Quest'inverno strano, nemmeno inverno, molto autunno ci costringe a molto grigio umido. Non tutti i bikers amano pedalare sui sentieri infangati, non tutti conoscono valide alternative. Molti amici pedalano su asfalto e su strade bianche. Solo pochi "cinghiali" amano ugualmente il vero fuori strada. Molti altri amici, infastiditi dal brutto tempo, maldigeriscono il freddo e la pioggia e la neve. Allora in tutti questi mesi ripongono la mtb per riprenderla quando le giornate si allungano e il clima si riscalda e i sentieri si asciugano. Non si può ricominciare in modo cattivo e pesante. Ripropongo allora la descrizione e il filmato di una bella escursione attorno alla bella cittadina termale di Salsomaggiore. Questo tracciato non eccessivamente lungo con un dislivello accettabile consente al biker di "scaldare la gamba" prima di affrontare percorsi più impegnativi, ma nello stesso tempo diverte ed impegna polmoni, gambe e tecnica di guida.
Buon divertimento!!
Scaldagamba è il nome che ho dato ad una delle mie prime escursioni in territorio salsese. E’ passato un po’ di tempo e di carraie le mie ruote ne hanno pestate!.
Mi sono accorto che scrivi scrivi... ho messo tanta roba ma ho trascurato uno dei primi validi itinerari pensati e pedalati.
AHHHH!! Orrore avrebbe urlato a mezza voce il noto e compianto conduttore di Portobello…
Così questa mattina, complice la bella giornata ho pensato di fare ammenda e riparare alla dimenticanza.
Con quel sole basso e ammalato, che regala colori delicati e dal naturale effetto flou sono partito per ripercorrere e filmare ancora una volta il glorioso SCALDAGAMBA.
E Scaldagamba ci vuole, perché stamattina l’aria è bella fresca .
Scendendo veloce lungo il Ghiara dopo la stazione prima di arrivare a Campore mi viene naturale un brrr che scivola lungo la schiena.
E’ ora di scaldarsi un po’. A scaldarmi ci pensa la “salitella” dei cinesi. Non che i cinesi abbiano costruito una salita, è solo che la ripida salita inizia a fianco di un ristorante cinese.
Dapprima asfaltata, la strada si trasforma in parcheggino e ben preso mi ritrovo a pedalare su una pestata stretta ripida e boschiva, costretta fra una recinzione e il bosco fitto.
Abbandono presto il freddo e comincio a sbuffare vapore acqueo come antica caldaia.
Questo pezzetto è sempre terribile, anche perchè poi sfocia in una ampia strada bianca colma di ghiaia in cui le ruote affondano rimanendo imbrigliate nella presa arcigna della graniglia che sembra voler trattenere la bici.
Alla fine arrivo ansante sulla strada asfaltata che da S. Rocchino mena verso S.Nicomede.
Pedalo in salita leggera cercando di recuperare energie prima della insidiosa discesa che mi porterà alle saline di Salsominore.
Questa discesa non è niente di trascendentale, ma il terreno è “stupido” e le siepi di rovi che lo delimitano allungano qua e la spinosi rami.
E’ un attimo, per evitare le spine, compiere uno spostamento brusco, ed è anche un attimo finire nella ghiaia appuntita che si diverte a tatuarti curiosi motivi rossastri lungo le gambe e le braccia.
Memore di alcune brutte esperienze (anche recenti) scendo morbido cercando quasi di volare, e non fidandomi ciecamente delle strette coperture da fango, cerco di evitare bruschi cambi di direzione.
L’abbaiare dei cani dentro un recinto mi comunica che sono in fondo…e mi rilasso un po’.
Lo stretto fondovalle profuma di nebbia autunnale e cerco di immaginare il lavoro dei galeotti nelle antiche saline. Cerco di immaginare il vociare sguaiato e gli odori pesanti provenienti dalle calde acque salmastre.
