Una MTB e una cadrega in Nepal...
E la cronaca di un viaggio in Nepal particolare, questa mia avventura, non nuovo ad imprese del genere. E, come per le altre, ecco serate spese tra il garage con amici e il biciclettaio lariano di fiducia per sviluppare l idea e arrivare alla vera protagonista al pari dell amata bicicletta : una cadrega.
Proprio così, una sedia, di quelle pieghevoli in metallo da pochi euro, adattata alla bisogna, tagliata, saldata, rinforzata e pitturata. Una sedia da utilizzare come portantina ( diventa con pochi accessori e in pochi secondi anche un carrello da trainare ) per caricare agevolmente, per quanto agevole possa esserlo, la fida mountain bike lungo il sentiero trekking del Campo Base Everest a 5.540 Mt.
Una giacca pesante, un saccoletto per affrontare le notti di un periodo ( Febbraio scorso ) non troppo indicato per quelle altitudini, un pannello solare e poco altro. Ventiquattro chilogrammi complessivi come indicato sulla bilancia al momento di prendere il volo interno che, dalla capitale Kathmandù, portava il nostro selvatiko ( questo il mio nick-name, www.selvatiko.com il mio sito internet ) ai 2.800 mt di Lukla, classica base di partenza per i trekking di quel versante Himalayano.
Ha così inizio l avventura, una lunga scarpinata, un continuo salire e scendere di quota e, comunque, sempre intorno, se non oltre i 3.500 metri. Una cifra importante che, se non porta il mal di montagna, non regala sconti, il fiato si fa corto e i chilogrammi si sentono tutti, specie poi se, per realizzare un discreto video-report, si è costretti a percorrere tratti due o più volte, non fosse altro per recuperare telecamera e treppiede; unica soluzione possibile in un viaggio affrontato in solitaria.
E, salendo, pochi i momenti concessi al pedalato, per via di gradinate e/o sentieri stretti, ripidi e sporcati da pietre, ponti sospesi, e .militari. Già, l esercito, il primo problema, il vero ostacolo verso il successo e il raggiungimento dell obiettivo. Una situazione politica tesissima ( erano i giorni in cui di Nepal si sentiva qualcosa attraverso le nostre Tv ) e l ottusità di un graduato hanno fatto si che il viaggio terminasse anzitempo, in un lodge a 4.500 metri, dove, inseguito e minacciato poche erano le alternative.
Un assurda legge a vietare l ingresso alla Riserva per le biciclette ( anche se trasportate ndr ), i pochissimi turisti in circolazione dato il fuori stagione, e, come già detto, la non trascurabile guerra interna tra ribelli maoisti e i soldati del Re, hanno portato a più miti consigli e suggerito un mesto ritorno a valle.
Avrebbe avuto poco senso salire lassù senza la bicicletta, senza la cadrega, e, in segno di rispetto verso gli sponsor a supporto dell impresa, la sofferta decisione. Non ultimo il voler tutelare per certi versi i gestori del lodge, minacciati anch essi se solo si fosse optato per proseguire. Meglio quindi avanzare del tempo da dedicare al fine benefico che questo viaggio si era riproposto.
Così, a malincuore, la discesa a valle, resa un poco meno sofferta per via dei parecchi tratti in fuoristrada percorsi in sella, incrociando colonne di portatori e di yack, indispensabili per assicurare ai vari rifugi il necessario per ospitare visitatori nella stagione che andava a cominciare.
Un ritorno in città, in una Kathmandù vittima del coprifuoco, l aria tesa da scontri quotidiani per i quali si contavano vittime sui giornali locali e un rientro in Italia anticipato causa problemi in famiglia...
Ad oggi, ciò che prevale è un senso di rivincita per il torto subito ; non è da escludere un mio ritorno entro l anno a tentare qualcosa di più sorprendente, in barba all assurdo divieto e per proseguire nell opera di solidarietà intavolata con due istituti scolastici del Paese. Tempo, ma soprattutto, budget, permettendo.
