In attesa che smetta di piovere ...

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Confesso che mi ero abituato benino.

Ho avuto delle uscite "fredde", ma le giornate erano splendide, e io mi sentivo tutto gasato dal sole, sembrava che l'estate non finisse mai.
E poi è arrivata la ristrutturazione della casa, e insieme la pioggia.

Da bravo soldato, ho marciato compatto verso ogni concepibile negozio/magazzino/outlet/showroom alla ricerca del parquet perfetto, confrontandomi con la sciura su differenze di colore impercettibili, mentre il registratore mentale di cassa girava a pieno regime. Ma sabato mattina no, ca**o. Sabato, cascasse il mondo, esco in bici.

Tuttavia, il tempo è tiranno. Nel primo pomeriggio di sabato è previsto un incontro di orientamento della scuola dei ragazzi, ed a seguire l'ennesima visita al parquettista di turno. Se si vuole fare un giro decente, tocca partire presto.

Mi accordo con gli amici, che alla mia pretesa di partire alle 8 e 30 declinano in massa. F., l'unico sopravvissuto, accetta di partire alle 9. E quindi alle 9 sono al Parco della resistenza, che giro avanti e indietro lungo i vialetti per scaldarmi. Visto il fresco andante, ho messo i calzoni lunghi, ma la maglia è ancora intermedia. Ho qualche brivido.

Sono le 9. Ora le 9,10. Friggo di impazienza. Ma dove sta F. ? Già le 9,15 ... ma dove stà! Daje, che il tempo passa.
Arriva alle 9 e 30, si scusa, un inconveniente. Già il tempo a disposizione era contato. Vabbè, dai, può capitare.

Ci infiliamo su per la Val di Zena, di buon passo. Poche macchine, pochi ciclisti, nuvole basse. Il tempo è decisamente grigio, non ti fa venire voglia di uscire. Io, poi, ho sta fregola del tempo contato ed ho occhi solo per l'orologio.

Decidiamo di far tappa a Zena. Li c'è una fontana, è il posto giusto per ricaricare le borracce. Ma io sono presissimo dal mio personale conto alla rovescia ed F., evidentemente, guarda solo la strada. Passiamo l'incrocio senza vederlo, e ci ritroviamo al bivio per Quinzano.

Pausa merendina. Io sono ampiamente dotato di scorte addominali , ma F. è magro e deve mangiare. Guardando in alto, vediamo la nuvola bassa in cui presto ci infileremo. Però ci siamo scaldati, fuori è tutto bagnato ma non troppo freddo. Ripartiamo ed accendiamo le lucine, nella speranza che le rade macchine di passaggio non ci stirino. Per qualche decina di metri di altitudine non si vede niente. Poi, sulla nostra destra, un pallido disco traspare dalla nube grigia, e d'improvviso PAAAF!, il cielo è azzurro. Tutto intorno, sotto, è ancora grigio, ma sopra c'è il sole, e scalda. Ci guardiamo intorno. La nube si sta sciogliendo, e si ritira progressivamente lungo le vali, resistendo nelle zone in ombra. Facciamo qualche foto, lo spettacolo è troppo suggestivo.

Mi risveglio da questo momento di goduria, l'orologio corre. Si riprende. Io faccio il ritmo. F. questa strada l'ha fatta solo in discesa, e si lascia guidare. Io ormai l'ho già fatta parecchie volte, e ricordo ancora la fatica che feci alla prima. Ora vado sempre piano, ma tranquillo. Me la godo, le gambe rispondono ed il fiato detta il ritmo.

Da Quinzano ci infiliamo per Loiano, ed a Loiano prendiamo per Monghidoro. La giornata è diventata calda, e sfolgorante. Salgo con la maglia aperta, e sento il sole sulla nuca. Da Loiano a Monghidoro, poi, la strada è bellissima, si vedono tutte le valli dall'altro. Mi viene da pensare che gli americani la fecero in senso contrario durante la guerra. Mentre pedalo, guardo l'orografia dei luoghi, e cerco di indovinare quale costone avrei difeso, e quale no.

Prendiamo la strada principale del paese in senso vietato, e ci becchiamo un breve rimbrotto dal carabiniere di turno. Ha ragione, e ci infiliamo sul marciapiede per procedere ulteriormente. Ora è il momento di decidere. Proseguiamo per il Passo della Raticosa o torniamo indietro ? Guardo l'orologio, è tardino. Alle 2 e mezza devo essere davanti al PC coi ragazzi. Mancano 2 ore, e 50 km. Meglio tornare. Mettiamo l'antivento e voltiamo le bici.

I 6 chilometri tra Monghidoro e Loiano passano veloci e decidiamo di scendere per la variante di Barbarolo. La giornata è sempre bella, le nubi sono andate, ma all'altezza del paese sbattiamo contro la linea dell'inversione termica. Sopra Barbarolo è freschino ma non troppo. Sotto, un freddo polare.

Eccoci qui, siamo di nuovo al bivio per Quinzano. Il tempo corre inesorabile, tocca muoversi. Tuttavia, le mie gambe non cosano. Che strano. E che freddo, anche. Ho come un freddo rigido dentro, di quelli sgradevoli. Spingo sulle gambe, ma le sento vuote. Il contachilometri dice che stiamo andando pianissimo, anche per i miei standard. C'è qualcosa che non va, la luce si sta spegnendo. Ci penso un pochino, e capisco che ho bisogno di benzina. Mi fermo, apro l'antivento per prendere una merendina e ... sotto la maglia sono in un bagno di sudore. Caldo, ma sempre sudore. Per quanto l'antivento sia pieno di prese d'aria, è quasi un'ora che faccio la sauna senza accorgermene e senza sentirlo. Da stamani, ho bevuto solo qualche sorso di borraccia. Non è fame, la mia. Sono disidratato.

Bevo il bevibile, mangio la barretta ai cereali, guardo la pipì sciogliersi in vapore caldo e nel giro di pochi minuti mi sento di nuovo bene. Chiedo l'ora, sono le 13,30. Ho cannato i tempi. Tra un'ora esatta devo essere a casa, davanti al PC. Mancano circa 25 km alla macchina, poi devo caricare la bici e arrivare a casa. Ce la posso fare ? Chiaramente no, ma ci provo lo stesso.

