Era da tanto tempo che ci pensavo e l'idea del Gran Sasso mi era sempre apparsa come una vera conquista da compiere. Mi dava la sensazione di libertà e di selvaggio.
Alle 10.00 del mattino Io, Roberto e Marco partiamo dalla A14 di Faenza in direzione Assergi. Arrivati ad essa pranziamo e ci inoltriamo lungo i fianchi del massiccio del Gran Sasso. Come svalichiamo uno spettacolo incredibile paralizza i nostri occhi: km e km di prati che sembrano non avere confine e con una cornice di montagne a dir poco fantastica. Alle ore 15.00 parcheggiamo al Rifugio Fonte Vetica e prepariamo le bighe. Con noi in questo tour che sarà di tre giorni e due notti, ci accompagneranno, poco più avanti, due ragazzi umbri, Stefano e Paolo che stanno arrivando per l'appunto un pochetto più in ritardo. Partiti con i nostri zaini da 8 kg, ci incamminiamo verso la prima tappa che ci vede arrivare al Rifugio Duca degli Abruzzi, passando da Campo Imperatore. Le prime pedalate sanno di euforia, anche se sono su asfalto, ma durano pochissimo, in quanto una macchina ci viene incontro e.... Stefano e Paolo ci invitano ad aspettarli x fare il resto del percorso con loro. Parcheggiano e come montano sulle loro bici, giriamo su una carrareccia che si addentra nei bellissimi prati della piana del Gran Sasso. Verso le 19.30 siamo a Campo Imperatore pronti a fare del “portage” fino al Duca degli Abruzzi. Arriviamo che sono oramai le 21.00 e lo spettacolo del tramonto che assistiamo ha del miracoloso: luci rosa e chiare avvolgono il massiccio e la Val Maone. Sono in contemplazione, ma dura poco, perchè è già tardi e noi dobbiamo ancora cenare e preparaci per la prima notte. Notte al Duca. Notte indimenticabile. Facciamo amicizia davanti ad un piatto di pasta e uno di carne con i nostri compagni di avventura: Stefano è un ragazzone che viene da Trevi, alto e ben in forma, molto sereno, gentile e di ottima compagnia; Paolo è un tipo robusto di Foligno, casareccio e veramente divertente, ma che nasconde dietro tutto questo un anima generosissima e bonaria. Durante il nostro tour dovremmo passare per la Val maone e per il sentiero 4 Vadi: se per il primo non ci sono problemi, per il secondo c'erano molti dubbi. Dubbi che si sono rivelati fondati nel momento in cui lo abbiamo esposto ad un ragazzo che fa la guida per il CAI qui nelle zone del Gran Sasso: il 4 Vadi è quasi difficile per un escursionista e risulta molto sporco, tant'è che ci avevano anticipatamente avvertito anche i gestori del Rifugio a Fonte Vetica che alcuni romagnoli in bici pochi giorni prima avevano tentato di attraversarla, attraversamento sì riuscito, ma con ben 4 ore di portage!!!!!!!!!! Al mattino dovremo passare per la Val Maone, Prati di Tivo, Isola del Gran Sasso e poi da lì all'agriturismo che ci attenderà, Lu Formaggio sopra Castelli, sarà una vera e propria avventura in quanto vedremo lì per lì cosa fare. Ma ora è tempo di dormire.
