Giarolo by night

  • Siete di quelli che, quando comincia a fare freddo, mettono la bici in garage e vanno in letargo, sdivanandosi fino alla primavera? Quest’anno avrete un motivo in più per tenervi in forma, e cioè la nostra prima Winter Cup, che prende il via il 15 novembre 2024 e si conclude il 15 marzo 2025.
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El.Diablo

Biker ultra
20/1/12
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Un breve resoconto che narra di una indimenticabile escursione notturna in mountain bike.
I fatti, le persone e i luoghi sono assolutamente reali, al pari delle situazioni, dei dialoghi e delle magie, ancorchè il testo sia introdotto dal classico "ammonimento" d'ordinanza.
Mi scuso anticipatamente se la forma espressiva utilizzata potrà risultare ruvida e volgare, in quanto inevitabile ai fini dell'efficacia narrativa.:-)

Andrea



Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale


“…e quali novelli Diogene persuasi dall’imperitura fede nell’Arcano, marceremo al fioco lume del terrore, squarciando le tenebre che ci avvolgeranno come drappeggi di perfide Mantidi gelose di un pasto ancor da consumare… (ma che cazzo ho scritto??) ”


Inizia così, con l’inquietante risposta resa dal vostro affezionatissimo alla proposta del buon Fabrizio, l’avventura che vedrà uno sparuto manipolo inerpicarsi per le irte pendici del monte Giarolo in piena notte.

Ma veniamo ai fatti…

Diciassette (porta sfiga…) maggio 2003, ore 21.00 Spineto Scrivia – magione di Fabrizio.

“Cacchio ! sono arrivato per primo…o sono l’unico?” esclamo al mio arrivo al quartier generale.
Fabrizio non risponde subito e si fionda in casa a recuperare l’elenco dei partecipanti. Con lo sguardo sfuggente mi tende un’antica pergamena riportante un abbondante elenco di nominativi dei presunti compagni d’avventura, iniziando ad argomentare le fantasiose motivazioni che avrebbero indotto costoro a rinunciare all’impresa: “…Mah! Mi ha telefonato all’ultimo momento, non se la sente !.. c’è chi ha 36 raggi rotti, l’unghia incarnita, la zia in fin di vita, il piede d’atleta, il menarca, la prostata tumefatta e via dicendo…”

Ad un tratto, proprio mentre incominciavamo ad essere colti da un vago presentimento d’abbandono e solitudine, ecco due fari che si avvicinano sciabolando lingue di luce nella notte ormai fonda, e dopo quelli altri e altri ancora: “Alleluia, siamo in sei !” sbotto rincuorato mentre procediamo con l’appello di rito (sai che fatica…).

Ultimo, ma non per ultimo, sopraggiunge con un frullo d’ali il settimo cavaliere dell’Apocalisse, l’antitesi d’ogni entità ectoplasmatica, corpulento, sanguigno, cavalca un destriero d’acciaio “d’antan” dotato di improbabili redini prolungate alla John Tomac, il torso fasciato da un fastoso paludamento commemorativo in onor di noto Principe del Pertugio Locale, nel tascapane una provvida gavetta colma d’acciughe al verde e gorgonzola: è Sergio.

La foto di rito scattata sulla griglia di partenza pone un inquietante velo d’ombra sulla buona riuscita dell’impresa, quale un oscuro, malefico presagio: al primo tentativo non entra in funzione il flash della fotocamera, al secondo funge solo quello ed al terzo percepiamo una violenta esplosione accompagnata da strani bagliori (mah! forse il magnesio…).
Solo più tardi scopriremo trattarsi di petardi carnascialeschi, parte integrante dell’equipaggiamento d’armi di distruzione di massa in regolare dotazione al settimo Cavaliere.

I miei compari, esauriti i soliti preliminari dedicati al controllo del mezzo ed alla verifica dei sofisticatissimi congegni d’illuminazione (Fabrizio ha sacrificato pure la lampada alogena della propria scrivania, collegata ad una batteria posta a pochi centimetri dal deretano…), “notano che non mi si nota”.
E’ vero, sono totalmente vestito di nero dalla testa ai piedi e pure la bici sfoggia una livrea corvina !!
Attoniti mi chiedono il motivo della mia sconveniente quanto bizzarra scelta cromatica; non so render loro una risposta decente e m’imbarazzo.
Serpeggia tra le file l’ipotesi che il sottoscritto porti rogna. Io respingo l’imputazione addebitata giurandolo sopra una montagna di Bibbie. Il seguito prova che avevo torto.

