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La sfida

Fraska

Biker velocissimus
20/5/03
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Firenze
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Bike
Adesso FANTIC XF1 INTEGRA 180 RACE
LA SFIDA


Dall’alto della collina la piccola cittadina sembrava assopita nella sua fresca aria serale, piccole luci vagavano tracciando percorsi apparentemente senza meta.
Lo spiazzo antistante la fabbrica era più illuminato del resto della città e lo sarebbe stato ancora di più non appena l’ora della sfida si fosse avvicinata, gli spettatori sarebbero giunti con le loro torce incendiate ed avrebbero dato vita a quella atmosfera irreale che contraddistingueva queste sfide ora mai divenute insostituibili, le figure con le torce avrebbero risalito la collina lungo il percorso illuminando il cammino nella sua interezza.
Le sfide erano la possibilità di procurarsi alimenti e generi di prima necessità indispensabili per la sopravvivenza.
Infatti dopo la catastrofe nucleare che aveva distrutto gran parte del mondo abitato e con esso tutti gli apparati meccanici ed elettronici tutto era tornato ad uno stadio primordiale o quasi, le tecnologie facevano parte si del bagaglio dell’uomo, ma non vi era alcuna possibilità di metterle in atto, così tutti i lavori venivano svolti manualmente e quasi tutte le costruzioni e le strade erano oramai rovine e gli unici mezzi di locomozione ancora funzionanti erano naturalmente le biciclette soprattutto le bici da montagna, adatte ad ogni tipo di terreno.
E queste erano il mezzo con cui si affrontavano le sfide, i tracciati erano di differenti tipologie, a secondo da chi e di dove veniva organizzata la tenzone.
Si sceglieva un gladiatore con la sua bici per ogni gruppo che accettava la sfida ed ogni gruppo metteva in palio gli oggetti più assortiti, dal cibo al vestiario, ai pezzi di ricambio e si poteva o no accettare a seconda di quello che veniva dato in premio.
I gladiatori partivano tutti assieme, il vincitore era chi arrivava per primo in fondo al tracciato sulla propria biga, le regole erano semplici: non ce n’ erano!
Volkan si girò e guardò i suoi compagni negli occhi, per questa sfida sarebbe sceso Sasà, il più giovane del gruppo, ma anche il più veloce ed incosciente di loro sette, Volkan gli strizzò l’occhio in segno di affetto e con gli altri si avviò giù dalla collina, si sarebbero sistemati in diversi punti del percorso, gli avrebbero fatto sentire che erano li con lui e che erano orgogliosi di quello che stava facendo per il gruppo, soprattutto Viola che era un po’ la mamma di tutti, ma soprattutto del piccolo.
In palio tra le altre cose c’era forse una delle mercanzie più richieste dai vari gruppi di riders, uno scatolone pieno di copertoni da fuoristrada belli massicci, pesanti, ma molto resistenti, proprio ciò di cui loro avevano bisogno.
La tensione era palpabile, gli spettatori e i componenti degli altri gruppi si erano già sistemati lungo il percorso, tutti pronti a seguire la sfida e a dare il loro contributo incitando a viva voce i propri gladiatori.
Era sempre un’emozione forte vedere questo fiume di luci che scendeva dalla collina per finire nello spiazzo finale e ancor più forte era l’emozione di Volkan, sapendo che a breve il suo piccolo sarebbe sceso a più non posso cercando di evitare gli ostacoli naturali e le scorrettezze degli avversari, era bravo con la propria bici, sicuro di ciò che faceva, curava il mezzo meccanico con attenzione maniacale, ma gli imprevisti erano sempre dietro l’angolo.
I cinque gladiatori erano sulla linea della partenza, coperti da protezioni fatte artigianalmente, assomigliavano più a guerrieri medievali che ai vecchi downhiller degli anni 2000, le bici si assomigliavano ora mai quasi tutte, rimesse assieme con i pezzi più disparati, non contava la bici più bella, ma la più funzionale.
Il via fu accompagnato dall’urlo dei primi spettatori, Sasà era partito bene, ma la concorrente dei Lords lo aveva “sportellato” alla prima curva, facendogli perdere velocità e rilegandolo in quarta posizione, questo non lo demotivò, anzi, sapeva che dietro la seconda curva la contropendenza lo avrebbe portato verso l’esterno, ma avendo più tempo per riflettere, avrebbe potuto affrontare il salto della cabina elettrica in modo migliore.
