Mose’

stefano alinovi

Biker serius
4/10/08
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salsomaggiore terme (pr)
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Zanzare e caldo non ci hanno disturbato il sonno.
L’aria fresca del mattino ci trova pimpanti e pronti alla colazione.
Non siamo stanchi, non ci stiamo annoiando, ogni giorno vediamo cose nuove, incontriamo persone diverse.
Viviamo le giornate intensamente, cercando di assorbire il meglio che ci viene offerto.
Siamo contenti e felici.
Stiamo vivendo un momento veramente bello.
La nostra testa è libera da pensieri e preoccupazioni.
In queste condizioni tutto il corpo funziona che è una meraviglia.
Tutto questo giro di parole serve unicamente a giustificare le nostre abbondanti colazioni del mattino.
Ci svegliamo con una gran voglia di andare… e con una gran fame.
Appena desti, ancor prima di guardare fuori dal finestrino del mezzo, cominciamo a progettare la colazione…
Dopo di che si può cominciare a prefigurare la giornata.
In realtà c'è poco da progettare… bisogna andare e basta. Ma a noi piace comunque fare progetti, ipotizziamo di arrivare in quel posto a quell’ora, pranzare (e dai col cibo) in quel paese, il caffè in quell’altro e così via…
In questi giorni in bici chiacchieriamo un po' meno del solito (ci manca VilFred) e Flo non riesce a cantare…Passiamo più veloci e perdiamo qualche particolare, ma almeno facciamo della strada.
Questa pianura ha un suo fascino, ma sembra non finisca mai, è sempre tutta uguale…
Con oggi dovremmo arrivare a Vercelli.
Poi una tappa a piedi e un’ultima doppia tappa in bici da Santhià ad Ivrea… che è molto corta… vorrà dire che ci riposeremo prima di affrontare la Val d’Aosta.

Terminati tutti i riti di creme e cremine antisole, un ultimo saluto al Westf e a VilFred, che mugugna un irritato saluto, e partiamo.
Poche pedalate e siamo fuori Garlasco.
Poche pedalate e siamo immersi nella campagna.
Poche pedalate e siamo in mezzo alle risaie.
Notiamo con vero disappunto che in mezzo a questo labirinto di vasche d’acqua non c’è uno straccio di segnale che indichi la via al pellegrino.
Noi abbiamo il nostro preziosissimo Pino che ci guida con precisione, ma se non lo avessimo saremmo costretti ad optare per la statale che va a Mortara.
Chiamare campo una risaia non si può. Una risaia è una risaia e basta (come Rinaldo).
Le risaie, per noi che non le conosciamo, sono tutte uguali. Vai , vai, vai e sei sempre lì.
Sei sempre sul ciglio(?), argine(?) di quella stramaledettissima risaia che non ne vuole sapere di spostarsi.
Le risaie sono dei grandissimi rettangoli, e ci si sposta sempre per angoli retti. Il percorso che ne risulta è una curiosa scalinata che vaga per la pianura. Vai vai e sei sempre lì.
I chilometri passano, è vero… ma ti sembra di essere sempre nello stesso posto.
Dopo un po’ di tempo, cominciamo a valutare alcuni particolari che ci sembrano importanti. Teniamo bene presente un riferimento fondamentale: la statale, che corre là in fondo…
Se dovessimo avere un guasto a Pino, dovremmo buttarci sulla statale o pedalare paralleli ad essa.
Aver trovato un riferimento sicuro è una bella vittoria.
Poi cominciamo a notare che anche che le risaie non sono tutte uguali, e soprattutto non sono tutte allo stesso livello. Sono a scalare: quella più in alto versa l’acqua in quella più bassa e così via.
E il riso non è tutto alto uguale. In alcune vasche è praticamente appena spuntato, in altre è già bello alto.
Non riesco a collegare bene l’altezza del riso con la quantità d’acqua…
Ma è noto che come contadino valgo assai poco… poi a me il riso piace soprattutto nel piatto.
