Esco, mi sono detto stasera.
Ho guardato fuori dalla finestra e ho visto tanti nuvoloni grigi e pieni di lampi.
Non mi sono spaventato, avevo voglia di sentire l'aria fredda sulla pelle, avevo voglia di pedalare, ma senza sforzare, avevo mangiato da poco.
Ho tradito la biga, ho preso la mia cruiser, una maglietta, un paio di pantaloncini e le scarpe da ginnastica e sono uscito.
Vicenza è ancora semideserta, pochissime persone in strada, ragazzini e bimbi in bici, mi son sentito uno di loro, senza scadenze, appuntamenti, obblighi.
Ho pedalato un po' in città, accompagnato dai lampi in lontananza, e improvvisamente mi sono accorto di essere in mezzo ai campi di mais.
C'era un vento fresco, ma pedalando con calma non mi ha dato fastidio; ogni tanto passavo accanto ad una casa, qualcuna aveva le finestre aperte, vedevo la gente fare le loro cose.
Il vento faceva frusciare il mais, a volte pareva come se qualcuno stesse muovendosi accanto a me in mezzo a tutto quel fogliame, il mio cuore accelerava, ma non il ritmo della mia pedalata.
Lentamente continuavo a girare attorno alla città, vedevo i lampi farmisi incontro, udivo i tuoni farsi sempre più vicini.
Una parte di me mi ricordava che non avevo portato nemmeno un giubbetto antipioggia, ma non le ho permesso di disturbare la mia pedalata.
A volte, procedevo in assoluto silenzio, solo i grilli e il vento intorno a me, e qualche rarissimo frammento di conversazione fuggito attraverso qualche finestra.
Man mano che il temporale si avvicinava, sentivo crescere dentro di me una sensazione di urgenza, ma sono riuscito a tenerla lontano dalle mie gambe, la sensazione di essere una frazione di un tutto, di fronte alla forza di qei lampi davanti a me, riusciva a farmi assaporare ogni iostante, ogni suono, ogni buca dell'asfalto.
Ad ogni bivio, prendevo la strada che mi avrebbe riportato a casa, ma non quella più diretta, c'è ancora tempo, pensavo...
E infine, dopo un tempo lunghissimo, ma che sembra sempre troppo breve, ho riconosciuto le strade del mio quartiere, le facce dei miei vicini, la gelateria...
Quando ho svoltato nella mia via, una goccia mi ha colpito una guancia, alla luce dei lampi ho trovato la serratura del garage, ho fatto le scale fino a casa.
Sono tornato.
Amo la bicicletta.
Ho guardato fuori dalla finestra e ho visto tanti nuvoloni grigi e pieni di lampi.
Non mi sono spaventato, avevo voglia di sentire l'aria fredda sulla pelle, avevo voglia di pedalare, ma senza sforzare, avevo mangiato da poco.
Ho tradito la biga, ho preso la mia cruiser, una maglietta, un paio di pantaloncini e le scarpe da ginnastica e sono uscito.
Vicenza è ancora semideserta, pochissime persone in strada, ragazzini e bimbi in bici, mi son sentito uno di loro, senza scadenze, appuntamenti, obblighi.
Ho pedalato un po' in città, accompagnato dai lampi in lontananza, e improvvisamente mi sono accorto di essere in mezzo ai campi di mais.
C'era un vento fresco, ma pedalando con calma non mi ha dato fastidio; ogni tanto passavo accanto ad una casa, qualcuna aveva le finestre aperte, vedevo la gente fare le loro cose.
Il vento faceva frusciare il mais, a volte pareva come se qualcuno stesse muovendosi accanto a me in mezzo a tutto quel fogliame, il mio cuore accelerava, ma non il ritmo della mia pedalata.
Lentamente continuavo a girare attorno alla città, vedevo i lampi farmisi incontro, udivo i tuoni farsi sempre più vicini.
Una parte di me mi ricordava che non avevo portato nemmeno un giubbetto antipioggia, ma non le ho permesso di disturbare la mia pedalata.
A volte, procedevo in assoluto silenzio, solo i grilli e il vento intorno a me, e qualche rarissimo frammento di conversazione fuggito attraverso qualche finestra.
Man mano che il temporale si avvicinava, sentivo crescere dentro di me una sensazione di urgenza, ma sono riuscito a tenerla lontano dalle mie gambe, la sensazione di essere una frazione di un tutto, di fronte alla forza di qei lampi davanti a me, riusciva a farmi assaporare ogni iostante, ogni suono, ogni buca dell'asfalto.
Ad ogni bivio, prendevo la strada che mi avrebbe riportato a casa, ma non quella più diretta, c'è ancora tempo, pensavo...
E infine, dopo un tempo lunghissimo, ma che sembra sempre troppo breve, ho riconosciuto le strade del mio quartiere, le facce dei miei vicini, la gelateria...
Quando ho svoltato nella mia via, una goccia mi ha colpito una guancia, alla luce dei lampi ho trovato la serratura del garage, ho fatto le scale fino a casa.
Sono tornato.
Amo la bicicletta.