Il dubbio

  • Cannondale presenta la nuova Scalpel, la sua bici biammortizzata da cross country che adesso ha 120 millimetri di escursione anteriore e posteriore in tutte le sue versioni. Sembra che sia cambiato poco, a prima vista, ma sono i dettagli che fanno la differenza e che rendono questa Scalpel 2024 nettamente più performante del modello precedente.
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Ser pecora

Diretur Heiliger Geist
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Diretur
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Nel mondo del ciclismo ormai la parola doping è tanto naturale quanto l’aria che si respira.
Le cronache sono piene ogni giorno di retate, annunci, licenziamenti, smentite, processi, provette, fialette, flebo, siringhe, manette.
Nei forum si leggono le opinioni più disparate. Si va dal colpevolismo più radicale e violento fino al “lo farei anch’io”.
I più disposti alla riflessione si chiedono cosa sia. I più pragmatici si chiedono che regole inventarsi per contrastarlo. In ogni caso, tutte le posizioni partono dal presupposto che il doping ci sia e che in qualche modo è entrato a far parte del panorama quotidiano.
Tutti conoscono almeno un nome di un campione “dopato”. Uno che abbia conosciuto la tiritera di giornalisti a caccia di scoop, PM, carabinieri, prelievi, e magari la pubblica gogna (magari seguita da, fatua, pubblica riabilitazione). Nel mondo un po’ meno dorato del professionismo di fascia bassa e del dilettantismo però i nomi sono più difficili da conoscere, almeno per i non appassionati, e si fanno a bassa voce. E’ un piccolo mondo.
Più per caso che per altro ho conosciuto alcune di queste persone. E ne sono sempre rimasto scosso per quello che mi hanno comunicato a livello umano. Perché quando li hai davanti, questi che prima erano solo “loro”, loro che vedevi solo su una bici, guizzanti e potenti, ora li vedi nella secchezza di fisici in cui la massa grassa è stata combattuta con allenamenti e diete ferree, provati da decine di migliaia di km al sole ed al freddo, al vento ed alla pioggia, o peggio da ore di rulli al chiuso, annaspando in pozze di sudore. Di colpo ti rendi conto, guardandoli, di una grande impressione di fragilità. Dietro quei fisici forgiati dalla fatica c’è rumore di cristallo rotto. Perché la passione per la bici, il sogno di essere campione, le gare vinte, il bacio della miss, anche se di paese, il sentirsi protetti, spronati dal dirigente, carezzati e incitati dal massaggiatore, le coppe, le braccia alzate sul traguardo, sono sogni.
Sono sogni che molti di noi "biciclisti" (ma non solo) almeno una volta abbiamo fatto.
Queste persone li hanno realizzati.
Magari in piccolo, ma tutto questo lo hanno provato. Poi, però è arrivata l’esclusione. Come negli orrendi reality che ci ammorbano alla tv, sono stati buttati fuori dalla “casa”, ma senza nomination o votazioni, così, di colpo, senza poter fare la valigia, ma magari con un carabiniere che la notte suona alla porta. Ed ecco che le ali del sogno vengono spezzate. Nelle loro parole c’è rabbia, tantissima rabbia. La rabbia di chi sente tradito, da chi si sente escluso, magari mentre in tv continua a vedere quelli che sono ancora dentro, nella dorata “casa” sotto le luci della ribalta. Esclusi da tutto quello che era a portata di mano o quasi. Traditi da chi ne sapeva più di te e ti ha consigliato, ti ha curato, ti ha protetto. Ed ora ti scarica, se ne frega.
La dura legge “del gruppo” è tanto implacabile sulla strada quanto poi, quando sei sceso di sella. Quando nessuno ti vuole più dare una bicicletta da pedalare e ti impone di stare zitto. Il silenzio.
Cosa resta a questi uomini dopo? Resta la schizofrenia dell’essere continuamente condannati ed assolti. Rifiutati ed adulati. Ora angeli ora diavoli. E così la rabbia cresce nelle loro parole. C’è l’orgoglio ferito da riscattare, ma il voto del silenzio che pesa come un masso sulla testa. E che alla fine schiaccia.
Ci sono attività in cui riciclarsi, ma sempre di ripiego si tratta, perché il loro posto è là, in sella, sui pedali, a lottare contro la fatica, a ruota o in fuga. O c’è il patto col diavolo ed il continuare nell’ambiente, sostituendosi a quelli che li hanno traditi. Mi lascia sempre scosso parlare con quelli che hanno provato tutto questo. Il dare un giudizio mi mette a disagio.
Ci sono troppe cose che non capisco e che mai capirò.
Mi fa davvero avere in odio però il doping. Un cancro che non agisce sul fisico in maniera così distruttiva che come nella testa. Ti illude e poi ti schianta. Instilla il dubbio.
Non solo nei ciclisti, ma in tutti.
E' un dubbio che logora, che fa perdere credibilità e che ammanta tutto il sistema di una retorica e di un'ipocrisia decisamente insopportabili.
Non cosi' tanto insopportabile pero'. Alla fine quel che conta...non lo so.
Tante risposte,nessuna risposta. Ed il dubbio che resta.
 

BlacK2 Baron

Biker tremendus
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Valle Maira
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Saggio Ser, molto saggio, molto onesto. Chapeau

Purtroppo io non mi sono sentito dentro nel essere uno di quelli che anche solo una volta nella vita hanno sognato la vittoria, la possibilità di fare carriera.

