Monte Maggio? Non ci sono mai stato, ma il nome non mi è nuovo.
Nel maggio del 1916 gli Italiani furono cacciati da quella cima dagli Austriaci assetati di vendetta dopo che lItalia, uscita dalla Triplice Alleanza, aveva fatto loro la guerra.
Il libretto descrive il percorso facile e breve, appena 31 km
Troppo corto, che faccio?
Se parto dal Vezzena sono almeno una trentina in più, ma ma se parto da Gallio sono, in totale, almeno 115!
Lidea di superare i 100 km in mtb mi attira (e mi ripugna) da un bel po, questa sarebbe loccasione buona, e sicuramente unica, per compiere lepica impresa. Sono però titubante, la lunghezza è esagerata e poi (cosa non da poco!) cè pure il dislivello.
Il mio ehm..buon senso, alla fine, prevale: si parte da Gallio!
Al campo base ci arrivo venerdì sera per essere, il giorno seguente, pronto in sella al più presto.
Alle 6 di mattina è ancora buio, ma il leggero chiarore del cielo fa capire che non cè una nuvola. Ottimo!
Preparo lo zainetto. Stavolta ci infilo 4 bei paninazzi adeguatamente farciti, meglio non rischiare la fringalle, ovvero la temutissima crisi di fame, già assaporata nel giro precedente. Come rifornimento idrico è sufficiente la sola borraccia, dalle parti di Lavarone-Folgaria non è come in Altopiano, lì le fontane abbondano.
Indosso gambali, manicotti e solo lo smanicato che si rivela sufficiente, nonostante i 10°C delle 7:25. Sulla discesa verso Asiago non patisco freddo a parte un po alle nude mani.
Arrivo al Vezzena abbastanza bene, con un bel sole che, dapprima in ombra allinizio della Val dAssa, mi è stato poi gradito compagno sulla lunghissima, ma per nulla ripida, erta.
Gli stantuffi sembrano girare a meraviglia, in settimana non ho toccato bici e quindi sono freschi e, si fa per dire, pure potenti.
Speriamo bene.
Lunica cosa certa è che, oggi, non mi possono tradire.
Dal passo, dopo alcuni saliscendi, arrivo a Carbonare. I paeselli attraversati sono luminosi in questo fine settembre, e davvero belli, pieni di verde, di fiori, di acqua che sgorga rigogliosa dalle fontane
Siamo in Trentino.
A Carbonare inizia la salita del Passo Sommo, duretta ma me la passo guardando i paesaggi circostanti e stando attento a schivare quei dannati che, in moto, credono di essere al Mugello. Finalmente, a Folgaria, inzia lo sterrato verso la Cima Coppi della giornata, ovvero il Monte Maggio a quota 1860 circa.
Avverto però già un certo affaticamento, strano penso. Come mai? Guardo gli strumenti: oltre 900 metri di dislivello già accumulato e 48 km percorsi! Capisco.
Lo sterrato è buono e di pendenza media, alcuni cartelli mi indicano poi che sono nientemeno sul percorso della G.Simoni Megabike.
Ad un certo punto il sentiero si trasforma addirittura in una invitante stradina, dal fondo liscio come un biliardo. Wow, che bello. Ma ma..che succede? Faccio una fatica immane ad avanzare. Gli artigli della fida Specy affondano impotenti, ed inesorabilmente, nella fresca terra stesa con la manutenzione dello sterrato. Provo a pedalare ai margini, ma niente da fare, non cè via di scampo. La salita non è ripidissima, ma la bici sembra incollata! Che fatica pazzesca avanzare .. sono costretto addirittura ad alcuni tratti a piedi per riposarmi. La strada è quasi sempre così fino al forte del Dosso del Sommo, o meglio, ai ruderi di quella che fu una delle sette fortezze austriache degli Altopiani.
Nei pressi del forte mi sbafo un meritato panino, seduto sullerba, osservando il ripido pendio che mi è praticamente sotto i piedi, e che termina nella sottostante Val Terragnolo. Lontana lontana, tra i verdi monti, si riconosce la bianca chiazza di Folgaria.
Proseguo quindi, beato e tranquillo, verso il tratto finale che mi condurrà allambita meta: il dislivello da superare è di appena 150 metri, più o meno, e lo sterrato non è più di sabbie mobili, anzi è ora una bella strada bianca. Ma ecco unaltra dannatissima sorpresa: la strada via via si assottiglia, trasformandosi in un sentiero stretto, a strapiombo sulla sottostate Val Terragnolo. Peggio ancora, è pure strapieno di sassi e pietre. Inizio subito ad avvertire un bel mal di gambe nel tentare di superare questi impietosi ostacoli. E estenuante. Ad un certo punto mi metto il cuore in pace: impossibile proseguire restando in sella, devo continuare a piedi.
La bici, da fedele destriero, diventa ora un pesante fardello da spingere. Avanzo così per almeno 2 km quando, finalmente, innanzi a me, poco più in alto, ecco lenorme croce sulla cima del M.Maggio! Dimentico di colpo la fatica bestiale, le maledizioni, le imprecazioni .
