In attesa che smetta di piovere ...

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... e poi ci sono le piccole stupide cose che però fanno piacere.

12 novembre 2023

Domenica, ore 8 di mattina.
metto il naso fuori di casa con fare circospetto. il cielo è nuvolo, non sembra da pioggia ma il grigio sporco, dopo questa coda di estate infinita, mi mette tristezza.
"Mamma che freddo" penso, mentre cammino verso il garage. Fortuna che ho i guanti interi e il sottocasco invernale.

Una veloce controllata alla "gravel" e ai freni idromeccanici che ho appena finito di montare. Ci ho già fatto qualche decina di chilometri, ma è la prima volta che li metto veramente alla prova. Funzioneranno, o ci ho solo perso tempo ?
Il tempo di arrivare da mio amico FF, che lui sfodera la MTB, tutto orgoglione. L'ha appena comperata, è ancora in pieno ammore. E' quasi commovente vedere quel vecchio stradista guardare lascivo il suo fighissimo mezzo.

Partiamo, e pedalando ci scaldiamo.
Ho deciso, snidando quel poco che so di percorsi sterrati, che andremo alla balena di Gorgognano.
Forse, di 'sta balena, ne ho già parlato. Un giorno, il contadino che arava sul colle si è imbattuto in certe ossa, che si sono rivelate lo scheletro intero di una balena del cretaceo o giù di li. Per celebrare il fausto evento, l'Università di Bologna ha fatto realizzare dagli studenti una balena di cemento in scala naturale, posta nella stessa posizione di quella ritrovata. Un secondo dopo la realizzazione, tutti se ne sono dimenticati, tranne i ciclisti e quelli del CAI.
La balena, ora, vive sperduta oltre la val di zena, e per arrivarci devi fare un giro della madonna oppure una serie di salite di tutto rispetto. Sono quelle salite che faremo, forti dei nostri mini-rapporti da scalatori.

Io e la balena, poi, abbiamo un conto in sospeso.
Questo giro lo feci un paio di volte col mio amico Gianni quando - all'alba dei cinquanta, alcuni anni or sono - scoprii la bicicletta.
In entrambi i casi, nonostante i rapportini della mia bellissima cube R1 dell'epoca rimasi senza benzina a 100 metri della fine dell'ultima salita. Un incubo, me la ricordo. Inaffrontabile, ed ero più giovane. Stavolta la salita la voglio finire.

Intanto che si chiacchera, arriviamo a Botteghino, e faccio il segno di svolta a destra. Dopo il bar è il momento di lasciare la fondovalle e cominciare il giro vero. "Beh" commenta FF "dopo soli 13 anni di bici da strada in val di zena, ora scoprirò dove finisce 'sta stradina".

Il traffico è zero, saliamo allegri superando un gruppetto di bikers massicci di protezioni. Guardo i pedali, non mi sembrano gente a motore. Meglio così, mi dice FF, e mi racconta del suo amico, ammanicato con un negozio, che ha il magazzino pieno di muscolari che ormai non vuole più nessuno. "Oh, P., anche i trentenni vogliono l'elettrica". "E' assurdo", rispondo io "e per fortuna che c'è la crisi ..."

Dopo un'attenta analisi dell'economia mondiale che Draghi scansati, la salita inizia a farsi sostenuta. FF, che è alto e magro, sale regolare, senza sforzo. Io, che sono tappo e in carne, cerco di non rimanergli troppo indietro.
L'asfalto e tutto rotto, non basta salire. Difficoltà su difficoltà, devi anche scegliere il percorso.
Ormai, però, sono ciclisticamente cresciuto e qualche lezione l'ho imparata.
E' inutile opporsi, ti logora solo. La salita va semplicemente accettata, senza mai guardare in alto e senza aspettarsi che dietro la curva spiani.
Non so perchè mi viene in mente il Jesus Christ Superstar.

God,
thy will is hard
But you hold every card

I will drink your cup of poison
Nail me to the cross and break me
Bleed me, beat me, kill me, Take me now
Before I change my mind ..."


suona blasfemo, ma per me è proprio questo. Pedalo regolare in salita, coi miei anni e chili di troppo, e bevo l'amara coppa, accettandola.
Che sport da scemi, dice uno dei miei figlioli, col suo fisico asciutto adolescenziale. Si soffre senza motivo, per non andare da nessuna parte. Ha ragione, in fondo. La bici sportiva è un controsenso. Con molto senso, però.

Mentre mi abbandono alla musica interiore, arriviamo in cima. ora c'è un medio tratto di mangia-e-bevi, con alcune goduriose discesine sterrate adatte anche al nostro scarso livello, e poi c'è lei, la salita vera, quella troppo dura per me.