E così pedaliamo in mezzo a questa natura addomesticata dall’uomo. Canali e canaletti convogliano l’acqua da una risaia all’altra. Complessi sistemi di chiuse e stramazzi dividono l’acqua dei canali.
Questo intrico di coltivazioni richiede un'opera di ingegneria idraulica non indifferente.
Case poche, incontriamo qualche grande corte ogni molto.
Ci colpisce anche il tipo di terreno, sabbioso, molto sabbioso. E’ vero che il Po non è molto distante, ma non mi sarei mai aspettato di trovare tanta sabbia. Nella sabbia le nostre ruote sprofondano ma avanzano e i tasselli dei copertoni, che tanto ci penalizzano su asfalto, qui aiutano molto.
Con fatica, ma avanziamo.
Improvvisamente, da dietro un filare di pioppi ci appare un pezzo di Goldrake.
“Lame rotanti! Alabarda spaziale!”
“Va bene che il sole picchia, ma le allucinazioni alle 10 del mattino…”
“Eppure… quelle cose sono le lame rotanti di Goldrake!”
Flora scuote il capo… e meno male che non c’è VilFred…
“Allora cos’è quel coso lì che sembra un pezzo transformer di Ufo Robot?”
Ci avviciniamo e scopriamo tutto.
E’ un normale trattore, ma ha delle ruote stranissime. Sono molto alte, strettissime, completamente metalliche e soprattutto, invece del tradizionale battistrada, hanno delle enormi punte metalliche come dei rostri. Probabilmente servono per muoversi dentro il pantano sabbioso delle risaie senza sprofondare e senza rovinare il coltivato.
Il nostro Goldrake da risaia sta tentando di scendere da un rimorchio, ma la grande ruota dentata è uscita dalla guida. Per farla rientrare l’autista sta letteralmente distruggendo il rimorchio. Il rumore di ferraglia è grande. Il rimorchio urla ad ogni manovra del trattore…
“Ma se si trasformasse in Ufo Robot e prendesse il volo, non farebbe prima?
Noi non lo andiamo a raccontare in giro di sicuro...
Non diremmo a nessuno che Goldrake si nasconde in una risaia sotto mentite spoglie di comune trattore...”
Dopo questa ultima uscita Flora, nell’impossibilità di rincorrermi, mi manda direttamente a quel paese.

E intanto arriviamo a Mortara.
Facciamo una breve sosta in tabaccheria. Mi mancano le batterie per Pino… non vorrei mai rimanere senza guida nel mezzo della piana zeppa di risaie… tutte rigorosamente uguali!!!
Ne approfittiamo per un “gratta e vinci” e un “superenalotto” per i “non si sa mai”. Vincessimo qualcosa di interessante… andremmo diretti fino a Santiago… e poi a Canterbury, e poi… dove ci portano le gambe.
Sulla strada per Robbio incontriamo qualche segnale VF. Non esageratamente… ma quanto basta.
La cosa ci rincuora tanto.
Tra Mortara e Robbio il paesaggio cambia poco, il terreno cambia niente, risaie erano e risaie rimangono.
Fortunatamente non siamo ancora stati attaccati dalle zanzare… ma è mattino presto e, probabilmente, dopo il duro lavoro notturno, anche le zanzare riposano un po’… bene….approfittiamone per fare della strada.
Senza colpi di scena degni di nota arriviamo a Robbio.
C’è il mercato. Ci parcheggiamo nel parco della stupenda chiesa medioevale e, anche se è ancora presto, consumiamo il nostro frugale pasto sotto un' ombra ospitale.
La chiesa è veramente bella, peccato che sia chiusa.
Lì vicino c’è una scuola. Da cui provengono ululati di ogni genere, volume e tono.
“Ma è una scuola o uno zoo?”
“Uno zoo!”
risponde acida Flora.
Cerco di essere un po’ più comprensivo e ripenso a quando andavo a scuola… con ogni probabilità anche noi ululavamo in questo modo… anche peggio, forse.