Non doveva essere un bell’ambiente. Alcuni asinelli mi guardano speranzosi da un recinto. Non ho niente da offrire e…giro secco a destra inerpicandomi per uno stretto sentiero che mi porterà oltre l’antica chiesa di Salsominore. Nonostante la pioggia recente il terreno non è male, e, soprattutto le mie coperture da fango stanno funzionando a dovere (o sono le mie gambe che funzionano meglio?)
Il sentiero che sto faticosamente risalendo è la prima delle interessanti varianti che porterò al primevo tracciato.
Attraverso la strada e per strada bianca dirigo le mie ruote verso Scipione Castello.
La salita finale è sempre dura, qualche volta di più qualche volta di meno, ma lo sbuffare è d’obbligo.
Nel frattempo il sole che è sbucato per bene da dietro i colli, prova ad illuminare la vallata.
La pallida luce si sparge soffusa per la collina ovattando l’ambiente che pare rimanere addormentato come sotto un soffice piumone. Lo Stirone è avvolto dalla nebbia leggera che nasconde agli occhi del passante la frenetica attività scavereccia del cinghiale . Passo rapido dal borgo medievale di Scipione Castello e scendo in valle per lo stupendo sentierino nel bosco.
La bici risponde bene sul terreno allentato, anche se non mi fido completamente.IL sudore si raffredda velocemente durante la discesa nel bosco e con un brrr… lascio case Boselli e mi inoltro nella foschia densa del parco dello Stirone.
I colori autunnali del parco sono sempre stupendi e alcune chiazze di rosso vivissimo colpisco l’attenzione.
Un fulvo scoiattolo curioso e per niente preoccupato, mi attraversa la strada e mi osserva dai rami sopra cui è salito.
Affronto con apprensione la famosa discesa Flavio
portando la 2° importante variante al percorso originale.
Questa discesina ripida è da affrontare con attenzione col terreno asciutto, con il fango vuole del “voi”.
Riverendola adeguatamente passo e vado. Mi inoltro nel parco, ora deserto, pedalando e respirando l’aria umida che odora di funghi e di animali. Le tracce pesanti dei cinghiali si alternano con le ampie zampate dei cavalli. Rumori frettolosi fra i rovi secchi, voli improvvisi di fagiani spaventati. La lepre veloce fugge a zig zag nei campi prospicenti sfiorando appena il terreno appena zappato e livellato dai moderni mezzi a motore attrezzati di livelle gps ecc.. Nel divertente toboga del parco cerco di evitare le pozze fangose.
Seguo le tracce di un biker attento e prudente che mi precede o che mi preceduto da poco.
Ben evidenti le impronte delle coperture da fango molto simili alle mie.
Uscendo dal Parco fiancheggio la Broncarda e salgo verso Cangelasio. La prima parte di salita (fino all’azienda agricola) è ripidamente asfaltata, poi si trasforma in ampia carraia in terra battuta. Il passaggio di pesanti mezzi agricoli hanno ben schiacciato la terra, e l’esposizione a lo sole hanno fatto si che la terra rapidamente si asciugasse.
Il terreno è perfetto per le mie coperture che senza perdere una pedalata mi aiutano nella progressione.
D’un tratto un grugnire sulla mia destra. Un grosso cinghiale grufola a pochi metri da me. Mi fermo per fotografarlo. Mi vede, mi annusa e mugugnando se ne va.
Poi ci ripensa e torna indietro con cipiglio combattivo. Si ferma davanti ad una robusta rete da armatura.
Riprovo a fotografarlo. Ci guardiamo a vicenda curiosi, quando un rombo lontano e basso ci disturba. Cresce il rombo , cresce il disturbo. Il cinghiale grugnendo se ne va definitivamente.
Sopra di noi passa una pattuglia di 5 Tornado a bassa quota e a bassa velocità . Il frastuono terribile che lasciano alle loro spalle fa davvero paura. Sembrano armati. Resto a guardarli mentre si allontanano lugubri e solenni.
