A quanti di voi capita dopo una discesa non dico difficile, perché il concetto di difficoltà è relativo, ma soggettivamente impegnativa, al limite delle proprie difficoltà, di ringraziare di non essersi fracassati, di dire anche questa volta è andata bene. Ora è normale e sensato tutto ciò?. Io al riguardo sono combattuto: appassionato di cliclsimo e di mtb da sempre , contento dei miei miglioramenti grazie ai bikers con cui giro e in particolare al mio amico di lunghissima data Bikerciuc che negli ultimi due anni circa mi ha coinvolto in entusiasmanti itinerari tecnicamente per me sempre più impegnativi, vivo una velatura costante di timore che lo spostare in alto le mie capacità si traduca inevitabilmente in un aumento del rischio che corro. Ho praticato per molti anni sci-alpinismo senza mai percepire il rischio tangibile (forse perché ero più giovane e senza figli?) che provo in mtb, vissuto metro dopo metro, nei passaggi dove, mentre sono in sella, penso di non avere molte via di uscita, nel senso che fermarsi equivarrebbe a cadere rovinosamente e proseguire diventa quindi obbligatorio con conseguenze ignote. Penso che la mtb sia uno sport bellissimo ma fondamentalmente pericoloso dove, a certi livelli, il successo (anche personale, non necessariamente agonistico) dipenda sia da tecnica e doti innate ma anche da un certo livello di sana incoscienza. Qualcuno si fà queste pippe mentali a cui mi rendo conto non esiste risposta e ogni punto di vista o soluzione è ugualmente condivisibile (dal comprarsi una canna da pesca per passare il tempo libero al continuare in modo più prudente a scapito di soddisfazione e divertimento, dal ridimensionare i rischi pensando che forse statisticamente è più pericoloso guidare lauto (mah!) alla ricerca consapevole del proprio limite estremo come surrogato endorfinico di ricerca del senso e di evasione dalla proprie prigioni quotidiane)?. Mia moglie guarda le foto delle mie uscite e dice che sono pazzo. Sono pazzo?