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quattro giorni in luglio

sembola

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Siena
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Bike
una nera e l'altra pure
Ormai siamo in inverno. Spero non vi annoi troppo leggere il racconto di quattro giorni trascorsi in Alto Adige in compagnia del ramarro, ahimè passato a miglior vita, e della splendida natura delle montagne...


venerdì
PfundresJoch/passo Fundres


IddoCop aveva ragione, i primi km della salita sono ripidi per davvero e meno male che c'è ombra, perchè altrimenti sarebbe un massacro: il fondo è liscio, ma la pendenza non molla un istante, neppure nei tornanti.

Ad un cancello raggiungo una coppia di tedeschi, un ragazzo ed una ragazza su due front carichi entrambi di uno zaino inverosimile, forse stanno facendo un TransAlp... scambiamo due parole e ci salutiamo dandoci appuntamento in cima. Se ci arrivo, penso tra me e me...

Quando il bosco finisce guardo il GPS e faccio due conti, 4 km scarsi per 550 metri di dislivello, speriamo che spiani... All' improvviso dietro una curva il panorama si apre, rivelando una conca glaciale circondata da cime sfrangiate, popolata dalle immancabili vacche bianche e marroni che ruminano la loro merenda. Le "vacche felici", come le chiama una mia amica, animali che trascorrono il loro tempo in modo tanto diverso dalle loro più sfortunate sorelle, chiuse in batteria nei capannoni della bassa. Allo stesso tempo rifletto sull'attaccamento alla tradizione ed alla terra di chi vive e lavora in questi luoghi, i contributi pubblici aiutano di certo, ma non è lo stesso che seminare il mais o i girasoli perchè così si vuole a Bruxelles.

Supero un gruppo di biker tedeschi, anche loro con zaini un po' "sovradimensionati" per l'impresa e soprattutto messi male fisicamente, perchè a farsi sorpassare dal sottoscritto in salita ce ne vuole , mentre la sterrata diviene mulattiera ma rimanendo scorrevole, e per fortuna meno ripida di prima. Lo stradello è franato, e due operai della Forestale lo stanno riparando con una ruspa. Due biker che vedevo salire dietro a me mi raggiungono, questi sì in "assetto da battaglia": borsetta legata al portapacchi per uno, marsupio al manubrio per l'altro. Uno è anche senza casco, ma l'altro... l'altro lo conosco! E' uno dei miei amici di Bressanone, che ho scarrozzato più volte in bici in Toscana e che a settembre guiderò all'Elba! Incredibile come sia piccolo il mondo... Faccio gruppo con loro due, e continuiamo l'arrampicata sul fianco della montagna, in mezzo alle genziane ed alle numerose marmotte, meno sospettose del solito.

Il passo è lì, un paio di rampe a spinta e ci siamo. Non fa neppure tanto freddo, sebbene il cielo si sia popolato di nuvole, ma il giubbino in Windstopper ci sta tutto. I primi metri di discesa sono impercorribili, come scendere da una di quelle montagnette di ghiaino che si vedono nelle cave; poi però inizia un single scorrevole e lunghissimo, che attraversa una vallata di un verde accecante. Per forza, con tutta quest'acqua! E meno male che ha nevicato pochissimo e piovuto ancor meno, a giudicare dai torrenti non si direbbe.



L'unica difficoltà del sentiero è una scarpata sopra ad una malga, i tornantini sono stretti e sconnessi, ma visto che riesco a girarli quasi tutti non sono poi così messi male. Poi, nel tagliare un tornante invaso da una minifrana mi gioco il jolly della giornata. Ci passo o non ci passo? Sì, ce la dovrei fare, è ripido ma pulito, poi c'è posto per girare e rientrare nel sentiero... un metro dopo mi accorgo di aver sbagliato i conti, è troppo ripido per me e questa bici cui la sella non scende quanto dovrebbe, faccio un paio di metri sulla sola ruota anteriore, riesco a recuperare la posizione corretta ma ormai ho preso velocità ed il gradone finale preso in pieno mi serve un bel fondocorsa della Fox e la Albert stallonata, ma ormai ero in "modo sopravvivenza" e riesco a non andare per aria.