Arriva presto l'ora di alzarsi: l'umidità del rifugio è così alta che si fa fatica anche a respirare e la luce che penetra dalla finestra fa in modo che il sonno termini all'istante. Non vedo l'ora di uscire per vedere che giornata è sulla Val Maone e come esco dal rifugio, nonostante siamo a 2400 m di altezza, il sole, in una giornata tersa come non mai, riscalda tutta l'aria e la nostra voglie di partire. Dopo aver azzannato qualcosa a colazione e aver pagato la permanenza al rifugio alla gentile gestrice del locale, buttiamo sulle spalle lo zaino e ci incamminiamo in quello che deve essere il clou del giro stesso: la Val Maone. La Val Maone dall'alto del rifugio è una vallata da prima aperta tra le cime del Corno Grande e l'Intermesoli e che poi si va a stringere tra esse. Uno spettacolo unico da vedere macchiata da quelle piccole giacenze di neve. Il sentiero da prima esposto, diviene sempre mutevole: passa dai prati ondulati ai ruvidi sassi. Una discesa bellissima dal punto di vista paesaggistico, che ci fa fermare tantissime volte per poterla fotografare. Il Corno Grande ci sovrasta e noi come piccoli gnomi arriviamo sino alla Fonte dell'Arno per dissetarci un po. Iniziamo da lì a risalire brevemente su dei percorsi via via meno sassosi e con un fondo di terra. Stiamo per arrivare a Prati di Tivo quando vedo la fine del sentiero, ma.... lo sterzo mi si chiude e cado per terra: ho preso un sasso nascosto sotto le foglie e la mia poca attenzione mi è costata la piegatura del cerchio e la rottura della leva del freno. Sono sconsolatissimo. Lo zaino mi diventa tutto un tratto pesantissimo ed io sono afflitto. Ma Paolo mi prende per una mano e mi dice: “ Guarda... guarda là!! Non vedi? Non mi dire che vale ora più il tuo cerchio che tutto questo?”. Paolo mi ridà la carica e piano piano e con pazienza riusciamo se non altro ad aggiustare il cerchio riuscendo se non altro a non far toccare la gomma contro il fodero della forcella. Il tour va avanti! Si va verso Cima Alta su asfalto e arrivati ad essa giriamo sempre capitanati dal grande Stefano su un divertente sentiero sino ad Isola del Gran Sasso, dove ci rifocilliamo: un bel piatto di pasta e un occhiata alla cartina per decidere dove passare al posto del sentiero dei 4 Vadi. Decidiamo, anche con l'ausilio di un navigatore GPS cartografico, di prendere una stradina che abbiamo individuato poco sopra Pretara, per poi fare un taglio sino quasi a Castelli. Partiamo. Arrivati a Preatara giriamo a sinistra lungo quello che all'inizio è indicato come sentiero CAI, ma che ben presto si rivelerà per noi una sorta di calvario: ci infiliamo lungo la strada che ben presto diventa sempre più sporca e che ci fa sbucare in una radura; da lì, sempre con l'ausilio del GPS, vediamo che ci siamo discostati dalla strada che volevamo prendere, ma che siamo vicini però ad un sentiero CAI. Sentiero CAI che non si trova e ci fa perdere (oltre che una camera d'aria, ed indovinate a chi?) un ora di tempo e di forze. Decidiamo di tornare indietro e intuitivamente, Stefano, nota uno stradello che gira sulla destra. Lo imbocchiamo e arriviamo su una asfaltata che corre in parallelo con quella che porta a Castelli. Facciamo il pieno d'acqua a San Massimo quando sono le 17.00 passate e ci aspetta ancora un po di strada sino all'agriturismo. Abbiamo anche fame e decidiamo di fare l'ultimo pezzo che ci rimane ad arrivare all'agriturismo in asfalto. Quando arriviamo all'agriturismo sono già le 19.00. Facciamo in tempo a farci una doccia e ad andare sotto il porticato per quella che diventa una deliziosa, ma vorace cena sotto lo sguardo indiscreto della signora di casa che ci guarda compiaciuta del fatto che “puliamo” qualsiasi cosa ci porti! E dopo qualche risata a tavola, andiamo verso le nostre camere per l'ultima notte al Gran Sasso.