Mi avvio e finisco il mio impegno sullo sterrato. Qualche metro di strada asfaltata in quel di Cangelasio e ancora una deviazione verso lidi tranquilli. Deviando a sinistra mi inoltro nella collina che guarda Marzano e qui metto la terza variante al tragitto iniziale. Percorro un ampia deviazione in discesa per poi risalire direttamente sotto case Tosini
e prendere direttamente la via per case Faieto. La discesa passa vicino ad un giovane uliveto in fase di manutenzione.
Più in la una stupenda poiana spicca il volo da un prato; mostra il bianco piumaggio e l’ampia apertura alare.
L’aquila della pianura!
Elegante e maestosa sorvola la valle con pochi e solo accennati colpi d’ala. Bella.
Poco dopo da dietro una casa diroccata sbuca un cacciatore in mimetica.
Riconosco in lui un vecchio amico e lo saluto chiedendo clemenza.
Dopo pochi minuti, mentre giungo a case Faieto 3 spari secchi in rapida successione dichiarano finita la stagione di una lepre o di un fagiano.
E mi addentro in quel sentierello divertente che una volta era nascosto dalle frasche. Ora i lavori di disboscamento del monte Larino hanno ampliato fin troppo l’imbocco. Lo scempio paesaggistico dura qualche metro, poi il bel bosco mi inghiotte e protegge il mio andare.
Il tempo passa veloce e così i km. Ho quasi finito la salita, ora mi aspettano quasi esclusivamente discese…
A Grotta prendo quella stradina sulla sinistra e poi passo dietro quelle case per fare quel delizioso traverso.
Saluto un paio di simpatiche signore che rimproverano uno zelante cagnolino che , fradicio di rugiada, mi accompagna abbaiando fino al confine delle case.
Ancora un paio di piccole varianti molto belle
fra carraie e ruderi di antiche case rurali
e sono al Castello di Contignaco
. Di fronte a me la pieve romanica di S.Giovanni. La foschia si è alzata e in cielo si vanno formando nuvole grigie ma poco dense. Dietro di esse traspare tondo il sole. Il Kanate è immerso nella nebbia. Il campanile rintocca mezzodì. E’ proprio l’ora di rientrare.
per prati e boschi, ma proprio poca roba, e sono sopra
E' possibile visionare il percorso a questo indirizzo web:
Scaldagamba - YouTube
Buon divertimento!!
Scaldagamba è il nome che ho dato ad una delle mie prime escursioni in territorio salsese. E’ passato un po’ di tempo e di carraie le mie ruote ne hanno pestate!.
Mi sono accorto che scrivi scrivi... ho messo tanta roba ma ho trascurato uno dei primi validi itinerari pensati e pedalati.
AHHHH!! Orrore avrebbe urlato a mezza voce il noto e compianto conduttore di Portobello…
Così questa mattina, complice la bella giornata ho pensato di fare ammenda e riparare alla dimenticanza.
Con quel sole basso e ammalato, che regala colori delicati e dal naturale effetto flou sono partito per ripercorrere e filmare ancora una volta il glorioso SCALDAGAMBA.
E Scaldagamba ci vuole, perché stamattina l’aria è bella fresca .
Scendendo veloce lungo il Ghiara dopo la stazione prima di arrivare a Campore mi viene naturale un brrr che scivola lungo la schiena.
E’ ora di scaldarsi un po’. A scaldarmi ci pensa la “salitella” dei cinesi. Non che i cinesi abbiano costruito una salita, è solo che la ripida salita inizia a fianco di un ristorante cinese.
Dapprima asfaltata, la strada si trasforma in parcheggino e ben preso mi ritrovo a pedalare su una pestata stretta ripida e boschiva, costretta fra una recinzione e il bosco fitto.
Abbandono presto il freddo e comincio a sbuffare vapore acqueo come antica caldaia.
