Una giornataccia

  • Siete di quelli che, quando comincia a fare freddo, mettono la bici in garage e vanno in letargo, sdivanandosi fino alla primavera? Quest’anno avrete un motivo in più per tenervi in forma, e cioè la nostra prima Winter Cup, che prende il via il 15 novembre 2024 e si conclude il 15 marzo 2025.
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stefano alinovi

Biker serius
4/10/08
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Il mio carattere, prettamente tecnico, mi porta a ragionare in modo logico e razionale, ma, evidentemente, paure ancestrali e timori atavici sono ben vivi e presenti dentro di me, ed escono allo scoperto sempre, rigorosamente al momento sbagliato, meglio proprio quando è l’ora. Per colpa dell’uomo primitivo che è in me, sono molto legato ad oggetti scaramantici che, a mio dire, mi preserverebbero da ogni tipo guaio o disastro, specialmente quando vago solingo per monti, boschi e colline con la mia fedele mtb. Lo so benissimo che non bisognerebbe mai, andare via soli, ma vuoi perché non è sempre facile avere compagnia, vuoi perché a volte mi piace la solitudine, capita abbastanza spesso di uscire solo soletto per monti e boschi. Per non sentirmi completamente solo porto sempre con me un arrugginitissimo ferro di cavallo ( trovato in giro per sentieri) e il fedele campanello scaccia orsi.
E’ vero che da noi orsi non ce ne sono (non è vero, conosco certi tipi di un orso, ma di un orso…che i grizzly sono dei simpatici mattacchioni) ma il ticchettio mi fa compagnia e un po’ da campanello (consiglia agli animali ignari presenti sul percorso di spostarsi che sta arrivando il più sconsiderato e dannoso dei cinghiali)
Sono sempre scrupoloso e controllo sempre che nello zaino siano presenti entrambi gli oggetti.
Sabato scorso…ho dimenticato il campanello per orsi…
Sciagura!!!
Quando me ne sono accorto era ormai tardi ed ero già arrivato al punto di partenza dell’escursione.
Di tornare indietro non se ne parla nemmeno e decido di affrontare la sorte così, quasi disarmato, col solo scudo del ferro di cavallo. Mi sono sentito un po’ Don Chisciotte contro i mulini a vento…
Così tra l’eroico e il timoroso son partito con un occhio alla strada e un occhio al navigatore.
E’ necessario un doveroso chiarimento.
Cosa ci facevo sabato mattina presto a Luneto?
Luneto è una frazione di Bore.
Quest’anno, d’improvviso, mi sono messo in testa di percorrere in mtb l’intero Anello della Val Ceno.
L’intero anello misura 120-130 km.
Chiaramente lo faccio a piccoli pezzi. Mi munisco di telecamera, a volte anche di moglie, e mi avventuro su e giù per la Val Ceno, Cenedolo, e andrò, meglio tornerò anche verso la Val Taro.
Da qualche parte in casa ho una bella guida che descrive dettagliatamente il percorso.
Ma in casa ho anche altre centinaia di guide su percorsi di mtb, fatto sta che non trovo quella cerco. Poco male, penso e accendendo il mio pc apro il trekmap italia e guardo i sentieri tracciati. Individuo l’anello della Val Ceno, traccio la rotta la carico sul navigatore e via…Cosa c’è di complicato?
Nulla, fino ad ora sono andato quasi ovunque con questo sistema.
Le avvisaglie preoccupanti c’erano già state la settimana scorsa, facendo il tratto p.so Pellizzone- Bore.
Ad un certo punto il navigatore mi segnava una discesa per carraia molto malmessa, mentre chiari cartelli CAI dicevano di tirare diritto. Diatriba notevole con la moglie ma ho voluto seguire la mia traccia…e un paio di rovi hanno rigato i polpacci della signora…Più giù abbiamo ritrovato il sentiero segnalato CAI. Quel che non ho sentito ve lo lascio immaginare…poche parole ma altamente significative: “te lo avevo detto!! Io!!”
Peggio di una mazzata.
Comunque traccio il sentiero che su trekmap Italia mi veniva segnalato come Anello della Val Ceno.
Lascio la macchina prima di Bore. Avevo tempo e l’ intenzione era di aggiungere al pezzo tracciato un paio di varianti che avevo visto…
Arrivare al Pellizzone via asfalto è stato un divertimento così come è stato bello scendere a Bardi lungo la strada.
Bello si! Ma ho notato che il dislivello era parecchio, e ho iniziato a dubitare di poter visitare le varianti che avevo in mente.