Dopo aver dormito pesantemente e comodamente nell'agriturismo e dopo aver fatto la sola routine della colazione e della corresponsione ai proprietari dell'agriturismo, ci incamminiamo nuovamente e per l'ultima volta in direzione Fonte Creta, dove da lì parte una bellissima forestale, ma che sempre più duramente ci fa arrivare al Rifugio Torricella. Oggi dobbiamo fare uno dei pezzi più duri del giro, cioè dal rifugio Toricella al Monte Siella, 2 km e 300 metri di dislivello tutti in portage. Dopo aver scambiato qualche parola con un solitario personaggio intento a leggre un grosso libro, ci incamminiamo lungo il difficile e accidentato sentiero. La giornata diventa via via sempre più brutta e che non ci fa godere della bellissima immagine del Monte Camicia. I tuoni rimbombano sempre più vicini. Dobbiamo svalicare altrimenti saremmo nei guai. Arriviamo veramente distrutti al Monte Siella, tempo di rilassarci un pochetto, fare le ultime foto e metterci le protezioni per l'ultima discesa che ci porterà dritti dritti a Fonte Vetica. Discesa tecnica ma molte breve, che termina di fatti alla fonte. Arriva per primo Paolo, poi io, Stefano, Roberto e Marco. Ci guardiamo in faccia e sì... abbiamo circumnavigato il Gran Sasso: 91 km e 3100 metri di dislivello. Sono contentissimo, ma allo stesso tempo affranto. E' finito in meno che me lo aspettassi. Clamorosamente sono quasi incazzato. Ma sono quelle incazzature che hanno dietro una piacevole sensazione di star bene. Andiamo a mangiare, ribadendo le peripezie dell'avventura. Quasi mi commuovo invece quando è ora di allontanarci da questi due umbri: due ragazzi che porto nei mie pensieri e nel mio cuore, sicuro di poterli ritrovare ben presto. Ciao Stefano. Ciao Paolo. Si ritorna a casa.
Oggi, venerdì 9 luglio alle ore 23.37, a distanza di una settimana dall'inizio del tour ho finito di descrivere questa avventura. E' una serata calda e afosa in quel di Brisighella, ma mi sembra ancora di riviere tutte quelle sensazioni del giro mano a mano che lo racconto. E non mi importa se non l'ho descritto bene o ho fatto errori di calligrafia, questo non è il mio mestiere. Io volevo solo farvi sapere quello che io ho provato, in quanto è quello che poi noi cinque biker abbiamo provato in quel primo fine settimana di luglio. Ma ora è meglio che vada a dormire e chissà che alla fine non mi risvegli al rifugio Duca degli Abruzzi, pronto per raidare insieme ai miei compagni di avventura. Chissà. Buona Notte.
Teddy
Alle 10.00 del mattino Io, Roberto e Marco partiamo dalla A14 di Faenza in direzione Assergi. Arrivati ad essa pranziamo e ci inoltriamo lungo i fianchi del massiccio del Gran Sasso. Come svalichiamo uno spettacolo incredibile paralizza i nostri occhi: km e km di prati che sembrano non avere confine e con una cornice di montagne a dir poco fantastica. Alle ore 15.00 parcheggiamo al Rifugio Fonte Vetica e prepariamo le bighe. Con noi in questo tour che sarà di tre giorni e due notti, ci accompagneranno, poco più avanti, due ragazzi umbri, Stefano e Paolo che stanno arrivando per l'appunto un pochetto più in ritardo. Partiti con i nostri zaini da 8 kg, ci incamminiamo verso la prima tappa che ci vede arrivare al Rifugio Duca degli Abruzzi, passando da Campo Imperatore. Le prime pedalate sanno di euforia, anche se sono su asfalto, ma durano pochissimo, in quanto una macchina ci viene incontro e.... Stefano e Paolo ci invitano ad aspettarli x fare il resto del percorso con loro. Parcheggiano e come montano sulle loro bici, giriamo su una carrareccia che si addentra nei bellissimi prati della piana del Gran Sasso. Verso le 19.30 siamo a Campo Imperatore pronti a fare del “portage” fino al Duca degli Abruzzi. Arriviamo che sono oramai le 21.00 e lo spettacolo del tramonto che assistiamo ha del miracoloso: luci rosa e chiare avvolgono il massiccio e la Val Maone. Sono in contemplazione, ma dura poco, perchè è già tardi e noi dobbiamo ancora cenare e preparaci per la prima notte. Notte al Duca. Notte indimenticabile. Facciamo amicizia davanti ad un piatto di pasta e uno di carne con i nostri compagni di avventura: Stefano è un ragazzone che viene da Trevi, alto e ben in forma, molto sereno, gentile e di ottima compagnia; Paolo è un tipo robusto di Foligno, casareccio e veramente divertente, ma che nasconde dietro tutto questo un anima generosissima e bonaria. Durante il nostro tour dovremmo passare per la Val maone e per il sentiero 4 Vadi: se per il primo non ci sono problemi, per il secondo c'erano molti dubbi. Dubbi che si sono rivelati fondati nel momento in cui lo abbiamo esposto ad un ragazzo che fa la guida per il CAI qui nelle zone del Gran Sasso: il 4 Vadi è quasi difficile per un escursionista e risulta molto sporco, tant'è che ci avevano anticipatamente avvertito anche i gestori del Rifugio a Fonte Vetica che alcuni romagnoli in bici pochi giorni prima avevano tentato di attraversarla, attraversamento sì riuscito, ma con ben 4 ore di portage!!!!!!!!!! Al mattino dovremo passare per la Val Maone, Prati di Tivo, Isola del Gran Sasso e poi da lì all'agriturismo che ci attenderà, Lu Formaggio sopra Castelli, sarà una vera e propria avventura in quanto vedremo lì per lì cosa fare. Ma ora è tempo di dormire.