Questo pezzetto è sempre terribile, anche perchè poi sfocia in una ampia strada bianca colma di ghiaia in cui le ruote affondano rimanendo imbrigliate nella presa arcigna della graniglia che sembra voler trattenere la bici.
Alla fine arrivo ansante sulla strada asfaltata che da S. Rocchino mena verso S.Nicomede.
Pedalo in salita leggera cercando di recuperare energie prima della insidiosa discesa che mi porterà alle saline di Salsominore.
Questa discesa non è niente di trascendentale, ma il terreno è “stupido” e le siepi di rovi che lo delimitano allungano qua e la spinosi rami.
E’ un attimo, per evitare le spine, compiere uno spostamento brusco, ed è anche un attimo finire nella ghiaia appuntita che si diverte a tatuarti curiosi motivi rossastri lungo le gambe e le braccia.
Memore di alcune brutte esperienze (anche recenti) scendo morbido cercando quasi di volare, e non fidandomi ciecamente delle strette coperture da fango, cerco di evitare bruschi cambi di direzione.
L’abbaiare dei cani dentro un recinto mi comunica che sono in fondo…e mi rilasso un po’.
Lo stretto fondovalle profuma di nebbia autunnale e cerco di immaginare il lavoro dei galeotti nelle antiche saline. Cerco di immaginare il vociare sguaiato e gli odori pesanti provenienti dalle calde acque salmastre.
Non doveva essere un bell’ambiente. Alcuni asinelli mi guardano speranzosi da un recinto. Non ho niente da offrire e…giro secco a destra inerpicandomi per uno stretto sentiero che mi porterà oltre l’antica chiesa di Salsominore. Nonostante la pioggia recente il terreno non è male, e, soprattutto le mie coperture da fango stanno funzionando a dovere (o sono le mie gambe che funzionano meglio?)
Il sentiero che sto faticosamente risalendo è la prima delle interessanti varianti che porterò al primevo tracciato.
Attraverso la strada e per strada bianca dirigo le mie ruote verso Scipione Castello.
La salita finale è sempre dura, qualche volta di più qualche volta di meno, ma lo sbuffare è d’obbligo.
Nel frattempo il sole che è sbucato per bene da dietro i colli, prova ad illuminare la vallata.
La pallida luce si sparge soffusa per la collina ovattando l’ambiente che pare rimanere addormentato come sotto un soffice piumone. Lo Stirone è avvolto dalla nebbia leggera che nasconde agli occhi del passante la frenetica attività scavereccia del cinghiale . Passo rapido dal borgo medievale di Scipione Castello e scendo in valle per lo stupendo sentierino nel bosco.
La bici risponde bene sul terreno allentato, anche se non mi fido completamente.IL sudore si raffredda velocemente durante la discesa nel bosco e con un brrr… lascio case Boselli e mi inoltro nella foschia densa del parco dello Stirone.
I colori autunnali del parco sono sempre stupendi e alcune chiazze di rosso vivissimo colpisco l’attenzione.
Un fulvo scoiattolo curioso e per niente preoccupato, mi attraversa la strada e mi osserva dai rami sopra cui è salito.
Affronto con apprensione la famosa discesa Flavio
portando la 2° importante variante al percorso originale.
Questa discesina ripida è da affrontare con attenzione col terreno asciutto, con il fango vuole del “voi”.
Riverendola adeguatamente passo e vado. Mi inoltro nel parco, ora deserto, pedalando e respirando l’aria umida che odora di funghi e di animali. Le tracce pesanti dei cinghiali si alternano con le ampie zampate dei cavalli. Rumori frettolosi fra i rovi secchi, voli improvvisi di fagiani spaventati. La lepre veloce fugge a zig zag nei campi prospicenti sfiorando appena il terreno appena zappato e livellato dai moderni mezzi a motore attrezzati di livelle gps ecc.. Nel divertente toboga del parco cerco di evitare le pozze fangose.