E' breve, la stronza. Salendo dallo sterrato la vedi, sull'altra costa della collina, e ti dici "Tutto li ?" Comincia in sordina, con il fondo asfaltato, e poi di soppiatto diventa cemento glabro attraversato da ruvidi solchi di rastrello per consentire alla macchina del contadino di fare presa.
La guardiamo da sotto. Mentre la racconto a FF, i bikers ci raggiungono e ci sfottono bonariamente: "Siete sicuri ragazzi ? Soccia, che salitina ...".

Abbozziamo, imboccandola. Io sono guardingo. Ricordo che la fregatura arriva quando l'asfalto cede al cemento. Ma dove comincia, sto cemento. Non guardarlo. Guarda la ruota davanti. Se non guardi in alto, la salita non esiste.

Eccolo il cemento. Lo vedo e non lo vedo, concentrato solo sul fiato. Aspetto che la pendenza arrivi, che mi sorprenda.
E invece no, niente da fare. La salita è tosta, ma non è nulla di che. Ne abbiamo fate di peggiori, e i rapportini da MTB aiutano tantissimo.
100 metri alla fine, e sono pronto - se serve - a zigzagare. 70 metri. 30 metri. Eccoci qua, siamo in cima. La balena è nei dintorni qualche pedalata sulla destra.

Sono contento, ma anche deluso. Aspettavo l'epica, ho trovato la prosa. Non era la salita ad essere troppo dura, ero io ad essere molto scarso.

Foto di rito, e si scende passando da Zena. La giornata si apre, per un attimo spunta pure il sole.
Parliamo di cinema, di figli, di cose così.
Di tecnica anche. Di quanto, da stradisti, in fondo ne sappiamo poco.

Ora sono alla ricerca di un corso di guida fuoristrada, in quel di Bologna.

Accetto consigli.
 

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"Sai che a marzo pensavo di fare un giro in Sicilia?" fa LL.
"Ca**o, che bello sarebbe" rispondo. "Mi piacerebbe venire, ma marzo, lavoro, bla bla, famiglia, bla bla, salvare il mondo , bla bla".
Poi la cosa sfuma, e io quasi la dimentico. Inoltre LL cade male, si massacra la spalla, di Sicilia non si parla più.
Fino ad un mese fa.
"oh, P., ho prenotato il volo. La Sicilia mi aspetta". Lo guardo. Che voglia che ho.
"Quanto stai ?"
"7/8 giorni, faccio il sicily divide"
"Troppi per me, con lo studio non ci riesco". Ci penso, faccio due conti. "7 non riesco ma 4 si. Faccio con te i primi 4 giorni, poi ritorno e tu prosegui. E' andata ?"
"E' andata!"
E che figata, 4 giorni in bici in bikepaking in Sicilia. Lo raccontiamo in giro, e si aggiungono anche FF ed Ivo. Prima di cambiare idea prenotiamo la Ryan, e troviamo le gravel a noleggio.
Modifichiamo anche il giro. Il nostro sicily divide diventa una Palermo-Agrigento. Tre giorni pieni sui pedali, il quarto giorno ci divideremo. LL, che può, prosegue lungo la costa fino ad arrivare a Catania, da dove riprenderà l'aereo per la città dei tortellini. Noi tre sfigati, invece, prenderemo il treno ad Agrigento per tornare a Palermo, riconsegnare le bici e involarci nella notte.

Ero partito con l'idea di raccontare il day by day con l'inevitabile marea di annedoti divertenti e paradossali, e se a qualcuno interessa lo farò. Ma non credo che vi freghi molto, perchè leggereste nomi di posti che non vi significano niente e scherzi tra perfetti estranei. Forse è più bello - almeno per me - raccontare le sensazioni.

Prima di questo tour siculo, avevo solo un fine settimana di bikepacking in solitaria, e mi era piaciuto abbastanza. Ma farlo con 3 amici (che è il numero perfetto per girare senza organizzare, due stanze da due le trovi dovunque) è il top. Le asprezze caratteriali si stemperano, c'è sempre qualcuno con la scemenza in canna, c'è sempre quello che ha voglia di chiaccherare al tuo posto e ti permette di isolarti e guardare il paesaggio.

La Sicilia centrale, a marzo, è un posto magnifico. Io l'avevo sempre vista secca, d'estate, un posto con mare bello ma caratterizzato da un entroterra povero e tutto sommato tristo. A marzo, invece, è tutto verde, di un verde accecante, con l'acqua che gorgoglia più o meno dovunque. E tanti, tantissimi fiori.

