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Emozioni in Altopiano

Aqualung

Biker superis
29/11/03
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Padova
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A Gallio sono le 7 di mattina, il cielo è coperto, ma non mi preoccupo, le previsioni meteo odierne sono rassicuranti.
Già i raggi amici del sole già si intravvedono verso Est. Sarà una bella giornata per pedalare!
Questa volta siamo solo io e la fida Specy, ho intenzione di fare un bel giro impegnativo in Altopiano prima che la fredda mano dell’autunno si metta in mezzo impedendomi, come spesso in passato, di soddisfare il mio ultimo desiderio di avventura tra monti e natura.
Oggi non ho fretta, ho solo voglia di godermi il giro, di guardare i panorami, di scattare foto, di annusare il profumo dei pini, di sentire il rumore del vento attraverso i rami degli alberi, di osservare l’elegante volteggiare del gheppio, ….
Mi dirigo verso Val Campomulo, e la gamba sembra girare quest’oggi! Ottimo.
La salita è una noce mostruosa: la pendenza è notevole, la strada asfaltata è interminabile. Per di più il sole ancora non riesce a forare le nubi e la grigia tonalità del paesaggio circostante mette addosso una tristezza unica.
Fortunatamente arrivo a Campomuletto, dove inizia lo sterrato. Finalmente.
Il sole ora infdora tutto ciò che mi circonda, l’umidità dei boschi inizia a salire, segno inequivocabile che un altro giorno sta nascendo per gli abitanti di questi luoghi. Ma di caprioli, scoiattoli, rapaci… neppure l’ombra, solo tanti bovini, tanti cavalli e qualche raccoglitore di funghi che sfreccia con l’auto per iniziare la ricerca prima degli altri.
Da Malga Fiara verso Piazzale Saline è bellissimo! E’ un tratto a me praticamente sconosciuto, scopro nuove lapidi commemorative di eventi bellici, anche curiosi, ed addirittura, nei pressi di Monte Forno, una chiesetta austro-ungarica ricostruita di cui ignoravo l’esistenza.
Raggiunta la strada Val Galmarara-Bivio Italia mi sento a casa, questo sterrato l’ho percorso decine di volte! Al Bivio mi trovo in compagnia di 9 escursionisti vocianti, impossibile non capire che sono diretti a Cima 12.
Passando davanti a me, mentre mangio un paninazzo, uno mi chiede da dove sono paritto. “Da Gallio” faccio e questi esterna un “però!” di ammirazione. Io resto un po’ basito… non ci vedo nulla di così eccezionale, evidentemente non mi conosce di fama…eheh….
Mi chiede dove sono diretto. Portule. Porta Manazzo e Passo Vezzena…
“Complimenti e buon giro”. Ringrazio e ricambio.
Alla soprastante bella Selletta Mecenseffy (Cima Coppi con i suoi 2056 mslm) ci arrivo bene, nonostante il fondo terribile. Tira però un vento freddo, smanicato e manicotti non sono più sufficienti, devo aggiungere anche la mantellina in goretex.
In discesa sono molto cauto, sassi mossi e pietre affioranti sono pericolosi…un attimo di distrazione e potrei trovarmi a gambe..ops… a ruote all’aria.
Raggiunto Campo Gallina, una gradita sorpresa! Tre marmottazze belle grassocce mi appaiono a non più di 15 metri. Sono davvero buffe e la loro curiosità supera il loro timore: ritte in piedi non mi perdono di vista. Finalmente riesco a fare delle foto decenti a queste simpatiche bestiole!
Lieto di aver infuso in loro fiducia, riparto, mi attende loc. Monumenti, da dove inizia la salita per quella che sarà l’ultima asperità della giornata: Bocchetta Portule.
In poco tempo raggiungo il valico, il dislivello è appena di 150 metri e la gamba, come detto, gira alla grande!
Sopra guardo l’orologio, nonostante tutto sono in notevole anticipo….…rischio di ritornare al campo base molto presto. Un peccato avendo a disposizione l’intera giornata, comincio a pensare a qualche interessante variante.
