Emozioni... ovvero la Stronkaciui per passione

  • Siete di quelli che, quando comincia a fare freddo, mettono la bici in garage e vanno in letargo, sdivanandosi fino alla primavera? Quest’anno avrete un motivo in più per tenervi in forma, e cioè la nostra prima Winter Cup, che prende il via il 15 novembre 2024 e si conclude il 15 marzo 2025.
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f@brizio

Biker superioris
Sono qui, il giorno successivo alla Stronkaciui sesta edizione, a cercare di smaltire la "sbornia". No, non si tratta di abuso di alcolici: anche se durante i ristori il vino e la grappa sono scorsi a fiumi, sono riuscito a moderarmi. Si tratta di ubriacatura da emozioni.
Ieri, infatti, sono passato attraverso una gamma di pensieri e sensazioni forti così ampia da lasciarmi dei postumi simili al dopo sbornia.
..

E’ mattina, quella mattina che abbiamo da tempo prescelto per la Stronkaciui del 2008: domenica 5 ottobre. Mi sveglio e sono già con la testa alle cose da fare, ma sono rilassato perché so che è stato preparato tutto nel migliore dei modi: il percorso è pulito e frecciato a dovere; gli accompagnatori hanno le maglie per essere riconoscibili, e anche se non sono numerosissimi, sono ben motivati; il doppio ristoro è ottimamente organizzato e rifornito, compresi i mezzi di trasporto. Inoltre le previsioni meteo dicono che la perturbazione che sabato ci ha regalato un bel temporale proprio durante le operazioni di frecciatura, se ne va verso sud e sarà una discreta giornata.
Mentre mi preparo mi sembra di sentire tuonare, e cominciano le emozioni…
Incertezza, incredulità, sensazione di tradimento…
Avevo già preventivato di raggiungere il luogo di partenza, al Miramare, in macchina, perciò carico bici e le ultime cibarie da consegnare agli addetti al ristoro, e via. In città non piove, anzi credo che non piova in nessun’altra parte del mondo… ma a Antignano piove eccome! Il parcheggio è già gremito, persone vestite a metà da bici si aggirano qua e la, altri arrivano pedalando e sono già zuppi d’acqua. Penso al percorso, tutto ripulito e rastrellato: sarà ormai ridotto a un pantano. Rabbia, delusione, incertezza sul da farsi.
Arrivano altri amici, specialmente da fuori, e tutti dicono che piove solo qui! Sono tappato in macchina con Ugo, e santi e madonne piovono più delle gocce d’acqua. Invece di smettere, la pioggia aumenta, ma si vede uno spiraglio ad occidente.
Speranza, ansia, forse non tutto è perduto.
Diminuisce, smette. Come le chiocciole usciamo dalle auto e si cominciano i preparativi, si montano le bici e si attaccano le tabelle ai manubri, sempre con un occhio al cielo nuvoloso. Si può partire, ma chissà cosa succederà con tutta questa gente che arranca sulle salite che sono già dure con l’asciutto… Stessa cosa per le discese, da divertenti diventano viscide ed infide (come ha sperimentato Giacomo sabato).
Pazienza, rassegnazione.
L’importante è partire. Ziopyton, come promesso, guida con una safety bike (la bici da cross dell’infanzia) il gruppo fino alla fine dell’asfalto, poi si comincia sul serio. Primo sentiero, nel bosco sotto l’ex Cantuccio, “inventato” per l’occasione e ripulito con una azione collettiva che lo ha reso un gioiellino.
Sollievo, lieve consolazione.
Si pedala bene, molti lo percorrono in sella. E’ buon segno. Anche la pietraia successiva viene ingoiata in un boccone dal gruppo di testa, quello che posso vedere con i miei occhi, composto da bikers esperti e preparati, agguerriti. Si sale fino al Castellaccio, vedo e sento per radio un cospicuo attardarsi dei meno allenati, capisco che si è creata una frattura. Mi viene un’idea, un po’ rischiosa, che ricompatterà il gruppo: lascio una maglia arancione al bivio e porto a fare il campo dei Fondacci il grosso degli scalmanati, gli attardati dovranno essere dirottati alla Nuvolari via asfalto. La manovra riesce “quasi” bene, gli agguerriti si divertono e gli altri si rinfrancano un po’. Unico neo, qualcuno sfugge alle maglie dell’organizzazione e diventa un problema capire dov’è finito, e qualcun altro (Gustavo) brontola perché voleva fare il campone.