Non riesco a riproiettarmi in quei momenti in qualità di spettatore. Ne abbiamo fatte di ogni anche noi…
Una volta abbiamo fatto paracadutismo uscendo dalla classe per la finestra (piano rialzato) per andare a vedere la partita di pallavolo in palestra (tutti sospesi il giorno dopo); un’altra volta abbiamo fatto un tale casino in classe che la prof di diritto era una vocina stridula in un sottofondo di urla, versacci e boati (sospesi anche questa volta).
Decisamente non eravamo tenere educande! Forse la differenza sostanziale era che allora in classe non girava droga, non si picchiava nessuno, non si rubava nulla (cosa c’era da rubare?… non avevamo niente), facevamo solo rumore.
Il caffè lo prendiamo al bar, in un baretto piccolo piccolo di un ex maestro di sci.
Un maestro di sci a Robbio?… Che la massima salita è il ponte sul canale?
Mentre sorseggiamo l’ottimo liquido nero facciamo due chiacchiere e parliamo di neve, e cime da 4000…
Con questo caldo ci voleva proprio.
“Ma guarda te… Di’… non sarà mica anche lui...”
“Noooo, ma dai… sei ossessionato dagli ispettori!”
“Secondo me adesso, come giriamo l’angolo, smonta tutto l’ambaradan e torna in ufficio.”
“Ma daiiii!!!!”
“Si si… sono sicuro… era troppo a modo e troppo alpinista per fare il barista a Robbio. E' un ispettore AEVF!”
Mentre mi rimetto il casco ricevo la giusta carica di nomi dalla moglie, ma con la coda dell’occhio osservo i movimenti del barista/ispettore.
Partiamo, facciamo un centinaio di metri e, fra gli insulti di Flora, torno a vedere se sta già smontando tutto…
Ma deve aver capito i miei sospetti e, quando mi vede, mi saluta sornione da dietro il banco.
“Eppure...”
Scuoto la testa e raggiungo Flora.
Ripartiamo alla volta di Vercelli.
Robbio è un piccolo paese, e così come siamo entrati, ne usciamo, senza accorgercene.
Siamo di nuovo immersi nelle risaie, fagocitati dalla piatta campagna.
Tanti, tantissimi rettangoli d’acqua e riso, riso e acqua. Le verdi piantine spuntano timide dall' acqua ferma.
Noi pedaliamo sulle carraie che dividono una risaia dall’altra, ora su terra, ora su sabbia e terra, ora su sabbia…
Attraversiamo una strada asfaltata e ci immettiamo su una stupenda carraia ombreggiata che costeggia un canale di irrigazione artificiale.
Un attimo di frescura ci fa bene.
Attraversiamo un ponticello e la carraia diventa sentiero erboso… l’erba sempre più alta… si avanza con difficoltà.
“Pino mi dice per di qua..”
dico ad una dubitativa Flora.
In effetti Flo ha ragione, nell’erba non si distingue nulla che assomigli ad un sentiero.
“Ma non c’è alternativa, non abbiamo idea di dove siamo, e la traccia dice di qui...”
Tutto d’attorno non ci sono che specchi d’acqua, un canale sprofondato in una boscaglia di rovi non ci permette di andare a destra, le risaie immense a sinistra…
La sola possibilità è percorrere questa esile striscia di terra erbosa.
Imboscato nell’erba, tutto storto, scorgiamo un segnavia “ufficiale”. Ci conforta l’idea di non aver sbagliato…ma ci amareggia l’idea che il sentiero sia in queste condizioni.
Chiunque, sprovvisto di GPS, avrebbe desistito e sarebbe tornato sulla statale.
Poco più in là, l’esile lingua sabbiosa si allarga e pian piano ritorna ampio sentiero ed infine carraia.
E ci troviamo all’ingresso di Palestro.
Sembra di essere in un paese messicano di un film di Sergio Leone.
Sole a picco, nemmeno un anima in giro.
Ci manca solo Clint Eastwood col poncho ed il sigaro che va ad affrontare Ramon… come in “Per un pugno di dollari”…
“Al cuore Ramon!”
