No, non ho scritto altre rime, altri versi.
Questa non è una poesia che racconata la mia escursione di stamattina.
L'escursione stessa è la poesia.
Il programma era di partire presto, arrivare in circa un'ora e mezzo su asfalto fino al passo della Cantoniera, salire fino al monte Carpegna, scendere per la pietraia, eventualmente risalire in vetta per affrontare finalmente la Gavina, già diverse volte programmata ma che ultimamente abbiamo sempre dovuto rimandare.
Primo contrattempo: la cena di ieri sera.
Andato a letto troppo tardi per potermi svegliare alle 6:30 come previsto.
E' così che sono partito dopo le 9:00.
Anche oggi ero solo, nessuno ha potuto accettare il mio invito.
La giornata era parzialmente serena, con raffiche di vento che a tratti infastidivano la pedalata senza però renderla impossibile.
La temperatura era mite ma l'aria umida.
Come da programma sono arrivato alla Cantoniera ed ho svoltato per il Monte Carpegna, affrontando il versante meno impegnativo.
Dopo alcuni chilometri la prima inaspettata sorpresa: la neve era ancora presente sulla strada: evidentemente ce ne doveva essere molta se ha resistito alle temperature miti degli ultimi giorni.
Dagli alberi cadevano piccoli frammenti di ghiaccio, la galaverna formatasi nella notte non resisteva agli attacchi dei primi raggi di sole: un concerto per le orecchie ed uno spettacolo per gli ochhi.
Affronto e supero il primo tratto innevato, al secondo scendo e spingo, poi un terzo, sempre più lungo, altri tratti a spinta, pochi metri in sella e tanti a piedi.
Non avevo voglia di frami ancora due chilometri a spinta, e così, seppure io sia un testardo, ho voltato la bici verso valle.
Dopo poco incontro un ciclista con la bici da strada: incredibile, anche lui aveva oltrepassato un paio di tratti innevati ma si era arreso, oviamente prima di me con le mie gomme artigliate.
Percorriamo insieme alcune centinaia di metri poi lo saluto perché entro nel bosco, lungo la pista forestale "tagliafuoco".
All'inizio fango in abbondanza, la neve però, presente qui solo a tratti, non dava il minimo fastidio.
Affronto un impegnativo tratto di salita, sopra un tappeto di aghi di pino, poi la strada spiana, rallento l'andatura ed incomincio a sentire gli odori ed i rumori del bosco, come mai mi era successo prima, ero quasi un intruso tra questi splendidi alberi che timidamente accoglievano la primavera in casa loro.
E così mi sono accorto di non essere solo, c'era lì con me la natura, che mi pedalava a fianco.
Da questo versante, più esposto al sole, sono riuscito a salire in vetta e le sorprese sono continuate: c'era in corso una guerra, una pacifica guerra tra i contrastanti esponenti del freddo inverno e della mite primavera. Elementi solo apparentemente in lotta ma che contribuivano parimenti a creare uno scenario splendido: il sole era ormai splendente ed aveva silnziosamente scacciato tutte le nubi; tratti innevati si alternavano ad ampi spazi di verde dove apparivano piccole pozze di fango; il vento della notte, evidentemente gelido, aveva scolpito strane sculture di ghiaccio che da li a poco sarebbero state cancellate da tepore del sole; tutta la distesa dei prati sommitali del Carpegna era un ininterrotto alternarsi di neve, erba, giaccio, fango, tra i quali zigzagavo come un bambino al parco giochi.
Durante questo inverno di frequenti nevicate, pensavo di avere affrontato la neve in MTB in tutti le sue forme, neve fresca, nevicata in corso, neve bagnata che mi inzuppa fino alle ginocchia, neve trasformatasi in ghiaccio vivo, impossibile da affrontare anche a piedi.
E invece no.
La neve del disgelo è diversa, tutta da interpretare, appare, scompare, la affronti pensando che sia abbastanza dura da sostenerti invece ci affondi, il tratto successivo è talmente ghiacciato che pure senza scarpe sarebbe difficile bagnarsi, svolti dietro un dosso e ne trovi in grande quantità nascostasi dai raggi del sole ed al riparo dal vento.
A tratti pedalo, a brevi tratti spingo e così, terminati i prati sommitali del Carpegna, arrivo all'inizio della discesa.
Da qui mi affaccio.
Sì ho usato il termine giusto, mi affaccio come da un balcone, un balcone naturale sulla Valmarecchia che mi accompagna fino al sempre suggestivo passo del Trabocchetto.
E lì inizia la pietraia, un apparentemente interminabile lastrone di roccia esposta al sole quindi oggi priva della benchè minima traccia di neve. Tutte le volte che mi ci trovo sopra rabbrividisco pensando a quale effetto avrebbe su di me una caduta.
Arrivo sull'asfalto, mi faccio una un po' di chilometri tranquilli per permettere a questa nuova splendida avventura di decantare e di rimanere a lungo nella mia memoria.
E così, beato e contento, torno verso casa.
Scusate se l'ho fatta un po' lunga.
Non so se sono riuscito a descrivere la poesia che ho vissuto sulla mia pelle.
Se, anche solo in parte, ce l'ho fatta, ora saprete perchè mi piace così tanto andare in MTB.
