Spettacolo.
Grazie Fabio per avermi accompagnato.
Per non andare sul solito Mottarone, ho sondato i margini delle cartine tra Lago d'Orta e Valsesia, assemblando vari ricordi, descrizioni "pedonali" e confidando nell'aiuto morale dato dalla giornata stupenda, per creare un anello insolito.
Il programma prevede una salita da Nonio fino all'Alpe Sacchi, un attraversamento fino all'Alpe Camasca, con eventuale capatina sul Monte Croce, per poi ritornare ai Laghetti di Nonio per lo più su sterrate.
Così, dopo una notte travagliata per l'influenza che non mi ha ancora mollato, alle 8e45 Fabio mi raccatta e andiamo a Nonio.
Lasciata la macchina ai Laghetti di Nonio (580m slm) ci inerpichiamo sulla sterrata che sale con pendenze varie, lasciando spazio per respirare e per spingere quando "era troppo".
Fabio sudando come un icebearg all'equatore, partito già con le gambe cotte, si accorge, dopo un buon tratto di salita, di aver dimenticato in macchina il camelback.
Il disgusto non è stato tanto per i fili della sua saliva che pendevano dalla mia cannuccia del camelback, quanto per l'effetto allattamento che dava l'avere Fabio che succhiava in prossimità del mio capezzolo... attimi di raccapriccio.
Le gambe di Fabius domenica non erano le solite, ma due tronchi stagionati e rigidi che non avevano voglia di portarlo sù.
Una cosa curiosa incontrata sul percorso è stata una cavernetta particolare, perché la volta era fatta da uno sottile strato di radici intrecciate naturalmente di un faggio ormai quasi completamente scalzato.
La salita in sè non era lunga. Da quando pedalare era diventato problematico per le pendenze dell'ultimo tratto, il panorama era cambiato, allargandosi in meravigliosi boschi di faggi maestosi.
Finita la sterrata infatti, iniziava un sentierino comodo (bici+biker affiancati) che sale allegramente in quel favoloso bosco di faggi. Mancavano solo i folletti nell'atmosfera magica tra quegli alberi possenti ed eleganti, le chiazze di neve, lo sfondo blu intenso del cielo e le morbide sfumature bronzee di foglie del terreno.
E' stata una piacevolissima sorpresa trovare quel sentiero più largo di come l'avevo percorso le precedenti due volte in cui ero transitato di lì (solo in discesa). Così ai 600m di dislivello di sterrata si aggiungono 200m di sentiero, che però non pesano, data la comodità con cui si spinge la bici senza ripidi o pezzi con la bici in spalla. Solo le foglie scivolose sono un fastidio per le scarpe spd.
Le numerose pause della salita ci han fatto sorprendere all'ora di pranzo alla fine di quella non lunghissima salita. O meglio... non so quanto fosse lunga, perché chiacchierando a me è passata senza pensarci tanto, a Fabius invece penso che paresse non finire mai. Pedalando tutti i giorni, un calo ogni tanto ci sta.
Mi stupisco di come abbia azzeccato senza esitazione i bivi, nonostante i fuggevoli ricordi di una veloce discesa tante estati fa. :old:
Finito l'ameno sentiero, una irta sterrata in due curve si eclissa sotto una coltre di neve. Allora optiamo per una "salita freeride" libera nei prati cosparsi di primule e crochi bianchi. L'aria tersa trasmette un meraviglioso tepore che ci illumina il cuore.
Zigzaghiamo sugli stretti terrazzamenti pratosi, più per goderci la meraviglia di quell'alpeggio che non per esigenze di traiettoria.
Ci fermiamo sotto la cresta che si staglia nell'azzurro con una criniera albina di betulle che oscillano alle lievi folate calde.
Morbida, comoda, asciutta, fronte sole, vista panorama è la sdraio naturale che ci accoglie per la pausa pranzo.