“Bang...”
E Clint si rialza…
“Al cuore Ramon!”
Che filmone…

Come arriviamo alle prime case sentiamo un forte e lungo lamento.
Un guaito? Boh!
Un miagolio? No!
Il pianto di un bambino piccolo? Non mi sembra...
E’ comunque un grido disperato.
Non capiamo da dove arrivi… ogni tanto sparisce come inghiottito.
Flora è agitata e spaventata: qualcuno è in difficoltà… è un lamento disperato… e chi lo emette sta finendo le energie.
Un paio di pedalate e il lamento sembra allontanarsi…
Non ce la sentiamo di andare avanti facendo finta di niente, la nostra coscienza non ce lo permette.
Giriamo le bici e torniamo sulle nostre pedalate, lentamente, per capire da dove viene il lamento.
Ci avviciniamo ad un ponte su un canale di irrigazione…
Il guaito, ora lo capiamo bene, viene dal ponte.
Flora inizia ad urlare:
“Affoga, affoga!”
“Chi, cosa?”
non ho ancora realizzato bene.
“Il cane, c’è un cane dentro!”
Ora lo sento bene e ho anche capito cosa deve essere successo.
Flora ha buttato per terra la bici e si avvicina pericolosamente al canale…
Lancia un grido disperato…
Il cane le fa eco…
Butto la bici e corro ad afferrare Flora che si stava già buttando nel canale… appena in tempo. Altrimenti avrei dovuto soccorrere cane e moglie.
“Lì, lì, guarda lì, poverino… ti prego prendilo!”
Non vedo ancora niente.
Guardo l'acqua del canale, che sbatte contro una chiusa nei pressi del ponte per poi passare dentro una grata, formando una piccola cascatella.
Dopo un attimo, dal folto strato di porcheria che copre il pelo dell'acqua spuntano un naso, e due occhietti pieni di terrore.
Gli occhietti mi implorano. Un gemito a fil di voce mi dice che il proprietario del naso e dei due occhietti è arrivato al limite delle forze.
Fortunatamente è nei pressi della chiusa… con le zampe appoggiate alla chiusa riesce ancora a tenere il naso fuori dell’acqua, anche se completamente immerso nel fogliame e nella porcheria accumulata dallo sbarramento. L'acqua lo spinge con forza contro la grata, e sembra veramente stremato.
Dovrei arrivare a prenderlo senza entrare in acqua…
Cercando di mantenere calma la moglie, che sta rischiando l’infarto, mi avventuro sul bordo della chiusa.
Mi inginocchio, con una mano mi tengo saldamente al metallo e con l’altra mi allungo verso il cane.
Ho paura che nella sua disperazione il cane mi morda… ho comunque tenuto i guantini da mtb…
Mi allungo tutto il possibile e riesco ad afferralo per una zampa.
Si lascia prendere…
I suoi occhi mi guardano…
Non dimenticherò mai quello sguardo... Giuro, mi ha detto “Grazie… ti voglio bene.” Giuro…
Non riuscirei mai a sollevarlo in quel modo però…
La mia mano corre lungo la zampa e arriva alla spalla. Spostandomi sul bordo della chiusa riesco a trascinarlo verso riva, fino alla portata delle mani di Flora che lo aspetta piangendo…
Sicuramente gli sto facendo male… e non poco… ma non protesta, non morde… ha capito bene.
Continuo a vedere i suoi occhi stanchi e il musetto pieno di porcheria…
Finalmente Flora riesce a prenderlo bene.
Scendo dalla chiusa e riusciamo a tirarlo su…
Ma come lo mettiamo a riva, il nostro amico peloso comincia a correre in tondo, naso a terra.
Non capisce più niente…
Un attimo, e rischia di andare sotto una macchina.
Non sa più dov'è… O ha perso l’orientamento (probabilmente perché è caduto in acqua molto più a monte) oppure l’abbondante acqua sporca e lo spavento hanno danneggiato il suo apparato di fiuto.