Seguo le tracce di un biker attento e prudente che mi precede o che mi preceduto da poco.
Ben evidenti le impronte delle coperture da fango molto simili alle mie.
Uscendo dal Parco fiancheggio la Broncarda e salgo verso Cangelasio. La prima parte di salita (fino all’azienda agricola) è ripidamente asfaltata, poi si trasforma in ampia carraia in terra battuta. Il passaggio di pesanti mezzi agricoli hanno ben schiacciato la terra, e l’esposizione a lo sole hanno fatto si che la terra rapidamente si asciugasse.
Il terreno è perfetto per le mie coperture che senza perdere una pedalata mi aiutano nella progressione.
D’un tratto un grugnire sulla mia destra. Un grosso cinghiale grufola a pochi metri da me. Mi fermo per fotografarlo. Mi vede, mi annusa e mugugnando se ne va.
Poi ci ripensa e torna indietro con cipiglio combattivo. Si ferma davanti ad una robusta rete da armatura.
Riprovo a fotografarlo. Ci guardiamo a vicenda curiosi, quando un rombo lontano e basso ci disturba. Cresce il rombo , cresce il disturbo. Il cinghiale grugnendo se ne va definitivamente.
Sopra di noi passa una pattuglia di 5 Tornado a bassa quota e a bassa velocità . Il frastuono terribile che lasciano alle loro spalle fa davvero paura. Sembrano armati. Resto a guardarli mentre si allontanano lugubri e solenni.
Mi avvio e finisco il mio impegno sullo sterrato. Qualche metro di strada asfaltata in quel di Cangelasio e ancora una deviazione verso lidi tranquilli. Deviando a sinistra mi inoltro nella collina che guarda Marzano e qui metto la terza variante al tragitto iniziale. Percorro un ampia deviazione in discesa per poi risalire direttamente sotto case Tosini
e prendere direttamente la via per case Faieto. La discesa passa vicino ad un giovane uliveto in fase di manutenzione.
Più in la una stupenda poiana spicca il volo da un prato; mostra il bianco piumaggio e l’ampia apertura alare.
L’aquila della pianura!
Elegante e maestosa sorvola la valle con pochi e solo accennati colpi d’ala. Bella.
Poco dopo da dietro una casa diroccata sbuca un cacciatore in mimetica.
Riconosco in lui un vecchio amico e lo saluto chiedendo clemenza.
Dopo pochi minuti, mentre giungo a case Faieto 3 spari secchi in rapida successione dichiarano finita la stagione di una lepre o di un fagiano.
E mi addentro in quel sentierello divertente che una volta era nascosto dalle frasche. Ora i lavori di disboscamento del monte Larino hanno ampliato fin troppo l’imbocco. Lo scempio paesaggistico dura qualche metro, poi il bel bosco mi inghiotte e protegge il mio andare.
Il tempo passa veloce e così i km. Ho quasi finito la salita, ora mi aspettano quasi esclusivamente discese…
A Grotta prendo quella stradina sulla sinistra e poi passo dietro quelle case per fare quel delizioso traverso.
Saluto un paio di simpatiche signore che rimproverano uno zelante cagnolino che , fradicio di rugiada, mi accompagna abbaiando fino al confine delle case.
Ancora un paio di piccole varianti molto belle
fra carraie e ruderi di antiche case rurali
e sono al Castello di Contignaco
. Di fronte a me la pieve romanica di S.Giovanni. La foschia si è alzata e in cielo si vanno formando nuvole grigie ma poco dense. Dietro di esse traspare tondo il sole. Il Kanate è immerso nella nebbia. Il campanile rintocca mezzodì. E’ proprio l’ora di rientrare.
per prati e boschi, ma proprio poca roba, e sono sopra
E' possibile visionare il percorso a questo indirizzo web:
Scaldagamba - YouTube