Faccio la Val di Zena in tromba, pompando come un disperato. io ed F. ci alterniamo alla guida, ma non serve granchè. Anzi, il treno da cooperativo diventa pian piano competitivo, in forza di quegli insondabili processi mentali che ti governano quando smetti di pensare e fai andare il corpo in automatico. Ci facciamo la posta a vicenda, restando a ruota per poi tentare lo sprint assassino. Passiamo senza frenare la rotonda che segna la fine della valle, e strava mi dirà che non sono mai sceso così veloce in vita mia. Ancora un paio di chilometri, poi butto la bici in macchina. Esco dal parcheggio sgommando e facendo un pelo ad un'altra macchina in manovra. Mi mandano a quel paese ma me lo merito. Alzo la mano a mo' di scusa. Guardo l'orologio, ho 9 minuti. Devono bastare.
Mi chiama mia moglie, per sapere dove sono. Mentre procedo a velocità fotonica, riesco pure ad assumere un tono vagamente indignato. Ritardo ? Quale ritardo ? Non ti preoccupare, amore, sono sotto casa. E' palese che non mi crede. Guarda che si comincia tra 4 minuti, mi avverte. Dalla sua voce traspare il sottotitolo: ocio!.

4 minuti dopo, non so come, suono il campanello di casa. L'incontro sta per cominciare. Mentre mia moglie mi guarda con aria critica, mi strappo la maglietta di dosso come Superman, mi infilo polo e maglioncino sul torace bagnato, passo le mani tra i capelli et voilà, davanti alla telecamera. Sotto ho ancora i calzoni e le scarpe da bici, ma sopra, dalla vita in su, sono un padre desideroso di sapere tutto della futura scuola dei ragazzi.

... per la cronaca, non ci hanno dato il collegamento web al modulo che volevamo seguire. La sciura ha fatto casino con le prenotazioni on line. Nessun problema, però. Lo rifaranno tra 10 giorni, siamo caduti in piedi.

Lei mi guarda, e sentendosi in colpa non mi dice nulla.
Io la guardo, e sentendomi in colpa non le dico nulla.
I ragazzi ci guardano, e sentendo aria di maretta, decidono saggiamente di non dirci nulla.

Faccio la doccia, mi vesto, ed usciamo mesti. E' ora della quotidiana razione di parquet.
Dal mio punto di vista, come punizione per entrambi, è sufficiente.
 
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Non capisco quasi nulla di tecnologia, però mi attrae.
Mi piace più la meccanica dell'elettronica. La bici, che è un fantastico accrocchio meccanico, mi attrae moltissimo.
Ora, ad oltre due anni dal mio colpo di fulmine a due ruote, mi oriento abbastanza, almeno per quanto riguarda le questioni ordinarie.
Ma all'inizio era difficile anche solo leggere il forum, per entrare nel gergo di cui lo masticava.
E invece l'elettronica resta una sconosciuta. Ma una sconosciuta meravigliosa, in grado di produrre fantascienza tipo gli orologi GPS o i rulli.

Quando nel 2020 ho scoperto l'esistenza dei rulli controllabili da software sono impazzito, e non ho avuto pace fino a che non ho trovato dei roller controllabili. Ho scelto i roller perchè non ci devi fissare sopra la bici, e perchè - non dovendolo fare - ti restituiscono una sensazione di pedalata molto simile a quella reale.
Essendo in piena pandemia, non ho trovato gli elite nero, che erano il mio obiettivo. Ho quindi ripiegato sui fratellini minori Elite arion digital b + sui quali ho trascorso parecchie serata di ciclismo da garage. Chiaro che uscire fuori è meglio. Ma la sera, d'inverno, a Bologna, c'è una nebbia da paura, che col freddo si deposita coprendo le strade di una patina ghiacciata micidiale. Insomma: o crepi dal freddo, oppure crepi investito da una macchina che non ti vede, oppure muori sbattendo la testa sulla strada ghiacciata.

Quando è arrivata la nebbia, quest'anno, ho aperto il garage pronto a risalire sui roller. ma appena aperto il basculante, si è palesato il terzo incomodo: il trasloco. Stiamo trasferendoci da un ridente paesiello dell'hinterland fino in centro. Quindi, stiamo vendendo tutto per comperare altrove. Ho dovuto sgomberare un garage, me ne rimane un altro che venderò successivamente. Ma ora è fitto di ciarpame più o meno imballato. E' una fatto della vita: i roller, ora, non ci stanno.

"No problemo", mi sono detto. Se non posso farli in garage, li farò in salotto. E quindi ho trasportato tutto in soggiorno , per la gioia di mia moglie. C'è solo il piccolo problema che io di giorno lavoro, e i rulli li faccio la sera tardi. I roller in casa - nel silenzio della notte - fanno troppo casino. Sono durato venti minuti: poi lo sguardo significativo di mia moglie e un elementare istinto di sopravvivenza mi hanno fatto desistere.

E quindi ho messo in vendita i roller ( se li volete, sono nel mercatino) e ho dato il benvenuto ai rulli. La scelta è caduta sull'elite suito, complice il fatto che 1) si trova a prezzo relativamente ragionevole e 2) la scimmia, scatenata, non aspetta nessuno.

Ieri qui c'era un nebbione, e tale era previsto anche per oggi. Quindi, ieri non sono uscito e non ho organizzato per oggi: tanto non si vede niente. Ma io sono furbo, mi dico: se l'inverno è ostile che mi frega, faccio i rulli.

Monto tutto, vado a dormire, mi sveglio presto e c'è il nebbione. "Che ganzo, che sono" penso, "avevo previsto tutto". Bevo il caffè, guardando la nebbia fuori dalla finestra. Sono le 7, e ci sono forse 4 gradi. Mi intrippo coi programmi di ristrutturazione di case, guardando i parquet. Mi attardo, fino a che due preadolescenti assonnati si manifestano reclamando latte e biscotti. Passo un'oretta di chiacchere e sono le 9. Alle 9 e mezza i pargoli si alzano e vanno mesti a fare i compiti. Io guardo fuori, avvolto nel fido vestaglione di flanella. La nebbia si è sciolta, e c'è uno splendido sole invernale, di quelli che all'apice della giornata scaldano pure. Sarebbe una giornata da paura per uscire.