Non è un randagio, è bello grasso… ma gira in tondo come un matto.
Se lo lasciamo così, non muore nell’acqua ma investito da qualche auto…
E’ necessario trovare il suo padrone… o comunque una sistemazione…
Flora si è ripresa, ha asciugato le lacrime ed ha riacquistato lucidità…
E qui inizia il suo personalissimo show.
Non l’ho mai vista così determinata, sicura e grintosa.
Chiediamo a qualche abitante delle case lì intorno se conoscono il cane e il suo padrone… niente, nessuno sa niente, nessuno ha mai visto… mi ricorda molto una Sicilia particolare…
Per prima cosa Flora “cattura” una ragazzina che passava di lì e la coinvolge nella ricerca del padrone del cane. Poi, chiama il 112. I carabinieri le danno il numero del consorzio preposto a queste situazioni…
A sua volta, l’organismo preposto dice che è necessaria la richiesta dei vigili urbani.
Flora telefona ai vigili…
I vigili di Palestro fanno un po’ di storie… (ma i vigili urbani servono solamente a dare le multe per divieto di sosta?)
Flora è inferocita, e si fa accompagnare dalla ragazzina all’ufficio dei vigili urbani.
Lasciato solo col cane, mi siedo all’ombra.
Il cagnino è scosso… non riesce a stare fermo… si lascia fare un po’ di coccole, poi si alza, fa un giretto… poi torna lì, si accuccia, mangia un po’ d’erba… poi ricomincia… giretto, cuccia, erba…
E’ molto provato… gli faccio a pezzetti una barretta, dei crackers… ne mangia un po’, poi ancora giretto, erba e cuccia…
Un disastro… Intanto sono lì da solo… col cane e senza moglie… sotto il sole…
Il tempo passa… Vercelli non è lontana, ma insomma bisognerebbe anche andare…. e noi non possiamo prendere su il cane…
Qui bisogna risolvere… e non si vede nessuno…
Bella situazione…
Dopo un bel po’ ritorna Flora con la ragazzina. Se possibile, è ancora più inferocita di prima…
“Cosa è successo?”
Mi dice cose… che è meglio non ripetere.
Pare che abbia litigato con la vigilessa al front office dei vigili, minacciato denunce, sbattuto porte, urlato come una matta, fino a quando il capo dei vigili, preoccupato di tanto frastuono, non è intervenuto personalmente con la promessa di un intervento immediato.
E mentre Flora, ancora alterata, mi racconta tutto, in effetti arriva il capo dei vigili. Per telefono si accorda con l’organismo preposto alla custodia dei cani dispersi… ma ancora per qualche ora non interverrà nessuno.
E cosa facciamo col cane?
Il vigile ha paura dei cani e non lo vuole caricare in macchina, nemmeno quando Flora si offre di salire con lui… poi, dice, non hanno il posto per tenerlo… e allora?
La mente di Flora lavora a 2000…
Sempre più inviperita, si avventa sul campanello della villa delimitata dal muretto dove sono stato appoggiato fino a qualche minuto prima…
La villa ha un grande cortile, un grande piazzale e dei capannoni adiacenti.
Da un capannone esce un omone dallo sguardo austero ma dalla voce buona.
Flora gli spiega la situazione… bisognerebbe custodire il cane appena salvato, per qualche ora…
L’omone guarda il cane… e ci spiega che anni prima anche uno dei suoi cani era morto affogato nella roggia.
Sorride al cane e lo fa entrare.
Prende accordi col vigile… che provvede a scappare subito.
Flora non finisce più di ringraziare l’omone e la ragazzina che l’hanno aiutata a sistemare il cane…
Ma non possiamo continuare a chiamarlo cane… e lo battezziamo così, su due piedi… Mosè… mai nome fu così appropriato.
Stiamo per partire… Flo riscende dalla bici e torna ad abbracciare Mosè, e ringrazia ancora il gentile e premuroso omone che ha già provveduto a dar da mangiare al cane.
Ci facciamo dare anche i numeri di telefono per sapere poi come è andata a finire…

E lasciamo Palestro...