E poi è varia. Entri in una valle e sei in Abruzzo, con il tipico panorama sassoso del Gran Sasso. Entri in quella dopo e sei in Toscana, circondato dalle tipiche colline coltivate del Chianti. Entri nella terza e sei sul Grappa, e t'immagini il cimitero di Redipuglia dietro la svolta.
Quando siamo arrivati al mare, dalle parti di Porto Empedocle, è stato un dispiacere. Il mare lo conoscevo bene, l'entroterra no.

Certo, non tutto è oro. Ti chiedi se sia proprio necessario scaricare la spazzatura dovunque, intorno ai paesi, e ti chiedi anche perchè l'edilizia debba essere COSI' brutta.
Corleone, che è subito sotto ad una piana bellissima, è un posto talmente brutto che ti viene voglia di far fuori qualcuno. San Giuseppe Iato è anche lui brutto forte.
Però abbiamo incontrato solo gente gentile, che ci ha dato info quando le chiedevamo e con la quale abbiamo fatto due chiacchere in pieno relax. Il brutto e il buono, irrimediabilmente mischiati, sembrano parte integrante di quel paese.

Altra cosa interessante: la parte centrale della Sicilia sembra disabitata.
Il mio amico FF, che vive a bologna da 40 anni ma è originario di Palermo ci prendeva in giro: "non è disabitato, vi spiano dietro le persiane chiuse perchè siete forestieri".
Chiaro che non è così, ma tu passi in paesi che sembrano deserti in orari in cui qualcuno in giro, nel resto del mondo, lo trovi sempre.
Abbiamo pedalato su strade dove incontravi due o tre macchine o trattori all'ora, e le sentivi arrivare da lontano in un silenzio irreale. E abbiamo fatto discese (una, in particolare, intorno a Prizzi) in cui vedevi la strada per chilometri ed usavi l'intera carreggiata per volare, perchè tanto era deserta.

Se dovessi rifarlo starei lontano dalle coste.
Starei lontano dalle città, dai luoghi che ho già sentito nominare, dalla civiltà. E' bello il mare, non c'è dubbio. Ma io starei al centro, quello meno noto e suggestivo, e cercherei quei posti che sembrano fuori dal tempo.

Come una certa "salumeria-merceria", trovata in c**o ai lupi, dove puoi comperare un salame straordinario e, se ti serve, anche ago, filo e tessuti.
Come un certo posto con decine di secchi che pendono dai balconi, come nelle foto in bianco e nero, perchè è più facile calare il secchio che uscire di casa.
E come quell'altro posto - totalmente deserto - in cui il gestore dell'unico bar aperto, vedendoci arrivare, è stato preso da timidezza, ha chiuso l'esercizio è si è involato alla chetichella.
Immagino che 4 clienti affamati lo mettessero in ansia.

Se posso suggerire: fatela, una piccola esperienza di bikepacking.

Pochissima roba dietro, che la roba pesa. Via tutti i giocattoli, che tanto la camicia stirata in bici non serve. Via le super-bici pitonate, bellissima ma desiderose di manutenzione. Gli affidabili muli di alluminio che montavamo, coi loro copertoni grossi ed un grx 2x10 a prova di cretino bastavano e avanzano.

Fatela, quest'esperienza, è alla portata di chiunque.
E passare qualche giorno nel mondo in cui le ca**ate stano a zero è stato rigenerante.
 
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Appuntamento in piazza maggiore. Ho la solita mise inelegante. Ogni capo è di buon livello, sono i colori di bici, maglia, calzoni, casco e casco che fanno a pugni.
Se ci aggiungete una certa panzotta, l'essere tracagnotto e gli occhiali fondo di bottiglia da Filini, ne risulta che sono elegante "come un idraulico in ciesa la domenga" (cit.).

Arriva il mio amico F.F., che mi guarda critico dall'alto dei suoi 185 cm. FF e' sottile, naturalmente elegante, ed e' sempre coordinatissimo e dotato di tutti i giusti accessori.

Tra i vari accessori spicca il mount garmin con luce e gps coordinati, per sapere dove sei e vedere dove vai. La mia bici, invece, sul manubrio ha un accozzaglia di roba fastidiosa, da rigattiere cinese.

"Cazzo, P., non ti si puo' guardare". F.F. guarda critico il ciarpame sul mio manubrio, poi guarda me, poi di nuovo il manubrio. Sospira. E' chiaro che si sta chiedendo come mai, nonostante tutto, esce in bici con me. Perdipiù di giorno, in pieno centro, in pubblico. Sara' il mio noto fascino latino.

Il problema e' che io sono culturalmente figlio di altri tempi, ed anche un pochino tirato. Se una cosa ha un buon livello tecnico, funziona e mi soddisfa, non e' che la butto per sostituirla con una uguale ma piu' figa da vedere.