Sabato
Prad/Prato allo Stelvio (abbastanza offtopic)


Una canzone delle meno note di Battisti/Mogol, ripresa quest'estate da Vasco Rossi, parla del potere taumaturgico della musica in compagnia. Posso testimoniare che è vera!
Mia moglie ha proseguito per la Svizzera con i suoi genitori, io mi sono accampato a Prad, e dopo tutta la trafila "campeggistica" (assegnazione della piazzola, montaggio della tenda, spesa al supermercato, sosta all'APT...) mentre ceno sul mio tavolinetto pieghevole mi piglia una botta di malinconia, dopo otto giorni di vita a due 24 ore su 24 sono solo. Ma mentre "rigoverno" (toscanismo per dire: faccio ordine dopo aver mangiato ), sento della musica provenire dagli impianti sportivi, giusto accanto al campeggio. Vado a dare un'occhiata, e mi trovo in qualcosa che sembra una festa di paese: in realtà c'è stata la finale del torneo di beach soccer (campo ricavato nella pista da hockey opportunamente allagata di sabbia...). La differenza con le feste di paese che conosco è evidente: qui sono tutti giovani, sia dietro ai banconi che tra il pubblico, così come il gruppo che suona. Sul palco ci sono quattro ragazzotti che sembrano bravi davvero: basso, batteria e due chitarre che si alternano negli assoli, uno dei due canta. Cencio apprezzerebbe, rock anni '70 suonato con energia con qualche intermezzo di R&B, mentre il pubblico continua a sfondare bicchieroni di Forst e risponde alle battute dei musicisti. I quali stanno al gioco, prendendo in giro gli sconfitti della finale, e facendo salire sul palco tre ragazze, ovviamente scelte tra le più carine, per farsi fare i cori di "Mustang Sally". Poi arriva una ragazzetta in jeans, cannottiera rosa e occhialetti da secchiona, con tanto di spartito sul leggio. Poi attacca "Highway to hell" degli AC/DC, "Are you gonna go my way?" e "You Shook Me All Night Long", anche questa degli AC/DC. Piglia e porta a casa... E quando mi infilo nel sacco a pelo, un paio di ore e diverse Forst dopo, la malinconia è evaporata...potere della musica! (o della Forst? )



Domenica
Madritsch/passo del Madriccio

Quando l'anno scorso chiesi consigli a Carb su qualche bel giro da fare in giornata, me ne snocciolò una sfilza sopra i 70 km ed i 2500 metri di dislivello, facendomi rizzare i capelli. Non sarò un puro, ma da Prad a Sulden ho preso l'autobus, e alla fine della giornata sarà una decisione decisamente azzeccata.

A Sulden prendo la prima corsa della funivia insieme ad una coppia di tedeschi della mia età: lei ha una front robusta con le Fat Albert, lui una Canyon full, zaini capienti e l'aria di chi sta entrando nel luna park. Ed in effetti di luna park si tratta, ma di galleria dell'orrore : si sale su per una pista da sci, in cima al passo il computerino segna 3 km ma 520 metri di dislivello, metà dei quali a spinta. L'ambiente però è fantastico, non ci sono altre parole: come mi giro vedo ghiacciai, un po' stiminziti purtroppo, ma sempre ghiacciai! Le cime dell' Ortles e dello Zebrù sono coperte dalle nuvole che sembrano essersi ancorate alla montagna, nonostante il forte vento; dall'altra parte i ghiacciai del Cevedale brillano sotto il sole, e la val Martello mi aspetta.

La discesa è ben diversa da quella del Pfundres, molto più impegnativa e tecnica, con i primi 100 metri quasi tutti a mano, per via della pendenza elevata. Superata la "spalla" del passo la pendenza torna umana, ed anche una superpippa come me riesce a godersi la discesa. Intorno ai 2400 metri di quota incrocio un biker che sale con una Epic e mi apostrofa in tedesco. "In English, please?" "...ah, ma sei italiano?..." Evidentemente non ci devono essere moltissimi italiani che si infilano in questa "impresa"...(

