Transalp Challenge 2002

  • Cannondale presenta la nuova Scalpel, la sua bici biammortizzata da cross country che adesso ha 120 millimetri di escursione anteriore e posteriore in tutte le sue versioni. Sembra che sia cambiato poco, a prima vista, ma sono i dettagli che fanno la differenza e che rendono questa Scalpel 2024 nettamente più performante del modello precedente.
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marco

Not
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Diretur
29/10/02
42.833
17.976
113
52
Monte Bar
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TC
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Bike
Diverse
Racconto di Luciano Piona


Eccomi in griglia, sono tornato, la Transalp mi ha stregato; le stesse paure del 2000: sarò pronto, reggerò a 20.000 di dislivello, andrò in crisi, la bici terrà, a proposito ho dimenticato qualcosa, (2 gel, una barretta, un giubbino senza maniche, uno spolverino antipioggia, manicotti, 2 camere, bomboletta jumbo, cpr 14+, laccio emostatico, crema disinfettante, telo da sopravvivenza, borraccia con acqua e borraccia superenergetica): ho tutto addosso, non sopporto lo zaino. Chissà cosa avrà quel tedesco in quello zaino da 50 litri. Che caldo fa oggi, meno male che saliremo. Chiedo ad Andrea, mio cognato e compagno d’avventura, come và: tutto o.k.. Abbiamo deciso di lasciare un po’ da parte lo spirito agonistico e di vivere questa avventura per goderla a 360 gradi, nel 2000 con Antonio le cose erano diverse, volevamo ambedue metterci alla prova nella gara più dura tra le granfondo. Decido di andare di nuovo in bagno, non sono passati 30 minuti dall’ultima volta, forse è la tensione o forse sto continuando a bere. Nello scendere le scale incontro Claudio ed Alberto di Riva, li avevo conosciuti alla Transalp 2000, non ci eravamo più visti, scherziamo e ci diamo appuntamento per una bella cena. Attacca la musica, la stessa ci accompagnerà ogni mattina e scandirà gli ultimi dieci minuti prima della partenza. Five-four-three-two-one : Si va, pace car, slalomando tra macchine e marciapiedi, mentre il serpentone di 828 bikers pari a 414 teams (per chi non lo sapesse la transalp è una gara che si corre in coppia e tra i due compagni non devono esserci più di due minuti di distacco pena penalità ed anche esclusione dalla gara) sfila per le vie di Mittenwald in festa, mi porto avanti assicurandomi continuamente che Andrea mi segua, nessuno sgomita come se non ci fosse una classifica : certo una partenza ben diversa da quelle delle granfondo qui in Italia, ma appena la pace car si sposta il ritmo sale ed anche la strada, guardo il cardio : 135 140 150 160 165 (la mia soglia è 164) :”Andrea ci sei, adesso calo” 160 150 “Vado bene?” “Bene Bene”. Proseguiamo in una valle bellissima costeggiando il torrente Leuthash tra pascoli e mucche che ci guardano; si viaggia veloci 25/26 Km/h, bisogna fare attenzione, si formano dei trenini e la ciclabile sterrata è stretta, uno cade Achtung!°#@§!!#. Arriviamo al primo controllo, acqua, mezza banana, un pezzo di mela, barretta, ci scambiamo le prime impressioni “Come stai, io bene, la bici, tutto ok, cosa dici andiamo?”. Fa veramente caldo e sono fradicio. Si comincia a salire verso il Ehrwalderhalm, si delineano i compagni di viaggio, pedalo a fianco di Gary Fisher, ci scambiamo qualche parola “Beautiful Wonderful ” è difficile trovare argomenti di conversazione con il cuore a 140 e guardando di mettere le ruote nel posto giusto. Perdo contatto con Andrea, forse sono partito troppo forte, è un mio difetto, lo aspetto, scendiamo per poi riprendere a salire verso l’ultimo scollinamento, le montagne sono bellissime. Difficile ricordare qualcosa quando si viaggia a tutta, recuperiamo posizioni, chiudiamo in 5h.13’.19’’, abbiamo percorso 79 km e 2400 mt di dislivello. All’arrivo: musica a canna, ristoro, gli stand degli sponsors dove si possono avere massaggi, riparare la bici, acquistare accessori. Chiedo allo stand della locale APT dove è la zona Campers mentre mangio un panino con lo speck. Ad attenderci c’è Enzo, il driver, Ivo e Luca, l’altro team che divide con noi il camper, che come sospettavo sono molto più forti di noi, doccia e pulizia bici già fatta ! prepariamo una pasta mentre nel campo, ricavato nel cortile di una scuola, ferve l’attività, chi lava la bici, chi mangia, chi fa il bucato, chi arriva, chi si beve una birra, chi guarda nel nulla, chi fa streching, chi si fa fare un massaggio : eccocosacivuole! prenoto sia per me che per Andrea. Dopo trenta minuti per 12 euro le mie gambe sono più leggere, approfitto del bagno della scuola per fare bucato e lavare la bici : è già buio. Il primo giorno la partenza è stata data alle 12 così si finisce tardi, il giorno successivo la partenza è fissata alle 8.00 così decido di andare a letto dopo una bella fetta di strudel che Luca ha portato dalla Valgardena. Il camper è bello e nuovo ma lo abbiamo già tirato come un cesso, l’acqua calda non funziona e ci siamo dimenticati lo scolapasta, mi addormento leggendo il road book (libretto che descrive ogni incrocio o cambio di direzione corredato di distanza dalla partenza, altitudine, tipo di percorso e pendenza percentuale) tentando di memorizzare le salite e le difficoltà che ci aspettano l’indomani.