L’adrenalina di Flora è alle stelle… non l’ho mai vista così vitale.
Pedala come non mai.
Saliamo su un lungo argine e per ampia carraia ci avviciniamo a Vercelli. Da lontano, cominciamo a vedere la cupola della cattedrale.
Seguendo le indicazioni di Pino arriviamo dritti dritti nella piazza principale.
Qui si ferma la nostra traccia…
“Sì ok… Ma ci aspettano all’ostello di Biliemme!”
“Cosa sarà Biliemme?”
Io non ne ho idea.
Le persone che ci hanno contattato ci hanno garantito che “basta chiedere di Biliemme e chiunque vi indirizzerà al posto giusto”
Siamo al centro della piazza.
Cerchiamo un “sig. chiunque” a cui chiedere di Biliemme.
Ci sono solo due netturbini che stanno pulendo.
Chiediamo a loro.
Alla nostra domanda i due si mettono a ridere di gusto.
Flora ed io ci guardiamo interdetti… vuoi vedere che ci tocca litigare ancora?
Flora è già pronta ad estrarre unghie e denti… abbiam fatto 30… ci vuol poco a far 31…
I due ridono un po’… poi ci dicono che è un po’ difficile da spiegare… ma il caso è curioso, in quanto uno dei due… ci abita… proprio lì, a Biliemme.
Io penso “sarà un quartiere”…
Come farebbe altrimenti a sapere dove dobbiamo andare noi?
Gli rispieghiamo che dobbiamo andare all’ostello di padre Alberto a Biliemme.
E i due ridono ancora…
Quello più alto ribadisce che ci abita, e ci conferma di aver capito bene.
Ci spiega come arrivarci e ci da appuntamento a più tardi.
Non ci resta che salutare e provare ad arrivare a Biliemme….
Non ci siamo arrivati proprio subito, abbiamo dovuto chiedere un altro paio di volte, ma alla fine siamo arrivati.
E qui ci troviamo nella solita situazione… Nessuno ha lasciato detto nulla, nessuno sa niente…
Il prete non c’è…
“Cosa facciamo? Boh!”
Aspettiamo un po’… ma dobbiamo andare in stazione a prendere il treno per Garlasco… speriamo di non perderlo…
La fortuna ci aiuta ancora una volta. Poco dopo arriva il ragazzo della piazza. Con lui ci spieghiamo un po’ meglio… recupera le persone giuste e grosso modo ci fa accomodare.
Possiamo mettere le bici al sicuro…
Il ragazzo ci spiega come arrivare in stazione. L’autobus passa proprio lì davanti… e va dritto in stazione…
Autobus arriva… autobus preso… anche se non abbiamo il biglietto!
L’autista, gentilissimo, non ci manda giù e ci concede di pagare il biglietto in stazione, a corsa finita.
Infatti, arrivati in stazione, aspetta a ripartire che io sia corso in tabaccheria a fare il biglietto.
Nel frattempo Flo è schizzata in stazione a fare i biglietti e a vedere l’orario dei treni.

Uffa... che giornata!!!
E non è ancora teminata!
Alla faccia di tutti quelli che dicono: “Bella forza… avete il camper…!”
Finalmente tiriamo il fiato…
Intanto che siamo lì ad aspettare il treno, decidiamo di telefonare ad un personaggio misterioso: “l’esperta camminatrice e persona squisita”, così l'ha definita Sireva, Palmira Orsières, che ci accompagnerà nel tratto della Valle d’Aosta.
Nelle mail che avevano preceduto la nostra partenza, Palmira veniva citata come personaggio importantissimo nell’ambito della manifestazione Europa-Compostela…
Diciamo che, per la mia discreta esperienza di grandi montagne, e per le mie qualità di podista, mi ritengo un ottimo ed esperto camminatore ed escursionista, attrezzato di tutto punto, e quindi non ho paura di niente…
Sono esperto camminatore ma non certo persona squisita, effettivamente, e quindi mi sento un po’ sminuito.
