Il I° maggio mi sono procurato la doppia frattura del polso, con diastasi (scomposizione) della testa articolare del radio e perdita di dimora, per distacco totale, del processo stiloideo dell'ulna, che ora vaga da qualche parte, al largo delle coste ulnari, verso il mare aperto del carpo. Mi è rimasta una discreta limitazione ai movimenti di estensione del polso (quelli verso l'alto) e ho riaquistato una soddisfacienta mobilità in flessione. Dolore scarso, almeno fino ad oggi. Ho comprato subito un tutore Pavis, confrontandolo con il Rotec (di cui avevo già sperimentato con successo il tutore post lussazione del pollice), trovandolo forse inferiore come protezione, ma certo più funzionale all'uso successivo che ne avrei fatto. Ho tolto però la stecca sagomata palmare, secondo me assolutamente incompatibile con un minimo di confort al manubrio e forse pericolosa per l'eventuale compressione che potrebbe esercitare a livello del metacarpo, con non improbabili sequele di tendiniti o peggio di neuropatie da schiacciamento. Lo scafoide è un piccolo e apparentemente insignificante osso che fa più male di una tibia rotta, è poco vascolarizzato e i processi riparativi sono spesso incompleti, da cui il dolore cronico più o meno intenso. E' vero, fa sempre ricordare la sua presenza, anche a distanza di anni. Girare con placche e viti nel polso, secondo me, non aiuta ad affrontare con la necessaria tranquillità le piste o i sentieri. La presenza di un tutore può essere d'aiuto, ma un in impatto importante la parte debole è quella ossea, il titanio non si rompe di certo. Io ho preferito una lunga convalescenza a una più breve proprio per questo motivo. Sarebbe opportuno, dopo un anno, un anno e mezzo, far rimuovere, se possibile, le sintesi metalliche, anche se questo significa un nuovo periodo di immobilizzazione, ma almeno l'animo si sgombra da patemi e condizionamenti (almeno alla mia età sicuramente presenti...)