Ma F.F. ha toccato un punto dolente. Il mio manubrio e' disordinato, ed urta anche me. Della figaggine non mi frega, ma dell'efficienza invece si.

Sono un patito dell'ottimizzazione, spesso in antitesi con la vulgata del momento.

Ho costruito una gravel, invece di comperarla, perche' credevo negli ammortizzatori e ritenevo che le gomme sgonfie fossero una solenne minchiata. Per lo stesso motivo sono impazzito a cercare un certo coso che mi permettesse di far funzionare un gruppo xc con le leve ultegra, ed ho cambiato 3 o 4 manubri fino a che non ho trovato quello comodo per me.

Ora, io non ho niente contro i gps garmin, salvo che io mi trovo benissimo con suunto, che mi accompagna anche a fare kite in mare.

il problema di suunto e' che i loro progettisti odiano le bici, e prendono in giro i ciclisti proponendo un unico mount di forma improbabile. Le sue forme leziose da un lato mi urtano e dall'altro mi provocano una certa pulsione a ballare sculettando sulla musica dei village people.
E invece il mount garmin e' essenziale, funzionale, austero, elegantemente monastico.
Ed io amo le cose severe ed eleganti, e ancora di piu' quelle funzionali.

F.F. parte, io mi accodo. Prendiamo su per San Mamolo, e poi giriamo per la Via dei Colli. 'Sta Via dei Colli ha tre km bastardi, che stanno spesso sopra il 10 % . A me il 10 e rotti provoca le visioni, e quindi a meta' strada ho una potente epifania: Il mio suunto 9 si merita un mount garmin, e vivremo insieme felici per il resto della nostra vita. La musica e i titoli di coda si perdono nel fiatone, ma e' deciso: lo faremo.
(Segue)
 
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(segue) tutto questo per raccontarvi - col dono della sintesi che mi contraddistingue - come adattare i mount garmin all'orologio suunto o ad una qualsiasi altro orologio GPS, in modo da poter montare sullo stesso attacco sia l'orologio, o in alternativa il telefono, sia la luce anteriore, col beneficio che se avete due bici potete ricaricarli e spostarli dall'una all'altra con sbattimento zero.

Quello che vi serve è il mount per manubrio a doppia posizione e il supporto garmin per il GPS da polso.

Partiamo dal mount garmin, che trovate sul sito garmin, su amazon o su alienexpress dove sia l'originale che quello garmin compatibile, per misteriosi motivi, costa sensibilmente meno. Quello che ho scelto io ha due postazioni di montaggio. In quella inferiore sui può montare l'accessorio che consente di posizionare la luce e di regolarne a piacere l'inclinazione.

1712654275420.png

dopodichè vi serve lo specifico supporto per l'orologio. Garmin ne fa tre modelli, identici tra loro in tutto salvo che per la lunghezza (22, 24 e 26).

1712654439173.png

La dimensione giusta la dovete decidere voi misurando la base del vostro orologio.

Per farlo, togliete il cinturino staccando i pin telescopici in metallo che fissano il cinturino alla cassa dell'orologio (niente paura sono fatti apposta per essere smontati).

Ora misurate l'interasse tra i due pin (nel caso del mio suunto 9 è 48 mm) e la lunghezza di uno dei due pin (nel mio caso è circa 25 mm).

Se il vostro interasse è simile al mio, la dimensione del supporto orologio che vi serve è il 24. In ogni caso, meglio una misura in più che in meno. Se sbagliate la misura in eccesso, è possibile rimediare come spiegherò più sotto.

Ora vi servono un paio di pin di ricambio, di misura adatta al vostro orologio, in modo da poterli montare nell'orologio, senza il cinturino, per poterlo incastrare nel supporto.
Il suunto usa pin speciali, che sono concepiti per rimanere "annegati" nel cinturino. Si trovano facilmente anche on line col nome di "barrette a molla", e sono caratterizzate da diversi diametri e lunghezze a riposo. Misurate col calibro e troverete facilmente ciò che vi serve.
IMG-20240409-WA0002.jpg

Dopodichè, una volta che arriva il supporto orologio, si tratta solo di limare la larghezza del supporto perchè si adatti alla lunghezza dei vostri pin. Il supporto arrivato a me è largo circa 27 mm, mentre il mio pin è lungo circa 25 mm. Ho lavorato 10 minuti di dremel per limare i bordi del supporto in plastica et voilà, il suunto si incastra perfettamente nel supporto del garmin (se ingrandite la foto ho cerchiato in blu i punti su cui sono intervenuto).