Il Mottarone sull'altro lato della valle si innalza potente mostrando i muscolosi costoni di granito che salgono da Omegna. Esaminiamo da lontano la Direttissima che avremmo voluto fare. Ci sono tratti in stile "sta minkia! "... ci vuole una corda probabilmente per calare le bici in qualche tratto... Ipotizziamo addirittura l'uso dell'imbrago! ahah!
Mangiamo i panini della Kicco's Production, mezza mela e ci approvvigioniamo alla fontanella dell'alpe Sacchi (agriturismo aperto d'estate). Per non pestar la neve e non bagnarci i piedi prendiamo l'acqua dal tubo che solitamente è di competenza bovina, ma visti i mesi di lavaggio senza presenza di bestiame, ci fidiamo e vffncl.
Che ingenuotti. Non per il cagotto che non si è manifestato, per fortuna, quanto per la lunga passeggiata nella neve alta che ci aspetta!
Sulla crestina sopra l'Alpe Sacchi si può scorgere il Signor Monte Rosa che fa capolino oltre la successiva bocchetta che avremmo a breve raggiunto. Wow. E quell'arietta tiepida, che meraviglia...
Si vedono bene alcune montagne intorno al Lago di Como e molte altre più lontane ad est. A Nord invece il Monte Croce, il Monte Cerano e il Monte Massone ci proteggono dal vento più forte ma ci nascondono l'arco alpino a settentrione.
Abbiam perso troppo tempo nel primo tratto di salita per sperare di poter completare l'impresa di raggiungere i 1600 e passa metri del panoramicissimo monte Croce. Sarà per la prossima
La sterrata che arriva all'Alpe Sacchi (1260m), partendo dalla Colma (passo tra Arola e Varallo Sesia), è completamente coperta da un manto di 30-40cm di neve e non ci son cazzi... c'è da bagnarsi i piedi.
Quindi alla strada in falsopiano con fondo compatto su cui pedalare chiacchierando amabilmente si sostituisce un faticoso incedere sprofondando fino a metà stinchi nella neve densa per 1,5-2km. Visto che ho il 48 di piedino, vado davanti ad aprir una via più comoda, pestata allo stanco Fabio. Per fortuna avevo le gomme da 2,20" altrimenti spingere la bici in quel nevaio, aprendo la prima traccia, sarebbe stato più faticoso.
Arrivato alla bocchetta dove finisce la sterrata ed inizia il sentierino incazzoso, mi arrampico su uno sperone di roccia per poter contemplare al meglio i due versanti: verso est, col lago d'Orta, il Mottarone, Vergante e le alpi lombarde e verso ovest con l'inseguirsi di cime innevate dal grandioso massiccio del Rosa fino al Gran Paradiso, passando dal Corno Bianco, Grand Combin e Monte Bianco in lontananza, oltre ad una moltitudine di vette non meglio identificate. Più vicini si presentano i pascoli solivi alle falde del Monte Croce, mentre a Nord l'Alpe Camasca e le frazioni di Quarna si arroccano sul pendio soleggiato. Wow!
:-?
Quando arriva Fabio, non vien fin dove mi sono inerpicato io, per cui mancano alcune foto dal cucuzzolo. Amen.
Pieni di neve, con i freni che non frenano ci avventuriamo per il sentierino tossico (con alcuni passaggi S3, direi) non facili da gestire con quella neve e quei non-freni.
Ma in breve raggiungiamo di nuovo una nuova sterrata (realizzata da meno di due anni, ancora su nessuna mappa).
Sulla cresta non c'è neve, ma appena compare una possibilità d'ombra ci sono almeno 30cm di coltre. All'inizio tutto bene, poi, per evitare una salita lungo una gobba del crinale, ci smaroniamo su un diagonale tra neve e foglie. Costretti poi ad infradiciarci ancora i piedi spingiamo ancora fino ad un bivio.
Fabio prosegue per la via bassa tutta innevata, mentre io risalgo lungo la cresta sulla bella sterrata che in breve si asciuga, pensando di evitare una fatica inutile e godermi una bella discesa free.