Tuttavia, ahimè, ne manca ancora, il traliccio sembra ancora assai lontano.
Riuscendo però, finalmente, a risalire in sella, in meno di 10 minuti lo raggiungo.
In montagna la distanza a volte inganna, meglio così.
Sotto la crociona ci trovo altri tre bikers seduti sul piedistallo in cemento che si riposano. Tento di scambiare qualche impressione, ma parlano tedesco e se la fumano beati. Mah.
Lobiettivo è stato dunque raggiunto, ma al contrario del solito non sono eccessivamente
euforico.
Primo perché non posso bearmi con la vista degli splendidi panorami promessi, dato che nuvole basse a volte nascondo pure la croce, e secondo perché, al contrario dei soliti giri, ora non mi aspetta una bella e meritata discesa fino alla partenza, bensì, da Carbonare al Vezzena e poi a Camporovere, mi aspettano almeno altri 600-700 metri di dislivello su salite anche piuttosto impegnative. Ce la farò? Ammetto che i 1800 metri di dislivello nelle gambe e le difficoltà del percorso si sentono, eccome Anzi, direi che sono leggermente stravolto, in più temo, sul più bello, la sgradita visita di quegli ospiti che arrivano nei momenti meno opportuni: i crampi.
Ma meglio mettersi il cuore in pace, tornare bisogna per forza, volenti o nolenti.
Fortunatamente tutto cambia: sono in discesa e lo sterrato è tuttaltra cosa rispetto al sentiero per capre di prima, raggiungo addirittura la strada asfaltata poco prima di Passo Coe.
Dal valico, dopo poco, svolto a dx e quindi discesa a Passo Sommo su una favolosa strada bianca.
Ho stramaledetto gli autori del libretto che davano per facile il giro, ma capisco che in fondo avevano ragione: se affrontato in senso orario (come da descrizione) presenta solo le difficoltà del sentiero pietroso e delle sabbie mobili, che però in discesa sono ampiamente superabili senza eccessivi problemi, viceversa, al contrario, cioè come lho fatto io, diventa davvero massacrante.
Dal Sommo dunque iniziano sia lasfalto che il temuto tratto di salite verso il ritorno, superato, fortunatamente, senza gravi .conseguenze.
Al campo base di Gallio gli strumenti di bordo indicano 118 km e quasi 2500 km di dislivello!
Personale record assoluto di sempre in mtb.
Sono quasi tentato di fare qualche giretto per raggiungere i fatidici 120 km, ma desisto immediatamente. Per oggi può bastare.
Nel maggio del 1916 gli Italiani furono cacciati da quella cima dagli Austriaci assetati di vendetta dopo che lItalia, uscita dalla Triplice Alleanza, aveva fatto loro la guerra.
Il libretto descrive il percorso facile e breve, appena 31 km
Troppo corto, che faccio?
Se parto dal Vezzena sono almeno una trentina in più, ma ma se parto da Gallio sono, in totale, almeno 115!
Lidea di superare i 100 km in mtb mi attira (e mi ripugna) da un bel po, questa sarebbe loccasione buona, e sicuramente unica, per compiere lepica impresa. Sono però titubante, la lunghezza è esagerata e poi (cosa non da poco!) cè pure il dislivello.
Il mio ehm..buon senso, alla fine, prevale: si parte da Gallio!
Al campo base ci arrivo venerdì sera per essere, il giorno seguente, pronto in sella al più presto.
Alle 6 di mattina è ancora buio, ma il leggero chiarore del cielo fa capire che non cè una nuvola. Ottimo!
Preparo lo zainetto. Stavolta ci infilo 4 bei paninazzi adeguatamente farciti, meglio non rischiare la fringalle, ovvero la temutissima crisi di fame, già assaporata nel giro precedente. Come rifornimento idrico è sufficiente la sola borraccia, dalle parti di Lavarone-Folgaria non è come in Altopiano, lì le fontane abbondano.
Indosso gambali, manicotti e solo lo smanicato che si rivela sufficiente, nonostante i 10°C delle 7:25. Sulla discesa verso Asiago non patisco freddo a parte un po alle nude mani.
Arrivo al Vezzena abbastanza bene, con un bel sole che, dapprima in ombra allinizio della Val dAssa, mi è stato poi gradito compagno sulla lunghissima, ma per nulla ripida, erta.
Gli stantuffi sembrano girare a meraviglia, in settimana non ho toccato bici e quindi sono freschi e, si fa per dire, pure potenti.
Speriamo bene.
Lunica cosa certa è che, oggi, non mi possono tradire.
Dal passo, dopo alcuni saliscendi, arrivo a Carbonare. I paeselli attraversati sono luminosi in questo fine settembre, e davvero belli, pieni di verde, di fiori, di acqua che sgorga rigogliosa dalle fontane
Siamo in Trentino.
A Carbonare inizia la salita del Passo Sommo, duretta ma me la passo guardando i paesaggi circostanti e stando attento a schivare quei dannati che, in moto, credono di essere al Mugello. Finalmente, a Folgaria, inzia lo sterrato verso la Cima Coppi della giornata, ovvero il Monte Maggio a quota 1860 circa.