Esco ? Macchè, ho detto alla femmina che stavo in casa. E ho montato tutto quel cinema in salotto, pure. Meglio usarlo. Masticando amaro, salgo sui rulli. Aggancio i pedali. Pedalo. La bici è dritta e immobile, e non mi restituisce nessuna vibrazione. la pedalata è fluida e scorrevole, ma i roller sono vivi, come sensazione è tutt'un'altra cosa. Il suito funzia benissimo, nulla da eccepire, e guardo i chilometri scorrere via sullo schermo della televisione. Mentre stantuffo, penso che una bella nebbiona invernale, con tutti i pericoli del caso, è quasi meglio di questa specie di cyclette tecnologica.

Finisco la traccia, e scopro che, per qualche motivo, il programma ha deciso che peso una frazione del reale. Ecco da dove venivano i poco credibili millemila watt/kg che il programma calcolava. E io che mi ero illuso di miglioramenti epocali rispetto allo scorso anno.

La prossima volta che c'è il sole, o anche no, esco comunque. I rulli li teniamo per far ciclismo notturno. Sento già i vicini che ringraziano ....
 
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bello e vero...anche in pianura padana la nebbia è un demone come da voi!

Suito comunque tanta roba!
 

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bello e vero...anche in pianura padana la nebbia è un demone come da voi!

Suito comunque tanta roba!
L'accoppiata Suito/Rouvy funzia in modo eccellente (basta proiettare lo schermo del cellulare alla TV e il gioco è fatto), e il suito è pure parecchio silenzioso. Bisogna stare attenti a pulire la catena e montare un pacco pignoni decente (non la cinesata che monto io), in modo da limitare ulteriormente i rumori da rotolamento. Se poi invece di fare le corse in pianura, uno fa un percorso con della bella salita, limita ulteriormente il rumore. Infatti, usando i rapporti piccoli, tutti i rumori diminuiscono. Credo che diventerò uno scalatore della notte.

Io però credo che il futuro saranno le smart bike, tipo la Zcycle Zbike, i cui prezzi stanno già calando tantissimo. Niente trasmissione a catena, ma solo una silenziosissima cinghia. Togliendo il trascinamento della catena, il rumore residuo è veramente irrilevante. Per non parlare della comodità di avere già tutto montato in casa, senza casino e catene unte in giro.

Mettiamola così: se uno ha famiglia e ha un lavoro assorbente, in mezzo alla settimana restano i dopocena. Penso che il mercato dei rulli casalinghi, che la pandemia ha svelato anche ai non atleti, sarà dominato da chi produce meno sporco e meno rumore.
 
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io ho tutto lontano dal salotto e uso il Suito con Zwift e la app elite my training per i video!

Anche io collegato da iPhone e poi proietto su tv....una droga...si rischia l'overtraining ahahahah

Mi mancano i boschi e le discese ma devo dire che è divertentissimo!
 

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come fai a collegare zwift alla TV ? io ho un samsung galaxy 10 +, ho provato a collegare zwift alla tele via chromecast, ma non riesco perchè appena accendo il rullo l'immagine sulla tele sparisce.
No problema, tutto sommato. Sono uno poco interattivo, le gare non le faccio (trad: non sono in grado di farle) i video di rouvy non mi dispiacciono.
 
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Da iPhone con cavo adattatore lighting-hdmi


Funziona benissimo!

Io zwift non per gare, solo pedalate in giro e WOD (sia costruiti sia già pronti)
 
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Pregustavo l'uscita del 31 dicembre, tantopiu' che era previsto freddo, ma col sole. Appuntamento coi ragazzi alle 9, e poi sui colli, verso brento.
Mi sveglio presto, ma il sole non si vede. Nebbia bassa, fredda, da paura. Ci penso un attimo. Fortuna che, dopo le modifiche al codice, ho preso l'abitudine di portarmi le luci. Le monto, le accendo. Si va. Pedalo nel grigio assoluto, con le luci strobo che mi rendono visibile alle scarse macchine. Il cuore si alza subito. Colpa degli stravizi festivi, penso. Che freschino, pero'. Ma 'sto sole ? Lo intravedo come un disco arancione, dietro alla nebbia. Il colore aumenta piano piano, segno che sta scaldando e che la nebbia, tra poco, se ne andra'. Pompo tranquillo, mentre giro per lo stradone. Ho scelto quello che mi piace di meno solo per variare. La strada che scelgo di solito per andare a bologna ha un segmento di strava che finisco per fare sempre ai 1000, col cuore alto che mi tambura nelle orecchie. Ma non ho voglia di sbattermi stamattina. Ho anche bigiato lo studio, per uscire in bici. Basta litigare per lavoro, quest'anno.
Imbocco lo stradone e guardo l'orologio. Faccio due conti. Sono in ritardo come sempre. Accellero pian piano, alernando tiro e spinta sui pedali e mi trovo ai 30 all'ora che ho imparato a tenere senza troppissimi problemi.
Passo la sede del resto del carlino, passo il venditore di macchine usate che la segue, guardo il computerino e il mondo, all'improvviso, si INCLINA di lato.
La ruota anteriore vola via a sinistra, io invece a destra, e realizzo che mi spalmero' sull'asfalto in piena valocita'. Nessun tempo per reagire, solo consapevolezza dell'ineluttabile.
Vado giu' di lato con lo schianto di un albero abbattuto. Sbatto la testa e si fa buio per qualche secondo.
E poi torno, ci sono di nuovo. Sdraiato di schiena sull'asfalto, la bici di lato, i passanti che accorrono e chiamano i soccorsi.
Mi parlano ma nemmeno li sento. I miei sensi sono pieni di un dolore lancinante alla schiena che mi acceca come un riflettore da stadio pun tato negli occhi. C'e' poi una roba che mi preme sotto la spalla, e mi fa male. Annaspo con la mano, lo tocco, e' un sacchettino di nylon. E' Il mio cellulare, sbalzato fuori dalla tasca posteriore. Lo afferro in mano, chissa' se va ancora. Piano piano il faro da stadio smette di accecarmi, il picco di dolore che mi offusca i sensi e' passato. Realizzo dove sono. Ignoro un tizio che mi chiede di restare sdraiato, che i soccorsi arrivano.
Ero gia' in ritardo per il giro coi ragazzi, non la aspetto l'ambulanza. Mi danno una mano, mi rialzo, la bici sembra intera. Rimetto su la catena, che e' caduta. Salgo in bici e, senza agganciarmi pedalo piano fino al mio appuntamento.
Ma che testa leggera che ho, della pedalata non ricordo niente. E che male porco che mi fa la testa. Arrivo in centro, e i ragazzi mi fanno notare che ho i vestiti strappati. Tolgo il casco, lo guardo, e' sfondato di lato. Forse, magari, dovrei farmi vedere.
Chiamo mia moglie, le spiego. In venti minuti arriva, e andiamo al pronto soccorso. Guardo l'interno del casco. La schiuma, dentro, e' tutta fratturata. Non e' possibile che la testa sia intera. Mi prende l'ansia.
Mi fanno il triage e in mezzo minuto sono sdraiato, col collare che mi sega la nuca e l'addetta ai raggi che mi fotografa dappertutto.
Mi fanno pure una tac, con tanto di inserimento nel tubone luminoso. E' la prima della mia vita.
Sempre sdraiato, aspetto il responso, che arriva qualche ora dopo.
Grazie al casco, e' andata di c**o. La testa e' a posto, ho solo mezzo metro di graffi ed ematomi, due costole rotte e un solenne torcicollo per il contraccolpo della testa sull'asfalto e per il successivo utilizxo del collare. Il medico mi dice: le do un mesetto di riposo. Gli rispondo che sono un libero professionista, e che mi aspetta un mese di gennaio da paura.
Ridiamo entrambi, poi mi dice che comunque meno di 7 giorni non puo' darmi. Ne ho presi 3, compreso il giorno del botto. E per il resto andro' di antidolorifici. La giostra ricomincia domani, e io non posso scendere.
Chiudo con due foto, e una raccomandazione.
Il casco, al 99,9 % non serve. Poi viene quell'unica volta che serve. E li, o ce l'hai oppure no. E se ti manca, chissa': forse non ti serve piu' altro....
 