So sulla mia pelle cosa significa mischiare passione e lavoro (suono, per passione e per lavoro) e quando vado in bici lo faccio perchè mi distrae dal lavoro, perchè mi rilassa, non sono in lotta con nessuno, non ho motivi di andare più forte di quanto fanno le mie gambe.

Il ciclismo mi piace così com'è, senza agonismo, non lo so il perchè, ma vedo attorno a me molti oggigiorno condividere la mia filosofia.

Forse inconsciamente non amo l'agonismo perchè sono cresciuto vedendo sempre in TV il ciclismo professionista come qualcosa di sporco, di dopato o come macchine messe su una bici e programmate a correre.

O forse persone come noi che hanno dovuto mescolare passione con lavoro. E il lavoro ha preso il sopravvento.
 

bricke

Biker perfektus
24/8/07
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Venezia
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(Se) Sono dopati. Lo sapevano. Devono pagare. Punto
Non sempre lo sanno, é comunque giusto che paghino, però:
Dovrebbe pagare anche il medico e la squadra TUTTA (altri atleti a parte), compresa l'amministrazione, dirigenti, sponsor.

Quello che mi fa rabbia é che *spesso* é il team che ti obbliga a usare certi "aiuti", fino a che va tutto bene, sei il campione; quando vieni beccato ti sbattono fuori con la scusa del "noi siamo per lo sport pulito".

Vedi l'ultimo episodio Cannondale.

Comunque hai ragione Ser, é difficile dare un giudizio assoluto.

ps.: Vediamo se mi becco una rep negativa per aver detto ciò, come nel post su cannondale...
 

toni.bacan

Biker tremendus
22/8/07
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Garda-Lessinia
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(Se) Sono dopati. Lo sapevano. Devono pagare. Punto
Quoto.
Non possono NON SAPERE di essere dopati.
Può succedere che spesso vengano "costretti" a doparsi (o così o fuori dalla squadra) o che lo scelgano di propria iniziativa e poi essere iniziati da chi è "dentro".. ma una cosa è certa, chi è dopato sa di esserlo ed ha scelto di esserlo.

E' vero.. ci si gioca il tutto per tutto per arrivare ad accarezzare un sogno, IL SOGNO, arrivare davanti a tutti ed alzare le braccia al cielo in segno di vittoria, ma a quale prezzo? e quale sapore ha poi la vittoria? una vittoria conquistata in modo corrotto, sleale...

No, non è più il raggiungimento di un sogno. E' la realizzazione di un'illuzione, qualunque sia il traguardo raggiunto.
 
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Ser pecora

Diretur Heiliger Geist
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Diretur
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Vico Road, Dalkey
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io non ho capito in che consiste il dubbio...

Nella lealtà, la correttezza, la regolarità di uno sport.
Questo è il danno più grande.
Ormai chiunque di fronte ad una vittoria o un'impresa ti dice: "si, ma tanto..."
Indipendentemente dalla realtà dei fatti (dopato o meno).
Questo a mio avviso è la grande sconfitta di un certo modo di intendere lo sport: avere un dubbio. Sempre.

Questo è il punto del mio discorso.
 
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bikerciuc

Biker infernalis
stando a quel po' di storia del ciclismo che ho imparato, il doping ha seguito un binario parallelo all'evoluzione della disciplina...fin dagli albori... ora le 'bombe' di allora ci fanno sorridere nella loro ingenuità, derivata da un mondo 'povero' dove già riuscire a mangiarsi una bistecca finiva per essere una conquista.

Io ho sempre ammirato Pantani che è stato il simbolo stesso della fragilità citata dal Ser, io credo sarebbe stato un campione anche senza fiale,siringhe ed ematocrito alto...

Il mio dubbio è sulla statura umana nonchè sulla trasparenza e sulla lealtà sportiva di tutti quei manager,DS ed altri che ufficiosamente incoraggiano qualsiasi schifezza salvo poi negare tutto e riversare ogni colpa sul corridore se questo viene pinzato.

I giornalisti non sono da meno, volendo essi raccontare 'l'impresa', il gesto eroico di un 'uomo solo', volendo vedere le rasoiate, le volate sul filo dei 70 all'ora, per avere qualcosa da raccontare che trascenda di grosso la normalità. Sono i primi ipocriti perchè gente che si è riempita le tasche con le imprese di questo o quel corridore forse è la meno indicata a poterlo giudicare...in altri ambiti verrebbe definito un 'conflitto di interesse'...ma questa è un'altra storia...e per taluni i conflitti suddetti sono sempre e soltanto quelli altrui.
 

alebuk

Biker velocissimus
23/4/07
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Pisa
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cosa non si farebbe per campà !

vado in bici solo per me stesso,
non spenderei neanche un minuto della mia vita ad ascoltare imprese di ciclisti ....

non mi interessa nè cosa hanno fatto, ne cosa fanno, nè il loro destino

io pedalo
 

nemo00

Biker novus
15/9/10
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Bellissimo articolo. Mentre lo leggevo mi é tornato alla mente il povero Pantani, di cui ero grande tifoso. La schizofrenia di essere da una parte sostenuto e dall'altra condannato, per citare il tuo articolo, e la intrinseca fragilità sono stati cio' che lo hanno portato alla distruzione definitiva. La droga e tutto il resto, alla fine, sono stati solo lo strumento materiale.
 

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