Sensi di colpa. Se anche Ugo mi infamerà, avrà ragione.
Ci buttiamo nella parte nuova del tracciato, il fondo ha tenuto e La Rete, il Tricom e le Terrazze si snocciolano con enorme soddisfazione di tutti. Si risale dai Neri, è un po’ scivoloso ma pensavo peggio. Dato che, inaspettatamente, siamo in anticipo e il fondo è buono, decido di riprovare la manovra del doppio percorso. Anche qui ottengo un buon risultato ma a prezzo di qualche disguido. Mi dispiace per i coinvolti, ma mettevi nei miei panni: facendo le scorciatoie che avevamo deciso alla partenza, pur cercando di trattenere più possibile il primo gruppo (ma non si può tenere ferme delle persone completamente sudate per delle mezz’ore) rischiavamo di arrivare al ristoro quasi due ore prima del previsto! E con un distacco esagerato tra primi e ultimi. Comunque mi assumo ogni responsabilità.
Intanto il serpentone è arrivato alla parte in piano dello stradone, meno male che ieri abbiamo pulito un paio di bypass per evitare le pozze più ignoranti, ci “raggrumiamo” prima di infilarci nel single che ci porterà al Piastrone. Appena Luca arriva col suo gruppo e sento per radio che alcuni disguidi sono risolti, si riparte. Bella la leggera salita nel bosco, ma ancor più bella la discesa, a tutto fo’o. Lo sapevamo, così come sapevamo di far divertire tutti sul Tubozingato. Le frecce che avevamo messo con Ale sono state tolte da qualche buontempone, la cui moglie, sono certo, non gli è per niente fedele..
Si esce sullo stradone del Chioma, qualcuno è un po’ provato ma tutti sono strafelici. Era quello che volevamo, e siamo felici anche noi. Aspetto il più possibile a ripartire, il gruppone è sempre numericamente impressionante e motivato, e inaspettatamente compatto. Molti s’informano su quanto manca al ristoro: se lo dovranno sudare sulla Viperaia…
Si riprende, la strada è larga e si procede compatti fino al guado (non ci siamo fatti mancare proprio nulla) e si attacca l’ultima salita. Salgo con quello che per me è un buon passo, ma ovviamente ci sono diverse “lepri” che cerco di tenere d’occhio per evitare che sbaglino strada, ma che fatica…
Al bivio del sentiero “del macellaio” la freccia c’è ancora, e questo ci permette di proseguire spediti, ultimo strappo (ma ne vale la pena) e siamo a Nibbiaia, un po’ in anticipo, forse, ma il team del ristoro non si fa sorprendere ed è tutto pronto. Grandioso, semplicemente incredibile. Il meteo ci ha risparmiato, il sole ci sorride e si sta divinamente.
Gioia, stupore, soddisfazione.
Ma anche preoccupazione per il ritardo di Ugo e delle altre “scope”, mancano solo loro. Finalmente li vedo arrivare, mi aspetto i rimproveri di Ugo per aver cambiato qualcosa in corso d’opera, e puntualmente arrivano, anzi glieli leggo in faccia. Però ho delle attenuanti, e dopo due fette di pane e salame ed un bicchiere di rosso la tensione si scioglie.
Sollievo, rilassamento.
Risate e foto a bocca piena, il ristoro pantagruelico macina a meraviglia, gli addetti sono semplicemente superbi.
Si comincia a rimontare in sella, Ale (che con Mimmo stoicamente rinuncerà alla seconda parte per preparare il ristoro finale) smonta un copertone della sua bici per permettere a qualcuno di terminare il giro. Si riparte, c’è ancora molto da vedere. Un breve tratto asfaltato ci prepara al rientro nel vivo dell’azione, Tubonero e Poggio d’Arco vedono nuovamente allungarsi il serpentone variopinto. Arriviamo ad un’altra delle chicche del tracciato, il Ginepraia.
