Report: Becs de Bosson

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Becs de Bosson


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Sentivo nel profondo un demone scalpitante che gridava feroce una voglia di tranquillità eterea, di quella pace surreale che mi avvolge, carica di adrenalina, quando sto compiendo una meravigliosa follia.
Avevo un conto in sospeso con le Becs de Bosson, una “boa” di pietra che si staglia tra la Val d’Anniviers e la Val d’Hérens, in uno dei miei parchi giochi preferiti: il Vallese.
Nel 2012 ero andato a saggiare il terreno, senza riuscire a compiere il periplo delle Becs, pur senza privarmi del piacere di emozioni fortissime in una giornata blu di fine ottobre; un azzardo concluso nella notte.
Nel 2014 a ferragosto avevamo iniziato il tour con una nevicata e il periplo fu possibile, ma ammantato da un sudario grigio che ci aveva privato dello spettacolo mozzafiato della Corona Imperiale e di tutti gli scorci più suggestivi di quelle valli.
Quest’anno sembrava che la mia voglia di riscatto si dovesse infrangere con un recupero tardivo della frattura alla spalla, dopo le prime nevicate; invece diversi giorni di studio delle webcam e dei percorsi mi hanno spinto a crederci fino in fondo e rubare un giorno infrasettimanale, quando le previsioni sembravano migliori, per sfogare la vendetta.

Trovato in [MENTION=41416]Herman65[/MENTION] il complice per la fuga clandestina, fissiamo in martedì 20 Ottobre la data del colpaccio.
La comodissima funivia di Chalais-Vercorin, solitamente aperta 365 giorni all’anno, è chiusa per un brevissimo periodo: esattamente quando dobbiamo andarci noi. Non importa, studio tutte le soluzioni alternative. Visti gli orari delle corse sostitutive dei bus, optiamo per salire in auto e recuperarla in serata con l’autopostale.

Cominciamo a stupirci, vedendo un gruppo di camosci – solitamente molto schivi - che pascola placidamente nei prati alle porte di Vercorin, incurante del nostro transito.
Le nubi chiudono il cielo. Mi sembrano una crosta di ghiaccio di un lago prosciugato appoggiata sulle montagne. Ma non doveva esserci una giornata perfetta, senza una nuvola?
Mentre saliamo l’umidità e il freddo entrano nelle ossa e cercano di incrinare la convinzione che sarà una giornata favolosa.

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Quando tocchiamo i 1900m l’atmosfera spettrale e i colori smunti si trasformano in una magia fatta d’azzurro, oro e cappelli candidi.
La gioia esplode dentro di me con una forza tipica dei bambini.
Resterei lì, soddisfatto, a contemplare le volute di zucchero filato che danzano in un gioco quasi sensuale di velature ed epifanie, come nel leggiadro muoversi di un’ammiccante ballerina mediorientale.

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Ma il più bello dei film è appena iniziato, per cui scorriamo avidamente i fotogrammi sempre più strabilianti del nostro percorso. Il sole scalda prontamente la pelle e il cuore.

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Il mare di ovatta da cui siamo emersi rende gli scenari ancor più portentosi.
Intorno a noi sfilano eleganti larici nel loro vestito migliore, solleticando il blu profondo.

La marea batuffolosa si ritrale lentamente, mentre ci inoltriamo nella Val d’Anniviers, scoprendo il disordinato alternarsi di macchie paglierine e verdi dei boschi.

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Le temperature estremamente gradevoli e le rocce affioranti sotto l’inzuccherata delle cime circostanti confermano le mie aspettative di ciclabilità in alta quota.

