Una lezione dalla Roc D'Azur

ziocrazy

Biker assatanatus
Posto un resoconto della manifestazione trovato sul newgroup it.hobby.cicloturismo; da un'idea di cos'è la mtb al di fuori delle nostre quattro mura....


"Vale la pena farsi 650 chilometri in auto, oltre otto ore di viaggio, per
una corsa lunga poco più di 50 chilometri? Nel caso della Roc d'Azur, sì:
almeno una volta nella vita bisogna esserci all'orgia collettiva di MTB
(anzi "VTT-Velò Tout Terrain", come dicono i francesi), che non ha eguali in
Europa, e forse anche nel mondo. Questa volta l'avventura non è la
trasferta, non sono i momenti esilaranti vissuti con i compagni di squadra,
non è il dopo-gara alcolico tipico della MTB A Casa Vecia: l'avventura,
oggi, è tutto il resto.
Mettete la fiera del ciclo di Milano (l' EICMA) interamente riempita di
mountain bike: bene, questa è l'accoglienza alla vigilia. Una fiera dalle
dimensioni incredibili dove si può trovare di tutto, dai costruttori più
importanti alle centinaia di proposte turistiche freeride delle montagne
francesi, dai meccanici ufficiali di tutte (ma proprio tutte!) le squadre a
vostra completa disposizione fino alle esibizioni di dirt, trial e bmx che
volano sopra le teste dei visitatori. Senza contare i big della MTB mondiale
che girano tranquilli tra i padiglioni come una persona qualsiasi farebbe.
Ecco, l'orgia della Roc è questo mescolarsi continuo del VTT, un termine ben
più ampio del MTB italiano: VTT è tutto quello che non sia ciclismo su
strada, dalla granfondo al cross country, dal dirt al bmx fino al freeride.
Il tutto contornato da migliaia di persone appassionate e competenti, gli
spazi immensi della Base Nature di Frejus, un continuo susseguirsi di
competizioni ed esibizioni, pettorali numero quattordicimila e oltre: questa
è molto più che una semplice granfondo.