Bon…In centro a Bardi faccio il figo, installo la videocamera sul casco, e mi dirigo a seguire il mio bel tracciato sul display del navigatore. Pronti via e rischio di finire sotto una macchina. Cominciamo bene! E penso al mio campanellino per orsi che è a casa. Ripongo tutte le speranze sul solo ferro di cavallo.
Che dovessi sudare fin da subito lo avevo intuito guardando la carta. Così tanto e così subito, no, non lo immaginavo. Mi si presenta davanti una salita ripidissima che percorro sbuffando come un mantice. Ma in mezzo alle case non si molla, caso mai si muore appena dopo. Ma, appena dopo, la pendenza cala a livelli di pedalabilità. Il sentiero finisce contro un piccolo nucleo di case abbandonato. Un vecchietto nel prato raccoglie qualcosa, e fra le case un SUV parcheggiato. Consulto il mezzo elettronico e riprendo la via. Il sentiero si fa via via più brutto finchè , dopo un passaggio fra rovi vari si ferma franato nel guado di un piccolo ruscello.
Mi trae in inganno una serie di segnali CAI di recente pittura. Fatico non poco a percorrere quei 10 metri franati. Riprendo, ma dove…qui di sentieri seri non se ne vedono, prati di erba dura e pungente accorpano una tracciola insignificante. Un po’ pedalo un po’ spingo e tra una parolaccia e l’altra arrivo ad un altro gruppo di case abbandonate. Pare che parta un sentiero degno di tale nome.
Pia illusione.
Poco dopo il navigatore mi propone una deviazione insostenibile. Si intravvede qualcosa, ma la quantità di rovi presenti mi dissuadono a provare.
Decido di provare a seguire il sentiero principale. “Chissà dove finisco”, penso, e tengo d’occhio la traccia originale. Magari questa traccia gira un po’ più in la e poi si ritrova.
Il sentiero finisce nell’ennesimo prato d’erba dura e tagliente.
Guardo bene e vedo che, in un qualche modo, una traccia si fa largo fra i rovi, e va anche nella direzione giusta. Alzo lo sguardo e poco sopra vedo le piante che si stagliano contro il cielo a suggerirmi che forse su c’è una costa, o cmq finisce la salita.
Provo, vedo che la traccia guida del gps è poco lontana.
Avanzo sostanzialmente spingendo il mezzo fra rovi di varia durezza e cattiveria, e dopo un bel po’ di fatica sbuco sulla costa in una ampia carraia boschiva. La traccia originale è poco più avanti. La raggiungo presto.
Voglio proprio vedere dove ho sbagliato.
Ampi cartelli dicono che sono sul sentiero 803…io non avevo utilizzato quello…
Comincio a scendere, e la discesa si fa, prima cattiva e poi cattivissima. I mucchi di sassi smossi e la pendenza del sentiero mi consigliano prudenza estrema. Scendo ancora un po’…poi penso che sarebbe bene risalire.. Ho perso troppo tempo per fare pochissima strada . Giro il mezzo a pedali. Si fatica meno a scendere! Tra dure pedalate e faticose spinte ritorno sula costa e vedo di progredire con il tracciato …
Il sentiero ora è nel bosco e sembra prendere un assetto piacevole, leggeri saliscendi scorrono bene…o quasi.
Dove c’è spiano infatti si sono formate delle enormi buche piene d’acqua. Bypassarle non è sempre agevole. Spesso devo fermarmi e spostare la mtb di peso e poi accennare un piccolo balzo.
Dai una volta, dai due, dai tre, alla quarta vedo la possibilità di passare in sella. Prendo le misure e parto.
Misure sbagliate! Proprio all’altezza di metà pozza un faggio dispettoso arpiona il manubrio e provvede a spingermi in acqua! Ma chi è Tania Cagnotto?
Immergo nell’acqua melmosa entrambe le braccia che sprofondano nel fango. Fortunatamente i pedali si sganciano a dovere e riesco a cadere senza girarmi e senza bagnare lo zaino.
Il tutto ripreso dalla camera on board…
Esco dalla pozza in condizioni orrende. La situazione richiede lucidità, quindi poche parolacce e cerco di rimediare.
Mi “lavo” usando delicatamente l’acqua della pozza successiva.
Tolto il più grosso e strizzato lo strizzabile, col morale a terra riprendo a pedalare.
Il bosco è bello bellissimo, ma ora mi prende un po’ di fretta. Il tempo passa e la processione non cammina.
Ci manca solo di bucare.
Attraverso una strada bianca invitante (volevo imboccarla e togliermi dagli impicci) e riprendo a salire.