Avverto però già un certo affaticamento, strano penso. Come mai? Guardo gli strumenti: oltre 900 metri di dislivello già accumulato e 48 km percorsi! Capisco.
Lo sterrato è buono e di pendenza media, alcuni cartelli mi indicano poi che sono nientemeno sul percorso della G.Simoni Megabike.
Ad un certo punto il sentiero si trasforma addirittura in una invitante stradina, dal fondo liscio come un biliardo. Wow, che bello. Ma ma..che succede? Faccio una fatica immane ad avanzare. Gli artigli della fida Specy affondano impotenti, ed inesorabilmente, nella fresca terra stesa con la manutenzione dello sterrato. Provo a pedalare ai margini, ma niente da fare, non cè via di scampo. La salita non è ripidissima, ma la bici sembra incollata! Che fatica pazzesca avanzare .. sono costretto addirittura ad alcuni tratti a piedi per riposarmi. La strada è quasi sempre così fino al forte del Dosso del Sommo, o meglio, ai ruderi di quella che fu una delle sette fortezze austriache degli Altopiani.
Nei pressi del forte mi sbafo un meritato panino, seduto sullerba, osservando il ripido pendio che mi è praticamente sotto i piedi, e che termina nella sottostante Val Terragnolo. Lontana lontana, tra i verdi monti, si riconosce la bianca chiazza di Folgaria.
Proseguo quindi, beato e tranquillo, verso il tratto finale che mi condurrà allambita meta: il dislivello da superare è di appena 150 metri, più o meno, e lo sterrato non è più di sabbie mobili, anzi è ora una bella strada bianca. Ma ecco unaltra dannatissima sorpresa: la strada via via si assottiglia, trasformandosi in un sentiero stretto, a strapiombo sulla sottostate Val Terragnolo. Peggio ancora, è pure strapieno di sassi e pietre. Inizio subito ad avvertire un bel mal di gambe nel tentare di superare questi impietosi ostacoli. E estenuante. Ad un certo punto mi metto il cuore in pace: impossibile proseguire restando in sella, devo continuare a piedi.
La bici, da fedele destriero, diventa ora un pesante fardello da spingere. Avanzo così per almeno 2 km quando, finalmente, innanzi a me, poco più in alto, ecco lenorme croce sulla cima del M.Maggio! Dimentico di colpo la fatica bestiale, le maledizioni, le imprecazioni .
Tuttavia, ahimè, ne manca ancora, il traliccio sembra ancora assai lontano.
Riuscendo però, finalmente, a risalire in sella, in meno di 10 minuti lo raggiungo.
In montagna la distanza a volte inganna, meglio così.
Sotto la crociona ci trovo altri tre bikers seduti sul piedistallo in cemento che si riposano. Tento di scambiare qualche impressione, ma parlano tedesco e se la fumano beati. Mah.
Lobiettivo è stato dunque raggiunto, ma al contrario del solito non sono eccessivamente
euforico.
Primo perché non posso bearmi con la vista degli splendidi panorami promessi, dato che nuvole basse a volte nascondo pure la croce, e secondo perché, al contrario dei soliti giri, ora non mi aspetta una bella e meritata discesa fino alla partenza, bensì, da Carbonare al Vezzena e poi a Camporovere, mi aspettano almeno altri 600-700 metri di dislivello su salite anche piuttosto impegnative. Ce la farò? Ammetto che i 1800 metri di dislivello nelle gambe e le difficoltà del percorso si sentono, eccome Anzi, direi che sono leggermente stravolto, in più temo, sul più bello, la sgradita visita di quegli ospiti che arrivano nei momenti meno opportuni: i crampi.
Ma meglio mettersi il cuore in pace, tornare bisogna per forza, volenti o nolenti.
Fortunatamente tutto cambia: sono in discesa e lo sterrato è tuttaltra cosa rispetto al sentiero per capre di prima, raggiungo addirittura la strada asfaltata poco prima di Passo Coe.
Dal valico, dopo poco, svolto a dx e quindi discesa a Passo Sommo su una favolosa strada bianca.
Ho stramaledetto gli autori del libretto che davano per facile il giro, ma capisco che in fondo avevano ragione: se affrontato in senso orario (come da descrizione) presenta solo le difficoltà del sentiero pietroso e delle sabbie mobili, che però in discesa sono ampiamente superabili senza eccessivi problemi, viceversa, al contrario, cioè come lho fatto io, diventa davvero massacrante.
Dal Sommo dunque iniziano sia lasfalto che il temuto tratto di salite verso il ritorno, superato, fortunatamente, senza gravi .conseguenze.
Al campo base di Gallio gli strumenti di bordo indicano 118 km e quasi 2500 km di dislivello!
Personale record assoluto di sempre in mtb.
Sono quasi tentato di fare qualche giretto per raggiungere i fatidici 120 km, ma desisto immediatamente. Per oggi può bastare.