Arriva presto l'ora di alzarsi: l'umidità del rifugio è così alta che si fa fatica anche a respirare e la luce che penetra dalla finestra fa in modo che il sonno termini all'istante. Non vedo l'ora di uscire per vedere che giornata è sulla Val Maone e come esco dal rifugio, nonostante siamo a 2400 m di altezza, il sole, in una giornata tersa come non mai, riscalda tutta l'aria e la nostra voglie di partire. Dopo aver azzannato qualcosa a colazione e aver pagato la permanenza al rifugio alla gentile gestrice del locale, buttiamo sulle spalle lo zaino e ci incamminiamo in quello che deve essere il clou del giro stesso: la Val Maone. La Val Maone dall'alto del rifugio è una vallata da prima aperta tra le cime del Corno Grande e l'Intermesoli e che poi si va a stringere tra esse. Uno spettacolo unico da vedere macchiata da quelle piccole giacenze di neve. Il sentiero da prima esposto, diviene sempre mutevole: passa dai prati ondulati ai ruvidi sassi. Una discesa bellissima dal punto di vista paesaggistico, che ci fa fermare tantissime volte per poterla fotografare. Il Corno Grande ci sovrasta e noi come piccoli gnomi arriviamo sino alla Fonte dell'Arno per dissetarci un po. Iniziamo da lì a risalire brevemente su dei percorsi via via meno sassosi e con un fondo di terra. Stiamo per arrivare a Prati di Tivo quando vedo la fine del sentiero, ma.... lo sterzo mi si chiude e cado per terra: ho preso un sasso nascosto sotto le foglie e la mia poca attenzione mi è costata la piegatura del cerchio e la rottura della leva del freno. Sono sconsolatissimo. Lo zaino mi diventa tutto un tratto pesantissimo ed io sono afflitto. Ma Paolo mi prende per una mano e mi dice: “ Guarda... guarda là!! Non vedi? Non mi dire che vale ora più il tuo cerchio che tutto questo?”. Paolo mi ridà la carica e piano piano e con pazienza riusciamo se non altro ad aggiustare il cerchio riuscendo se non altro a non far toccare la gomma contro il fodero della forcella. Il tour va avanti! Si va verso Cima Alta su asfalto e arrivati ad essa giriamo sempre capitanati dal grande Stefano su un divertente sentiero sino ad Isola del Gran Sasso, dove ci rifocilliamo: un bel piatto di pasta e un occhiata alla cartina per decidere dove passare al posto del sentiero dei 4 Vadi. Decidiamo, anche con l'ausilio di un navigatore GPS cartografico, di prendere una stradina che abbiamo individuato poco sopra Pretara, per poi fare un taglio sino quasi a Castelli. Partiamo. Arrivati a Preatara giriamo a sinistra lungo quello che all'inizio è indicato come sentiero CAI, ma che ben presto si rivelerà per noi una sorta di calvario: ci infiliamo lungo la strada che ben presto diventa sempre più sporca e che ci fa sbucare in una radura; da lì, sempre con l'ausilio del GPS, vediamo che ci siamo discostati dalla strada che volevamo prendere, ma che siamo vicini però ad un sentiero CAI. Sentiero CAI che non si trova e ci fa perdere (oltre che una camera d'aria, ed indovinate a chi?) un ora di tempo e di forze. Decidiamo di tornare indietro e intuitivamente, Stefano, nota uno stradello che gira sulla destra. Lo imbocchiamo e arriviamo su una asfaltata che corre in