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... E pian pianino, a gennaio, si è ripreso. Pensavo che le costole ci avrebbero messo un sacco a saldarsi, ma nel giro di 15 giorni ero sostanzialmente a posto. Qualche cauto tentativo sui rulli in attesa che arrivasse l'abbigliamento invernale sostitutivo di quello che ho massacrato a dicembre, e di nuovo in bici,
Ho fatto qualche bel giro, ma la bici resta pericolosa, come dimostra l'annedoto che segue.

Qualche settimana fa propongo ad F un bologna - lago di Castel dell'Alpi. E' un po' un azzardo, perchè fa freddo e quel paese alle falde del lago è situato in una conca gelida. Però siamo motivati, e l'andata ce la chiaccheriamo quasi tutta. Foto di rito con il lago ghiacciato alle spalle e cerchiamo un posto in cui bere un caffè e mangiare una brioche.

Il solito bar è stranamente chiuso, ma ce ne sarà un altro. Mentre pedaliamo lenti, fiutando intorno come segugi, vediamo con la coda dell'occhio una vecchia insegna. Bar trattoria qualcosa, dice.
Dentro è deserto, magari è chiuso. Parcheggiamo le bici ed entriamo. Quel posto è una macchina del tempo. Sapete quei bar derelitti, con le perline al muro e l'aria di essere rimasti a fine anni 60 ? Ecco, uguale. Chissà se anche quelle fette da toast che vedo in vetrina sono li da decenni. Che famo - dico ad F. - andiamo ? Lui sta per rispondermi "of course" (che nel gergo bolognese si traduce in "di corsa") quando compare la vecchia.

E' vecchia, la vecchia. Doveva essere già vecchia quando hanno strutturato il bar, e il tempo non l'ha fatta ringiovanire. Si muove esitante. Ci guarda sospettosa. Il suo è un bar imbucato, i ciclisti vanno in quell'altro che è più in vista. Non è preparata a due tizi di mezza età, con gli occhiali da sole a gennaio, tutti fasciati in calzamaglia di lycra.
"Buongiorno Signora, vorremmo mangiare qualcosa" dice F accennando al pane da toast dall'aspetto equivoco.
"Abiamo creZentine" replica lei.
"Daccordo" intervengo affabile con un cenno d'intesa ad F "ce ne fa una per uno ?"
"La volete con liafetati ?"
"Si, grazie"
"E sottaZeti ? E scuacuerone ?" (NB: è difficilissimo rendere la pronuncia bolognese di "squaquerone", ci vorrebbe un alfabeto alternativo che mi manca).
Ci guardiamo esitanti: "Si, magari qualche cipollina, se crede. Formaggi no, grazie. Sa, siamo in bici, poi dobbiamo tornare a Bologna.".
La bici non le interessa, è già partita per la tangente, in modalità creZentina.
"Si Ziedano" e ci indica il tavolino di finto vetro d'annata. "Vino rosso ? " "Acqua, grazie" rispondiamo guardinghi.

Ci porta l'acqua e scompare. Noi chiaccheriamo, con le giacche aperte, spandendo un certo odore di selvatico nell'aere.

Poi torna. E questa, amici belli, è la versione della buona vecchina di una crescentina a testa con dell'affettato e qualche cipollina.


Noterete le dimensioni contenute delle cipolline, peraltro buonissime come tutto il resto.

Inutile dire che ci siamo fatti precetto di spazzolare il tutto, ed incinti di nove mesi, con almeno un ora di ritardo sulla tabella di marcia, abbiamo mestamente attaccato l'allegra salita che consente di lasciare il paese.
Nei successivi 50 km ho avuto modo di riflettere sui casi della vita e sulla necessità di diffidare delle vecchie all'apparenza inoffensive.
Mentre pedalavo sulla prima salita, pensavo di morire soffocato dal bolo alimentare.
F, sempre sensibile ai moti dell'animo, ha scattato una foto nella quale, sbuffando sui pedali e dito medio al cielo, esprimo plasticamente il mio amore per la bici post-prandiale. A distanza di settimane, posso dire con certezza di non aver mutato avviso.

Lesson learned, comunque.
L'altro ieri, arrivati nel paese di Quinzano in tarda mattinata, abbiamo preso solo una tazza di the accompagnata da una tristissima barretta. Che anche li c'è una salita, prima della sospirata discesa, e poi non si sa mai ....
 
