HERPES
“Quelli che…il sabato mattina” sono tornati a raidare come si deve e a ranghi completi. Era ora! Le previsioni, non orribili, ci hanno consentito di progettare una escursione lunga e avvincente, nonostante il terreno fosse in condizioni davvero disastrate. Il maltempo persistente, condito da 36 ore di pioggia battente tra giovedì e venerdì non lasciavano sperare gran che. La fiducia incrollabile di Luca ha il potere di mettere di buon umore la banda che, come al solito, parte dal solito posto al solito orario. Per l’occasione “spiano” il nuovo reggisella telescopico montato nottetempo (circa). I baldi giovani hanno deciso di portarmi a percorrere l’Herpes. Per questa volta solamente in discesa (meno male!) viste le abbondanti piogge appena terminate. Si sono raccomandati di portare la GOPRO : esibizionisti!!
Per arrivare a Castellaro c’è poco da scegliere. Molto “bitume” da pestare. Dove possiamo sgattaioliamo (meglio sarebbe : andiamo a cinghialare) su strade bianche o sentieri affidabili. Così da Cangelasio arriviamo a Faieto percorrendo la inghiaiata interna in controcorrente! Infatti l’acqua scorre copiosa verso il basso creando, nella ghiaia smossa sinuosi ruscelletti che facendo “suonare” i sassi, crea suggestivi effetti sonori. Poi ancora asfalto fino ad Iggio e ancora su a Castellaro. Arrivando di costa ci affacciamo sulla Val Ceno e Cenedolo. Le nubi basse tendono ad aprirsi qua e la lasciando intravvedere i profili dell’appennino. Tanta neve ancora e, dal colore sembra molto, molto recente. Ora davanti a noi una strada in discesa: l’herpes! A vederla così non sembra niente di eccezionale. Lascio andare avanti i soci che conoscono il percorso e mi metto in scia. La strada, dopo un attimo di falso piano diventa piuttosto ripida e l’asfalto bagnato la rende assai scivolosa. Si va forte, anche troppo!
Attraversiamo un piccolo nucleo abitato e abbandoniamo il “bitume” per entrare in qualcosa che avrebbe dovuto essere una strada bianca. Abbasso velocemente la sella e seguo i soci. Non capisco se stiamo facendo mtb o torrentismo. L’acqua piovana ha scavato solchi profondi e ai lati ha accumulato diversi centimetri di terra e sabbia. Per non piantarci restiamo al centro dei rivoli d’acqua e scendiamo in equicorrente, con l’acqua che, gelida, rinfresca le nostre parti più esposte. La discesa è lunga e divertente. Ci stiamo abbassando velocemente e in breve arriviamo a lambire il torrente Cenedolo. Contenti come le pasque approdiamo sulla strada asfaltata, e ci avviamo verso Ponte Ceno, cercando la maniera più pura per rientrare in quota. Pedalando allegramente sulla strada, ben presto notiamo, sulla nostra sinistra, una stradina che sale ripida. Potrebbe portarci a destinazione, fin sulla costa. Interrogo, smanettando sulle cartine, il mio navigatore, e noto che, finita la strada, per sentieri vari, si arriva in prossimità di Lusignani alto. Bingo!
Agli amici non par vero e partono. Arranco dietro di loro in una splendida pineta di dolomitica memoria. Ben presto la strada asfaltata finisce in una ampia strada bianca. La pendenza cala e tiriamo il fiato. In una apertura del bosco davanti a noi si spalanca l’ampia valle, e bianchi di neve il monte Dosso e il Carameto si mostrano in tutta la loro bellezza. Un raggio di sole rompe il manto di nuvole e ci regala riflessi di incredibile bellezza. Questa visione ci appaga di tutte le fatiche fatte e da fare. Ad un gruppo di case, anche l’inghiaiata finisce ed imbocchiamo un ampio sentiero. L’iniziale falso piano ci illude. Appena dopo la curva ci attende una ripida salita; il terreno pregno d’acqua e irto di pietre smosse frena il nostro avanzare. Zigzagando per prati limitrofi e bypassando il sentiero ufficiale, Paolo sale come camoscio senza scendere dal mezzo a pedali. Più umani, Luca ed io, spingiamop la mtb per la salita più ripida. Ne approfittiamo per rifiatare e mandar giù una barretta. E fin qui abbiamo scherzato…
Il bello viene ora.
Come da navigatore siamo nei pressi di Lusignani Alto. Luca, suadente, ci convince a salire per ampia carraia che aggira il monte S.Cristina e ci porta ad incontrare sentieri noti e già descritti in precedenza. Il nostro socio evita di discutere sulla quantità di fango che avremmo potuto trovare.
