Emozioni sul carso

  • La Pinarello Dogma XC è finalmente disponibile al pubblico! Dopo averla vista sul gradino più alto del podio dei campionati del mondo di XC 2023 con Tom Pidcock (con la full) e Pauline Ferrand-Prevot (con la front), Stefano Udeschini ha avuto modo di provarla sui sentieri del Garda
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bicidimont

Biker serius
16/9/11
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Cervignano del Friuli
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IL MIO SOLITO GIRO IN MOUNTAINBIKE



Sto salendo lungo il sentiero che da Sagrado s’inerpica dolcemente sulla prima altura carsica inoltrandosi nel bosco di roverelle e frassini.
A tenermi compagnia il respiro affannoso che in sincrona armonia con lo scricchiolio delle ruote sul pietrisco e con il suono ritmato della catena mossa dai pedali, crea una sorta di nenia tibetana.
Ogni tanto qualche merlo lancia il suo stridente cinguettio e la ghiandaia, sentinella del bosco, informa tutti che un variopinto umanoide in sella alla sua costosa Mountainbike di pregiatissima fattura, sta violando lo spazio del querceto.
In novembre il carso si tinteggia di cromatismi caldi che variano dal giallo del frassino all’arancio spento delle latifoglie, dal rosso intenso del sommaco al verde cupo del pino d’Austria, dal grigio lucente del calcare all’azzurro carico del cielo.
In effetti i colori del mio giubbino tecnico sono quasi un insulto alla tela dipinta dal buon Dio ma si sa, l’arte moderna va capita ed interpretata ed io spero sempre che la mia presenza nel quando sia quanto più discreta possibile.
Pedalare in autunno su e giù per il carso mi regala delle sensazioni piacevolissime anche se ai più il mio concetto di “piacere” può risultare quantomeno strano.
Mi piace ammirare tutto ciò che mi circonda e perdermi nella mia momentanea solitudine, dove i pensieri possono fluire liberi.
Amo profondamente sentire il contrasto tra il calore che la mia pelle emana a causa dello sforzo fisico ed il freddo dell’aria che entra nei polmoni e che a volte pare spaccarmi il petto a metà.
Tutto ciò potrebbe sembrare una sorta di pratica masochistica ma per me è puro, intenso, meraviglioso ed irrinunciabile PIACERE.
Sto passando ora sopra alle Alture di Polazzo e mi fermo un istante per bere un po’ di the caldo che mi sono portato nello zainetto.
Sullo sfondo, oltre la linea chiara della pista dell’aeroporto di Ronchi, verso la fine della pianura friulana e prima del riverbero della laguna, vedo stagliarsi verso il cielo la sagoma del campanile di Aquileia.
Penso, guardo e penso.
Dietro alla Basilica di Aquileia c’è un piccolo cimitero, con croci di metallo e con al centro un basso monumento sormontato dalla vittoria alata.
E’ un cimitero di guerra e da lì partì tra mille onori la spoglia del milite ignoto che oggi riposa a Roma nel monumento vittoriano..
Guardo ancora verso la valle, vedo l’Isonzo che luccicando del sole riflesso si spinge verso il Golfo di Trieste.
Già, l’Isonzo, “fiume sacro alla Patria” .
Mi tornano alla memoria i libri letti da ragazzo sulle sette battaglie dell’Isonzo, carneficina bellica che quasi cancellò un intera generazione di italiani e di austriaci.
Proprio qui, in questo esatto punto della landa carsica dove sto gustando il mio prezioso the caldo, proprio sotto alle performanti ruote della mia mountaibike, quasi cent’anni fa probabilmente qualcuno moriva con un moschetto in mano.
Mentre rifletto mi corre un brivido lungo la schiena e non so se questa sensazione di freddo sia stata provocata dai miei pensieri o dal refolo di bora che, vigliacco, ha approfittato della mia momentanea distrazione per insinuarsi tra il giubbotto e la mia pelle.
Risalgo in sella e mi muovo, lassù le antenne del Monte San Michele rappresentano la mia odierna “cima Coppi”, traguardo montano di questo solitario giro ciclistico a “tappe di riflessione”.
Attacco ora un’irta salita che si diparte dal Cippo Corridoni, orrendo obelisco marmoreo lì posto in epoca fascista e dedicato a Filippo Corridoni, ex mazziniano e sindacalista, caduto in combattimento sul Carso alla "Trincea delle Frasche", il 23 ottobre 1915.
Questa salita termina con un serpeggiante e stretto sentierino che costeggia i resti di quella che fu proprio “la Trincea delle Frasche”.
Di solito questa parte del percorso mi diverte un sacco, ricca com’è di ostacoli nascosti che mi costringono ad usare tutta la mia presunta abilità di vecchio fuoristradista del pedale.
Oggi però non riesco a godere appieno del tracciato e sono così immerso a pensare a quei ragazzi nel fango, che percepisco la mia presenza qui, tra ciò che resta di queste trincee, come indegna ed irrispettosa.