IMG-20240409-WA0008.jpg

Potrebbe accadere che il supporto sia leggermente lungo o leggermente corto, cosicchè l'orologio si incastra ma poi balla - come nel mio caso - oppure si incastra e poi diventa molto difficile da togliere. Per risolvere il problema basta semplicemente scaldarlo nei punti sotto indicati in rosso sulla fiamma di una candela, in modo che la plastica si ammorbidisca quel tanto che basta, e poi raffreddarlo sotto l'acqua in modo che riaquisti la naturale durezza. Se lo fate con grazia, potete scaldarlo più volte (come ho fatto io), in modo da raggiungere la dimensione ottimale.

IMG-20240409-WA0003.jpg

E questo è il risultato finale, con l'orologio e la luce anteriore montati. Semplice e funzionale.

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Prologo: Abruzxo eroico.

Quando a marzo facemmo la Sicilia, fu un'esperienza meravigliosa. Non solo per il fatto di visitare i luoghi, ma per il puro piacere di viaggiare a pedali, liberi da costrizioni, fuori dagli usuali schemi.
Ci lasciammo con l'idea di replicare piu' avanti, dopo l'estate, e sull'onda dell'entusiasmo fissammo la partenza per il 4 settembre di quest'anno.
Inizio settembre e' una data agghiacciante, per chi lavora in proprio. Tutti tornano, e tutti hanno bisogno di te oggi stesso, magari anche ieri. Ne conclusi che si stava scherzando, e non ci pensai piu'.
E poi, piano piano, le cose si misero in moto.
Fissammo un luogo, l'Abruzzo. Decidemmo le varie tappe. Altri amici decisero di unirsi. Alla fine di luglio era tutto fatto. Il gruppone, che dai quattro originari era arrivato a contare otto o nove persone; i percorsi, definiti su komoot nei particolari; il tipo di bici.
Ma si sa come vanno queste cose. Alcuni nostri amici hanno dato forfait per ottime ragioni. Di altri era prevedibile; altri ancora si erano uniti per il puro piacere della compagnia.
Per farla breve, quattro eravamo e quattro siamo rimasti. E il quattro settembre alle quattro di pomeriggio abbiamo preso insieme il treno per Pescara per un giro di quattro giorni.
L'idea era chiara: avremmo fatto un giro del Gran Sasso, salendo al celebre rifugio di Campo Imperatore da Santo Stefano di Sassanio, che e' il percorso scelto anni fa dal giro d'italia. Lo avremmo fatto in bikepaking, as usual, e avremmo usato le bici da corsa.

Mercoledi, la vigilia.

Nessun piano, pero', sopravvive all'incontro col nemico. Nel nostro caso, il nemico e' stato l'amico G., un ragazzo di Pescara col quale siamo andato a cena il mercoledi' sera.
"Che giro fate ?"
"Beh, santo stefano via tocco di casauria, poi campo imperatore, poi..."
"Ma e' tutto sbagliato! Sentite amme', che sono del posto e so le cose. Domani non andate a Santo Stefano ma a Castel del Monte, poi da li fate questo, poi questo, poi..."
Ci ragioniamo, tra un bicchiere di cerasuolo e l'altro, e decidiamo che Castel nel Monte rule. Cacciamo nel cesso le vecchie tracce, su cui avevamo sputato sangue, e ne facciamo di nuove.

Ma naturalmente, in tutto questo c'e' un MA.

Pescara - Castel nel Monte fa circa 1800 metri di dislivello e noi i 1800 non li abbiamo mai fatti. La meta' del dislivello, poi, e' da fare negli ultimi 10 o 12 km. Ce la faremo, si chiedono tutti ?

I bastardi mentono. Dei miei compagni di merende, FF e' allenatissimo, Ivo e' un peso piuma e LL e' in splendida forma. Il ciccione della compagnia sono io, e sono l'unico che si fa veramente la domanda.

Giovedi, primo giorno.

Vabbe', si parte. Le borse mal riempite scodano un pochino mentre ci facciamo strada fuori da Pescara. Cerco inutilmente una calamita per turisti da attaccare al frigo, raccogliendo sguardi misericordiosi dai vari tabaccai.

Si chiacchera e si sale. FF, che e' un cavallo da corsa esperto, scalpita. Lui vorrebbe volare, io sono l'ancora immobile che lo tiene legato alla terra. Sono il piu' lento, ma non importa. Come quel cinese che aspetta seduto vicino al fiume in attesa che passi il cadavere del nemico, io risparmio le gambe. Il mio obiettivo e' finire la tappa senza mai camminare, e la parola d'ordine e' "conservazione".
Ivo mi segue a ruota, mentre LL, che e' un fantasista e un atleta naturale, pencola indeciso tra la testa e la coda del gruppone.

