UN RUMORE

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Un rumore……..

Sordo, cupo…. Poi il silenzio.
Come se tutto d’un tratto le orecchie avessero smesso di funzionare.
Buio.
Era tutto buio. Ma gli occhi erano aperti. E quelle luci. SI! Quelle luci che aveva visto, dove erano finite. Ad un tratto era diventato tutto……… buio!
Poi………..
Gli occhi erano aperti, di questo Andrea era certo.
Già! Ne era certo. Però non riusciva a vedere nulla. Non riusciva nemmeno a sentire, nulla. Non sentiva i rumori, non sentiva le voci, non sentiva, proprio, NULLA!
E quella notte, avrebbe continuato così; a non, sentire e a non vedere, nulla.
Sarebbe rimasto li. Semplicemente li. Senza poter sentire né vedere nulla.
Lui non sapeva il perché. Stava sognando!
Era un sognatore. Un sognatore, certo. Ma certamente non per sua scelta.
Ma! Stava veramente sognando? Stava vivendo….. Oppure…….
No. Non lo sapeva nemmeno lui.
A dire il vero. Lui, non sapeva proprio nulla. Il suo corpo non c’era.
Era una sensazione strana.
Non riusciva a capire, nulla.
Avrebbe continuato così, quella notte. Per tutta la notte, avrebbe cercato disperatamente di sentire qualcosa, di vedere qualcosa.


Noi invece sapevamo tutto.
Lo guardavamo, li, fermo. Su quel letto d’ospedale.
Con gli occhi spalancati, puntati dritti verso il soffitto bianco. Immobili.
Respirava. Era…… vivo?
Forse.
Ad un tratto. Dopo un’attesa eterna. Dopo una notte insonne passata a sperare………
Un colpo di tosse……….

Una stilettata. Ecco cosa sembrava. Una stilettata. Come se qualcuno avesse cercato di aprirgli il petto con un pugnale. Un dolore immenso, profondo, talmente acuto che all’improvviso aveva finalmente trovato il suo corpo. Presente, come non mai. Per fargli sentire quel dolore lancinante al petto. Proprio al centro.
La luce inondò i suoi occhi così velocemente da fargli credere di essere cieco. Le orecchie ricevettero tutto il rumore che gli avevano risparmiato durante la notte. Tutto in un solo istante. Come se si trovasse dentro una campana.
SI! Era vivo. Era presente.
Andrea si era svegliato. Ma sarebbe stato meglio rimanere ancora là. In quel posto lontano dal mondo dove era stato per tutta la notte.

Volare. Era sempre stato il suo sogno. Fin da bambino aveva desiderato diventare pilota di caccia, per poter sfrecciare a 1000 chilometri all’ora nel cielo. Ma non era stato possibile. Una leggera, molto leggera miopia lo aveva completamente escluso da questa possibilità. Allora aveva iniziato a volare con il computer; utilizzando qualsiasi tipo di simulatore di volo creato e venduto al mondo. Aveva una collezione incredibile di simulatori.
Anche la sera precedente aveva volato.
Mentre rientrava a casa dopo un pranzo con i colleghi. Si era fatto tardi e lui aveva preso il volo. SI. Ma nel modo più imprevisto e più assurdo possibile.
Alle 6 del pomeriggio stava percorrendo la strada di casa. Quell’ultima curva e…..
Sarebbe tornato dalla moglie e dal figlioletto di 4 anni che lo attendevano.
Quell’ultima curva e …………… la sabbia e la ghiaia sull’asfalto.
NO! La moto non è un buon mezzo per volare.
Le luci. Quelle luci che arrivano.
Vedeva solamente il casco del pilota. Il casco del suo collega che guidava. Poi………
Un rumore……..
Sordo, cupo…. il silenzio.
Come se tutto d’un tratto le orecchie avessero smesso di funzionare. E gli occhi anche.
Buio.


Andrea aveva aperto gli occhi. SI guardava intorno stranito, intontito.
Vedeva e sentiva tutto. Finalmente.