Mi sveglio all’alba, sposto la tenda di un osteriggio, c’è il sole, menomale. Gli altri dormono ancora, scendo dalla mia cuccetta sopra la guida e comincio a preparare un bel caffè: sono le sei. Io devo fare colazione almeno due ore prima della partenza e non devo esagerare, ho un legame quasi morboso con il pane e marmellata e i segalini di Mittenwald sono eccezionali, li intingo nel latte gongolando, a tavola ci sono biscotti, miele, yogurt, strudel tutti gli altri bevono the, tranne Enzo che si è portato una scodella che ha riempito di caffelatte e pane a pezzi. Chiudo il banchetto con 10g di amminoacidi ramificati e preparo la borraccia con Polase, fruttosio e vitamina C. Data la temperatura mi vesto come il giorno precedente, mi do una bella spalmata di crema per il soprasella e di crema riscaldante per le gambe e poi via verso la partenza. Il giorno precedente avevamo chiuso in 47° posizione e quindi siamo nella terza griglia, quella degli ultimi. Portiamo la bicicletta in griglia e poi facciamo due passi, da tutte le parti escono ciclisti, si cominciano a vedere i primi segni delle cadute, le griglie vanno riempiendosi, chi chiacchiera, chi beve, chi seduto in terra si rilassa; aggiorno il mio altimetro con l’altitudine di Imst, così potrò calcolare quanto manca agli scollinamenti, attacca la musica : otto in punto si parte tra gli applausi degli abitanti e di tutta la carovana, si sale subito verso il Venetalm:1200 metri di dislivello in un sol colpo, ogni tanto bisogna spingere a piedi, Andrea mi pare più stanco, abbiamo ancora due passi da fare e altri 1500 mt di dislivello da pedalare, sto bene, pedaliamo spesso a fianco di Gary che è in coppia con Bryson, testimonial della Marzocchi USA, non sono quasi mai vicini perché Gary pedala bene in salita ma Bryson in discesa è un caccia e ci passa e ci svernicia in un single track interminabilmente ed incredibilmente bello, quelli che preferisco, tortuosi ma filanti senza dislivello eccessivo. Alla fine ci uniamo anche alla coppia femminile Rocky Mountain (alla fine risulteranno prime); hanno le nuove ETSX: sono bellissime! le bici dico, ci faccio un pensierino, magari per la Transalp dell’anno prossimo. In discesa sull’asfalto le superiamo, se fossimo forti in salita come in discesa … ! Inizia la lunga valle che ci porterà a Isghl, il tempo sta peggiorando, è nuvolo, minaccia pioggia ed il vento è contro. Andrea soffre, ha avuto crampi tutto il giorno e non riesce a pedalare, decido di aiutarlo spingendolo su una serie interminabile di strappetti, ci superano in continuazione, sto faticando – “Dai siamo arrivati, tieni la scia che fatichi di meno” – 5h47’27’’ siamo 37° non male. Enzo ci è venuto in contro e ci accompagna al Camper, purtroppo nessuno di noi ha mai viaggiato in camper così siamo ancora senza acqua calda e mi faccio una doccia tiepido-fredda, accidenti, e nessuno mette in ordine, che casino. Il dopogara si ripete con regolarità. Doccia, pasta, lavaggio bici, bucato, massaggio, intanto ci si racconta come è andata, Enzo è una fonte inesauribile di barzellette, sarà la stanchezza ma ho spesso le lacrime agli occhi dal ridere. Claudio ed Alberto arrivano dopo di noi, Claudio ha il telaio rotto e domani correrà con una Scott biammortizzata in affitto. Leggo e rileggo il road book, domani ci aspetta la cima Coppi, i 2720 mt di altitudine dell’Idjoch sul gruppo del Silvretta e Andrea ha male al soprasella.