Felicità, compiacimento.
Le persone apprezzano tutto, specialmente il panorama. Le foto si sprecano, la vista è quasi a 360 gradi, ma gli occhi e gli obiettivi vanno alla costa, all’arcipelago.
Aspettativa per la bella discesa che ci attende, con qualche apprensione per la difficoltà di seguire il tracciato.
Ma tutto procede bene, si scende che è un piacere fino allo stradone. Si riforma il gruppo, scendiamo a palla le Palazzine fino al Gorgo e poi Quarrata. Imboccare la Sella è un piacere per gli occhi, il bosco è perfetto, nella sua forma migliore. Le gomme fanno buona presa e si sale, si sale…
All’uscita le facce sono beate, le notizie dalle ricetrasmittenti sono confortanti, non siamo allungati più di tanto. Proseguiamo, dopo una breve sosta ma prima che si formi un grosso tappo. Ci rituffiamo nel comprensorio della Cava di Pietra, salutati da un capriolo velocissimo che ci attraversa la strada e da un gruppo di cinghiali (quelli veri, non quelli umani) che, invece, corre nella macchia parallelamente a noi. Magia del bosco incantato, sentieri stupendi, raggi di sole che filtrano tra i rami. Questa è vita, l’uomo-biker vive per questi momenti.
Scendiamo spediti fino al piano, dove ci attardiamo a leggere l’epigrafe di Mike affissa alla base della famosa opera ingegneristica: la Rampa di Pian dell’Alloro.
Euforia, esaltazione.
L’adrenalina circola liberamente e maschera la fatica. In un baleno maciniamo la salita del camping, un fatto banale che soltanto pochi mesi fa sembrava “Mission Impossible”. Il pensiero torna alle lunghe sfaticate, al sudore, alle gambe e braccia piene di graffi che ci sono voluti per creare tutto questo. Ma l’apprezzamento è generale, superiore alle aspettative.
Arriviamo in cima, ci raggruppiamo un poco e via, attacchiamo il pian della Pineta, che altro non è che un degno antipasto del piatto forte: le Monachine. Il giro panoramico viene apprezzato molto, in particolare dagli amici venuti dall’entroterra. E ancora non sanno cosa li aspetta alla fine del giro…
Riscendiamo e troviamo altri gruppi che arrivano e si apprestano a fare il giro delle Monachine dal quale noi siamo usciti. Una situazione molto simpatica, i più veloci ed i più lenti che s’incontrano.
Mi dispiace che i primi gruppi non abbiano partecipato alla sbicchierata di compleanno di Alessio-Gecko sulla terrazza naturale a picco sul castel Sonnino. Auguri lo stesso.
Aspetto a ripartire con i primi che scalpitano, più che posso, contatto telefonicamente il ristoro finale per avvertire che stiamo arrivando e che siamo ancora un discreto numero, molto superiore alle aspettative: 70 - 80 persone!
Meraviglia e qualche timore, un velo d’apprensione.
Meno male che il “team ristoro” è in grado di affrontare qualunque cosa. “Paolo, tra mezz’ora accendete le luci e buttate la pasta”: queste parole, se qualcuno mi ha sentito, saranno apparse incomprensibili… forse un linguaggio in codice?
Ci avviamo per le Piagge, c’è ancora un po’ da soffrire e molto da godere. I Pinaroli scorrono via senza intoppi, piacevoli e faticosi, tutti pedalabili fino in cima. La via dell’Esbosco accoglie una masnada di bikers felici e contenti (hanno saputo che le fatiche sono finite), quelli che ho dietro mi vedono lasciare i freni e non aspettano altro, urla, sgommate, salti. Come al solito ci abbiamo visto giusto. Le parole di Ugo mi riecheggiano in mente: “Vedrai, la gente si tufferà nella bella discesa finale e sarà questa sensazione che, in fondo, gli rimarrà impressa”. Tutto vero.