Dopo una secca salita il sentiero si inoltra nel bosco dove ampie impronte lasciate da trattori o dalle moto la dicono lunga sulle quantità di fango in gioco. Perdo contatto con i soci e, mentre la GOPRO mi segnala la fine della batteria la mia ruota anteriore sprofonda in una buca d’acqua e melma fino al disco del freno. Con la pedalata della disperazione emergo e risalgo mentre i miei soci mi invitano a gran voce ad entrare nel bosco. Li seguo. Mentre mi fermo a sostituire la batteria della GOPRO arriva sbandando un motociclista. Mi chiede se sono in difficoltà. Grazie a Dio no…Poco più in là si ferma a chiacchierare con i miei amici, che conosce perfettamente. Poi ognuno per la sua strada. Noi proseguiamo nel bosco. Seguiamo un appena accennato sentiero fra gli alberi che costeggia la strada ricolma di bianca melma argillosa. Sembra di essere nel parco dello Stirone. Stiamo cinghialando alla grande e ci stiamo divertendo come i matti. Tra bosco e pratoni riusciamo ad arrivare fuori dal fango . Con un ultimo sforzo arriviamo sulla strada bianca (?) e ora ci divertiamo in discesa. Lasciamo andare i mezzi a tutta incuranti degli schizzi di fango che ci pitturano faccia ed occhiali (il resto dell’abbigliamento è da lasciar perdere). Velocissimi arriviamo sulla strada tra Pellegrino e Varano Melegari. Scegliamo di arrivare sulla strada della costa, e per farlo cerchiamo la via più dura, anche se più breve. Prima su ripidissimo cemento, poi su sterrato impregnato d’acqua cerchiamo di raggiungere la strada sotto il santuario di Mariano. Sono alla fine delle energie. Quando mi accorgo della immensa fatica per un avanzamento ridicolo della ruota, scendo dalla bici e spingo. Sono pochi metri, ma sufficienti a farmi riprender fiato. Sporchi, stanchi ma felici percorriamo circolando la strada della costa, per poi scendere fino a Pietra Spaccata. Da qui deviamo in direzione Massari. Le bici corrono veloci sulla sterrata ormai libera dalla neve, spruzzando acqua in ogni direzione. A metà discesa giriamo a destra nel bosco. Questo tratto di sterrato non ci ha mai tradito, nemmeno nelle peggiori condizioni. Anche questa volta ci consente una bella discesa in natura. Un ardito guado di un rigagnolo gonfio d’acqua e la successiva risalita su prato allagato concludono in bellezza la giornata della compagnia.
Alla fine, son quasi 60 i km percorsi per un bel 1600 m di dislivello, ma la cosa più importante è la splendida mattinata trascorsa in compagnia immersi nella natura. Grazie ragazzi….alla prossima avventura!!
è interessante il filmato che propongo su you tube al seguente indirizzo:
herpes - YouTube
“Quelli che…il sabato mattina” sono tornati a raidare come si deve e a ranghi completi. Era ora! Le previsioni, non orribili, ci hanno consentito di progettare una escursione lunga e avvincente, nonostante il terreno fosse in condizioni davvero disastrate. Il maltempo persistente, condito da 36 ore di pioggia battente tra giovedì e venerdì non lasciavano sperare gran che. La fiducia incrollabile di Luca ha il potere di mettere di buon umore la banda che, come al solito, parte dal solito posto al solito orario. Per l’occasione “spiano” il nuovo reggisella telescopico montato nottetempo (circa). I baldi giovani hanno deciso di portarmi a percorrere l’Herpes. Per questa volta solamente in discesa (meno male!) viste le abbondanti piogge appena terminate. Si sono raccomandati di portare la GOPRO : esibizionisti!!
Per arrivare a Castellaro c’è poco da scegliere. Molto “bitume” da pestare. Dove possiamo sgattaioliamo (meglio sarebbe : andiamo a cinghialare) su strade bianche o sentieri affidabili. Così da Cangelasio arriviamo a Faieto percorrendo la inghiaiata interna in controcorrente! Infatti l’acqua scorre copiosa verso il basso creando, nella ghiaia smossa sinuosi ruscelletti che facendo “suonare” i sassi, crea suggestivi effetti sonori. Poi ancora asfalto fino ad Iggio e ancora su a Castellaro. Arrivando di costa ci affacciamo sulla Val Ceno e Cenedolo. Le nubi basse tendono ad aprirsi qua e la lasciando intravvedere i profili dell’appennino. Tanta neve ancora e, dal colore sembra molto, molto recente. Ora davanti a noi una strada in discesa: l’herpes! A vederla così non sembra niente di eccezionale. Lascio andare avanti i soci che conoscono il percorso e mi metto in scia. La strada, dopo un attimo di falso piano diventa piuttosto ripida e l’asfalto bagnato la rende assai scivolosa. Si va forte, anche troppo!