Piove porca vacca, proprio oggi che bisogna andare così in alto, e che pioggia; cambio abbigliamento: clincher, manicotti, giubbino senza maniche, spolverino pesante, copri scarpe (non sopporto i piedi bagnati). Enzo entra nel camper – “Mi hanno rubato la bicicletta !!” – aveva il telaio in titanio ma con tutte le bici da sogno che c’erano proprio non capiamo come abbiano potuto rubare quella di Enzo, senz’altro qualcuno che di bici non se ne intende. Lascio il camper sotto la pioggia mestamente pensando al povero Enzo che senza bicicletta perde il bello della sua vacanza. In griglia ci sono gli abbigliamenti più svariati, dai completi per il polo con zaini incredibilmente grandi alle maniche corte da macho, che strana accozzaglia di gente, e mi piacerebbe sapere il motivo che ha spinto ciascuno a partecipare, anche ai Coreani che ieri ci hanno messo 9 ore e mezzo, ma la fortuna ama la Transalp, smette di piovere e ad ovest lontano c’è una striscia di azzurro. Mi tolgo lo spolverino mentre vedo volti rasserenarsi, la musica è a tutta, partiamo. Incito Andrea al motto ‘Più veloci andiamo meno tempo soffriamo ’, Andrea pedala su una natica, tutto storto, il soprasella duole, ma la temperatura più fresca lo aiuta, sta andando più forte, il mio cardio segna 145. E’ meraviglioso vedere il serpentone colorato che sale e sale, sono 11 km e mezzo dai 1350 ai 2740 di altitudine, dico ad Andrea che lo aspetto su, riesco a pedalare dove quasi tutti spingono, si fanno da parte e mi incitano (proprio come da noi!). Arrivo in cima, c’è ancora neve qua e là, il vento è forte e mi metto addosso tutto quello che ho. Amo le discese veloci e quella che scende all’Alp Trida lo è : rettilinei lunghissimi su un fondo di ghiaia sottile scura e compatta : 60 70 75 km/h meglio frenare, arriva un tornante, la ruota dietro scodinzola a destra, a sinistra, a destra ancora e mi infilo nel tornate, poi in piedi sui pedali tiro il 46/12 a tutta è stupendo. La discesa diventa più tecnica ed il fondo sassoso, due scatenati quasi ci fanno cadere per superarci, dopo un paio di curve sono fermi: faccia gonfia e sfigurata. La Transalp non si vince solo andando forte, si vince anche non facendosi del male e non rompendo la bicicletta. Più sotto troviamo Claudio che scanchera riparando una foratura – “Di ad Alberto che è uno stronzo” – Riportiamo fedelmente il messaggio e nella concitazione sbagliamo percorso, fortunatamente ce ne accorgiamo subito,ma intanto Claudio ed Alberto sono andati. Arriviamo in valle e dobbiamo percorrere un tratto asfaltato in Svizzera, c’è vento e si forma un bel trenino di 20 /25 persone, si viaggia a 30 all’ora in leggera salita. Dico ad Andrea di stare coperto e non mollare la ruota per nessun motivo, vado davanti a dare qualche cambio. Arriviamo così all’ultima salita della giornata, molto bella, attraversiamo un tunnel militare completamente buio, rischio di cadere, la discesa verso Nauderns è tecnica ma divertente. Inspiegabilmente sono arrivato, come, dovevano essere 67 km, il mio contakm segna 53, si è rotto e tale resterà, forse la pila o forse troppi km ? Lo sentivo che eravamo andati forte: 29° in 5h01’52’’ siamo contenti, nel Camper il clima comincia a migliorare, sfodero il mio trascorso da velista e riordino la dinette a specchio, poi esco e sotto un sole terso mi faccio una pennica con tutti gli altri : che vita ! A proposito il buon Enzo prima di lasciare Ishgl, cercando una toilette, ha ritrovato la sua bicicletta abbandonata in un garage; probabilmente qualcuno l’aveva nascosta per prenderla dopo che fossimo partiti, menomale. Le paure della partenza cominciano a sfumare, il ritmo sta arrivando e le bici sono o.k.. Si va a letto presto domani c’è una tappa lunga 98 km con 2150 mt di dislivello.

