FINALE a sorpresa
(Quello che ho visto e sentito).
Ho sentito distintamente le mie fasce lombari urlare. Dicevano “perdi qualche kg, schiappa, che ti superano anche le radici degli alberi!!!” Quando te lo dicono, senti un male cane.
E ho sentito cosa può significare una doccia dopo un giro, quando il sole ti arde la pelle, la polvere ti entra fin dentro l’anima, e ogni cosa sembra più lenta e più faticosa.
Ho visto un signore avanti con gli anni (Cristiano, sei un mito! Dico sul serio) spremersi come un limone e darmi nove minuti a giro. E ho visto gente, una Domenica mattina, che diceva: “forza, ci siamo quasi, non mollare!!”
Ho sentito Claudio dirmi: “mi raccomando, dì che fa troppo caldo, che hai preso troppo sole, che non sei allenato, e soprattutto: passa di qua da sborone come al solito, per poi morire alla prima salita!!!” Il mio personal trainer, chi ti conosce meglio?!? E ho sentito anche l’acqua che mi ha tirato dietro.
Ho sentito la fatica, quella vera, quella fatta di troppo poca strada nelle gambe, troppe serate a bere come una tazza del cesso, troppi Sabati piovosi e nevosi, in quello schifo d’inverno che ci siamo lasciati alle spalle. E ho sentito la fame, tanto di strada quanto di cibo, e la sete, di riscatto, oltre che di liquidi.
Ho visto un altro signore avanti con gli anni bardarsi da cavaliere medioevale con citazioni degne di Dracula, causando spavento e ilarità nella folla. Quanto ridere…
Ho visto Andrea abbandonare la gara perché gli è esploso un cerchione, e Michele andare via prima per la comunione del nipotino. Ore sette del mattino, ora corriamo in sei.
Mi sono gustato col cuore in gola il secondo tramonto sulle Manie in due anni. L’aria fresca e appena mossa, il sole che piano piano scende, l’aroma dei pini marittimi, la musica dei gruppi e le luci del villaggio sullo sfondo: una cosa del genere l’avevo provata solo ai concerti di Vasco a San Siro, quelle calde serate di Giugno, quando una città piano piano si spegne e lo strepito di uno stadio ti riempie l’anima.
Ho provato dentro di me la voglia di arrivare, alle due del mattino. Solo la luce della mia bici, un altopiano tutto mio, e gente più veloce che ti sorpassa, e altra che ti cede il passo. Il linguaggio quasi gestuale dei bikers, sempre la stessa polvere che, senza farsi vedere, ti seduce naso e gola, il sudore che solca il volto, quella catena che ogni tanto sbatte, e il toboga illuminato come Corso Vittorio Emanuele a Natale: il regalo è quella folla vociante che vedi a fine giro.
Ho sentito la trance agonistica, che ti dimezza la capacità polmonare. Le mie gambe fremere, quasi a dire: “andiamo a divertirci”. E ogni cellula del corpo dire: “sarò l’ultima a lasciarti”. Anche se non c'è niente in gioco, a parte l'estrema soddisfazione di andare in giro a raccontarlo
Ho visto cosa significa essere “quello dell’ultimo giro”: nessuno lo vuole fare, ma chi si tira indietro, si perde qualcosa. Un gruppone di ciclisti quasi alla fine del tracciato, ad attendere il passaggio dei primi, di quelli che sono andati più forte degli altri. E sono sceso ad applaudire, 24 ore dopo l’inizio di tutta la baldoria. E ho capito cosa significa metterci venti minuti in più, quando finisci col culo per terra.
Ho avvertito quella voglia matta di dare la prima pedalata, quando vai in zona cambio, pensi di essere in ritardo, e passi mezz’ora con la mente che ha già fatto due giri. E giureresti di aver sentito mille volte il tuo nome, di aver visto mille volte il tuo cambio, ma quando lo vedi arrivare davvero, è il nodo alla gola a dirti che è arrivato sul serio, che tocca a te, e comincia il “tuo” giro.
Ho sentito, alla fine di tutto, una stanchezza indicibile. Tante cose da raccogliere, tante altre da buttare. Un caldo porco, la pelle che brucia, il desiderio di star lì ancora un po’, ma al tempo stesso, la voglia di tornare a casa.
E la voglia di esserci anche il prossimo anno, anche se costa, se il tracciato è duro, se tutte le volte è un trasloco. Perché quando sei lassù, nel punto più alto del tracciato, avverti una certezza dentro all’anima: che tutto il sudore che hai perso, e tutta la polvere che hai mangiato, sono servite a qualcosa.
Nobody rides for free: nessuno cavalca a gratis. A Finale, no di certo.
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