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A causa di una serie di imprevedibili eventi, l'eroico gruppo con cui ho iniziato uscire nell'autunno 2020 è, al momento, privo dei suoi talenti migliori.
Il nostro indiscusso comandante, l'eroico C., ha avuto un incidente ed è fuori combattimento fino a primavera.
Il sub comandante A., invece, è ancora in letargo invernale.
All'amico C. hanno rubato la bici, e si è ritirato a piangerla fino a data da destinarsi.
P., invece, sta ristrutturando casa ed è ostaggio della moglie, dei mobilieri, e dell'impresa di costruzioni.

Questo inverno, quindi, ci siamo ritrovati a pedalare prima in due, poi in tre, ed ora in quattro.
I pedalatori invernali superstiti non erano i più forti, ma erano motivati. tra noi c'era il patto non detto per il quale contava più lo spirito che il valore.
Tuttavia, data l'assenza del comandante, siamo finiti sotto l'impero di FF, che è un ciclista vero e perdipiù competitivo.
Sotto la sua sordida influenza, il patto non scritto si è rotto . Durante l'inverno c'è chi ha iniziato ad allenarsi e c'è chi ha iniziato a tirarci. Il risultato è che ora l'entusiasmo non basta più. Per me, anima dedita al puro connubio spirituale con gli amici di pedale, è stato un disastro.

Prendiamo oggi, per esempio.

FF, ci convoca per le 13.15 precise.
Il programma sembra ragionevolmente inoffensivo.
Si sale per via Siepelunga, poi Monte Donato, Parco Cavaioni, via di Casaglia. E' un semicerchio collinare sui 20 km, con parecchia salita e due o tre strappetti bastardi, l'ideale per riempire un'ora di pranzo. L'idea, poi, è di concludere nel solito barazzo, dove con un panino davanti parleremo di varie ed eventuali fino al momento di tornare nei rispettivi studi.

Mi raccontano il percorso, lo visualizzo. E' un giro che abbiamo già fatto parecchie volte senza problemi. Nonostante io sia l'unico "rotondo" del gruppo degli invernali, e notoriamente un pedalatore scarso, mi sembra molto alla mia portata.

E' una bella giornata di sole, fa caldo. Sono carichissimo e contento. Mi sento anche inspiegabilmente figo. 'Sta cosa di fare un giro all'ora di pranzo mi piace da matti.

Partiamo chiaccherando. 20 metri dopo arriva l'imbocco di via Siepelunga, che parte in salita e poi diventa impegnativa. Immediatamente FF scatta in avanti, seguito a ruota da Ivo e da L. Salgono leggeri volteggiando come le caprette di Heidi, mentre io sono il solito orso sui pedali. Rimango al palo, come un allocco.
FF, è forte, si sa.
Ivo è leggerissimo, e in salita va sempre bene.
Ma L..... L. fino a ieri era uno normale, al mio livello.

Mi alzo sui pedali, provo a pestarci ma niente. Il gruppo, piano piano, si sfila, e io rimango ramingo e solingo a vederli sparire dietro la curva.

Scoprirò dopo che quel traditore di L., in qualità di giovane pensionato nel pieno delle forze, sta conducendo da un buon mesetto una serie di allenamenti segreti che lo hanno portato dal comune livello "pippa" a quello di "ciclista decoroso".
L'unica pippa rimasta, quindi, sono io. E si vede.

Finisco la salita, finisco la successiva discesa e li trovo tutti in pose plastiche ad aspettarmi all'incrocio. Mi vergogno un pochino ma, più di così, nun je la fo. Eppoi oggi ho avuto persino l'idea di mettere la fascia cardio, Vedere i valori del cuore alle stelle, per un pedalatore di mezz'età, non suona affatto bene.

Il copione si ripete innumerevoli volte. Partenza, salita, scomparsa del gruppo, sforzo per restare a ruota, cuore alle stelle, fallimento, riunione al gruppetto che ti attende in irritanti pose plastiche.

Mi scatta la belva interiore ma non serve, sono irrimediabilmente lento. Se dio vuole, al culmine dell'umiliazione, arriviamo alla fine di via di Casaglia, che sfocia in città. Mi aspetto il barazzo, ma ecco la sorpresa.

"Daje, andiamo al bar", mi dicono. Faccio per voltare la bici in direzione "cibaria" ma mi bloccano con fare angelico. "Pat, non facciamo quella strada, si può andare anche di qua".
Sogghigno malefico di Ivo. Connivenza mefitica di L..
Un'imboscata in piena regola. Maledetti.

Inforco la bici e li seguo. Guardo troppo tardi il cartello: stiamo imboccando via del Genio.

Ora, questa via del Genio gode tra noi di una fama sinistra. C'è chi dice che sia tanto erta da dover essere fatta con la seggiovia. C'è chi dice che sia impossibile da scalare senza rampichino. C'è chi dice che sia semplicemente lunga ripida e sfiancante.

Io penso che sia la cosa più simile ad un percorso di montagna che abbiamo da queste parti. Tornanti corti, stretti, ripidi. Brevi pendenti tratti acidi tra un tornante e l'altro. Supponenti ciclisti allenati che la percorrono in lungo e in largo, superando con noncurante arroganza le povere foche impegnate, come me, nell'ordalia.

Con una lunga interminabile bestemmia interiore salgo un metrino alla volta, senza restare troppo indietro e senza nemmeno un'infarto. Dal culmine della collina scendiamo in picchiata lungo via dell'Osservanza, e finalmente il barazzo, con panino e chiacchere finali incorporate.

"Devi dimagrire", mi prende bonariamente per il cubo Ivo, dall'alto dei suoi forse 60 chili di saggezza.
"Hai ragione, dovrei proprio" rispondo con indifferenza.

Ma stavolta sono io a sorridere sotto i baffi. Conoscete il detto "la donna è mobile e l'uomo è traditore" ? Non credo, perchè l'ho coniato giusto adesso. Però io sono uomo. Ma proprio tanto.

E' da due settimane che ho cominciato segretamente a corricchiare, nell'intento di acquisire un vantaggio sordido e sleale sugli altri.
Se seguo il programma di allenamenti che ho concepito, tra due mesi avrò perso qualche chilo, accumulato della gamba, ed allenato il cardio. Inoltre, senza troppo lardo sulla panza, sarò pure bello come un dio. Che in bici non serve, ma fa comunque piacere.