Che freddo ! 5°C, la griglia è in fondo ad un vaio, saltello per non tremare, finalmente si va, parto forte forse per il freddo ma anche fiducioso del risultato di ieri; Andrea tiene, riusciamo a fare la prima salita con ritmo e così arriviamo al lago Resia assieme ad equipaggi diversi da quelli con cui pedalavamo gli altri giorni, siamo andati bene. Nella discesa molti forano, ad Andrea pare di veder fermo anche Ivo, il nostro compagno di camper. Il lago è bellissimo, la luce ed i colori cristallini, a sud il gruppo innevato dello Stelvio chiude la valle, peccato non poter distogliere più spesso lo sguardo dalla strada. Lasciata la riva del lago attraversiamo la suggestiva Glorenza tra due ali di pubblico che applaude fragorosamente nonostante i primi concorrenti siano passati probabilmente da mezz’ora, imbocchiamo quindi una ciclabile asfaltata che in 40km di leggera discesa ci porterà a Morter. Che incubo, si formano trenini che corrono a 35/40 km/h e talvolta i paletti che impediscono alle automobili di immettersi nella ciclabile non sono stati rimossi. Che botta ! vedo volare in alto uno che mi precedeva di poco, entrano da dietro coppie che avevano forato, il ritmo sale e Andrea non riesce a tenere la ruota, sarà che quasi non riesce più a star seduto dal male, quello che era un piccolo foruncolo è ora un vulcano, aspettiamo il trenino successivo ma procede a sbuffi, mi tocca tirare, arriviamo così alla salita dalla quale arriveremo a Naturns. Gli ultimi km sono in falsopiano ma controvento, mi metto davanti ma arrivo in riserva, sono contento e c’è un sole bellissimo e si comincia a conoscersi, ritrovo Widmann con il suo amico costruttore della Rewel, anche loro erano alla Transalp 2000, li avevo battuti con Antonio, ora sono in prima griglia e noi per una posizione non siamo nella seconda. Abbiamo impiegato 4h46’’19’ e siamo 33°. Torniamo al Camper e troviamo Enzo che confabula con Ivo dicendogli di restare, effettivamente le valigie sono già fuori dal camper vicino alla bicicletta dal numero strappato. Di Luca ne anche l’ombra. Ivo ci spiega che ha forato e Luca non l’ha aspettato, che ha tagliato un copertone e Luca non l’ha aiutato a trovarne un altro e che lui non ci aveva più visto ed aveva abbandonato la gara. N.D.R. : per vincere alla Transalp è fondamentale stare uniti ed avere un gran feeling poiché la stanchezza e l’agonismo mettono alla frusta anche rapporti collaudati. Poco dopo arriva sua moglie e se ne và, siamo esterrefatti. Di Luca ne anche l’ombra. Solita routine, doccia, pappe, lavaggio bici, bucato, massaggio … di Luca ne anche l’ombra. Andrea decide di andare al servizio medico a farsi vedere il foruncolo, non ce la fa più. Torna con un bidone di ittiolo e la sconvolgente notizia che Luca è ricoverato all’ospedale di Silandro. Ci diamo da fare con il telefonino e riusciamo a sapere che sta arrivando al Camper con sua moglie che nel frattempo è andata a prenderlo. E’ gonfio, gli hanno dato 40 punti tra interni ed esterni e tiene a malapena l’occhio sinistro aperto, è viola e nero, non ricorda l’accaduto, ne dove è caduto ne come, forse in una compressione ha centrato una staccionata in pieno volto. Noi non abbiamo parole e gli facciamo compagnia al bar mentre aspetta che gli riportino la bicicletta. Sinceramente, eravamo allibiti al punto di tacere. Ne sono successe troppe: decidiamo per una cena al ristorante ed una bella birra, ci vuole proprio.

