Era maggio dell'anno passato quando questa lunga storia è iniziata. Il mese in cui tutto sembra volerti accarezzare, il sole che torna a splendere con la sua luce accecante, l'aria tiepida che si riempie di profumi che l'inverno celava sotto la sua coltre fredda, ma anche le più violete manifestazioni della natura come i temporali con i loro cieli arrabbiati. Tutto in quel mese è vita che torna ad accarezzarti.
E anche per noi ciclisti si tratta di un mese particolare: finalmente si incominciano ad assaporare i primi progetti di bikers che si realizzano, e questi ci danno la spinta ulteriore per immaginarne altri di ancora più grandi, complessi e azzardati, da realizzarsi durante la lunga e bella stagione che ci aspetta.
Quel maggio per me era tutto questo e molto altro ancora quando, una mattina, un piccolo fascio muscolare del mio polpaccio destro ha deciso di volermi comunicare con il suo dolore che qualcosa in lui non andava. All’inizio non me ne ero preoccupato molto, probabilmente per via del fatto che il mio corpo fino a quel momento non mi aveva mai dato grossi problemi, e anzi, aveva sempre assecondato al meglio la mia mente irrequita e le sue continue richieste di prestazioni fisiche.
Invece con il senno di poi mi rendo conto che avrei fatto bene a preoccuparmene molto di più, dato che quello era l’inizio di un calvario prima di tutto psicologico, che mi avrebbe accompagnato per un periodo di tempo lungo e tuttora indeterminato.
Oramai devo ricorrere ad un diario per tenere a mente tutti i medici, fisiatri, fisioterapisti che hanno messo mano al mio polpaccio. All’inizio tutti partono forti delle loro conoscenze e della loro esperienza per poi venire instillati dal seme del dubbio e in fine gettare la spugna difronte ad un caso troppo rognoso ed ad una parcella già incassata e al sicuro…
Infinita è stata la serie di esami clinici che non hanno detto nulla di utile, di dita infilate in fondo alla mia carne (mentre le mie unghie si piantavano sulla pelle del lettino…), di aghi lunghi 5cm infilati dentro di me e di magici emettitori di onde miracolose. E tutto questo ogni volta accompagnato da mille luci che si accendevano attorno a me nella sciocca certezza che quella sarebbe stata sicuramente la volta buona, l’intervento giusto.
Ora la bella stagione si sta avvicinando ad ampie falcate, e io mi ritrovo ancora quì con i miei patetici tentativi di far tornare alla ragione questo dannato ma prezioso muscolo che invece non ne vuole sapere mezza. Tentativi fatti di lunghe, lentissime pedalate in pianura che sono psicologicamente spossanti per chi è abituato a trarre grandi soddisfazioni nell’ammirare le salite prima e dopo averle compiute.
Ora, mi rendo conto dei toni eccesivamente grigi di questo scritto. Se tentassi di dire cose del genere a delle persone qualunque mi darebbero del pazzo depresso. E dal loro punto di vista avrebbero certamente ragione.
Ma sono certo che qui dentro qualcuno potrà capire. Sia chiaro infatti che non sono depresso, non cerco certo compassione e nemmeno messaggi di incitamento a reagire, solamente voglio condividere sentimenti che solo chi è legato da una comune grande passione può comprendere. Comprendere che la passione è uno dei grandi motori della vita e che la sua mancanza, anche se solo temporanea, può farci scoprire meno forti di quello che creadavamo essere. Che la passione ci è d'infinito aiuto anche durante i periodi difficili di una vita che per sua stessa essenza non può essere sempre felice.
Ieri però mi son detto: “ma Vaffanculo, adesso lo piazzo giù io un bello scatto!”.
Com’era prevedibile oggi “il dannato” me la sta facendo pagare. Ma la sensazione di ritrovata padronanza sul mio corpo e del mezzo meccanico che ho provato durante quei pochi secondi; l’ebbrezza dell’accelerazione, dell’aria che scorreva sul mio viso e dei liberi movimenti a destra e a sinista impressi al telaio dalla forza dei miei muscoli, hanno illuminato benevolmente quegli istanti.