Intanto i paesi passano. Ceppagatti, Civitaquana, Brittoli. A Brittoli, poco sotto la meta' del dislivello se magna, e noi facciamo l'errore di magnare sul serio.

Quando ci rimettiamo sui pedali, sazi e mezzi breschi, becchiamo la prima salita vera. Mentre pedalo un buon 10 %, il sudore mi entra negli occhi e spreco acqua preziosa per tornare a vedere qualcosa. Sono li in attesa che la strada si impenni, pronto a mettercela tutta, ma il dio dei cicciotti le impedisce di approfittarsi di me.
Le gambe reggono e, metro dopo metro, mulinando rapporti leggerissimi, guadagniamo la discesa che ci porta alla salita che ci porta a Villa Santa Lucia.

Dopo il paese, eccola, la salita che piu' temevo. 14 km teribbbili costantemente intorno o sopra all'8 %, che non ti mollano mai.

Il gruppo si sfilaccia. Abbiamo gia' fatto un 60ello e piu' di 1100 metri di dislivello, impossibile stare insieme. FF parte, seguito da LL e da Ivo, che procedono appaiati. Io seguo, da povero vecio, facendo quello che posso. Le gambe pero' girano, e non sono alla frutta, segno che risparmiarsi paga.

Pero' che maroni, salire metro a metro. Guardo i chilometri e non passano mai.
Gioco col navigatore, mentre l'altimetria residua diminuisce col contagocce. 67 km, mancano meno di 300 metri di dislivello.
Tutto orgoglione penso "e' quasi fatta" quando vedo i cani.

Due maremmani bianchi, col collare, di buona taglia. forse sono da pastore, mi pare di sentire campanacci sullo sfondo. Mi guardo intorno, nessuno in giro. Stanno mangiando qualcosa, ma al mio apparire si piazzano al centro della strada. Non sembrano cattivi, ma non si muovono.

Gli vado incontro senza guardarli. Loro mi fissano calmissimi, senza cenno di spostarsi. Quando inizio a chiedermi se sarebb⁹9⁹e meglio voltare la bici, passa una macchina. I cani si spostano, io li supero ed e' fatta.

Incontro il gruppo, riunito ad attendermi. FF ha preso freddo ed ha "stracciato", era il suo vomito che i cani degustavano contenti.
Battute reciproche, invettive di rito, si prosegue.

Dio bo', che mal al cu*o. Ma sto Castel del Monte, dove ca**o sta ? Dai su, orologio, dammi l'altimetria. Mentre ciampino coi tastini, arriva la curva. Dietro la curva, c'e' il paese.

E' fatta! Prendiamo di slancio la strada dell'albergo che fa un buon 19%. Col cactus che la pedalo. Scendiamo e facciamo gli ultimi metri a piedi. Eccoci qua, 70 km e 1700 metri circa sopra Pescara. Ci facciamo un birrotto per festeggiare.

Domani, Campo Imperatore. Stay tuned.
 
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Venerdi, secondo giorno.

Venerdi' ci sveglamo pieni di aspettative.

Ivo apre la finestra e guardiamo fuori. La giornata e' lievemente velata, i 1300 metri del paese ci restituiscono un freschino invidiabile.

Ci vestiamo, facciamo le borse, e facciamo il check davanti ad un caffe'.
"Bici ?" "Ci sono".
"Borse ?" "Anche".
"Traccia gps ?" "Ce l'abbiamo, ve l'ho mandata".
"Ci porta al rifugio Campo Imperatore?"
Bella domanda. Io sono gia' salito al rifugio, anni fa. In macchina pero'. La geografia del luogo non ci e' del tutto chiara. Ma basta seguire il navigatore...

Pedaliamo, uscendo dal paese. siamo tutti tonici, lazzi e battute rimbalzano come pop corn. Oggi e' il grande giorno in cui, con le bici da strada, saliremo al rifugio. Ieri ci siamo fatti un mazzo tanto, coi nostri 1700 m di dislivello. Oggi e' tutto piu' tranquillo, salva la salita finale.

Mentre pedaliamo, guardiamo il gps. Che strano, il cartello dice campo imperatore a destra, la traccia invece a sinistra. Seguiamo il cartello ? Vamos. Del resto c'e' un unica strada, e Campo imperatore e' in su.

Cominciamo a salire, attenti a non strafare per non bruciarci all'inizio. Il panorama e' lunare, con grossi massi che punteggiano bassi pascoli. A parte noi e qualche rara macchina, non c'e' anima viva. Deve essere uno dei posti meno abitati d'Italia.
Pero' che strano che il navigatore non veda la strada. Boh. Questa strada, c'e'.