Il camper risulta stranamente grande ora che siamo rimasti in tre, l’accaduto del giorno prima ritorna continuamente nel corso della sempre abbondante colazione. Il foruncolo di Andrea pare sfiammarsi e me ne accorgo subito quando alla prima salita verso Naturnser Alm lo vedo pimpante tenere un ritmo decisamente sostenuto. La tappa corta ci invita a rischiare, scolliniamo con Claudio ed Andrea, ed in discesa troviamo Widmann che ha forato - monta un mozzo posteriore Rolhoff, vedrai che ci mette mezz’ora come a Vipiteno due anni fa – negativo, poco dopo ci raggiunge tirato con un guinzaglio riavvolgibile attaccato al reggisella della bici del suo compagno Pichler e ci stacca sulla salita al castello di Dorf, attraversiamo vigneti bellissimi e case fiorite che guardano Merano adagiato nella valle sottostante, nell’attraversare una strada asfaltata manchiamo un segnale e perdiamo 3/4 minuti, segue una discesa molto tecnica, salgo e scendo dalla bicicletta, raggiungiamo Claudio ed Alberto che ci avevano superato quando avevamo sbagliato strada: 3h44’46’’ 29° posizione. Assalgo il ristoro: tre yogurt e 2 mele in tre minuti, mmmhh squisite. Mi dicono che l’area camper è nel campeggio, che lusso, c’è la piscina, faccio quattro vasche per rilassare la muscolatura. La tappa corta lascia più tempo al relax, dedico più attenzione alla bici, è molto importante verificare catena, movimenti, coperture per non restare a piedi, la mia Carraro sembra in gran forma. Ho scelto di fare la Transalp con una front (nel duemila avevo corso con una full), 20000 mt di dislivello e circa 240 km tra asfalto e ciclabili a mio avviso non lasciano scelta: la bici deve essere leggera e rigida per non disperdere energia, quindi la forcella deve avere il lock out, e comoda, quindi le ruote devono montare le tubeless magari gonfiate a 1.8/2 atm . Forse quando ci sarà una full di 10 kg e 130 mm di escursione bloccabile davanti e dietro con assetto variabile, il tutto azionabile senza lasciare il manubrio ci ripenserò anche se le discese avrebbero meritato una bici così. La sera ci uniamo al gruppo di Riva, 4 team più accompagnatori, circa 20 persone, il menu tipico tirolese è ottimo, canederli, carrè di maiale con crauti, patate arrosto, strudel; forse esagero anche con la birra. Buonanotte …

Oggi sarà dura, non ho dormito bene e ci aspetta la tappa più dura, 82 Km e 3.500 mt di dislivello, decidiamo di risparmiarci nella prima salita per poi andare in crescendo o piuttosto non piantarci nella seconda. Dopo aver attraversato Merano arriviamo all’attacco della salita che porta al VigilJoch. Si forma un gran tappo, piede a terra, qualcuno passa sul ciglio della strada spingendo. Altroché risparmiarsi, la salita è così ripida e così stretta che a mala pena si riesce a pedalare alla soglia, la discesa inizia su una facile strada forestale, ma km dopo km diventa sempre più ripida e sconnessa, la pioggia della notte inoltre l’ha resa veramente scivolosa. Cerchiamo di superare i più lenti, ma, ostacolato da non ricordo chi, pianto la ruota anteriore su uno scolo per l’acqua e, oplà, capriola con atterraggio ginocchio-avanbraccio, riprendo la bici, tutto o.k. a parte una piccola escoriazione al ginocchio. A mille all’ora veniamo superati da un tandem, è bellissimo vedere cosa riesce a fare questa coppia di Francesi, devono avere un affiatamento incredibile, se io fossi dietro morirei di paura. Raggiungiamo il fondo valle, ci aspettano 20 km di asfalto e ciclabili per risalire la Val d’Ultimo, cerco di tenere un ritmo medio per vedere di formare un treno, veniamo raggiunti da un team, scambiamo due parole, sono Israeliani, ci mettiamo in scia, hanno il nostro passo, ad un certo punto mi chiedono di dare il cambio, vado in testa, dopo un po’ mi sposto e va a tirare Andrea e si cuoce, ‘glielo avevo detto di stare in scia ! ’ – questi, appena vedono Andrea in crisi, scattano nel chiaro intento di staccarci: non ci vedo più, non accetto un tale agonismo quando in palio c’è la quarantesima