Nel frattempo, farò finta di nulla, attento a non mostrare alcun progresso, per non guastare la vendetta.

E allora, ve la darò io via del Genio. Attesa all'incrocio in posa plastica, arrivo!
 
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patbici

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Ve lo devo proprio dire, miei piccoli fans (cit.): io le ciclostoriche le reggo poco.
Non e' che non mi piace girare sulle strade di campagna, in mezzo ad altri appassionati di bici, in una bella giornata di sole. E' che non mi piace particolarmente farlo con le bici "da eroica", vestito in maschera da ciclista degli anni 70.
Non ho mai seguito il ciclismo in tv. Non ho mai tifato per gimondi, parteggiato per coppi o bartali, seguito con emozione le varie sfighe di pantani. Non l'ho fatto nemmeno per altri sport, non ho proprio l'animo del tifoso.
Quindi, a me, vestirmi come gimondi non rievoca ricordi ne' solletica emozioni. Mi viene solo da grattarmi il piffero per la scomodita' dei calzoncini imbottiti di flanella.
Eppoi, ste bici da corsa anni 70....cambio sul canotto, scomodissimo e antidiluviano. Manubrio con piega sfigata, quando quelli moderni sono millemila volte piu' comodi. Pedali a gabbietta, quando ci sono gli spd. E potrei andare avanti ore. L'unica cosa che si salva, veramente, sono le ruotine del 23. Su asfalto volano che e' un piacere. Il resto e' un misto di roba da poser e merda pura.
Pero', c'e' un pero'. Io esco con un gruppo di ragazzi che per le mascherate storiche impazziscono. Anzi, il gruppo e' nato intorno a questo tipo di evento, che costituisce il cemento di alcune dinamiche. Se posso mi sottraggo, ma non posso sempre. E quindi, oggi mi e' toccata "La Furiosa".
(Segue)
 

patbici

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Il primo problema, per questi carnevali su ruote e' il "come mi vesto". D'estate fai presto: maglia di lana, calzoncini di flanella, scarpe nere, bestemmie e via andare. Se proprio vuoi esagerare cappellino. Ma adesso, che la mattina fa ancora freddo ?

Domenica mattina la sveglia suona alle 5.30.

Caffe' alla mano, guardo fuori dalla finestra. Le macchine sono sotto uno strato di ghiaccio. Un'unica potente e inarrestabile bestemmia mi scorre nella mente mentre mi vesto: calzoni corti di flanella con fondello in panno (durissimo), maglia a maniche corte di lycra, bretelle a pois per tenere su i calzoni, felpetta vecchissima in lycra che sembra quasi di maglia, maglietta di lana a maniche corte finto-bianchi-d'epoca, a righe bianco celesti. E cappellino da scemo, naturalmente. Cosi' a righe, tutto bianco-celeste, sembro un'ape maia daltonica.
Esco di casa, mi metto il kway verde militare che costituisce l'unico pietoso ostacolo tra me e il clima polare. Guardo in alto, il cielo e' terso. Spero nel dio sole.

Vado a prendere il mio amico, che invece sembra un'ape maia vera, tutto giallo e nero. Carichiamo e bici, partiamo e arriviamo a Ferrara.
Insieme a noi, nella piazza deserta, al freddo e al gelo, altri 170 derelitti.
Molti non fanno nemmeno finta. Le bici sono vecchie, ma le giacche termiche moderne. Mentre le mie gambe congelano lentamente, li invidio tantissimo.

Si parte, con un cigolio collettivo di bici anziane poco usate. Le file traballano mentre la gente infila le orride gabbiette.
Troviamo i nostri amici, compattiamo il gruppo e, ora che finalmente siamo schierati, risultiamo fieramente ultimi.

Iniziamo a recuperare. Il sole ogni tanto si sporge a farci il dito, e poi torna dietro le nubi. Il freddo e' freddo, ma mi sto scaldando.

L'organizzazione e' impeccabile, ad ogni incrocio macchine e folle si aprono davanti a noi e per un secondo mi sento un ciclista vero. Non contavo molto sull'ubertosa bellezza del percorso, la campagna ferrarese è nota per essere tendenzialmente triste. Ma invece no, il percorso è piatto ma non monotono, e poi ho il mio da fare a convincere la mia vecchia bianchi e le sue ruotine strette a non partire per la tangente sul ghiaino.

Però è bello, mi diverto. In queste manifestazioni gli dei del ciclo non ci sono, la gente è goliardica, amichevole. Faccio due chiacchere qui, due chiacchere la e finalmente il ristoro.
Bevo da solo una damigiana di vino caldo. Gli altri non sono da meno e quindi, anche se siamo arrivati al ristoro tra i primi, partiamo nuovamente ultimi.
Ancora una volta siamo abbastanza veloci, e recuperiamo parecchio. Quando ci avviamo verso il centro del gruppo, LL buca. Ci fermiamo quasi tutti ad aiutare, e questo aiuto collettivo è così efficace che ci superano nuovamente tutti, compresa una coppia di signori che avranno ottant'anni a testa e pedalano per pura forza di volontà.

i due attempati ciclisti scompaiono all'orizzonte. Arriva il carro scopa.
"tutto a posto ?"
"certo" risponde LL, che ha finito di cambiare la ruota e si è messo la gomma bucata a bandoliera, come un bandito messicano.
Il carro accellera e ci lascia indietro. Siamo ufficialmente gli ultimi degli ultimi. Siamo talmente ultimi che ci diamo una mossa.
Saliamo su un'argine, e ci facciamo una ventina di km abbondanti in ciclabile, lungo il Po.

Pompiamo, le gambe ormai calde, e risuperiamo quelli che avevamo già superato - alcuni 3 o 4 volte. Appena ci vedono gli viene da ridere. Riprendiamo anche il carro scopa, e finalmente siamo a Ferrara.

E, maledizione, anche stavolta mi è piaciuto. Non per la mascherata che mi è indifferente, ma per il percorso, l'atmosfera e la compagnia.

Questa mia pulsione gravel non è grave(L) ma va risolta. Al riguardo, qualcosa bolle in pentola. Quando sarò pronto, vi racconterò.