Cacchio! Ma quanto è bello pedalar nell’ora vespertina !!
E’ vero, siamo solo in sette, ma abbiamo così tante luci da non temere il confronto con i mitici proiettori Carello della Lancia HF di Munari e Mannucci, fatta la debita eccezione per i soliti furbi che nel tentativo di risparmiare le preziose batterie s’imboscano nelle retrovie spengendo le lucerne…
La prima tappa è a Castellania, alla Locanda del Grande Airone. “Mauro ci ha assicurato la sua presenza”, esclamano i colleghi all’unisono strillando come vecchie checche eccitate per l’evento.
Come volevasi dimostrare, sulla soglia del locale dedicato al grande Fausto ci accoglie un ragazzone dallo sguardo torvo che ciondolando la testa come un orso nella gabbia dello zoo ci comunica, visibilmente affranto, la sua prevedibilissima defezione.
Seppur dispiaciuti (?????) per la diserzione dell’esimio collega, partiamo di gran carriera dalla locanda gremita di avventori incuriositi, accompagnando la sgommata con le simpatiche deflagrazioni prodotte dai terribili mortaretti al plastico abilmente innescati da Sergio.
In quell’istante mi torna alla mente l’oscuro monito paterno: “Ci vuole una vita per farsi un cliente; un secondo per perderlo!”. Povero Mauro.

Finalmente a Sant’Alosio inizia la sterrata e le vibrazioni offerte dal fondo sconnesso incominciano a mietere le prime vittime, evidenziando la precarietà del fissaggio degli impianti d’illuminazione e la scarsa profondità del fascio di luce prodotto dalle lampade: in parole povere non si vede un cazzo!
In prossimità del Ciliegio, Fabrizio ci avverte che la titolare dell’omonimo locale è stata avvisata del nostro arrivo e ci attende per un caffè fumante: evviva!
Giunti sul posto dobbiamo – ahimè -constatarne la serrata.
Ovviamo all’empasse con il caffè offerto dal buon Fabrizio che, previdente, ha stipato nello zaino un thermos dalla volumetria imbarazzante.

Inizia qui un simpatico contraddittorio tra il sottoscritto e il taciturno Mimmo: entrambi dotati di altimetro cerchiamo conforto in merito alla precisione di questi gioielli tecnologici, confrontandone i dati prodotti sul display.
Con malcelato stupore rileviamo una lieve discrepanza sui valori offerti, diciamo intorno ai 300 metri !!.
Dopo un civilissimo confronto le parti in questione convengono di sanare la vertenza dichiarando la marginalità del problema, cagionato esclusivamente da una diversa taratura dello strumento in ragione del sempre discutibile riferimento del livello marino: l’uno calibrato alla quota altimetrica del mare di Vhò, l’altro a quella del mare lunare della Tranquillità.

La malasorte punirà il machiavellico Mimmo, riservandogli da lì a poco l’accidentale immersione dell’estremità sinistra nell’unica, dico unica, pozza di mota argillosa incontrata lungo il cammino. Checché ne dica il Cavaliere, la giustizia trionfa sempre!

Diciotto (porta bene…) maggio 2003, ore 03,00 Giarolo paese.

Stante la tarda ora e le energie già profuse, vengo sopraffatto da un vago torpore atassico proprio sotto il campanile della chiesetta di Giarolo in occasione dell’ultima sosta, preludio dell’attacco alla vetta.
I micidiali rintocchi scanditi dalle antiche campane restituiscono vigore alle sinapsi dei miei poveri neuroni abitualmente inclini alla letargia: sono pronto.
Vista l’occasione e nel tentativo di esorcizzare la paura che inevitabilmente alberga nell’animo dei comuni mortali, ognuno dice la sua prima di affrontare la micidiale rampa bitumata che conduce alla strada sterrata: “Togliamoci sto’ dente…dai!” sbotta qualcuno pigiando sul riottoso pedale che par d’esser di ghisa “… e che sarà mai…” ribatte l’altro, mentre nelle retrovie percepisco i malumori di chi malaccetta il comune destino che ci assoggetta alla gravità terrestre.