Arrivati al passo, la strada si butta in picchiata. FF ed Ivo partono in tromba, seguiti da LL. anch'io vado, perplesso.

Che strano, dopo poche curve il pascolo e' sparito, c'e' di nuovo bosco. Certo, il bosco: quando scendi di quota e' chiaro che cambia la vegetazione, e' chiaro che...
No un momento. Noi dobbiamo salire. Se scsndiamo c'e' qualcosa che non quadra. Tiro i freni e a bordo strada consulto l'app suunto, che mi conferma che la nostra traccia e' sempre laggiu', nel paese di partenza. Stiano scendendo a ca**o, e' la strada sbagliata.

Chiedo ad un ciclista pescarese che viene nell'altra direzione, e me lo conferma. Ca**o, i ragazzi stanno scendendo a valle verso il nulla, li devo fermare. Mi attacco al telefono, non prende. Lascio messaggi spiegando. Che faccio, scendo con loro ? No, dobbiamo tornare indietro, non ha senso. Volto la bici, e torno indietro, al paese. Un ora di salita buttata nel cesso.

Intanto i ragazzi sono giunti alla fine della salita. Mi aspettano, non mi vedono arrivare, non leggono i messaggi. Si preoccupano. In discesa io sono un prudente, non e' che mi sono stampato in curva ?
Tornano su, non mi vedono. Non e' che sono morto ? Ivo comincia a spararsi il film mentale della telefonata ferale alla mi' moglie.

Mentre Ivo ci pensa e io sono quasi tornato in paese, un miracolo: il telefono di LL prende. Vi risparmio la telefonata, che immaginerete, come dire, concitata.
Alla fine, ci ritroviamo tutti al passo, un poco incavolati. Abbiamo fatto tutti chilometri e salita inutile, e perso tempo.

In questa situazione tesa, ci soccorre il poeta. Ricordate che "dal diamante non cresce niente, dal letame nascono i fior" ? Ecco. Grazie ad un ciclista di passaggio, imbastiamo una strada alternativa e poco dopo siamo in mezzo al pianoro. Mai ci fu scelta piu' felice.

Pedaliamo sulla strada che attraversa la piana. Il passaggio lunate e' scomparso. Ora siamo in una immenso pascolo ondulato, i cui colori coprono tutto lo spettro del verde. Le basse colline sono modellate dall'acqua e dal vento, e interrotte dalle tracce di torrenti in secca.
La strada sale, gentile ma ferma, e noi la seguiamo senza fretta, guardandoci intorno. Sullo sfondo, davanti a noi, il Gran Sasso, che svetta severo in uno scenario in cui sasso bianco, roccia grigia, erba e pascoli si alternano di continuo.
L"inca**o cede allo stupore. E' un posto bellissimo, ne siamo ammaliati. E' cosi' bello che la salita non pesa, mentre ci avviciniamo al bivio per il rifugio.

Eccolo il bivio. Di qui la strada si fa acida, per gli stradisti e' una salita celebre, intitolata a Pantani. FF, che e' un appassionato di ciclismo da strada e' quasi commosso, se siamo qui e' anche per questa salita. Dal bivio al rifugio saranno 7 o 8 km. Gli ultimi 6 sono complessi, quasi sempre con pendenza oltre il 10%, senza una tregua nulla per poter rifiatare.
Gli altri sono pesi leggeri, ma io no. inoltre, siamo a 2000 metri, si respira bene ma sotto sforzo non saprei. Ce la faro' senza schiattare?

Ecco la salita. Scala, scala, scala e arrivo al 34/34. Sono alla fine dei rapporti, la bici non mi puo' aiutare oltre. Ora e' solo questione di gambe, di fiato e di volonta'.

FF parte deciso. E' il migliore ciclista tra noi, ed e' l'unico dotato di animo da sportivo. Piano piano si allontana, seguito da LL, che lo segue con l'aria spensierata, secondo il suo ritmo interiore.

Io e Ivo saliamo insieme. Io non posso spingere di piu', e lui mi fa compagnia. Parliamo poco, per risparmiare il fiato e far girar le gambe.
Io mi concentro, come sempre, sulla ruota anteriore, cercando di spegnere il cervello accettando semplicemente la salita. Inizio a contare le curve. Ogni curva mi avvicina alla meta, e' cosa buona. I drittoni, invece, sono antipatici. Per esempio, ce n'e' uno proprio sul costone di fronte a me. E' in alto, e ci devo passare anch'io. Vederlo lassu', e sapermi ancora quaggiu', mi deprime.