NB: un appaluso agli organizzatori de "La Furiosa": sono stati impeccabili, e l'atmosfera era molto bella.
 
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patbici

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piccolo momento triste.

ieri sono salito con alcuni amici a monte pastore. E' una bella strada, che parte da fondovalle e a metà del percorso inizia ad inerpicarsi. Non è una salita drammatica ma è inesorabile, di quelle che non ti danno un momento di tregua. Mentre pedalo tutto concentrato, cercando di conciliare fiato e ritmo in un qualcosa di sostenibile, arriva Lui.

Io sono vecchio, Lui è più giovane.
Io sono ciccio, Lui decisamente grasso.
Io sono vestito primaverile e sudo, Lui è bardato da inverno con l'antivento sopra.
Io spingo il 34-34, Lui pedala lento, muovando un rapporto per me impossibile.
Io sto ansimando, Lui è fresco come una rosa.

Mi supera lento, senza nemmeno guardarmi, e incedendo imperiale mi lascia indietro un pochino alla volta.

Lo vedo sparire dietro il tornante. Ci rimango male. Sono 3 anni che cerco di passare dalla categoria "pippa assoluta" a quella dei "mediocri", e quel tizio grasso, vestito da inverno, che spinge un rapportone non suda nemmeno ?

Arrivati in cima, lo confesso ai ragazzi. "Sono una pippa, ragaz, non migliorerò mai. Mi ha passato anche il tizio con l'antivento bianco".
"ma chi, quello con la bici grigia ?"
"proprio lui".
FF mi guarda ridendo: "ma sei un co****ne, non lo hai visto che aveva l'elettrica ?".

Chissà se anche Lui, il monte, sente di averlo meritato.
 
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marcstr

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mai demoralizzarsi ognuno ha la sua gamba ,specialmente in salita , manca poco che da ''pippa '' passi a amatore ,, forza e coraggio ci siamo passati tutti . Un paio di anni fa in salita affianco un signore sui 40 . sara' pesato a dir poco 110 kg , gli ho fatto i miei complimenti e lui felice mi sorrise , e mi disse '' mai con l'elettrica ,preferisco sudare ma andare su col mio passo . E' arrivato pure lui in cima alla salita felice e contento .Ecco lo spirito giusto
 
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Ai miei amici il fuoristrada non piace.

O meglio: loro amano solo il fuoristrada "nobile", quello che fai sulle strade bianche alla guida di una bici da corsa d'annata. Piace anche a me, anche se mi va stretta la retorica del ciclismo classico. Come ho gia' detto, non sono mai stato un appassionato di corse e i vari Gimondi, Pantani, Merx non mi significano niente.

Pero' il fuoristrada leggero mi piace. Ho fatto diversi bei giri la scorsa estate, e l'idea di una bici "da argine" mi stimolava da tempo.
Negli ultimi mesi ho elaborato mentalmente il concetto.
Ci vuole la piega, perche' il manubrio dritto mi massacra i polsi e non mi piace.
Ci vuole l'ammortizzatore, perchè dalle prove che ho fatto ne ho tratto la convizione che una gomma mezza sgonfia non basta ad evitare le vibrazioni.
Ci vogliono ruote con tasselli posti sul lato, perche' i gommoni da fuoristrada su asfalto sono un inferno.

Ne e' uscito un accrocchio, mezza mtb e mezza da passeggio, buona a niente ma adatta a quasi tutto. L'ho battezzata "l'impostora", perche' si finge gravel, anche se non lo e'.

Il cuore dell'impostora e' lo strano manubrio della surly, la corner bar, concepito come piega da gravel che consente di mantenere i comandi da mtb. L'installazione di questo manubrio pero' comporta la necessita' almeno sulla mia mtb, di allungare un pochino le guaine di cambio e freni. Io tendo a diffidare dei meccanici, coi quali ho sempre avuto esperienze antipatiche, ma di freni idraulici so pochino. E quindi la porto, anche perche' mi sono iscritto ad un piccolo evento gravel a Monselice, la rocks'n roll 2022, e ho bisogno che la bici sia in ordine.

Il meccanico, tutto giulivo, mi annuncia che montera' una super guaina che rendera' i modesti freni della mia povera impostora un gioiello di potenza. Io lo benedico, e mi involo lasciandolo al suo lavoro.

10 giorni dopo e' pronta. La superguaina e' stata montata solo sul freno posteriore, perche' sull'anteriore "non si poteva". La provo, e sento che il freno dietro e' spugnosetto, ma va. Pago in natura, consegnando al meccanico il rene destro, e me la porto a casa.

Sabato vado a fare un giro, il freno dietro smette di funzionare nei primi 10 km. Ho quindi solo il freno davanti, che in discesa, coi miei 90 kg a bordo, fa quello che puo'. Pero' funziona, e quindi ieri mattina parto per andare a fare la rocks'n roll.
Poiche' i miei sodali all'ultimo minuto mi hanno fatto il pacco, sono solo.

Arrivo, mi registro e mi guardo intorno.
Per quanto io abbia scelto i 71 km del percorso breve, intorno a me di ciciloturisti con la mtb non ce ne sono. Le bici sono tutte gravel, alcune con le borse da viaggio montate per fare 'ste poche decine di km. Come sempre appena si passa il Po, la lingua ufficiale dell'evento e' il dialetto locale.

"Ti xe vegnu da bologna per fare sto giro ?" Mi sorride incredula la ragazza che mi registra. Vorrei spiegarle che non sono proprio foresto perche' mia moglie e' di quelle parti, ma lascio stare. Mi carico pompa e camera di ricambio in tasca, e mentre cerco i fazzoletti di carta nel bagagliaio viene data la partenza.

Oh cacchio, il gruppo e' andato. E ora dove vado? Il percorso non e' segnalato, la formula della manifestazione e' "navigazione libera con gps". Attacco il suunto, che mi indica con sicurezza di andare a destra. Lo seguo pedissequo, e mi perdo nel ritmo dei pedali.