Felicità, appagamento, trepidante attesa per la sorpresa finale.
Sarà pedalabile il letto del rio Maroccone? Le pietre saranno troppo scivolose? Ormai il gruppo, bello euforico, è pronto a sperimentarlo. Mi butto senza esitare e tutti dietro, giù dall’impressionante rampa a saltare tra le pietre del torrente (pensare che si è lavorato di martello e scalpello per creare certi passaggi, nessuno ci crederebbe), giù giù fino all’imbocco del tunnel…
Meraviglia totale, completa.
Divertimento per me nel vedere le facce degli altri, anche Ale e Paolino ci sono venuti incontro per gustare le espressioni di chi si trova davanti al buio del lungo ponte rischiarato dai faretti che illuminano il percorso (pedalabile!) che l’attraversa. Urla di gioia si levano alte, rimbombando sotto le volte. Grande cosa, ma forse ancora più grande, percorsi gli ultimi metri dopo il tunnel, superato l’ultimo diaframma di canne e cespugli: la spiaggia, il sole, le onde spumeggianti ed il banchetto degli aperitivi che ci aspettano!
Scendo dalla bici e mi trovo in mano un bicchiere di Campari soda, e mentre mangio qualche oliva e due noccioline (roba da non credere) vengo sommerso da pacche sulle spalle e strette di mano, persone finora sconosciute e vecchi amici, tutti con un sorriso stampato in faccia e gli occhi di chi non sa capacitarsi, non sa cosa dire. Ma non è finita, cominciano a sviaggiare scodelle fumanti di penne al ragù, ed i sorrisi si moltiplicano. Ancora affettati, pane e pomodoro e dolci a volontà, vino e bevande di tutti i tipi. Bellissimo e apprezzato, man mano che la gente arriva (ma quanti sono…) spolverano tutto.
Mi assale un pensiero, e lo dico a quelli che si complimentano: e l’anno prossimo cosa si deve inventare per fare meglio di così? Ballerine brasiliane all’arrivo? Foi d’artificio?
Dopo un po’ mi vergogno di prendere tutti i complimenti io, e torno indietro nel tunnel per vedere che fine ha fatto Ugo con il gruppetto delle “scope”. Nel punto illuminato trovo Mugnax e altri che si fanno le foto da tutte le angolazioni, e ne voglio una anche io. Poi, dopo averli esortati ad affrettarsi per godersi un piatto di pasta fumante, proseguo fino alla rampa e risalgo sulla Voltina. Finalmente la radiolina riesce a collegarsi con quella di Ugo e vengo a sapere che sono vicini.
Sollievo, felicità completa.
Mentre avverto il ristoro di mettere in caldo quattro o cinque piattate di penne li vedo arrivare, facce stanche ma soddisfatte, come la mia: Ugo, Enzo e Marco che accompagnano l’ultimo biker , attardato da una foratura. Si fiondano nel torrente e sotto il ponte, poi finalmente la spiaggia e la gloria. Mentre li seguo sento le urla e gli applausi, meritati, che salutano il trio. E’ l’apoteosi.
Commozione, turbamento, gratitudine.
Mi trovo in mano un altro aperitivo (ogni volta che sono uscito dal tunnel ne ho bevuto uno…). Ancora complimenti, saluti fraterni. Qualcuno di quelli venuti da più lontano comincia ad andarsene, ma ben soddisfatto. A mano a mano che la gente se ne va, i componenti dello Staff si ritrovano a farsi i complimenti a vicenda, finalmente ripagati di tutto il lavoro fatto. Le bottiglie della grappa sono ormai agli sgoccioli, qualcuno ne sta anche abusando, ma tanto ormai…
Grazie, grazie e ancora grazie a tutti quelli che hanno dato un piccolo o grande aiuto, ed hanno permesso che tutto questo avvenisse. Ci sono volute buone idee, capacità e voglia di durare fatica, ma alla fine i risultati si vedono, ed i sogni si avverano.
La passione non ci abbandonerà mai.
 
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