“Verena!” ecco dove posso andare! Cavoli, riuscirei così ad effettuare, anche se al contrario, il girazzo che avevo progettato ma mai compiuto per eccesso di fifa: Verena-B.Portule-Selletta M.-Bivio Italia.
L’entusiasmo va bene, ma devo anche valutate gli aspetti negativi: aggiungere 700-800 metri ai già 1500 accumulati ed un tot di km in più, mi incute una certa preoccupazione.
L’idea è però ben fissa in testa e la metto da parte sono quando avverto, nei tornati in discesa, la bici che derapa. Mi fermo e tasto la gomma posteriore: si sta sgonfiando.
Porca vacca, non avevo mai forato prima e questa è la terza foratura nelle ultime sei uscite in mtb. Disdetta nera!
Raggiungo Forte Busa Verle, sostituisco la camera e mi sbafo l’ultimo paninazzo.
Mentre azzanno guardo il forte in, ahimè, rovina. Chissà, penso, se la guarnigione A.U. avrebbe mai pensato che un giorno un tizio avrebbe aggiustata lì davanti la ruota di una strana bici con sospensioni, freni a disco e ruote artigliate…
A Passo Vezzena la decisione è cruciale, se scendo verso Asiago il giro è praticamente concluso, se proseguo verso il Verena vado incontro ad un destino incerto.
Decido di proseguire verso Malga Basson, malga Camporosà…quindi decisderò sul da farsi in base allo stato delle gambe.
Dopo una serie di saliscendi, anche piuttosto impegnativi, raggiungo il luogo dell’importante decisione: la deviziano per il Verena.
Sono molto titubante, la ragione mi indica la comoda discesa per Roana, il cuore la salita verso il forte. Penso anche che un’altra occasione per compiere un giro del genere difficilmente si ripresenterà…Consulto un paio di volte la cartina, quasi aspettandomi da lei una risposta …
Ok, proseguo verso Croce del Civello poi vedo.
Raggiungo a fatica la Croce, il tratto è breve, ma il fondo è pessimo, a volte impraticabile stando in sella.
Sono a quota 1600 e la strada di colpo migliora nettamente. Non posso tirarmi indietro: Verena, arrivo!
La gamba è ancora buona, ma capisco che il merito è più della forza di volontà. La testa, in certi casi, è più importante della prestanza fisica! Fa fare cose impensabili.
Salgo a 8 km/h costanti, direi buono, a parte l’ultimo km finale, quando più che la stanchezza è la fame che mi mette un po’ in ginocchio. Non ho più nulla da mangiare, un grave errore, ma d’altra parte non avevo nemmeno previsto un giro del genere!
In cima salgo con la bici sul tetto dell’eccelso Dominatore dell’Altopiano (il forte), il panorama è superbo!
Complice la bella giornata, distinguo in lontananza il Cevedale, le Dolomiti di Brenta, sotto la verdissima piana di Vezzena con il passo, quindi il Pizzo di Levico, Cima Manderiolo, l'imponente Portule, la sua Bocchetta con la strada che ho disceso qualche ora prima. Sono tutto solo, così ne approfitto per un po’ di comodità: mi distendo sulla dura copertura in cemento della fortezza utilizzando la mantellina a mo’ di cuscino.
Inizio subito a gradire il sollievo datomi dal sentire il corpo raddrizzarsi dopo ore curvo su una bici saltellante.
Sono 10 minuti di piacere indescrivibile!
Starei così un paio d’ore, ma preferisco ripartire per avere un po’ di tempo di recupero prima di ritornare, in auto,, a Padova. Nella discesa scorgo, lontanissimo 1000 m. più in basso, Asiago con la sagoma del suo Sacrario. Mamma che lontano…meno male, penso, che ora è tutta discesa!
Ritornato a Croce del Civello, decido di scendere per la strada asfaltata: basta sassi, pietre, buche, scossoni…voglio riassaporare l’ebbrezza di una bella discesa fatta a tutta velocità. In un battibaleno raggiungo così Roana.
Dall’ardito ponte ancora un po’ di salita prima di raggiungere Asiago, dove arrivo letteralmente spompato. Ora mi aspettano altri 3 km di salita prima di saccheggiare la dispensa del campo base. Sono morto, ma si tratta dell'ultima sofferenza che dura appena una decina di minuti.
 