parallelo con quella che porta a Castelli. Facciamo il pieno d'acqua a San Massimo quando sono le 17.00 passate e ci aspetta ancora un po di strada sino all'agriturismo. Abbiamo anche fame e decidiamo di fare l'ultimo pezzo che ci rimane ad arrivare all'agriturismo in asfalto. Quando arriviamo all'agriturismo sono già le 19.00. Facciamo in tempo a farci una doccia e ad andare sotto il porticato per quella che diventa una deliziosa, ma vorace cena sotto lo sguardo indiscreto della signora di casa che ci guarda compiaciuta del fatto che “puliamo” qualsiasi cosa ci porti! E dopo qualche risata a tavola, andiamo verso le nostre camere per l'ultima notte al Gran Sasso.
Dopo aver dormito pesantemente e comodamente nell'agriturismo e dopo aver fatto la sola routine della colazione e della corresponsione ai proprietari dell'agriturismo, ci incamminiamo nuovamente e per l'ultima volta in direzione Fonte Creta, dove da lì parte una bellissima forestale, ma che sempre più duramente ci fa arrivare al Rifugio Torricella. Oggi dobbiamo fare uno dei pezzi più duri del giro, cioè dal rifugio Toricella al Monte Siella, 2 km e 300 metri di dislivello tutti in portage. Dopo aver scambiato qualche parola con un solitario personaggio intento a leggre un grosso libro, ci incamminiamo lungo il difficile e accidentato sentiero. La giornata diventa via via sempre più brutta e che non ci fa godere della bellissima immagine del Monte Camicia. I tuoni rimbombano sempre più vicini. Dobbiamo svalicare altrimenti saremmo nei guai. Arriviamo veramente distrutti al Monte Siella, tempo di rilassarci un pochetto, fare le ultime foto e metterci le protezioni per l'ultima discesa che ci porterà dritti dritti a Fonte Vetica. Discesa tecnica ma molte breve, che termina di fatti alla fonte. Arriva per primo Paolo, poi io, Stefano, Roberto e Marco. Ci guardiamo in faccia e sì... abbiamo circumnavigato il Gran Sasso: 91 km e 3100 metri di dislivello. Sono contentissimo, ma allo stesso tempo affranto. E' finito in meno che me lo aspettassi. Clamorosamente sono quasi incazzato. Ma sono quelle incazzature che hanno dietro una piacevole sensazione di star bene. Andiamo a mangiare, ribadendo le peripezie dell'avventura. Quasi mi commuovo invece quando è ora di allontanarci da questi due umbri: due ragazzi che porto nei mie pensieri e nel mio cuore, sicuro di poterli ritrovare ben presto. Ciao Stefano. Ciao Paolo. Si ritorna a casa.
Oggi, venerdì 9 luglio alle ore 23.37, a distanza di una settimana dall'inizio del tour ho finito di descrivere questa avventura. E' una serata calda e afosa in quel di Brisighella, ma mi sembra ancora di riviere tutte quelle sensazioni del giro mano a mano che lo racconto. E non mi importa se non l'ho descritto bene o ho fatto errori di calligrafia, questo non è il mio mestiere. Io volevo solo farvi sapere quello che io ho provato, in quanto è quello che poi noi cinque biker abbiamo provato in quel primo fine settimana di luglio. Ma ora è meglio che vada a dormire e chissà che alla fine non mi risvegli al rifugio Duca degli Abruzzi, pronto per raidare insieme ai miei compagni di avventura. Chissà. Buona Notte.
Teddy