E medito: “chissà poi se la terra del carso è così rossa a causa del sangue versato nella grande guerra, o se il sommaco si ammanta di purpurea bellezza proprio nel mese dei morti per ricordare a quanti passano di qua il caro prezzo pagato da quei giovani soldati”.
E così, mentre pedalo e ragiono, sono giunto ormai all’ingresso di San Martino del Carso e ammirandone le prime casette mi balza subito alla mente il caro vecchio maestro Giovanni, che alle elementari mi fece imparare a memoria l’ungarettiana poesia.
Mi rivedo quindi, in un improvviso flashback, ragazzino con i pantaloni corti ed i calzettoni subito sotto al ginocchio, con indosso la giacchina nera che al tempo si usava in quarta e quinta elementare, in piedi davanti alla classe a recitare: “San Martino del Carso...di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro - Di tanti che mi corrispondevano neppure tanto - Ma nel cuore nessuna croce manca - E’ il mio cuore il paese più straziato.”
Ero uscito da casa per un giro in mountain bike e mi ritrovo a recitare mentalmente la poesia di Ungaretti, nel luogo in cui probabilmente l’ha composta.
Gran bell’attrezzo la bici!...la lentezza dell’incedere mi permette di guardare attorno e me, di scoprire cose e sensazioni sempre nuove, concede al mio cervello di andare a riattivare “file” salvati nella memoria che credevo persi per sempre ma che, come la poesia, mi si ripropongono come se non fosse passato che qualche giorno.
Lo sforzo pedalatorio assorbe la maggior quantità di ossigeno incamerata e solo quello che ne rimane è spedito alla “soffitta” del mio corpo.
Che sia l’effetto del cervello poco ossigenato la causa dei mille pensieri che oggi mi passano per la mente?
Forse è per questo che certi ricordi lontani oggi mi si ripresentano con una nitidezza tipica solo del cielo spazzato dalla bora?
Non lo so, ma è bello e mi sento di esprimere gratitudine con un bacio ed una carezza proprio a lei: la mia fedele compagna d’alluminio e carbonio.
Mentre coccolo la Mountainbike davanti alla fontanella di San Martino, un attimo di lucidità mi fa sperare che la scena romantica dell’uomo che corteggia la bici, sia rimasta solo un segreto tra me ed il velocipede.
Via!...pedalare!...il San Michele mi aspetta e con la visibilità che c’è oggi da lassù, dal belvedere accanto alle vecchie postazioni degli obici italiani, lo sguardo potrà vedere il Golfo di Trieste e riuscire a scorgere Punta Salvore, estrema propaggine più ad ovest della penisola d’Istria.
Salgo, uno – due, uno – due, uno – due…una sequenza infinta di rotazioni delle gambe che trasforma l’energia espressa dal mio corpo in movimento dell’insieme bici – ciclista, spingendo così l’affiatata coppia bio - meccanica su per una salita diabolica.
In certi punti è così pendente ed il fondo così sconnesso che la caduta diventa più che una probabilità una certezza.
Ma la sfida con me stesso, con la gravità e con questa parte del percorso è un qualcosa a cui non posso rinunciare mettendo un piede a terra.
“Avanti!”, mi ripeto mentalmente, “non mollare”, “ormai è fatta”.
Mentre cerco di convincermi a tener duro il cardiofrequenzimetro m’informa con un suono allarmante che di lì a poco rischierò l’infarto.
Scorgo però la linea dei cipressi che cingono la cima del Monte San Michele ed in breve sono al belvedere, bici appoggiata al parapetto di legno, bicchiere del the caldo in mano e foto con l’autoscatto che andrà ad aggiungersi alle altre diecimila foto uguali a questa scattate ogni volta che son arrivato quassù.
Tra breve mi tufferò in una discesa mozzafiato, rischierò per l’ennesima volta di spiaccicarmi su qualche albero, di sbagliare una curva o di finire in mezzo ai rovi ma so che tra pochi giorni sarò di nuovo qui, a far correre la bici, le gambe, il respiro ed i pensieri, ubriacandomi delle emozioni infinite che tutto ciò mi regala.
E pensare che ogni volta parto per un semplice giro in Mountainbike!


di: Carlo PIRANEO
 
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MauroPS

Biker acciaccatus
29/1/17
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Vicino Udine.
www.pistocco.com
Bike
Ragley Big AL
Ciao, mi piacerebbe rifare il tuo giro, avresti la traccia GPS? Graziee
l'utente che ha postato è qualche anno che non si connette...
ti conviene cercare su training.camp, su strava o su Trailforks dei percorsi che partano da Sagrado verso San Martino del Carso.

oppure chiedi a @ste97 che conosce la zona palmo a palmo.
 

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