A meta' salita devo fermarmi un attimo, col cuore a 1000. Lo sento rimbombare nelle orecchie. Ho bisogno di un minuto.

Facciamo due chiacchere, un sorso d'acqua e si riparte. Si materializza anche LL, il cui fisico sembra indistruttibile.
Spingo sui pedali, che ora sembrano piu' leggeri. Applico la regola 32 e apprezzo questa piccola cosa (cit.).
Ormai manca poco. Ivo e LL si allontanano lentamente. Li seguo, determinaro a non arrendermi. Mezz'ora dopo siamo in cima, sembra impossibile ma ci siamo, bagagli e tutto.
Sollievo, folo di rito, bombardino.
Ca**o, siamo in cima, no ghe credo. Ce l'abbiamo fatta. Mezz'ora di festa e sorrisi.
Pero' son gia' le quattro, e' tempo di scendere.
Ci buttiamo in picchiata, la strada e' stupenda. Mi affido ai freni, sperando che non piantino. Passato il primo tratto, la pendenza e' giusta, veloce ma non paurosa.
30 km circa siamo ad Assergi. Che bei posti, che discesa stupenda.
Arrivati in albergo, scopriamo un biliardo.
Due colpi di stecca, una bella dose di arrosticini e infine a nanna.
Domani ci aspettano 105 km per andare ad Ascoli via Amatrice.
 
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patbici

Biker serius
9/10/19
290
393
0
55
bologna
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Cube race one - triban rc 520
Sabato, terzo giorno.

Dopo tutta la salita e le ore in bici dei giorni precedenti, mi pensavo morto. Invece sto benone, con le gambe arzille. Io e Ivo ci scherziamo sopra a colazione, mentre aspettiamo gli altri che sono meno mattinieri.

Oggi sara' diversamente impegnativa. Meno dislivello (solo un 1000, che qui in abruzzo sembra impossibile da evitare) ma piu' chilometri. Il bello e' che la seconda meta' del percorso pare tutta discesa. I 30 km di ieri ci sono piaciuti, e ne vogliamo ancora.

Borse fatte, si va. I primi 5 km sono tosti, piu' che altro per il sole a picco. Dopo di che', risaliti di quota, smette di dare fastidio, compemsato da un bel venticello che rinfresca ma non opprime.

Le gambe girano bene per tutti quanti, la strada sale e scende e noi dietro. Ogni tanto pausa acqua, questo si. Non sudo molto, ma bevo come un cammello, a fine giornata avro' fatto fuori almeno 5 litri.

Superato l'ennesimo passo, scendiamo al lago di campotosto. La strada e' un poco scassata, e io ed Ivo becchiamo in sequenza la stessa buca.

Dopo il lago, superdiscesona goduriosa. L'asfalto alterna pezzi belli e meno belli, c'e' da stare attenti. Io svendo tranquillo, un poco meno veloce degli altri, godendola.

Pausa ad Amatrice, che pare nuova localita' tutta nuova perche' il paese storico e' ststo distrutto dal sisma.
Se famo n'amatriciana in un locale indicatoci da bikers, e intanto pianifichiamo.

Siamo tutti invitati al compleanno del nipote di FF, che compie un anno. Ma dobbiamo arrivare velocemente ad ascoli, per prendere il trenino che ti porta sulla costa.
Ce la famo ? Boh, 55 km all'arrivo, se la strada e' buona... proviamo.

Il gps ci guida lungo la statale. La strsda e' ottima, non buona. Asfalto nuovo o comunque rifatto da poco, traffico scarso, pendenza costante.

Il tachimetro sale dagli originari 30 o 35 all'ora ad oltre i 50. Le bici cantano lungo la strada. Un attimo di terrore in galleria, mente gli occhi si abituano al buio. Faccio pit stop, tolgo gli occhiali da sole passando alle lenti da vista,. Di nuovo giu' in picchiata, di nuovo oltre i 50.
Guardo il tachimetro: dice 56. Una folata di vento mi sposta in curva, e vedo il gard rail troppo vicino. Pinzo appena, rallentando un pochino. Forse mi sono fatto prendere la mano.

Tutti quanti ce la siamo fatta, a dire il vero. Quando ti abitui ai 50, i 30 o 35 sembrano niente, e vedo LL ed Ivo, spensierati, che si sgranchiscono la schiena procedendo senza mani.

Siamo ad Ascoli in un attimo. Prima del treno c'e' anche il tempo di un aperitivo in piazza. Celebriamo con una radler ed una foto la fine del nostro piccolo tour cominciato in abruzzo e finito nelle marche, passando per le campagne laziali.

La prossima volta, forse, basilicata. Vedremo.
 
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