Mauro - SELVATIKO www.selvatiko.com
E la cronaca di un viaggio in Nepal particolare, questa mia avventura, non nuovo ad imprese del genere. E, come per le altre, ecco serate spese tra il garage con amici e il biciclettaio lariano di fiducia per sviluppare l idea e arrivare alla vera protagonista al pari dell amata bicicletta : una cadrega.
Proprio così, una sedia, di quelle pieghevoli in metallo da pochi euro, adattata alla bisogna, tagliata, saldata, rinforzata e pitturata. Una sedia da utilizzare come portantina ( diventa con pochi accessori e in pochi secondi anche un carrello da trainare ) per caricare agevolmente, per quanto agevole possa esserlo, la fida mountain bike lungo il sentiero trekking del Campo Base Everest a 5.540 Mt.
Una giacca pesante, un saccoletto per affrontare le notti di un periodo ( Febbraio scorso ) non troppo indicato per quelle altitudini, un pannello solare e poco altro. Ventiquattro chilogrammi complessivi come indicato sulla bilancia al momento di prendere il volo interno che, dalla capitale Kathmandù, portava il nostro selvatiko ( questo il mio nick-name, www.selvatiko.com il mio sito internet ) ai 2.800 mt di Lukla, classica base di partenza per i trekking di quel versante Himalayano.
Ha così inizio l avventura, una lunga scarpinata, un continuo salire e scendere di quota e, comunque, sempre intorno, se non oltre i 3.500 metri. Una cifra importante che, se non porta il mal di montagna, non regala sconti, il fiato si fa corto e i chilogrammi si sentono tutti, specie poi se, per realizzare un discreto video-report, si è costretti a percorrere tratti due o più volte, non fosse altro per recuperare telecamera e treppiede; unica soluzione possibile in un viaggio affrontato in solitaria.
E, salendo, pochi i momenti concessi al pedalato, per via di gradinate e/o sentieri stretti, ripidi e sporcati da pietre, ponti sospesi, e .militari. Già, l esercito, il primo problema, il vero ostacolo verso il successo e il raggiungimento dell obiettivo. Una situazione politica tesissima ( erano i giorni in cui di Nepal si sentiva qualcosa attraverso le nostre Tv ) e l ottusità di un graduato hanno fatto si che il viaggio terminasse anzitempo, in un lodge a 4.500 metri, dove, inseguito e minacciato poche erano le alternative.
Un assurda legge a vietare l ingresso alla Riserva per le biciclette ( anche se trasportate ndr ), i pochissimi turisti in circolazione dato il fuori stagione, e, come già detto, la non trascurabile guerra interna tra ribelli maoisti e i soldati del Re, hanno portato a più miti consigli e suggerito un mesto ritorno a valle.
Avrebbe avuto poco senso salire lassù senza la bicicletta, senza la cadrega, e, in segno di rispetto verso gli sponsor a supporto dell impresa, la sofferta decisione. Non ultimo il voler tutelare per certi versi i gestori del lodge, minacciati anch essi se solo si fosse optato per proseguire. Meglio quindi avanzare del tempo da dedicare al fine benefico che questo viaggio si era riproposto.
Così, a malincuore, la discesa a valle, resa un poco meno sofferta per via dei parecchi tratti in fuoristrada percorsi in sella, incrociando colonne di portatori e di yack, indispensabili per assicurare ai vari rifugi il necessario per ospitare visitatori nella stagione che andava a cominciare.
Un ritorno in città, in una Kathmandù vittima del coprifuoco, l aria tesa da scontri quotidiani per i quali si contavano vittime sui giornali locali e un rientro in Italia anticipato causa problemi in famiglia...
Ad oggi, ciò che prevale è un senso di rivincita per il torto subito ; non è da escludere un mio ritorno entro l anno a tentare qualcosa di più sorprendente, in barba all assurdo divieto e per proseguire nell opera di solidarietà intavolata con due istituti scolastici del Paese. Tempo, ma soprattutto, budget, permettendo.
Mauro - SELVATIKO www.selvatiko.com