Sono certo che siano stati i bagliori di una grande luce che verrà...
Nemox
E poi... quando si vedono e si leggono certi post del Nonnocarb... è come somministrarsi una bella dose di adrenalina!
E anche per noi ciclisti si tratta di un mese particolare: finalmente si incominciano ad assaporare i primi progetti di bikers che si realizzano, e questi ci danno la spinta ulteriore per immaginarne altri di ancora più grandi, complessi e azzardati, da realizzarsi durante la lunga e bella stagione che ci aspetta.
Quel maggio per me era tutto questo e molto altro ancora quando, una mattina, un piccolo fascio muscolare del mio polpaccio destro ha deciso di volermi comunicare con il suo dolore che qualcosa in lui non andava. All’inizio non me ne ero preoccupato molto, probabilmente per via del fatto che il mio corpo fino a quel momento non mi aveva mai dato grossi problemi, e anzi, aveva sempre assecondato al meglio la mia mente irrequita e le sue continue richieste di prestazioni fisiche.
Invece con il senno di poi mi rendo conto che avrei fatto bene a preoccuparmene molto di più, dato che quello era l’inizio di un calvario prima di tutto psicologico, che mi avrebbe accompagnato per un periodo di tempo lungo e tuttora indeterminato.
Oramai devo ricorrere ad un diario per tenere a mente tutti i medici, fisiatri, fisioterapisti che hanno messo mano al mio polpaccio. All’inizio tutti partono forti delle loro conoscenze e della loro esperienza per poi venire instillati dal seme del dubbio e in fine gettare la spugna difronte ad un caso troppo rognoso ed ad una parcella già incassata e al sicuro…
Infinita è stata la serie di esami clinici che non hanno detto nulla di utile, di dita infilate in fondo alla mia carne (mentre le mie unghie si piantavano sulla pelle del lettino…), di aghi lunghi 5cm infilati dentro di me e di magici emettitori di onde miracolose. E tutto questo ogni volta accompagnato da mille luci che si accendevano attorno a me nella sciocca certezza che quella sarebbe stata sicuramente la volta buona, l’intervento giusto.
Ora la bella stagione si sta avvicinando ad ampie falcate, e io mi ritrovo ancora quì con i miei patetici tentativi di far tornare alla ragione questo dannato ma prezioso muscolo che invece non ne vuole sapere mezza. Tentativi fatti di lunghe, lentissime pedalate in pianura che sono psicologicamente spossanti per chi è abituato a trarre grandi soddisfazioni nell’ammirare le salite prima e dopo averle compiute.
Ora, mi rendo conto dei toni eccesivamente grigi di questo scritto. Se tentassi di dire cose del genere a delle persone qualunque mi darebbero del pazzo depresso. E dal loro punto di vista avrebbero certamente ragione.
Ma sono certo che qui dentro qualcuno potrà capire. Sia chiaro infatti che non sono depresso, non cerco certo compassione e nemmeno messaggi di incitamento a reagire, solamente voglio condividere sentimenti che solo chi è legato da una comune grande passione può comprendere. Comprendere che la passione è uno dei grandi motori della vita e che la sua mancanza, anche se solo temporanea, può farci scoprire meno forti di quello che creadavamo essere. Che la passione ci è d'infinito aiuto anche durante i periodi difficili di una vita che per sua stessa essenza non può essere sempre felice.
Ieri però mi son detto: “ma Vaffanculo, adesso lo piazzo giù io un bello scatto!”.
Com’era prevedibile oggi “il dannato” me la sta facendo pagare. Ma la sensazione di ritrovata padronanza sul mio corpo e del mezzo meccanico che ho provato durante quei pochi secondi; l’ebbrezza dell’accelerazione, dell’aria che scorreva sul mio viso e dei liberi movimenti a destra e a sinista impressi al telaio dalla forza dei miei muscoli, hanno illuminato benevolmente quegli istanti.
Sono certo che siano stati i bagliori di una grande luce che verrà...
Nemox
E poi... quando si vedono e si leggono certi post del Nonnocarb... è come somministrarsi una bella dose di adrenalina!