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GB

Biker cesareus
13/10/04
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Specialized Enduro
Bravo, bel racconto che ha risvegliato in me ricordi di quando (un po' di anni fa) avevo passato una decina di giorni di vacanza con la mia fida bici...bei ricordi e bellissimi posti
 

Aqualung

Biker superis
29/11/03
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Ecco anche alcune foto.
 

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Aqualung

Biker superis
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heymax

Biker dantescus
30/4/03
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bel giro. l'altopiano di asiago è bellissimo da pedalare.
unico "appunto": come si fa a scendere da croce del civello a roana per asfalto? è uno spreco di dislivello! anche perchè ci sono facili sterratoni per arrivare al laghetto se vuoi scendere veloce e facilmente.

ciao e bravo.
 

Aqualung

Biker superis
29/11/03
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Grazie a te ed a tutti gli altri per i graditi apprezzamenti.
Ma in che senso è "uno spreco di dilsivello"?
Hai ragione, e lo so bene, che la mtb richiede, se possibile, sempre lo sterrato, ma sul e dal Verena ci sono salito e disceso da tutti i versanti possibili, fare la discesa asfaltata, in quel momento, è stata solo un'alternativa (tanto) desiderata.
Alla fine, con le soste, il giro è stato di quasi 9 ore!
Ora ho studiato un girazzo di 115 km, sempre in mtb e sempre da quelle parti, da farsi a breve termine.
SE riesco a portarlo a termine, posterò grafico e foto.
Ciuazzz
 

Aqualung

Biker superis
29/11/03
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nel senso che dopo tutta la fatica per prendere quota, scendi per asfalto.
io personalmente non lo farei, ma la mia non era una critica.
volevo solo esprimere un parere.

Ah, ok. Nessun problema era solo per capire cosa volevi dire.
Guarda, io la penso come te: con la mtb solo sterrato!
Quella volta però ero stravolto (è stato il dislivello max raggiunto di sempre e, da bitumaro, non è male, penso ) e sapere che in alternativa alla disecsa al laghetto c'era una comoda e veloce discesa asfaltata ha avuto il sopravvento. E' stata, lo ammetto, una debolezza.
o-o
 

Aqualung

Biker superis
29/11/03
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Stesso giro, ma al contrario!



