Libro: Sotto i cieli del Tibet

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The Advocate

Biker tremendus
18/5/06
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Non vogli parlare di politica.

I recenti avvenimenti mi hanno fatto riprendere in mano questo volume scritto da Giovanni Zilioli e pubblicato per i tipi di Ediciclo. Ovviamente parla di bici
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Nell'autunno del 2005 sei amici partono dalla bassa e piatta pianura Padana per raggiungere Lhasa, capoluogo del Tibet. Qui inforcano le loro biciclette e cominciano a pedalare a un'altitudine di 4000/5000 metri giungendo a Kathmandu, in territorio nepalese.
Raggiungere a pedali il Tetto del Mondo è per loro un’avventura estrema ma anche un percorso spirituale in grado di annientare le barriere razionali e di condurli nel terreno del sogno, e dell’immaginazione.

Riporto, scusandomi per la lunghezza, un brano delle considerazioni finali che trovo davvero toccanti:

"Ho capito, definitivamente, a 48 anni, - era ora vero?- che tutto è relativo, checchè ne dicano i fondamentalisti di ogni lingua e natura: culture, tradizioni, religioni, usi, linguaggi, costumi, filosofie, morali, eccetera. Non esiste la verità. Ne esistono tante, quante sono le esistenze che la incarnano.

Ho verificato, una volta per tutte, che un modo di essere o una cultura, nasce solo dal confronto - aspro, lucido e sincero - con altri modi di essere, preferibilmente con quelli più lontani e contraddittori. Altrimenti, razzismo, violenza e guerra sono inevitabili, come posiamo constatare anche oggi, un pò ovunque nel mondo.

Mi sono rassicurato riguardo ad un fatto: che la Terra, nonostante le nostre stupide e dannate sopraffazioni, rimane stupenda, meravigliosa e bellissima. Non riusciremo a distruggerla perchè la Natura è eterna, perchè la Natura è Dio. Molto più semplicemente e velocemente, distruggeremo noi stessi, tutto qui.

Per quanto riguarda il mio modesto ed imperfettissimo essere "cristiano" - il mio credere in altre parole, che Gesù Cristo è il Salvatore dell'uomo e dell'Universo - bè, devo confessare che, dal confronto faccia a faccia e senza maschere di comodo o di paura, con la luminosità mistica, trascendente e immanente del buddhismo, ne è uscito come ulteriormente depurato, essensializzato, ridotto ai minimi termini, come ai minimi termini deve essere ogni fede, che non abbia presunzioni di assolutezza o di dominio. Mi tengo stretto il Vangelo - il più bel libro mai scritto, diceva Pasolini-, la Croce, Il mistero della domenica di Pasqua e l'irruzione dello Spirito Santo nel Cenacolo. Ho capito che Gesù è ovunque e in tutto - nelle statue del Buddha, negli occhi dei bambini, nei ghiacciai dell'Everest, nei mendicanti, nei pellegrini, perfino nel puzzolente burro di yak ...-, ma che a nessuno si impone, lasciando ad ogni essere l'assoluta libertà di ricerca e di cammino. Pur se chiamato in tanti nomi, manifestato in tanti volti, detto in mille lingue, il suo "Io sono" rimane scolpito in tutto ciò che è. A me non interessa quale fede, bensì che una abiti il cuore dell'uomo. Se c'è non può che essere fede nell'amore universale, e l'amore raccoglie e accompagna le storie personali e dei popoli a un unico punto di approdo: la liberazione. Liberazione dall'egoismo, dal dolore, dalla morte.
Ora, che sono tornato alla base, aspetto di ripartire per quelle valli deserte, circondate da montagne altissime di ghiacci splendenti al sole. Non so se mi sarà concessa una seconda volta, o se i miei passi mi porteranno altrove. Comunque sia, i sorrisi innocenti dei bambini tibetani che mi corrono incontro uscendo dai loro villaggi di case basse e bianche, mi rallegra e sostiene nei momenti di sconforto, a distanza di migliaia di chilometri, di settimane e di mesi, forse di anni. In questo lungo e gelido inverno dell'umanità, il calore di quelle persone mi riscalda. In loro, ho ritrovato qualcosa - e molto più di qualcosa - che noi non abbiamo più."
 

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