posizione o giù di lì, spingo Andrea verbalmente e fisicamente fino a riprenderli –‘Questi li faccio uscir di senno, ora gli ciuccio la ruota fino a Malè’- e non mi ero sbagliato, infatti dopo pochi km, innervosito, il duro del team inizia a zigzagare urlando di non stargli in scia, sembrava impazzito, in Inglese gli chiedo cosa gli sia preso, ‘tutti devono bastare a se stessi’ mi risponde, ‘E pensare che ero convinto che i forti dovessero aiutare i più deboli’ ribatto. Il fatto mi lascia comunque dell’amaro, fortunatamente la Val d’Ultimo è bella, perdo contatto con Andrea e al ristoro posizionato all’attacco della salita che ci porterà al passo Rabbi lo aspetto. Una mela, una barretta, un bicchierone di sali, una banana : arriva Andrea, decidiamo di ripartire, sento di non avere la forza di aiutarlo, il road book segnala un tratto da percorrere a piedi e poiché Andrea a ‘buttar’ è più veloce di me decido di andare avanti, avanzo faticosamente lungo la salita, improvvisamente realizzo che le gambe sono diventate inspiegabilmente pesanti, uno strano sudore mi bagna, beh, almeno una crisi ci voleva altrimenti che Transalp è. Nel duemila era arrivata sempre al terz’ultimo giorno sulla salita che dalla Valsugana porta sull’Altopiano di Folgaria, senti le gambe dolenti, il respiro affannoso ed il cuore che non riesce ad aumentare i battiti, 135 140 al massimo. Mentre salgo, fermandomi ogni tanto, non riesco a pensare a nulla, Andrea mi raggiunge, peccato non riuscire a gustare lo scenario, il Passo Rabbi è una salita bellissima, dalla natura incontaminata che al culmine, attraversando strutture militari della prima guerra mondiale, termina con un lungo falsopiano su fondo erboso. La discesa è ancor più suggestiva, tagliato in diagonale un immenso ripidissimo ghiaione, si getta a capofitto su un sentiero ripidissimo che slalomando tra minuscoli e verdissimi larici scende velocemente a valle. Lungo la discesa mi riprendo, e arrivati sulla strada forestale che ci accompagnerà fino in fondo ricomincio a spingere sui pedali, arriviamo provati dopo 6h23’37” 30°, controllo la classifica generale siamo 30°: siamo entrati in seconda griglia, gran pacche sulla schiena ad Andrea, a proposito, i nostri ‘amici’ Israeliani sono arrivati 29° dopo tutto quel casino. Sono molto soddisfatto, in fondo ottenere la seconda griglia era il mio obbiettivo. Malè è vicino a casa ed oggi è venuta a trovarmi mia moglie ed i bambini con torta e vino. Festa grande, mentre i bambini giocano nel camper, racconto i giorni trascorsi, non so mai se le parole, così come questo scritto d’altronde, riescono a trasmettere le sensazioni che si provano, non sapremo mai se il nostro strumento comunicativo funziona anche perché la verifica, dovendo usufruire dello stesso strumento, è impossibile, sarebbe meglio poter confrontare gli encefalogrammi. Mentre racconto, la Transalp mi sembra monotona, sveglia ore sei, colazione, pedalata, doccia, pappe, pennica, lavaggio bici, bucato, cena, letto eppure la sfida, la fatica, il gesto atletico del pedalare, raggiungere una vetta, attraversare valli e torrenti cristallini, ricevere l’incoraggiamento di un pastore quando attraversi il suo pascolo o la sua malga per me sono attimi emozionanti, pieni, così come lo sono state le onde dell’Atlantico a forza 8 e veder arrivare a Malè la Faniza con i bambini. Il tempo vola, i bambini fanno un casino terribile chiusi nella mia cuccetta al buio con le tende tirate quando il massaggiatore del team del camper di fianco, al quale sono riuscito ad estorcere un massaggio, mi chiama, tocca a me, saluto tutti e mi metto sul lettino, mia moglie partendo mi prende in giro, ma voi l’avete mai fatto un massaggio dopo quasi sette ore di bici ? è normale avere un sorriso ebete stampato in faccia. Dopo cena facciamo due passi, arriviamo al pasta party quando tutti se ne stanno andando, domani senz’altro ci andremo per tempo almeno una volta vogliamo assistere alla premiazione e vedere il filmato del giorno.