Questa non è una poesia che racconata la mia escursione di stamattina.
L'escursione stessa è la poesia.
Il programma era di partire presto, arrivare in circa un'ora e mezzo su asfalto fino al passo della Cantoniera, salire fino al monte Carpegna, scendere per la pietraia, eventualmente risalire in vetta per affrontare finalmente la Gavina, già diverse volte programmata ma che ultimamente abbiamo sempre dovuto rimandare.
Primo contrattempo: la cena di ieri sera.
Andato a letto troppo tardi per potermi svegliare alle 6:30 come previsto.
E' così che sono partito dopo le 9:00.
Anche oggi ero solo, nessuno ha potuto accettare il mio invito.
La giornata era parzialmente serena, con raffiche di vento che a tratti infastidivano la pedalata senza però renderla impossibile.
La temperatura era mite ma l'aria umida.
Come da programma sono arrivato alla Cantoniera ed ho svoltato per il Monte Carpegna, affrontando il versante meno impegnativo.
Dopo alcuni chilometri la prima inaspettata sorpresa: la neve era ancora presente sulla strada: evidentemente ce ne doveva essere molta se ha resistito alle temperature miti degli ultimi giorni.
Dagli alberi cadevano piccoli frammenti di ghiaccio, la galaverna formatasi nella notte non resisteva agli attacchi dei primi raggi di sole: un concerto per le orecchie ed uno spettacolo per gli ochhi.
Affronto e supero il primo tratto innevato, al secondo scendo e spingo, poi un terzo, sempre più lungo, altri tratti a spinta, pochi metri in sella e tanti a piedi.
Non avevo voglia di frami ancora due chilometri a spinta, e così, seppure io sia un testardo, ho voltato la bici verso valle.
Dopo poco incontro un ciclista con la bici da strada: incredibile, anche lui aveva oltrepassato un paio di tratti innevati ma si era arreso, oviamente prima di me con le mie gomme artigliate.
Percorriamo insieme alcune centinaia di metri poi lo saluto perché entro nel bosco, lungo la pista forestale "tagliafuoco".
All'inizio fango in abbondanza, la neve però, presente qui solo a tratti, non dava il minimo fastidio.
Affronto un impegnativo tratto di salita, sopra un tappeto di aghi di pino, poi la strada spiana, rallento l'andatura ed incomincio a sentire gli odori ed i rumori del bosco, come mai mi era successo prima, ero quasi un intruso tra questi splendidi alberi che timidamente accoglievano la primavera in casa loro.
E così mi sono accorto di non essere solo, c'era lì con me la natura, che mi pedalava a fianco.
Da questo versante, più esposto al sole, sono riuscito a salire in vetta e le sorprese sono continuate: c'era in corso una guerra, una pacifica guerra tra i contrastanti esponenti del freddo inverno e della mite primavera. Elementi solo apparentemente in lotta ma che contribuivano parimenti a creare uno scenario splendido: il sole era ormai splendente ed aveva silnziosamente scacciato tutte le nubi; tratti innevati si alternavano ad ampi spazi di verde dove apparivano piccole pozze di fango; il vento della notte, evidentemente gelido, aveva scolpito strane sculture di ghiaccio che da li a poco sarebbero state cancellate da tepore del sole; tutta la distesa dei prati sommitali del Carpegna era un ininterrotto alternarsi di neve, erba, giaccio, fango, tra i quali zigzagavo come un bambino al parco giochi.
Durante questo inverno di frequenti nevicate, pensavo di avere affrontato la neve in MTB in tutti le sue forme, neve fresca, nevicata in corso, neve bagnata che mi inzuppa fino alle ginocchia, neve trasformatasi in ghiaccio vivo, impossibile da affrontare anche a piedi.
E invece no.
La neve del disgelo è diversa, tutta da interpretare, appare, scompare, la affronti pensando che sia abbastanza dura da sostenerti invece ci affondi, il tratto successivo è talmente ghiacciato che pure senza scarpe sarebbe difficile bagnarsi, svolti dietro un dosso e ne trovi in grande quantità nascostasi dai raggi del sole ed al riparo dal vento.
A tratti pedalo, a brevi tratti spingo e così, terminati i prati sommitali del Carpegna, arrivo all'inizio della discesa.
Da qui mi affaccio.
Sì ho usato il termine giusto, mi affaccio come da un balcone, un balcone naturale sulla Valmarecchia che mi accompagna fino al sempre suggestivo passo del Trabocchetto.
E lì inizia la pietraia, un apparentemente interminabile lastrone di roccia esposta al sole quindi oggi priva della benchè minima traccia di neve. Tutte le volte che mi ci trovo sopra rabbrividisco pensando a quale effetto avrebbe su di me una caduta.
Arrivo sull'asfalto, mi faccio una un po' di chilometri tranquilli per permettere a questa nuova splendida avventura di decantare e di rimanere a lungo nella mia memoria.
E così, beato e contento, torno verso casa.
Scusate se l'ho fatta un po' lunga.
Non so se sono riuscito a descrivere la poesia che ho vissuto sulla mia pelle.
Se, anche solo in parte, ce l'ho fatta, ora saprete perchè mi piace così tanto andare in MTB.