E così sarà. Il panorama dalla cresta è stupendo, magico. Sono arrivato oltre la quota in cui non crescono gli alberi e la vista può spaziare vastamente su tutti i versanti. Mi dispiacce un sacco che non sia salito anche Fabio, ma come faceva a prevederlo?! vabbeh. Allora non c'è tempo per la contemplazione, ma i grandi pratoni lisciati dalla neve appena sciolta sono un invito all'orgasmo.
Pedalo a mezza costa su un ameno sentierino fino a decidermi a perdere quota per raggiungere il povero Fabio, che s'è perso questo godimento freerideoso. Tra poco l'erba schiacciata dalla neve si rialzerà e non sarà più possibile sfrecciare a zigzag per le conche e dorsali prative senza rischiare di capottarsi nei numerosi buchi (solo ora ben visibili). Godutooo!!
Ritornato sulla sterrata in basso, con un sorriso immenso, mi ricongiungo con Fabius e riprendiamo la discesa. Non era la sterrata che credevo avremmo percorso, ma in breve la sterrata diventa sentiero e cominciamo a destreggiarci con somma libidine senza mai avere grandi pendenze. Poi, giunti ad una dorsale ancora innevata, ci orientiamo seguendo alcune tracce di animali abitudinari che ci rivelano il sentiero che sotto la neve non potevamo vedere.
Neve vergine e noi che solchiamo beati il manto candido... spettacolo. La pendenza è perfetta per non arenarsi né dover frenare. Si gioca un po' con il peso e si arriva al boschetto più in basso con un'overdose di contentezza.
A questo punto comincia la parte tecnica ripida e infida.
Dopo aver seguito per qualche decina di metri una falsa traccia cinghialesca, ritorniamo sul sentiero sepolto da uno strato di foglie di faggio che richiedeva una fiducia totale nell'assenza di tronchi e sassi nascosti. Il buon Fabius apre la strada, rassicurandomi proprio su questa fiducia ben riposta nel fondo nascosto ma pulito. Una gincana continua di tornantini su tornantini su tornantini su tornantini ci fan perdere quota sul pendio ripido. Le tantissime viscide foglie di faggio e il durupo all'esterno di ogni curva sono una bella prova di self-control.
La libidine è all'ennesima potenza.
Quando poi arriviamo ad un tornantino particolarmente stretto, mi rendo conto che se avessi fatto in noosepress anche i precedenti avrei rischiato di meno. Che pirla. I tornanti successivi fatti alzando il posteriore son diventati una cagata... o meglio, più agili e divertenti. :-?
Figata.
Finita la pacchia bella tecnica, si arriva ad un bel ponte di pietra tra cascatelle di un ruscello gorgeggiante.
Poi un breve saliscendi più o meno pedalabile ci porta sulla sterrata che credevo avremmo dovuto percorrere fin dalla cima... ma che abbiamo evitato con grande culo e piacere.
Un po' di discesa un po' di salita ed in pochi minuti arriviamo a Quarna Sotto. Chieste info per raggiungere il laghetto di Quarna, dopo una scalinata ci immettiamo nuovamente su singletrack, per sfociare su asfalto ancora un pezzettino.
Trovata la via, dal bacino artificiale di Quarna, da cui parte una condotta forzata, una bella mulattiera (un po' scassata) larga 120-150cm scende a tornanti di fianco alla condotta. E' da guidare con attenzione data l'irregolarità del fondo e la velocità che non abbiamo tanto intenzione di diminuire. Fiko!
Arrivati alla mini-centrale, abbiamo percorso la prosecuzione della mulattiera fatta di lastre di pietra e cemento che coprono un canale gorgogliante. Su questa piacevole passeggiata pianeggiante arriviamo ai laghetti di Nonio da cui eravamo partiti.
Spettacolo.
Grazie Fabio per avermi accompagnato.