Pedalo tanto, ma qualche volta, anche per qualche metro smonto e spingo. Cerco di conservare gambe ed energie…non si sa mai.
Salendo sento che la ruota dietro tende a fare più rumore del solito e quasi si sentono i sassi.
All’ennesimo bivio, una salita tosta mi consiglia di scendere e tocco la ruota. E’ decisamente sgonfia.
In teoria la camera d’aria doveva essere autoriparante autoriparante (appurerò poi che era effettivamente autoriparantee che forse avrei fatto bene a gonfiarla e ripartire dopo aver controllato il copertone) . Ma oggi non ho con me tutti i portafortuna, riuscirò anche a rimanere senza camere d’aria !
Poche balle! Rovescio la bici e cambio la camera d’aria…
Nel frattempo passano due motociclisti che guardano e ridono…non capisco se è per la gomma buca, per lo sporco o per le ferite col sangue secco…mah!
Ne approfitto per buttar giù un gel ristoratore.
Riparto e salgo di quota.
Ora il bosco si fa più bello e piacevole .
Il faggio ha il sopravvento e la luce prende altre sfumature e colori.
D’improvviso appaiono due cocuzzoli rocciosi uno a destra e uno a sinistra, sono rocciosi e minacciosi.
Cioè…fossi a piedi non avrei problemi (o quasi) in bici…mi preoccupo un po’, visto l’andiamo della giornata.
Speriamo il sentiero scenda nel mezzo e mi riporti verso il Pellizzone. In effetti salendo su asfalto verso il passo del Pellizzone avevo notato due cocuzzoli rocciosi….ma sono ancora ben lontano dall’arrivare!! Sperando che il sentiero scenda fra i due pedalo rapido. E la ruota dietro fa rumore e tende a sgonfiare…ancora!! Eppure avevo palpato il copertone come se fosse una bella ragazza, di spine non ne ho sentite… perderà una delle pezze riparatrici…
Non perdo tempo a cambiare la camera d’aria. Estraggo velocemente la pompa e gonfio bene. Incrocio le dita (anche quelle dei piedi, seppur a mollo nel fango residuo) e riparto. Niente da fare, traccia e sentiero si impennano verso la cima della montagna. Passo su una esile traccia che da sulla scarpata, poi devo scendere e spingere brutalmente verso la cima.
Noto chela traccia guida poi cala dall’altra parte nella direzione in cui sto spingendo e soprattutto dalla parte in cui digrada il pendio. Bene. Viva il navigatore. Evito la vetta ( salirò un’altra volta) e cerco di raggiungere la traccia sperando che coincida con il sentiero.
Di cresta noto con preoccupazione che sono …di cresta…
Ostia !
Abbasso la sella e inizio a scendere con circospezione vagando tra un sasso e l’altro fra l’erba secca. La discesa non è difficile, ma se si sbaglia si rotola fin giù.
Individuo il sentiero pochi metri sotto.
La prudenza mi consiglia di scendere dalla bici e trattenerla lungo la ripidissima discesa fra i sassi…
Per fortuna è corta…
Ben presto riesco a risalire in sella. Il sentiero diventa di nuovo possibile…e sempre più ampio, si va…
Incontro un biker in salita, è anziano e soprattutto non eccessivamente provato. Mi consolo un po’.
Finalmente riesco a far prendere velocità alla bici….e sono al passo del Pellizzone…
Scendere a Bore e poi a Luneto è questione di pochi minuti…
In centro a Bore sporco e puzzolente mi fermo a telefonare a casa…
Un signore spingendo un passeggino mi chiede scusa per avermi urtato…
“Sentito niente”…
Dopo tutto….
 

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stefano alinovi

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Non è che hai preso il campanello per una sorta di coperta di Linus?
Belle le foto comunque.
Ma perchè hai deciso di lavare la bici in mezzo ad un bosco?:smile::smile:
Enrico

Direi proprio di si.
Nonostante viva in mezzo alla tecnologia avanzata, mi attacco alle "coperte di Linus".. Sono manie come tante altre, scaramanzie e placebo per provare a scacciare ansie e paura. O forse, meglio, mi affeziono a oggetti che mi piace sentire vicini. Così...

La polvere dei sentieri è veramente fastidiosa e copre tutta la bici sporcandola in modo vergognoso....così, approfittando di una bella piscina ho pensato di fare il bagno al cavallo e al cavaliere...


Stefano
 

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