Il sottoscritto, nel vano tentativo di tenere alto l’umore della truppa, accenna un’improbabile dissertazione sull’umana sofferenza, ma, giunto al fatidico “…e a Dio piacendo…” viene brutalmente zittito dai compagni di ventura che palesando scarsa signorilità si strizzano vistosamente le pudende rinnovando un antico gesto scaramantico.
Di certo l’unica incitazione e/o raccomandazione universale (vero tormentone dell’intera escursione!) che viene scandita ad ogni rivoluzione della pedaliera, è il rassicurante: “Andiamo adagio, ragazzi !”.
Prima di evolverci quali entità adulte, imperfette nonché condizionate dalle regole, siamo stati tutti bambini e come tali ciascheduno ha provato l’ebbrezza della ribellione quando, rincorsi affannosamente dal parente di turno, sfuggivamo al controllo del malcapitato pigiando forte sulle pedivelle del canonico sfrenato triciclo mulinando senza sosta le vispe gambette: “Vai adagioooo che cadiiiii…..”.
Alla centoventisettemillesima ripetizione della frase di rito scatta dentro di me la molla psicologica del dissenso, provvidamente custodita carica e funzionante dall’atavico retaggio.

Allungo il passo, volo, da solo verso il Giarolo…

Abbandonati i compagni al loro destino mi rendo subito conto che la lotta contro le tenebre è assolutamente impari e poco può il fioco lume della lampada che mi cinge il capo; anche la stessa luna, pur omaggiandoci della gradita presenza, soccombe al mellifluo drappeggio della notte…
Avanzo tentoni, cambiando repentinamente la direzione della ruota maestra, fidandomi esclusivamente delle sensazioni che mi trasmette la barra timoniera.
Schivo i sassi disseminati sul cammino. Talvolta ho l’impressione che siano loro a spostarsi autonomamente. Forse per pietà.
Grazie ad un’andatura più simile a quell’esibita da un camionista rumeno colto in flagranza di reato per guida in stato d’ebbrezza piuttosto che per l’abilità di consumato biker, raggiungo la parte terminale del percorso addentrandomi nel bosco: buio totale!.

Dalla maggior distensione della gamba a fondo corsa percepisco che qualche cosa sta cambiando il mio assetto in sella; con i dovuti tempi di reazione realizzo di aver perso il controllo dello sfintere e me ne dispiaccio, esternando il mio vivo disappunto con una collezione d’improperi che avrebbero fatto arrossire un camallo di porto.

Sono solo, mi sento braccato come un animale selvaggio, sento rumori provenire d’ogni lignea verticalità arborea, vedo occhi affamati di terrore che mi scrutano ansiosi di consumare il meritato pasto: ” Ma dove cazzo mi sono cacciato ?? Potevo aspettare gli altri, che fesso!! Potevo restare a casa e dedicarmi alla pratica del dolce su e giù con la cara mogliettina !! Nooo…sono qui nel bel mezzo del nulla …e sono pure in procinto di lordar d’escremento il fondello del pantaloncino !!”.
Dopo una breve sosta tecnica votata all’incombente disbrigo delle fisiologiche funzioni decido di rallentare il passo e di attendere l’arrivo del colorito manipolo, disimpegnando l’arcione.

A breve vedo spuntare due lumini dietro un largo tornante.
Rincuorato dalla visione scandisco i nomi di battesimo di tutti gli sventurati colleghi: nessuna risposta.
“E che diamine sono quelli ?? Fuochi fatui?? Qualche altro c......e in gita notturna?? No, quello è impossibile…forse i bracconieri, Hannibal the Cannibal e Jack lo Squartatore…e chi cacchio lo sa??.
Nel dubbio inforco la biga ed inizio una fulminea risalita che in un batter d’occhio mi vomita fuori dell’oscura selva restituendomi al cielo stellato (…che anche Dante Alighieri abbia risalito il Giarolo in m.t.b.??).
Scorgo finalmente le rassicuranti antenne, i ripetitori radiotelevisivi ed infine Lui, il Redentore.
Mi par di vederlo sorridere sotto i baffi, celando a stento l’antica complicità che da sempre governa le relazioni tra il Demonio e la Santità…

Giunto in vetta, da lì a poco sento sopraggiungere (captandone il caratteristico rantolio pre- mortem ) l’amico Sergio.
Blatera qualche cosa d’incomprensibile (complice il fiato corto ed il rumore assordante prodotto dall’immancabile tripudio di miccette…) e fuori luogo, della serie non c’entra un cazzo ma lo dico lo stesso, del tipo: ”Ah! Si fosse trattato di camminare e non di pedalare, eccome se ti avrei raggiunto e superato, bello mio!!”.
Dopo avergli sommariamente ricordato le origini e la natura ciclistica dell’impresa il simpatico camerata ammutolisce, forse realizzando in cuor suo di aver sparato una grossa cazzata. Va beh!!