Ed eccoci al penultimo giorno, il clima della seconda griglia è diverso, si vedono meno zaini, più muscoli, abbigliamento tecnico e biciclette curate. Partiamo con la solita decisione (io non riesco a partire piano) dopo essere scesi verso Mostizzolo per la ciclabile prendiamo la salita che ci porterà al passo delle Fraine, la salita è bella e pedalabile ma la discesa non altrettanto, il fondo è incoerente e nei tratti più ripidi è stata cementata. Molti forano e tantissimi cadono mentre si alza un polverone terribile. Arrivati a valle pedaliamo sulla strada asfaltata che porta da Tuenno a Spormaggiore. Si forma un bel gruppo di circa quaranta unità, che bello pedalare nella pancia del gruppo a 30/35 all’ora senza buche, ma arrivati a Spormaggiore finisce la cuccagna, inizia una salita che, terminato l’asfalto, prosegue ripidissima su fondo sterrato, fa caldo si suda tantissimo, perdo Andrea che oggi non è al massimo, lo aspetto e proprio nel punto più ripido c’è Enzo con un fischietto, che assieme ad altri spettatori fa un baccano infernale dispensando acqua a tutti. Chiedo una spinta per Andrea ma vengo completamente ignorato, Enzo è proprio uno sportivo puro e duro, così spingo io sull’ultima rampa, seguono una serie di falsopiano e leggere discese fino ad Andalo dove arriviamo dopo 3h55’23” in 33° posizione. Il clima ad Andalo è meraviglioso, il sole è caldo e asciutto, mi spoglio a torso nudo e mi godo l’atmosfera mangiando una mela su una panchina, vicino a me due tedeschi mastodontici stanno tracannando una waitzel da litro – “prosit”. In poco tempo la zona d’arrivo si trasforma in un variopinto parco di stile balneare. Claudio è caduto e gli hanno dato sette punti nell’avanbraccio, peccato, proprio oggi che è il suo compleanno. La sera, non prima di aver mangiato una squisita braciola nel camper, ci rechiamo al pasta party nel palasport di Andalo. L’atmosfera è quella di ogni dopo gara, pasta un po’ scotta, sugo un po’ acido, tavoli sporchi ed un gran baccano. Ad uno ad uno i vincitori di tappa ed i primi di ciascuna delle quattro categorie (senior, master, donne, misto) vengono chiamati sul palco a seguire viene proiettato il filmato che riassume le fasi salienti della giornata. La musica è buona ed lo speaker è un rullo compressore, Uli Stanciu, il boss, presenta la tappa del giorno seguente, domani sarà la tappa dei discesisti, ci aspetta un sentiero da veri free-rider, sarà meglio controllare la pressione della mia Sid Carbon prima di partire e magari sgonfiare di qualche decimo le gomme.

Che eccitazione : ultimo giorno, tutti ridono, scherzano c’è una strana atmosfera, io, da buon marinaio, so che la maggior parte dei danni si fanno arrivando in porto poiché l’attenzione cala ed è più facile commettere errori. Metto in guardia Andrea, la musica romba e scandisce gli ultimi attimi prima della partenza, domani non la sentirò più. Al via mi attacco alle ruote di un team di Riva, sono giovani, giusto per provare la gamba, si può fare, ma devo aspettare Andrea. Arriva dopo un po’, è caduto in partenza toccandosi con un altro concorrente, se il buon giorno si vede dal mattino siamo a posto, scendiamo giù a Molveno dove, dopo aver costeggiato il lago, prendiamo una salita che chi ha corso la Paganella Bike conosce bene. La salita prosegue lungo un sentiero reso viscido dalla pioggia in un interminabile susseguirsi di saliscendi, riesco a finire lungo disteso, illeso ma infangato, arriviamo così su una strada che lungo il crinale ci porta sul monte Gazza verso la malga omonima, lo spettacolo è da mozzafiato, il gruppo delle Dolomiti di Brenta si staglia sulla nostra destra, devo portarci la Faniza ed i bambini. Ad un certo punto, come preannunciato da Uli Stanciu, il percorso lascia la strada per puntare deciso verso valle. Mi fermo a guardare il panorama, è incredibile, è una visione aerea dove sotto di noi si vede il lago di Toblino e poi giù in fondo alla valle dopo una scacchiera di frutteti e vigneti si vede il Lago di Garda per tutta la sua lunghezza da Riva a Sirmione. Valuto quanto lontano e quanto sotto di noi sia il lago Toblino. Uli l’aveva detto : discesa tecnica e che discesa, non ho il coraggio di proseguire in sella, Andrea mi supera, nel tecnico ha più manico di me, sopraggiungono concorrenti chiamando strada per poi stamparsi al tornante successivo, Bryson invece