La prima parte e' un lungo giro tra asfalto e sterrate, con un bel tratto di lungofiume la cui bellezza e' strepitosa. Il panorama, poi, e' spettacolare, con la pianura interrotta da una serie di piccoli ripidi monti coperti di bosco. Blocco e sblocco la forcella secondo la necessita' e le mie braccia, libere da vibrazioni, ringraziano. La corner bar e' guidabilissima fuoristrada, e il drop ridotto permette un'agevole conduzione in presa bassa. I rapporti ridotti permettono di muoversi bene tra le buche dei sentieri. E' piu' faticoso che con la bici da strada, ma si fa bene, mi piace.

A meta' giro c'e' il ristoro, e inizio a capire che c'e' qualcosa di strano. Arriva gente, ma dalla direzione sbagliata. Parlano della difficolta' delle discese "da mtb". Che discese ? Era tutto piatto. Forse che il navigatore mi sta facendo fare il giro al contrario ? Spiegherebbe perche' per strada non ho incontrato nessuno....

Riparto, e i timori si rivelano fondati. Salgo per tratturi dal fondo rotto in cui incrocio altri che scendono. Il giro sarebbe concepito per salite medie adatte alle ruote gravel e discese ripide da fare in modalita' sopravvivenza, ma facendolo al contrario io mi becco discese quasi amichevoli e salite che faccio solo grazie ai rapporti da mtb. Il che va bene, visto che ho solo il freno anteriore e che, senza posteriore, rischio comunque piu' volte di capottare. Oggi, meno discesa c'e' da fare e piu' sono contento.

Finiti i monti, arriva il vento. Sembra sempre di averlo contro, ma e' solo la stanchezza della quarta ora in bici. E poi questo sellino tende ad infossarsi, e mi fa male. Insomma, sono in bici solo, da quasi 4 ore, con un discreto male al c**o. Sarebbe ora di finirla.

Il navigatore mi compatisce, e scandisce a ritroso gli ultimi 100 metri all'arrivo, che come percorso e partenza e' segnalato solo dalle bici dei partecipanti appoggiate qui e la' alle siepi.

Ci aggiungo anche la mia e mi godo il pranzo e una birretta, rimuginando sulle lezioni apprese.

Prima lezione: porta la bici dal meccanico, che ti ripari BENE il freno dietro. Seconda, cambia il sellino o settalo molto bene. Terza, pneumatici piu' tassellati ai bordi, che in salita, tra i sassi, i marathon tour + da 35 fanno poca presa . Quarta, da solo ti diverti il giusto. In gruppo ci saremmo divertiti di piu'.

Sara' per la prossima volta.
 

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patbici

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Torna il caldo, e insieme a lui rispuntano amici che, all'inizio dell'inverno erano andati qualche mese in letargo.
Che poi non e' vero, almeno non per tutti.
C., ad esempio, ha scoperto un problema di salute che lo obbliga ad una certa cautela nello sforzare il "core", e ha passato gli ultimi mesi a studiare come tornare sui pedali.
Qualche domenica fa, quindi, si presenta su una strana bici, che non e' la sua abituale. Non potendo fare sforzi addominali, e' passato all'elettrica.

Ora, il mio approccio al motore e' ambivalente.
In linea di principio, le e bike non mi fanno ne' caldo ne' freddo. Per quanto mi riguarda, ciascuno puo' girare con quello che vuole e non lo sento ne' migliore ne' peggiore degli altri.

In concreto, io non la prenderei mai. Come tutti i ciccioni, io sono suscettibile circa le mie scarse doti fisiche, e traggo una perversa soddisfazione dai metri di dislivello che mi guadagno con la forza delle mie gambe.
Col motore li farei con meno sforzo, o a parita' di sforzo ne farei di piu', ma non me li sarei guadagnati e quindi non ne avrei soddisfazione.

Partiamo per un giretto esplorativo. L'elettrica di C. e' alla sua prima uscita, e incuriositi ce la passiamo tutti, per provare com'e'.

La provo anche io. Sensazione stranissima. Il motore, molto silenzioso, e' come se non ci fosse, e quando attacca nemmeno te ne accorgi. E tuttavia, e' come se ogni salita diventasse ripida la meta', o la tua forza sui pedali risultasse raddoppiata. Su una rampa in cui solitamente scalo a bestia, tengo tranquillo rapporti che altrimenti mi farebbero sudare parecchio.

La restituisco, e riprendo la mia.

L'elettrica e' un gran bel giocattolo, ma non fa per me. Capisco chi la usa perche' altrimenti non riescirebbe a pedalare, come i miei amici C. e G.. Se un domani dovessi avere una patologia che mi impone la scelta tra divano e motore, passerei all'elettrica pure io.

Ma non capisco, invece, chi la usa per ovviare allo scarso allenamento, oppure per non faticare in salita.
Se nun ja fai, fai giri piu' corti oppure allenati per migliorare. Pedalare col trucco a me - di pancia - sembra vagamente disonesto.

Cazziatemi numerosi, che sono il primo a trovare infantili gli imperativi categorici e gli assoluti.
A mia discolpa, posso solo invocare la notissima "ode all'elettrica" del poeta Catullo.

Odi et amo.
Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio. Et excrucior.

che tradotta liberamente suona così:

[Motore elettrico], Ti odio e Ti amo.
Ti chiederai probabilmente come cavolo faccio.
Non lo so, però è così. Che casino che ho in testa.
 
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Biker strambus
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Vergate sul minchio
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Rockrider "Cancellum lentus lentus"
Macchè cazziare...
Tratto finale tra Auronzo e Misurina, un 15% maledetto alla fine di una salita in continua crescita, io se avessi potuto avrei messo un 22 davanti e un 200 dietro, praticamente un criceto ; mi superano dei 20 enni e-bikati settati su "turbo", una si ferma e mi farfuglia qualcosa tipo "se avevi la ebike non eri ridotto così".
E io,serafico: "Preferisco morire da eroe piuttosto che vincere da perdente" (o qualcosa di molto simile, ero veramente in fuorigiri con tutto)

Pure io, dovessi passare all'elettrico, lo farei per assenza di alternative al divano.
 

patbici

Biker serius
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(Piccola storia triste)

Mi sveglio, sono le 6.30.

Gli interstizi tra le tapparelle semi alzate producono una scacchiera di luce accecante sul muro della camera.

La bici e' pronta in garage, che mi chiama.

Faccio per scendere dal letto con un balzo felino, e poi mi ricordo: ho il covid, sono in quarantena.

Sacramentando, mi metto la mascherina e vado a farmi il caffe'.
 
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