Pensieri fra le nuvole...

  • Siete di quelli che, quando comincia a fare freddo, mettono la bici in garage e vanno in letargo, sdivanandosi fino alla primavera? Quest’anno avrete un motivo in più per tenervi in forma, e cioè la nostra prima Winter Cup, che prende il via il 15 novembre 2024 e si conclude il 15 marzo 2025.
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Plinio

Biker ultra
13/11/03
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Borgo Cappuccini (Livorno)
www.wbb.it
E’ mattino. Da sotto le coperte faccio di un giorno qualsiasi il mio giorno poiché la mente sa già che una nuova avventura si presenterà davanti alle “mie” forche. Sì perché oggi non è un Lunedì o un Mercoledì. Oggi è Sabato, il momento in cui il mio giorno diventa il nostro giorno. Pronti ad entrare in un magico mondo fatto di noi, sempre più specializzati e tecnologici con i nostri mezzi e Lei , selvatica e magnifica come è sempre stata, la Natura. Questo è quello che cerchiamo: un impasto di polvere, gomme, aria calda e quasi irrespirabile, gelida quando l’estate è un ricordo, pensieri in movimento, il battito rapido del cuore, il fiato da rompere ancora, un po’ di verde in mezzo al cielo e uno stato di forma che, seppur mutevole, lascia quando torna, il suo gusto a lungo.
Non siamo agonisti anche se “agoniamo” quando il diluvio ci costringe a rinviare l’uscita. Forse non potremmo esserlo comunque. Per noi conta la condivisione di una passione, prenderci in giro ogni tanto, sul serio quasi mai. Ma sopratutto alimentare quel legame particolare, molto simile all’amicizia vera perche’ disinteressata, che si forma fra noi bikers.
Più che uno sport una filosofia di vita, dove i copertoni sono, come la pelle, il primo contatto col mondo. Il cambio è la mente, il manubrio l’istinto, il percorso uno spezzone di vita con le sue salite, discese, cadute, salti e continui imprevisti. La bici diventa così un prolungamento del corpo in una dimensione nuova, in cui si entra nel momento in cui le foglie iniziano a scricchiolare sotto le ruote e il fango ti arriva addosso, per uscirne con le scariche di adrenalina dell’ultima discesa, stanchi ma appagati. Ostacoli un tempo insormontabili scorrono sotto le ruote con una facilità inattesa, la sfida con te stesso che si rinnova ad ogni metro, la mente rivolta al solo superamento di limiti sempre nuovi, sgombra da qualsiasi altro pensiero. Niente da’ senzazioni piu’ belle che il superare un limite ritenuto inarrivabile cosi’ come niente e’ piu’ certo e vero delle cose che in un pirmo tempo rifiutiamo dal profondo dell’ anima. Certe emozioni poi, non si possono spiegare a parole. Come descrivere le battaglie con le immense forze della fisica e la sensazione di poterle dominare, anche se per brevi attimi: la sfida continua alla Gravita’, che in salita ci fa soffrire tirandoci per la maglia, per ripagarci in discesa risucchiandoci verso il punto piu’ basso e ragalandoci di tanto in tanto una gioia speciale, quando la vinciamo anche se per un breve istante, staccando entrambe le ruote dal suolo. E la lotta gomito a gomito con la forza Centrifuga, che in curva ci porta via, lontano, se non cavalcata a dovere e domata con l’angolo giusto.
Questo e’ il Mountainbiking… essenzialmente una percezione diversa di se stessi come esseri immersi armonicamente (seppur a volte in equilibrio precario) nella natura, nel bisogno primordiale di sentirsene parte integrante anche fisicamente, comunque in piena liberta’ ; perche’ libere sono le traiettorie delle noste ruote che rispettosamente la solcano, come nuove linee di confine che solo noi tracciamo, centimentro dopo centimetro. Le cadute sono anch’esse, in questo contesto, qualcosa di ancestrale e riconciliatorio: un abbraccio piu’ o meno vigoroso con madre terra, che spesso ci regala quella gioia infantile di non essersi fatti niente di grave.
Dicevamo, e’ Sabato, sono le 10. Piove e fa freddo. Si inizia a temere di dover rinunciare, ma ad un tratto la pioggia si ferma. Il cellulare suona, è Beppe, capo branco, che ti dice quello che vorresti sentire: “ha smesso, forse tiene, si va” ? Alla fine siamo in 3 cinghiali temerari (Plinio, Gede & Beppe). Si inizia a salire, Beppe tira come un dannato, lo fa sempre quando fa freddo, per non sentirlo, dice. D’estate invece la scusa e’ scappare dai tafani. Ma forse e’ prorpio questo che accomuna ogni biker: il fuggire da qualcosa, un’idea di liberta’ necessaria per trovare quello che davvero stiamo cercando. In vetta si finisce non a prendere la pioggia, ma a pedalare direttamente in una nuvola, perchè la pioggia non l’aspettiamo dal cielo, ma l’ andiamo a prendere direttamente alla fonte. Il freddo è intenso, ci impedisce quasi di parlare ma nessuno ne sente davvero il bisogno. Si procede quasi sospesi, in un paesaggio surreale, fuori dalla realtà. La foschia ci confonde, strappandoci alle piccole cose quotidiane per avvicinarci a qualcosa di immensamente più alto e grande. Alcuni flash dell’ ambiente che ci circonda ripagano da soli l’uscita, ma è dentro noi stessi che in queste situazioni riusciamo a vedere più chiaramente ed in profondità. Gede va giù praticamente senza freni, ma con l’eleganza di sempre. Beppe, tanto per cambiare, tira anche nella discesa verso l’ Eremo della Sambuca, come in un pellegrinaggio dovuto. Come sempre e’ il piu’ pulito di tutti, un’istituzione inattaccabile anche per il fango. Plinio gli sta a ruota a fatica col muletto rigido: l’astinenza da adrenalina non gli permette di rinunciare ad un’uscita, seppur con freddo, acqua e la bike in officina, anche se questo significa strapazzare la bici della fidanzata nonche’ la sua schiena gia’ malmessa.
La pioggia aumenta e la visibilità è sempre più ridotta, le mascelle paralizzate, nessuno dice una parola, si va solo avanti sui nostri amati e maltrattati ferri, quasi in ipnosi, uno sguardo basta per intenderci. All’improvviso, di colpo si esce dalla nuvola, realiziamo di essere fradici e infreddoliti ma sopratutto felici e sazi. Un raggio di luce ci permette di vedere il mare, laggiu’ in lontananza, coi sui spazi aperti e indefiniti. L’isola di Gorgona si staglia netta, in un orizzonte che si apre come un sipario, e tutto sembra meno che una colonia penale. Qualcuno si scuote dal torpore ed inizia a parlare, facendo andare la mente per un momento a quei poveretti che senza nessun giubbotto termico ma con scarpe di cartone, sono stati costretti ad un gelo ben piu’ profondo durante la guerra in Russia; sono passati 60 anni, relativamente pochi anche se sembra preistoria. Fra loro c’era una persona che non ho mai potuto conoscere, ma che sento comunque vicina. Ci sentiamo fortunati ed insieme alla senzazione di pienezza si fa largo il pensiero di una doccia calda, che laverà via fango e freddo rendendo quel sorrisetto ebete ancora piu’ evidente, ma allo stesso tempo piu’ misterioso agli occhi di chi non lo potra’ comprendere. Abbiamo i piedi del Bologna (rosso-blu) e il sedere congelato…ma con noi la consapevolezza di sempre: ne ha valso la pena, un’ uscita che ricorderemo !
 

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