Attraversiamo un piccolo nucleo abitato e abbandoniamo il “bitume” per entrare in qualcosa che avrebbe dovuto essere una strada bianca. Abbasso velocemente la sella e seguo i soci. Non capisco se stiamo facendo mtb o torrentismo. L’acqua piovana ha scavato solchi profondi e ai lati ha accumulato diversi centimetri di terra e sabbia. Per non piantarci restiamo al centro dei rivoli d’acqua e scendiamo in equicorrente, con l’acqua che, gelida, rinfresca le nostre parti più esposte. La discesa è lunga e divertente. Ci stiamo abbassando velocemente e in breve arriviamo a lambire il torrente Cenedolo. Contenti come le pasque approdiamo sulla strada asfaltata, e ci avviamo verso Ponte Ceno, cercando la maniera più pura per rientrare in quota. Pedalando allegramente sulla strada, ben presto notiamo, sulla nostra sinistra, una stradina che sale ripida. Potrebbe portarci a destinazione, fin sulla costa. Interrogo, smanettando sulle cartine, il mio navigatore, e noto che, finita la strada, per sentieri vari, si arriva in prossimità di Lusignani alto. Bingo!
Agli amici non par vero e partono. Arranco dietro di loro in una splendida pineta di dolomitica memoria. Ben presto la strada asfaltata finisce in una ampia strada bianca. La pendenza cala e tiriamo il fiato. In una apertura del bosco davanti a noi si spalanca l’ampia valle, e bianchi di neve il monte Dosso e il Carameto si mostrano in tutta la loro bellezza. Un raggio di sole rompe il manto di nuvole e ci regala riflessi di incredibile bellezza. Questa visione ci appaga di tutte le fatiche fatte e da fare. Ad un gruppo di case, anche l’inghiaiata finisce ed imbocchiamo un ampio sentiero. L’iniziale falso piano ci illude. Appena dopo la curva ci attende una ripida salita; il terreno pregno d’acqua e irto di pietre smosse frena il nostro avanzare. Zigzagando per prati limitrofi e bypassando il sentiero ufficiale, Paolo sale come camoscio senza scendere dal mezzo a pedali. Più umani, Luca ed io, spingiamop la mtb per la salita più ripida. Ne approfittiamo per rifiatare e mandar giù una barretta. E fin qui abbiamo scherzato…
Il bello viene ora.
Come da navigatore siamo nei pressi di Lusignani Alto. Luca, suadente, ci convince a salire per ampia carraia che aggira il monte S.Cristina e ci porta ad incontrare sentieri noti e già descritti in precedenza. Il nostro socio evita di discutere sulla quantità di fango che avremmo potuto trovare.
Dopo una secca salita il sentiero si inoltra nel bosco dove ampie impronte lasciate da trattori o dalle moto la dicono lunga sulle quantità di fango in gioco. Perdo contatto con i soci e, mentre la GOPRO mi segnala la fine della batteria la mia ruota anteriore sprofonda in una buca d’acqua e melma fino al disco del freno. Con la pedalata della disperazione emergo e risalgo mentre i miei soci mi invitano a gran voce ad entrare nel bosco. Li seguo. Mentre mi fermo a sostituire la batteria della GOPRO arriva sbandando un motociclista. Mi chiede se sono in difficoltà. Grazie a Dio no…Poco più in là si ferma a chiacchierare con i miei amici, che conosce perfettamente. Poi ognuno per la sua strada. Noi proseguiamo nel bosco. Seguiamo un appena accennato sentiero fra gli alberi che costeggia la strada ricolma di bianca melma argillosa. Sembra di essere nel parco dello Stirone. Stiamo cinghialando alla grande e ci stiamo divertendo come i matti. Tra bosco e pratoni riusciamo ad arrivare fuori dal fango . Con un ultimo sforzo arriviamo sulla strada bianca (?) e ora ci divertiamo in discesa. Lasciamo andare i mezzi a tutta incuranti degli schizzi di fango che ci pitturano faccia ed occhiali (il resto dell’abbigliamento è da lasciar perdere). Velocissimi arriviamo sulla strada tra Pellegrino e Varano Melegari. Scegliamo di arrivare sulla strada della costa, e per farlo cerchiamo la via più dura, anche se più breve. Prima su ripidissimo cemento, poi su sterrato impregnato d’acqua cerchiamo di raggiungere la strada sotto il santuario di Mariano. Sono alla fine delle energie. Quando mi accorgo della immensa fatica per un avanzamento ridicolo della ruota, scendo dalla bici e spingo. Sono pochi metri, ma sufficienti a farmi riprender fiato. Sporchi, stanchi ma felici percorriamo circolando la strada della costa, per poi scendere fino a Pietra Spaccata. Da qui deviamo in direzione Massari. Le bici corrono veloci sulla sterrata ormai libera dalla neve, spruzzando acqua in ogni direzione. A metà discesa giriamo a destra nel bosco. Questo tratto di sterrato non ci ha mai tradito, nemmeno nelle peggiori condizioni. Anche questa volta ci consente una bella discesa in natura. Un ardito guado di un rigagnolo gonfio d’acqua e la successiva risalita su prato allagato concludono in bellezza la giornata della compagnia.
Alla fine, son quasi 60 i km percorsi per un bel 1600 m di dislivello, ma la cosa più importante è la splendida mattinata trascorsa in compagnia immersi nella natura. Grazie ragazzi….alla prossima avventura!!
è interessante il filmato che propongo su you tube al seguente indirizzo:
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