pare aver trovato finalmente il suo terreno ideale e scende fischiettando, più sotto la mulattiera è resa viscida dalla guazza, nell’ennesimo passaggio a piedi scivolo (devo mandare una e-mail alla Sidi, le suole sono buone, ma per il pattinaggio !!!) e mi faccio un bel buco nel ginocchio. Arriviamo così a Margone, borgata di 21 anime appollaiata sotto monte Gazza, la picchiata non è finita, ma fortunatamente prosegue su un ciottolato, che se dovessi giudicarlo separatamente direi pazzesco, ma, dopo quello che abbiamo passato mi sembra un’autostrada. Andrea perde il controllo e punta deciso verso uno strapiombo, lo ferma un cespuglio, è dolorante e stenta a rimettersi in sella, sente un forte dolore al fegato, qualcosa di appuntito lo ha colpito, arriviamo finalmente al lago Toblino, da qui ci aspettano 25 km di facile percorso per arrivare a Riva, ma la gara non è finita. Stranamente tutti sembrano avere una fretta terribile di arrivare, si formano trenini dove i cambi non sono regolari, continui scatti e rientri, con rischio continuo di collisioni, all’ingresso di un tratto di ciclabile da dietro sento un rumore sgradevole, qualcuno si è stampato in un muretto; veniamo raggiunti da un team che probabilmente aveva forato, il trenino si spezza, scelgo di tenere la ruota dei primi e dopo un po’ la lascio spontaneamente per non perdere Andrea, fuori dalla bagarre ho il piacere di assaporare la dolcezza del sole che filtra tra ulivi e frutteti, come sembra lontano Mittenwald, solo attraversando le Alpi in bici oppure a piedi od a cavallo si ha il tempo di sentire e percepire fisicamente quanto sia diverso, quanto le Alpi segnino una barriera profonda, sia climatica che culturale e, scusate l’orgoglio, capisco anche perché tutti amino l’Italia. Troppo bello per durare, vedo arrivare un gruppetto, dentro c’è Andrea, in piedi sui pedali mi metto in scia, lo raggiungo –“come va”- “mi fa male il fegato”-“a me il ginocchio, dai che questi ci portano all’arrivo”- rischiamo di cadere più volte, una coppia sembra imbambinita ed è assolutamente incapace di pedalare in gruppo, volano insulti, uno prosegue con la ruota così scentrata che non capisco come possa restare in piedi, se avesse avuto un v-brake al posto del disco sicuramente avrebbe dovuto rinunciare al freno, tutti vogliono arrivare al più presto, riusciamo a salutare a malapena Enzo che come al solito ci è venuto in contro e con il suo fischietto fa un tifo del diavolo. Così arriviamo mano nella mano guardandoci bene dal fare la volata, appena passato il traguardo prima che tu possa renderne conto ti viene tolto il chip (datasport) e ti viene messo al collo la medaglia di Finisher, sono senza parole, la zona d’arrivo è un po’ piccola, c’è una grande confusione, mi butto sul ristoro dove offrono cocomero a go-go, tutto attorno chi beve birra, chi stappa spumante, chi fuma, chi piange, chi urla, chi si abbraccia, chi prosegue dritto nel lago mentre tra fragorosi applausi gli arrivi si susseguono. Sono frastornato, vado a farmi medicare il ginocchio, mi applicano una borsa di ghiaccio, viene al pronto soccorso anche Andrea, mettono una borsa del ghiaccio anche sul suo fianco che è gonfio come un melone. Quando arriva Enzo si fa festa, ha deciso di tornare a Verona in bicicletta, sono un centino e controvento (Enzo è verso la settantina, vorrei avere il fiato che ha lui), baci, abbracci, parte dimenticando la borraccia : dovrà bere alle fontane. Ci facciamo una doccia e torniamo alla partenza per continuare a vivere questa splendida atmosfera e guardare le classifiche, siamo 28° di tappa e 30° in classifica generale con 38h52’52”, i 29° sono a 20 secondi ed i 31° a più di venti minuti, Claudio ed Alberto sono 27° e ci hanno rifilato un’ora e venti minuti. Guardo Andrea –“Che dici, io ho voglia di andare a casa e tu”-“Anch’io”- lasciamo l’arrivo, continuano ad arrivare equipaggi, faccio gli ultimi saluti. Una volta tornati al camper, lungo il viaggio che ci riporta in Val Rendena luoghi e fatti continuano a tornare,mi sento rilassato come non mai, questa Transalp mi è proprio piaciuta, più dell’altra volta, e la prossima come sarà ? -“Dai che andiamo a fare la TrasRokies in Canada l’anno prossimo” ma ‘sto ginocchio mi fa proprio male, merda ! come faccio a farmi un giro in bici domani?
 

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