Una risposta al 100% matematico la si potrebbe dare confrontando il risultato della stessa gara, conseguito dallo stesso atleta, nelle medesime condizioni psicofisiche, ma con un allenamento a sensazioni e uno pianificato. Tale paragone è impossibile, perchè un rendimento può variare anche da una settimana ad un'altra, basta essere o meno in giornata buona, figuriamoci da un anno all'altro con due preparazioni diverse e senza contare che un anno in più di esperienza e di pedalata (salvo il fattore invecchiamento anagrafico) dovrebbero a prescindere garantire un miglioramento, quindi una risposta al 100% è impossibile. Conseguentemente anche Bettini non può dare una risposta certa su quel che sarebbe stato se si fosse allenato diversamente. Peraltro i prò, specie se campioni del genere, li toglierei dal computo dei parametri di riferimento per molte molte ragioni a cominciare da quelle più ovvie: loro sono estremamente dotati di natura e hanno tutto il tempo per allenarsi oltre che un'esperienza pluriennale, che se applicata ad un essere intelligente che impara dagli errori commessi, diventa fondamentale nell'affinamento della metodologia di allenamento.
Detto questo, immagino che le conoscenze umane derivanti dagli studi del corpo umano e dalle esperienze di chi lavora nel campo, tralasciando le teorie dei molti ciarlatani presenti nell'ambiente, siano un buon indizio che porti a ritenere un allenamento pianificato ragionevolmente molto più efficace di uno a sensazioni. Credo che tale differenza si possa acuire per chi non è capace ad ascoltare le proprie sensazioni per inesperienza o incapacità cronica e per chi avendo poco tempo o comunque un tempo variabile per allenarsi, come immagino la maggior parte degli amatori che hanno un lavoro ed una famiglia, debba monetizzare al meglio il proprio tempo a disposizione senza disperdere energie in lunghi esperimenti o in allenamenti non qualitativamente produttivi, atteso che la quantità è forzatamente limitata. Per forza di cose una preparazione pianificata ha il limite che essendo pianificata a tavolino, per quanto incollata nella maniera migliore sulle caratteristiche e le esigenze del singolo atleta, vada implementata da una componente di sensazioni, nel senso che l'atleta deve imparare a capire come portare al limite il proprio fisico senza oltrepassare tale limite. Per capirci, i meccanici di una scuderia possono preparare al massimo una monoposto perchè questa renda al top e si adatti allo stile di guida del pilota e questo è fondamentale per una vittoria, però sarà poi il pilota che col piede e con la sensibilità nelle mani deve metterci quei decimi in più a giro portando la macchina al limite, ma senza oltrepassarlo, frenando un attimo dopo dell'avversario, dosando l'acceleratore nella maniera più proficua e impostando la traiettoria al meglio. E se ciò vale in un ambito ipertecnologico come il mondo dei motori ove si dice sempre che il mezzo fa la differenza (ed è così) figuriamoci in uno sport ove il motore è costituito da noi stessi.
Riassumendo: 90% allenamento pianificato, 10% sensazioni. Questo per me per rendere al meglio.