Ho in mente un giro estremamente esteso, già impegnativo nelle lunghe giornate estive.
È il mio vizio: rilanciare sempre. Nessuna asta o gioco d’azzardo, solo avventure in montagna calcolatissime e comunque sorprendenti.
Non voglio solo toccare le Becs de Bosson ed andare ad agganciarmi al Brazilian (all’epoca secret spot), come la prima volta; non mi basta neanche completare il giro delle Becs, come la seconda volta; voglio evitare il tratto in ombra, innevato, voglio fare tutto il giro al sole e voglio assaggiare nuovi sentieri, concatenando l’Argentinian col Brazilian. Ingordo.

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Il ritmo della lunga salita è sostenuto, benché spesso intevallato da pause contemplative/fotografiche. Herman è abituato a giri anche più pesanti e rispettiamo precisamente la mia tabella di marcia.
Avevo previsto di pedalare fino a 2500m e spingere-spallare nella neve per la successiva ora e mezza, più o meno come si deve fare d’estate su quelle pendenze.

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Invece un tentativo di innevare artificialmente una pista da sci ci fa scendere dalla sella già a 2450m. Gli sbalzi termici hanno trasformato la neve in ghiaccio su un dosso poco sopra un lago gelato, facendoci temere di finire in acqua, scivolando vertiginosamente su quell’impenetrabile superficie vetrata in pendenza. Brividi.

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A 2650m la poca neve soffice naturale e le pendenze più tranquille mi consentono di fare un altro tratto in sella. È bellissimo. Di fronte a noi le Becs si stagliano nel cielo blu perfetto e il colletto alla loro sinistra fa capolino sopra la bastionata candida. Sarà dura. Lo sapevo già.

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Se la neve sparata aveva costituito un ostacolo imprevisto, le tracce di una jeep nella neve spessa ci regalano un’agevolazione all’incedere per un altro tratto erto. Ben presto però anche la jeep non era riuscita a proseguire, come invece fece l’autista, dal passo incerto e zigzagante, che salì sulla massima pendenza verso l’arrivo degli impianti.

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Noi seguiamo le impronte per superare la conca in cui il vento aveva accumulato una spessa coltre; e seguiamo con la testa bassa le orme irregolari, per poi maledirci di non aver seguito invece il sentiero, che correva più in là, dove le pendenze erano più amichevoli e la neve meno spessa. Pazienza.
I nostri piedi affondano completamente nella neve, trovandosi spesso a litigare con l’equilibrio e le pietre caotiche sottostanti. Con la bici in spalla e l’avanzare irregolare sul pendio bianco, la fatica si fa sentire, come se metà delle nostre energie fossero bruciate dai muscoli stabilizzatori più che dai “titolari”.

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Il canalino a nord che ci conduce al passo è tremendamente ostico, come immaginavo. Ad agosto si arrancava aiutandosi con le mani, con la bici in spalla; ad Ottobre dopo il traverso parzialmente innevato, esposto, arrampicarsi per quel canale è veramente un’impresa.

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Vedo che è rischiosissimo provare a salire con la bici in spalla, perché ogni passo è una trappola e rischio di finire col muso per terra, così utilizzo la tecnica del backcountry con la tavola, usando la bici come una picozza. Riesco così a superare le grandi difficoltà dell’ascesa e raggiungere il colle con poche imprecazioni.

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Herman invece tarda a raggiungermi. Una scivolata con la bici in spalla, l’ha fatto sbattere con lo zigomo e il ginocchio su una roccia, mentre la Bronson rimbalzava e scivolava giù verso valle per più di 10 metri, facendogli temere il peggio.
Un bernoccolo viola sporge ora dal suo zigomo e la stanchezza si fa sentire. "Non è niente". Un duro!

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Abbiamo solo un quarto d’ora di ritardo sulla tabella di marcia prudenziale; il rifugio (chiuso) è circa alla nostra quota, ma in mezzo c’è ancora un po’ di tribolazione. Nella pietraia innevata Herman ha un altro inconveniente, perché la bici si impiglia, le scarpe scivolano e il sentiero è tutt’altro che evidente e agevole.