Soffia un vento gelido ( due gradi centigradi!!) sulle glabre cime del Giarolo, ed entrambi cerchiamo riparo a ridosso della granitica base dell’incombente Divin Monumento.
Ivi, fors’anche per le peculiarità metafisiche del luogo, assisto ad uno spettacolo quantomeno sconcertante che concorre ad alimentare nuovi dubbi sull’integrità psichica del corpulento compagno: in un batter d’occhio, come un alpinista in preda ai furori dell’imminente nivea morte, Sergio inizia a denudarsi convulsamente!.

Il Redentore osserva tutto, inarcando il sopracciglio.

Io me la rido di sottecchi quando sfilatosi i calzoncini e con le vergogne ridotte a poco più di una protuberanza clitoridea in balia della gelida tramontana, realizzo, se ancor ve ne fosse stato bisogno, quanto avesse ragione il caro, vecchio zio di Genova quando esclamava compiaciuto dall’alto della sua bassa statura: “Omo piccin, tuttu belin!!”.
“ Mi devo cambiare la maglia sennò busco un malanno !” sbotta l’improvvisato California Dream Man from Mombisaggio.

Guardo il Redentore.

Picchiettandosi l’indice sulla tempia, mi lancia un segnale che non lascia spazio ad interpretazioni. Accetto il divin consiglio soprassedendo sull’impudica esibizione…

Alla spicciolata iniziano ad arrivare gli altri superstiti. Sono esausti ma ovviamente, vivi!

Con sottile piacere osservo il fango ormai catalizzatosi come un composto poliuretanico bicomponente intorno alla scarpetta sinistra di Mimmo; par che calzi un vaso etrusco in terracotta!
Affamati come lupi ci avventiamo sui generi di conforto messi gentilmente a disposizione dal previdente Fabrizio. Nella foga addento qualsiasi cosa mi si pari sotto il naso; ne fa le spese la falange del dito medio del robusto spogliarellista che gentilmente mi porgeva l’agognata fetta di salame…

Fa veramente un freddo forca! Visibilmente in preda allo sconforto tremoliamo come le foglie ad ogni sferzata che quel sadico bastardo di Eolo ci riserva.
Nel maldestro tentativo di lenire le nostre sofferenze, Sergio inizia sciorinare le sue indubbie conoscenze alpinistiche a tutela del calor corporeo: per una bella mezz’ora lo sentiamo divagare amabilmente in merito a cunicoli da scavarsi nella neve per potersi ricoverare al calduccio, per finire ad illustrarci le taumaturgiche virtù delle copertine rifrangenti (?????) e delle affascinanti tecniche del riscaldamento da contatto, quello che avviene per effetto dell’induzione termica tra i corpi. Nessuno interviene. Abbiamo le labbra violacee.
Decidiamo di mettere in pratica l’ultima procedura suggerita dal grande Sir Hillary, iniziando così un imbarazzante strizza-strizza che risveglia nel sottoscritto l’antica reminescenza del Tuca-Tuca della Raffa.

E’ l’alba. E’ tanto poetico, ma non me ne importa una sega. Ho freddo.

L’aviatore che si fosse trovato in quel preciso istante a sorvolare le cime del nostro 8000 locale, avrebbe potuto assistere alla desolante scena di sei maturi culattoni avvinghiati come locuste, intenti a chissà quale strana pratica erotica.
Non a caso ho citato solamente sei componenti dello sparuto bivacco, omettendo volutamente il povero Daniele… Egli giace infatti esanime ai piedi del Redentore (…just like in a dark, gothic picture!).
Esausto ed in preda ad un inizio di assideramento, ha contratto le membra a tal punto da appallottolarsi su se stesso come solo le contorsioniste cinesi o bulgare sanno fare. Forse le sue funzioni vitali stanno per interrompersi.
C’interroghiamo sul suo destino scrollando sommessamente il capo. Amen.
In certi frangenti, chissà, complice l’istinto di conservazione, gli umani riescono a trovare risorse inimmagginabili.
Eravamo giusto intenti ad intonare il de profundis allo sfortunato compagno, quando l’inerte sagoma dello stesso si rimpossessava, grazie ad un estremo atto di forza, della perduta vitalità.
Gaudenti per aver assistito al miracolo della resurrezione e dopo aver reso grazie al Signore Dio Nostro Re dell’ Universo, intraprendiamo conversazioni su frivoli argomenti al fine di blandire la tensione accumulata.