Alla Domenica la "Roc d'Azur 58km." chiude ufficialmente l'edizione numero
22 della manifestazione: sulla carta il percorso sembra abbordabile, con
quei 58 chilometri e quelle brevi salitelle che fanno ridere al confronto
con le maratone e le vette superate in una stagione lunga e dura come quella
che volge al termine; fortuna vuole che in partenza i bikers della Superbike
Pozzetto mettano la pulce nell'orecchio: sarà gara dura e senza respiro, tra
polvere e sassi lungo un percorso tecnico come non se ne vedono in Italia.
Alle 11.30, quasi all'ora di pranzo, mentre i primi (partiti un'ora e mezza
prima) stanno per arrivare, ci si avvia; gia dall'inizio i primi intasamenti
creano qualche intoppo, ma è sulle prime còtes costiere che si capisce cosa
significhi la mountain bike per i francesi: biciclette biammortizzate di
tutti i tipi e di tutti i pesi ma zero front, abbigliamento largo e comodo,
pedali flat e protezioni da downhill; il percorso, per di più, duro come mai
visto prima: salite su sentieri stretti e a gradoni, discese tecniche
all'inverosimile con passaggi più che pericolosi (addirittura un drop da tre
metri!) e tanti, tantissimi single track. E i francesi, a voler restare a
tutti i costi in sella sia in salita che in discesa, cadono per terra in
continuazione: ogni volta, però, si rialzano con il sorriso sulle labbra,
tentando di stare in sella al passaggio successivo; un tipo in divisa Phonak
è riuscito a cadere per ben quattro volte nell'arco di duecento metri... di
salita!
Tuttavia, il particolare che si nota tra la polvere sollevata dalle cadute,
è che tutti agiscono con la massima prudenza, evitando rischi inutili sia
per sè che, soprattutto, per gli altri: se in Italia, appena la strada si
allarga, è tutto un gridare "destra! sinistra!" per guadagnare posizioni,
qui in Francia nessuno si azzarda a superare un biker più lento, soprattutto
in discesa, se i rischi di caduta non sono pari a zero; un livello di
correttezza, civiltà e sportività difficilmente raggiungibile in Italia.
Sportività che si presenta palese dopo venti chilometri, quando una caduta
lungo la discesa de La Flùte crea un imbuto dove l'attesa in coda dura
addirittura un'ora; penso a cosa sarebbe successo in Italia: proteste,
lamentele, urla, scorciatoie improvvisate, e una valanga di polemiche nel
dopo gara. Alla Roc, invece, non è successo praticamente nulla: zero
lamentele, tanta pazienza, e le uniche proteste rivolte a chi (soprattutto
italiani) cercavano di guadagnare posizioni bici in spalla nel bosco.
Smaltito l'ingorgo, la corsa prosegue lungo gli interminabili saliscendi
della Costa Azzurra, tra colline brulle e panorami mozzafiato sulla costa,
diventando un po' più pedalabile e meno tecnica per lunghi tratti: con un
compagno di squadra mi confronto in una sfida irresistibile al limite dei
crampi, un continuo rincorrersi tra single track, strappi, salti, dossi,
discese, paraboliche per chilometri e chilometri fermandosi solo ai ristori,
letteralmente presi d'assalto dai biker transalpini e dove gli unici che
tirano dritto sono, manco a dirlo, italiani. I chilometri passano ora veloci
e si inizia a puntare decisamente verso sud, verso il mare che ci
accompagnerà nell'ultima parte ci corsa.
Superato il tanto temuto Col de Bougnon (rivelatosi un ridicolo strappo di
300 metri) lo sterrato scende con decisione verso la costa, per poi risalire
quasi in verticale fino al borgo de La Lissandre, dove chi arriva in cima in
sella viene accolto dall'emozionante ovazione degli appiedati: la scena si
ripete nei successivi ripidissimi strappetti sopra il paese di Saint Aygulf,
finché con l'ultima discesa, interamente asfaltata, si ritorna al livello
del mare.
Dalla periferia di Saint Aygulf si arriva al centro e da qui ha inizio il
passaggio più bello di tutta la corsa: lo spettacolare sentierino sulla
scogliera, a strapiombo sul mare, ripaga abbondantemente di tutte le fatiche
sopportate, comprese quelle ancora a venire; pochi chilometri dopo, infatti,
un insulso ma caratteristico passaggio sulla spiaggia obbliga tutti alla
bici in spalla: sembra una vetrina a favore del divertimento dei bagnanti,
che si gustano lo spettacolo stesi al sole o seduti al bar.
Pochi metri oltre, finalmente, inizia l'asfalto; al ristoro una visione
mariana manda in estasi più di qualcuno, poi via verso il traguardo,
tagliato in parata e a braccia alzate con i compagni, tra i sonori "buuuu!!"
dei transalpini invidiosi di questi italiani sboroni.

Si chiude così una delle corse tra le più emozionanti che abbia mai fatto,
lungo un percorso stupendo immerso in una natura desolata ma affascinante,
tra panorami mozzafiato e scorci da cartolina, insieme a centinaia di bikers
letteralmente impazziti per i single track e le discese tecniche,
completamente presi dall'aspetto ludico del VTT e per nulla interessati a
tempi e classifiche.
Sono tuttavia tante le lacune imputabili all'organizzazione: dai ristori
poco forniti ai numerosissimi ingorghi, dall'assenza di controlli sul
percorso alla mancanza di una altimetria ufficiale.
Pensandoci bene, però, queste valutazioni sono basate sui normali standard
italiani, non su quelli francesi; a loro infatti non importa il tempo, la
classifica, l'agonismo: i bikers francesi vogliono semplicemente passare una
giornata di divertimento tra sport e natura, puntando solo ad arrivare,
prima o dopo, alla fine. Con un movimento come questo, basato sul freeride e
sul divertimento, sono riusciti a sfornare i leader di tutte le specialità
della mountain bike, dal cross country alla downhill; noi, intanto, facciamo
le volate per il 1435° posto.

E mentre i nostri giovani sognano Totti, centinaia di bambini armati di
caschetto e "VTT" affollano i pistini e i single track di Frejus..."


Stefano De Marchi


(preso dal newsgroup it.hobby.cicloturismo)
 

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skusa, ma allora babbiavi quando ti skantasti per la mia commy???
E poi preciso: La mia Commy Meta 5:-? è la preferita dai francesi proprio per le sue doti discesistiche ma anche abile scalatrice...
Cionondimeno ho saputo, da fonti dirette, che:-? la MDE CARVER ha riscosso un SUCCESSONE alla fiera della Roc D'Azur: i francesi sbavavano!:-? :-? :-? :-?
 

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