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Non importa. Non importa. Ogni sforzo è ripagato dal panorama maestoso, che ci era stato negato dalle nuvole l’anno scorso.

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Siamo sfortunati coi periodi di chiusura: la bellissima Cabane de Becs de Bosson ha appena concluso la stagione estiva e deve ancora riaprire per l’invernale. Non ci resta che godere del tepore della lamiera al sole che ricopre l’edificio, mentre recuperiamo energie.
I miei panini particolari e prelibati non saranno ipertecnici ed equilibrati, ma sono una chicca che delizia la perfezione del piacere alpino. Old style and f*ck off. Vale la pena di perdere mezz'ora di sonno la sera prima delle gite per "cucinare". :-)

Tutte le cose che faccio con cura sono gratificanti. Il riscontro reale delle aspettative di gioie, fatiche, difficoltà e tempistiche studiate meticolosamente (procedimento ineluttabile per garantire il risultato minimizzando gli imprevisti) è un incentivo a continuare a perdere tempo tra mappe, webcam, foto e informazioni. Altro che pippe! :rosik:
Spero che questo non venga letto come un'autocelebrazione, ma una semplice spiegazione del motivo di tanta felicità aggiuntiva: c'è molto impegno e fatica forse più prima che durante i giri e capire che ho lavorato bene, che non è stato tempo sprecato, mi gratifica


Sono estasiato, incredulo di essere davvero lì, quel martedì improbabile di fine Ottobre a 3000m.

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Bando alle ciance: è ora di ripartire. Ci aspettano ancora circa 25km, con alcune risalite e discese infinite. Il sole tramonterà alle 18:34; sono le 15, in ritardo, ma nei limiti.

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La discesa in realtà non inizia subito, ma dopo un sottile traverso esposto innevato più o meno pianeggiante, sicuramente ciclabile in altre stagioni. Questo è il versante sud-ovest, ben soleggiato, con la neve che resta antipaticamente quasi solo sul sentiero.

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Le numerose informazioni che si trovano in internet e le altrettanto numerose tracce di pneumatici che compaiono sulla terra sono il segnale che anche l’Argentinian ha perso la sua segretezza elvetica.

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L’effimera traccia coperta di neve rende ostico anche quel tratto di discesa (esaltandomi in più occasioni).
I pedali con gli sganci di Herman in quelle condizioni di neve e fango al contrario non l’aiutano, costringendolo a più pezzi a piedi. Probabilmente per lo più sono solo più incosciente io a stare in sella dove non si dovrebbe. La corazza completa da DH e il casco integrale mi tolgono certe inibizioni prudenziali.

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Quando finisce la neve, il fango argilloso crea un’altra sfida ed Herman si scontra ancora con la sfiga. Prontamente rimette in sede il mignolo probabilmente sublussato nella caduta e stoicamente si rimette in marcia.

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Il singletrack finalmente si snoda in un carillon di curvettine su fondo compatto tagliando diagonalmente i pascoli erti. È molto stretto e il pedale a monte rischia spessissimo di toccare la montagna e farmi schizzare a valle. Ma questo non capita e il tango con la mia bici è esaltante.

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Essendo l’Argentinian una rivelazione pubblica più tardiva e logisticamente meno agevole da raggiungere, è meno rovinato del Brazilian [maledetto biking di massa], per cui, tra le due opzioni studiate, invece di andarea prendere il Brazilian quasi dall’inizio, scegliamo di percorre quasi interamente l’Argentinian e solo metà del Brazilian, con un saliscendi di raccordo sulle sterrate a mezza costa della Val d’Hérens.
Il singletrack è sempre meravigliosamente stretto come un tango e sinuoso, veloce, tempestato di sassi e radici, flow.
I colori che sfumano le conifere e il sottobosco delle tinte più dolcie calde hanno un’armonia sovrumana.