Arrivati al rifugio Corsi mi aspetta una sorpresa, la spettacolare e rombante cascata che scende dal ghiacciaio e che precipita a valle fino ad imbrigliarsi nel lago di Gioveretto. Al ristorante prima del lago mi rifocillo con un tris di canederli (formaggio, speck e porcini) e con una coppa di fragole accompagnata da uno zabaione al prosecco e gelato di vaniglia al timo :magna:. Poi capisco il perchè delle fragole: tutta la val Martello, dalla diga in giù, è un enorme campo di fragole, il cui profumo mi accompagna km e km. Il rientro lungo la pista ciclabile della Val Venosta può essere un incubo nel caso non piacciano le mele: per km e km non si vede altro, solo filari carichi di frutti gialli e rossi... Arrivo bello cotto dal caldo, e meno male che sono salito in autobus...


Lunedì
Goldseeweg


Lo Stelvio, sogno o incubo di ogni ciclista, immagini in bianco e nero di Coppi tra due muri di neve. Non c'ero mai stato prima di oggi, e il mio primo viaggio su per i 48 tornanti lo faccio sul sedile dell' autobus n.318, in compagnia di tre biker tedeschi e una ventina di escursionisti ben assortiti, dai merenderi in scarpe da ginnastica agli alpinisti con corde, ramponi e piccozza. Prima o poi lo devo fare con le mie gambe, tutto sommato partendo presto il traffico non è tanto, se monto la tripla sulla bdc...

Al passo, dopo una rampa a spinta inizia il single, un lungo sentiero su un balcone panoramico incredibile. In alto il ghiacciaio e la cima dell'Ortles, in basso il contorto nastro d'asfalto che scende verso valle. Ma prima non posso fare a meno di sostare per qualche minuto a ad osservare i resti della Grande Guerra: i muri ormai diroccati degli alloggi delle truppe austriache, la base della teleferica di approvigionamento... e come altre volte, come alle Cinque Torri, al Falzarego o al Monte Piana, mi monta dentro un magone fatto di commozione e rabbia: il pensiero di quegli uomini costretti a fare la guerra a fratelli nati nella valle accanto, a vivere e spesso a morire in un ambiente bello ma feroce, contrasta in modo stridente con la funzione ricreativa che oggi quegli stessi luoghi hanno loro malgrado.

Il sentiero è deserto, incontro un escursionista solo quando ormai sono vicino agli impianti di Trafoi. Vero che siamo ancora a luglio, ma di gente ce n'è veramente poca: basta spostarsi dai luoghi canonici superfrequentati, ed ecco che la montagna torna silenzio e solitudine. In tutto il giorno incontrerò due gruppi di escursionisti e quattro operai del Parco dello Stelvio che risistemano il sentiero: li vedo arrivare da lontano, vestiti di verde militare con le zappe e le vanghe in spalla, e mi vengono in mente i sette nani che tornano a casa da Biancaneve, non so perchè, sarà l'altitudine che fa questi scherzi...

Alla fine bisogna scendere a valle, del resto sono ore che pedalo e sono ancora a 2100 metri. Il primo tratto sotto alla Tschaggonhutte fa rizzare i capelli, si scende di 400 metri di quota in un km e 300 metri! Ma non è finita qui, la pendenze tornano "umane" per poco, tanto che il freno anteriore decide di entrare in sciopero due volte. Com'era quella discussione sul Forum? "Si deve frenare a tratti..." Vorrei proprio vedere chi ci riesce, a mollare i freni su queste pendenze! Al castello di Lichtenberg sono 1050 metri di dislivello negativo in quattro km e mezzo... ed oltre alla discesa, finiscono anche le mie "avventure" in montagna per il 2007. Ma tornerò...
 

muldox

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Questa è una cosa che ho pensato molte volte anch'io percorrendo le strade militari alpine o-o.
 

IddoCop

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Ciao Sembola, leggendo il tuo racconto mi vien un pò di rabbia per non aver fatto quest'anno il giro del Pfunderes e leggo con invidia l'itinerario che hai fatto tu.
La prox volta che vieni da queste parti......fai un fischio che la birra c'è sempre....e anche la compagnia se sono libero!!!

Alla prx

Stefano
 

tostarello

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molto bello, questi si che sono giri che lasciano qualcosa dentro

complimenti o-o
 

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