L’implacabile posizione consentitaci dal misero bivacco che proietta inevitabilmente il nostro sguardo verso il galattico impianto d’antenne, fornisce il pretesto a Sergio per sentenziare con la decisione ed autorevolezza che si conviene ad un vero leader: “Ascoltate questo ronzio! Sono le onde elettro-cosmiche-magnetico-nucleari prodotte da quelle maledette antenne !!.
“E’ vero!!” ribatte il volgo, cogliendo astutamente la palla al balzo per intavolare un bel dibattito scientifico farcito delle più inquietanti nonché nefande leggende metropolitane: “ Se ti avvicini troppo le onde ti rendono sterile!! …e ti cadono i capelli !! ( sto tremando…) “Se ti accosti con una lampadina in bocca (non è provato l’effetto in altri fisiologici orifizi…), questa si accende, se lo fai con un tubo al neon esso sfavilla come lo spadone Jedi di Luke Skywalker !!” ed altre amenità ancora…
Terminata l’accademica disputa, mi permetto di fare notare ai luminari della scienza e della tecnica che verosimilmente il sinistro ronzio che riempie il vuoto pneumatico dei nostri silenzi è prodotto dai generatori che alimentano gli amplificatori d’antenna e/o dagli amplificatori stessi.
Vengo fischiato dalla moltitudine riottosa che, come si conviene, preferisce credere alle bufale anziché consumare il delicato cerebro.

Con un atto di provocazione decido di sfidare l’accozzaglia di miscredenti appropinquandomi al sito deturpato da metallici pennoni e vortici parabolici, con la scusa di far pipì.

Volgo lo sguardo all’impressionante struttura, e mi accorgo che ci sono più parabole lì che nel Vangelo !!

Estratte con fatica le misere pudende dallo scomodo pantaloncino da ciclista, mi rendo conto di avere il pisello fosforescente. Faccio velocemente fagotto e torno sorridente dai miei pari.
Vox populi…


Il resto non merita di essere raccontato.

Dovrei narrare della splendida quanto interminabile discesa verso Volpara, dei fantastici up and down per stradine bitumate percorse a folli velocità, dei miei tuffi carpiati ed altre prevedibili amenità. Lasciamo perdere.

Degna di nota rimane invece la sosta a Cabella Ligure, in occasione della quale era previsto, come da programma, la colazione da consumarsi nel bar della piazza.
Il locale al nostro arrivo era ovviamente chiuso.
Solo dopo estenuanti trattative diplomatiche convinciamo la titolare, che nel mentre si era affacciata dal balcone, ad aprire l’esercizio.
Inspiegabilmente al mio ingresso nella bettola noto che un tavolo è già occupato da un gruppo d’improbabili pensionati.
Ma come cazzo facevano a trovarsi già dentro prima dell’apertura ?? Erano forse rimasti chiusi dalla notte precedente e l’ostessa non si era resa conto di nulla?? Potevano forse essere incalliti biscazzieri o perfetti manichini replicanti lì posti per dar tono alla squallida trattoria…boh!

Ordinate le colazioni mi avvicino al bancone, domandando cortesemente alla barista un succo di frutta vitaminico A.C.E.. Non l’avessi mai fatto, avevo destabilizzato la sua routine!!!
La maitresse mi investe, apostrofando in malo modo: “Che ha detto che vuole? Ma che cacchio è sta roba lì? Sono tutte porcherie! Si beva questo! (agitando una bottiglia di spuma rossa)… e non rompa i coglioni !”.
Convinto dalla grazia e dalla colorita cortesia dell’attempata signora, decido - ob torto collo- ma con signorile aplomb, di seguirne il suggerimento.

Giro l’ultima pagina. Per vostra fortuna, ho finito.

El Diablo

P.S. Mi scuso per gli inevitabili orrori ortografici e di sintassi, ma non ho proprio voglia di rileggere le stronzate che ho scritto!
 

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ma è un forum di poeti e scrittori o di bikers? Ogni tanto me lo domando e non trovo la risposta :smile::smile::smile:

Very compliment per la vena umoristica :celopiùg::celopiùg:


Si suole dire che gli italiani siano un popolo di poeti, santi e navigatori.

In verità qualche poeta ci è rimasto, i santi sono tutti in paradiso e... dopo le prodezze di Schettino ai nostri navigatori nessuno assegnerebbe più il comando neppure di un canotto a remi!!!:il-saggi:
 

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