Tutto sommato la Vallée la conosco abbastanza bene… le valli le ho percorse quasi tutte… ghiacciai, creste, rocce e roccette… Cosa avrà più di me Palmira? Sarà forse una parente di Renato Chabod, o di Abele Blanc?
In ogni caso, nonostante le mie perplessità, dobbiamo contattarla per prendere accordi per il passaggio in Val d’Aosta e l’arrivo al GSB.
Nei giorni scorsi non era possibile contattarla perché impegnata in un altro cammino.
La mia curiosità di conoscere questa fantomatica Palmira cresce. Decidiamo di provare a contattarla adesso.
Solitamente questi contatti li tiene Flora, ma ora è veramente stanca, lo stress dovuto al salvataggio di Mosè l’ha stremata.
Il compito di contattare Palmira è mio…
Sono stranamente agitato, quasi emozionato… strano davvero.
Qualche squillo e risponde… La voce è molto pacata, molto normale (perché avrebbe dovuto essere anormale?), cadenzata e tranquilla. E’ la tipica cadenza di chi è abituato alle lunghe camminate nella tranquillità della montagna.
Non sono completamente al corrente di tutti gli accordi presi fra AEVF , Palmira e le varie associazioni valdostane, quindi sulle parole di Palmira annuisco e ringrazio. Per telefono non si vedono gli sguardi interrogativi, quindi faccio finta di sapere tutto e abbozzo.
Non ho capito niente ma va bene ugualmente (finalmente una rima!).
Saluto cortesemente Palmira… Palmira fa altrettanto con me… e finisce il primo round.
Flora mi chiede
“Com’è Palmira?”
“Normale...”
rispondo candidamente…
“Tutto qui?”
“Sì.”
“Ma avete parlato dieci minuti! Cosa ti ha detto?”
“Non ho capito un ciuffolo.”
Mi prendo la giusta dose di rimbrotti ma aggiungo:
“Dovevi parlarle tu… eh!”
L’arrivo del treno mi salva in corner…
Il viaggio per tornare a Garlasco è comodo e, una volta recuperato il Westf e salutato VilFred, tornare a Vercelli è un attimo.
Fortunatamente Flora ha memorizzato la posizione di Biliemme… e in poco tempo siamo lì.
Piazziamo il Westf nel cortile e chiediamo per dormire in ostello come ci era stato consigliato dagli amici di Vercelli. Non vogliamo offendere chi ci trasferirà il camper a Santhià.
Purtroppo però, invece dell'offerta richiesta solitamente ci viene richiesta una tariffa obbligatoria.
Non è tantissimo, ma a noi scoccia l’obbligo. Se tutti gli ostelli facessero così costerebbe meno andare alle Maldive che fare la VF. E non ci sembra bello.
Avremmo comunque lasciato un’offerta… ma la tariffa obbligatoria ci lascia l’amaro in bocca… tra l’altro da dormire l’abbiamo… e comodo…
Ci viene in mente Suor Livia ad Acquapendente, che all'offerta di Flora, due banconote, ne prese solo una dicendo “Non troppo cara, così è giusto...”
Fa niente…
Ci serve la corrente per le manovre di carico scarico dati GPS e per relazionare con AEVF…
Prendiamo contatto anche con gli amici di Vercelli per accordarci sul trasporto camper, orari ecc.
Quando mangiamo è veramente tardi. Intanto che prendo il caffè e fumo il sigaro arriva il prete con una macchinata di provviste.
Lo aiuto a scaricare e facciamo quattro chiacchiere. Poi la stanchezza si fa sentire e prendiamo velocemente la via del letto.
Un altro giorno è andato…
La sua musica finita…
Ora comincia la sinfonia del sonno profondo…
Flora ha appena toccato il cuscino e già dorme profondamente…
Per qualche minuto ascolto il suo calmo respiro…
ho realizzato un piccolo filmato fatto di foto....ma ugualmente interessante
Via Francigena da Garlasco a Vercelli.wmv - YouTube
 

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