Su quel letto d’ospedale ci rimase 8 giorni. Fermo, immobile. Con le gambe fratturate, tre costole a pezzi ed una serie infinita di graffi e ferite .
In quegli otto giorni lo ricostruirono. Riaggiustarono le sue gambe e lo rispedirono a casa. Disteso su un letto. Per quattro lunghi mesi.

Beh! Adesso sono sveglio. Vedo tutto e sento tutto. Esattamente come prima.
Quindi, se non vi dispiace, il racconto lo continuo io.
Come avete potuto capire io sono Andrea.

Quella sera me la ricordo tutta, secondo per secondo. E mi ricordo tutto quello che ho fatto e che i medici mi avevano detto sul mio destino.
Secondo loro, dopo i primi quattro mesi di letto, sarebbero serviti almeno altri sei mesi per recuperare quasi completamente l’uso delle gambe. Poi…………

….. quel “poi” l’avevo già sentito una volta. Quando a 14 anni avevo macinato tutta la caviglia sinistra dentro un pattino a rotelle ed i “Grandi Medici” avevano detto che non avrei potuto più pattinare. Era il “MIO” sport, quindi immaginatevi come mi sentivo. Ma a 14 anni non molli tanto facilmente. Mi sono spaccato, mi sono distrutto di riabilitazione e di allenamenti e….. ce l’ho fatta. Ho ricominciato a pattinare e l’anno successivo mi portavo a casa il terzo posto ai Campionati Italiani.

…..poi dovrai cercare di sforzarti poco. Devi cercare di non sovraffaticare le gambe………!!!

La riabilitazione procedeva lenta. Non portava a nulla. Non ottenevo nessun risultato accettabile. Soprattutto, dopo un mese e mezzo non ero ancora in piedi. Così ad un certo punto ho mollato i medici e ho fatto di testa mia. Mi sono cercato “da solo” un fisioterapista con le P…e!
Raffaele, così si chiama” mi ha rimesso in piedi in un batter d’occhio.
Finita la fisioterapia, però, dovevo fare qualcos’altro.
Allora 20 giorni di mare a San Benedetto del Tronto con le pinne ai piedi girando per ore ed ore intorno agli scogli e poi ………………..
Apro la porta del garage. Sposto gli scatoloni e……..
Eccola lì. La mia freccia gialla a pedali. Una MTB talmente vecchia che probabilmente Noè (che me l’aveva venduta d’occasione) la usava per andare dalla poppa alla prua dell’Arca.
Un po’ di olio qui ed un po’ di grasso là ed eccola. Pronta per ridare vita alle mie gambe semidistrutte.
Da allora siamo diventati inseparabili. Non c’è pomeriggio che non sia segnato da un’uscita con lei. Alla veneranda età di 33 anni (tanti erano all’epoca dell’incidente) avevo riscoperto un vecchio amore. Ho iniziato a pedalare, a leggere di MTB, a scoprire veramente cosa significhi MTB. Certamente ho imparato tardi, anche perché quando l’avevo comprata l’avevo fatto perché allora a Milano tutti avevano la MTB col cambio Shimano ma nessuno la sapeva usare. Faceva figo avere la MTB. Un po’ come quei miei amici che avevano il fuoristrada per scorrazzare in Corso Europa dopo averci gettato sopra dei secchi di fango per far credere a tutti di aver fatto fuoristrada……????
Se non fosse stato per lei probabilmente starei ancora a lamentarmi dei dolori alle gambe come se avessi 90 anni. Probabilmente zoppicherei come avevano detto i “grandi ortopedici”. Dopo 11 mesi dall’incidente invece riuscivo già a correre, fare footing e a sciare!!!!
Tutto perché quel “ferro vecchio” mi aveva ridato la voglia di ricominciare.

Grazie!
Andrea.

PS. Chiedo scusa se qualcuno ha già letto qualcosa di simile. Come Ago che ha letto questa storia sulla sua e-mail; oppure come i Forumendoli che hanno visitato altri forum di MTB. La storia comunque è vera. Le cicatrici sulle gambe lo dimostrano.
Spero che non vi abbia annoiato.
 

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