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Il sole fa l’indiano dietro a qualche velatura inopportuna e cala il freddo, senza farsi attendere un minuto.
La seconda discesa invece è più DH, un po’ scavata, più larga, senza traiettoria obbligata, terribilmente veloce. Samba!

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Guadagnamo il fondovalle in perfetto orario. Siamo in mezzo ai vigneti variopinti tra Sion e Sierre; peccato non avere una piena luce solare che ne faccia risaltare i toni crepuscolari.

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Sarà l’esaltazione per aver messo a segno un giro epico da incorniciare, ma non sento la giusta stanchezza che dovrebbe intorpidirmi.
Con gli ultimi chilometri di saliscendi tra paesini e filari di vite, raggiungiamo Chalais in tempo per prendere il postale che ci porterebbe a Vercorin, mentre le nuvole e le vette più alte si incendiano di fucsia. Per un’esitazione vado a chiedere conferma del luogo di partenza del bus sostitutivo alla funivia e l’istante successivo vediamo sfilare proprio il nostro bus, che non si ferma e va. Maledizione!
A nulla serve inseguirlo, per cui proviamo a fare autostop all’incrocio per Vercorin. Dopo una decina di minuti di dinieghi, una simpatica coppia raccoglie Herman e lo porta alla macchina, mentre io faccio la guardia alle bici e zaini nella notte calante, sul sagrato di una chiesa a quell’incrocio. Che freddo! Altro che Ovomaltina nel bar della funivia!
Quando arriva Herman in macchina, carichiamo tutto e ci cambiamo i vestiti sudati e gelati, chiudendo l’avventura di questa giornata che rimarrà per sempre nei miei ricordi. :medita:

Grazie Herman per avermi accompagnato in questa follia, aver sopportato le difficoltà del percorso e i dolori dei piccoli infortuni. Grande! o-o
 

Lillo

Biker ultra
3/5/03
658
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56
Mendrisio
www.momobike.ch
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Juliana Joplin
lo avevo già letto ma rileggerlo è un piacere! [MENTION=1]marco[/MENTION] Merita la Homepage!!!! Foto stupende, testo poetico, avventura eccezionale! Bravo Happy.
 

yura

Redazione
13/2/11
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Varesott
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Orbea Rallon
Leggere i tuoi report, avendo avuto io la fortuna di poterti accompagnare in più di un' occasione, è esaltante ed allo stesso tempo frustante per non aver potuto partecipare.
Continua così amico mio !

:celopiùg:
 

Happykiller

Biker pazzescus
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Lac Leman
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Sentinella
Leggere i tuoi report, avendo avuto io la fortuna di poterti accompagnare in più di un' occasione, è esaltante ed allo stesso tempo frustante per non aver potuto partecipare.
Continua così amico mio !

:celopiùg:
Uh se ne faremo ancora... uh se faremo ancora giri da urlo!

Ciao [MENTION=4949]Happykiller[/MENTION]

eri a conoscenza di questo nuovo divieto?
http://bikinvalais.ch/f/2015/12/le-brasilian-par-rechy-cest-fini/
Me ne ha parlato un local.
Di fatto me lo aspettavo. Troppe bici. Troppe. La discesa dal Col de Cou nel giro di un annetto, tra il 2013 e il 2014 è passata da secret spot a meta popolare, trasformando i sentieri in canali rovinati.

La gggente non deve andare in bici. Bisogna scoraggiare la diffusione della mountainbike. Meno ce ne sono e meno divieti sorgono.

Adesso anche l'Argentinian presenta già molte, troppe tracce di copertoni.
Se non facessero salire con le seggiovie, si farebbe già una bella scrematura. Oppure dovrebbe costare ancora di più per pagare qualcuno che vada a sistemare i sentieri molto spesso.

Quest'anno ho in mente grandissimi tour in Val d'Annivier e Val d'Herèns. Sto raccogliendo succosissime informazioni.

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Qui vicino ad esempio c'è una caverna con una sorgente d'acqua termale...
 

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