E così fu, non badando al suo diretto inseguitore, scelse la traiettoria più lineare possibile e saltò dal tetto della cabina elettrica in maniera ineccepibile, il suo scopo era quello di atterrare in traiettoria con la curva successiva, non pensando minimamente ai tre metri e mezzo che lo separavano dal terreno, la curva gli venne naturale e con questa manovra si portò alle spalle della concorrente che prima lo aveva spinto fuori linea, accanto a lui il gladiatore degli Snakes tentò di sorpassarlo sullo sconnesso, ma Sasà con un colpo di reni tirò su la bici facendola balzare in avanti e costringendo l’avversario a modificare drasticamente la propria traiettoria che così facendo, finì con la ruota anteriore in un canale alto venti centimetri e spinto dalla forza centrifuga rovinò addosso agli spettatori che stavano al lato, quando si rialzò si rese conto che per lui la gara era terminata lì, perché la sua ruota era piegata come una patatina.
Il piccolo volava sui canali come se per lui non ci fossero stati: la sua avversaria era a pochi centimetri da lui, ma dietro la curva li aspettava un triplo fatto di calcinacci (era l’inizio del percorso cittadino), la ragazza dei Lords spiccò il volo cercando di colmare lo svantaggio che aveva sul primo, il concorrente degli Omen, ma la sua velocità non era così elevata da permetterle di atterrare dopo il terzo woops, toccò terra tra il secondo ed il terzo dosso, ma i calcinacci non le resero la vita facile e la sua bicicletta si rizzò sull’anteriore costringendola ad un’acrobazia per non cadere, questo permise a Sasà, che aveva molta più velocità di lei, di atterrare sulla discesa del terzo dosso e di portarsi vicinissimo al gladiatore in testa.
Le grida della folla erano sempre più forti, e tra queste riconobbe la voce di Volkan che gli gridava : “ Vola piccolo, vola per i Fratelli “.
Spinse sui pedali con le ultime forze che gli erano rimaste (la linea finale ormai vicinissima), affiancò il suo ultimo rivale che stava spingendo con grande maestria una biammortizzata di altri tempi, molto agile e performante e quando per una frazione di secondo i due si guardarono, l’Omen si rese conto che il ragazzo era molto veloce e così tentò il tutto per tutto: compresse la bici verso il suolo e spiccò il balzo finale.
L’ultimo woops sparava alto, molto alto, ma la difficoltà stava nell’atterrare su di una delle due tavole poste affiancate ad una cinquantina di centimetri l’una dall’altra, non erano strettissime (venti, trenta centimetri di larghezza), ma atterrarci da più di due metri ad una velocità di circa quarantacinque chilometri orari , non era cosa da poco.
I due si trovarono affiancati in aria, paralleli all’inverosimile, i manubri quasi si toccavano ed un grido generale accompagnò quegli ultimi attimi di volo.
Toccarono le assi all’unisono, ma con due stili distinti: l’Omen atterrò con il posteriore, ma nell’appoggiare l’anteriore sull’asse, si scompose e fu costretto ad una brusca decelerazione per mantenere la traiettoria e non cadere nella fossa sottostante, a sua volta il piccolo atterrò sul posteriore, ma con un manual da brivido percorse tutto il bordo dell’asse con un equilibrio che solo lui era capace di trovare e questo gli permise di arrivare al di là della fossa un attimo prima del suo avversario superando con un colpo di reni la linea del traguardo per primo.
Era madido di sudore, la respirazione si era fatta affannosa, ansimava alla ricerca di più ossigeno, la folla attorno a lui gridava il suo nome, ma tra tutte le voci una risuonò più forte e chiara:
“ Sasà, Sasà, svegliati è ora di andare a scuola! “
 

kapitain kuch

Biker velocissimus
6/5/03
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55
Pavia
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Molto bello davvero. Verso la fine mi chiedevo se avrebbe vinto diventando un eroe, o perso di un pelo consolandosi in altro modo. Al sogno non avevo pensato. Stranamente invece il mio racconto è veramente frutto di un sogno!
K K
 

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