Quest’anno a Gallio mi son portato sia la bdc che la mtb, ma la seconda non l’ho proprio mai utilizzata. Almeno un giro quindi lo devo fare prima di ritornare nella città tentacolare, e, perdiana, dev’essere anche un super giro! Oramai gli sterrati altopiani li ho girati in lungo ed in largo….che fare? E se facessi al contrario il mega giro fatto due anni fa? Deciso, vada per un Gallio-Roana-M.Verena-Passo Vezzena-Bocchetta Portule-Campo Gallina-Bivio Italia-Piazza Saline-Campomulo-Gallio. Un’uscita che per lunghezza e dislivello merita senz’altro l’ambiziosa denominazione di MTB Altopiano Legend! Naturalmente non sono sicuro di farcela, ma la possibilità di tagliare in qualsiasi momento il percorso è una garanzia per i miei numerosi (e fondati) dubbi. Il 21.8 mattina, alle 6, sono già in piedi. Alzo la tapparella, la giornata si preannuncia strepitosa: nemmeno una nuvola in cielo e tra i dolci pendii dei monti Spil e Sisemol, appare già il chiarore del sole che oggi indubbiamente mi sarà gradito e fedele compagno. Do anche di sfuggita un’occhiata al termometro e…panico: 8 gradi! Boja can, c’è di che ghiacciarsi gli zebedei! Troppo freddo. Decido così di fare colazione, preparare lo zainetto con panini ed un’ulteriore mezzo litro di acqua (in altopiano il prezioso liquido scarseggia) e quindi di attendere un quanto mai auspicato rapido innalzamento della temperatura. Alle 6:45 però non ce la faccio più, troppa è la voglia di sfidare le montagne in sella al rosso destriero artigliato! Ma appena uscito di casa , anzichè impavido biker, mi sembra di essere il generale Nobile nell’Inferno del Polo Nord, il freddo è davvero intenso. La discesa da Gallio ad Asiago è una terribile penitenza: mani, gambe ed orecchie sono al limite del collasso. Fortunatamente il K-way in gore-tex fa il suo sporco lavoro.

Meno male che i saliscendi verso Roana mi riportano ad una temperatura corporea accettabile, da questa località poi inizia la lunghissima ed impegnativa salita che porta ai 2020 metri del Monte Verena. Il freddo diventa ben presto un lontano ricordo. La prima parte dello sterrato è monotona, sempre dentro ad un bosco ombroso, solo verso i 1600 mslm finalmente se ne esce e la vista consente già di spaziare verso Asiago, che appare lontanissima ed ancora sonnecchiante sotto il tiepido sole mettutino, ed i monti a sud dell’Altopiano.

Supero malga dei Quarti, la gamba sembra girare abbastanza bene, potrei anche andare più veloce, ma devo risparmiare ogni forza possibile. Raggiunta la sommita del Verena, salgo senza esitazione sul tetto dell’omonimo forte, l’eccelso dominatore dell’Altopiano che con il suo lampeggiare seminava distruzione e morte sui sottostanti forti Busa Verle e Pizzo Vezzena. Finchè gli Austroungarici non si sono incazzati e l’hanno definitivamente zittito con un paio di giganteschi cannoni in zona Millegrobbe. La giornata è limpidissima e dalla cima il panorama è spettacolare, grandioso, superbo! Oltre alle cime dei dintorni, si distinguono nettamente le dolomiti di Brenta, l’Adamello (con sempre meno neve), il Cevedale che nasconde in parte il Koenig Spitz, ovvero il regale Gran Zebrù. Davanti a me l’imponente Portule, tagliato in diagonale dalla strada che conduce all’omonima bocchetta, meta della seconda asperità del giro, sempre se ce la farò. Più in basso il Passo Vezzena. Scatto foto a go-go, e scambio anche qualche parola con l’unico altro essere umano presente, un anziano e mattiniero escursionista, il quale vuol sapere del mio percorso. Ovviamente rimane impressionato, tanto che mi chiede se sono un …professionista! Seee, intanto devo farcela…. Ma mi dispiace anche deluderlo, così gli sparo le prime parole ad effetto che mi passano per la testa “no,no…sono un sognatore!”.

E la cosa funziona.

Appagati entrambi, riprendo la bici in direzione Passo Vezzena. In discesa, sui sassi e le pietre mosse, la Epic pur bi-ammortizzata, saltella a destra ed a sinistra come una cavalletta. La colpa è degli pneumatici che ostinatamente tengo troppo gonfi, ma i tratti su asfalto non mancano e preferisco così avere la bici il più scorrevole possibile. Superate, tra verdi prati e ruminanti bovini, le Malghe Camporosà e Basson, scendo a Passo Vezzena che supero di slancio per iniziare la salita verso Porta Manazzo, per raggiungere infine, dopo breve dicesa ai Larici, la Bocchetta Portule. La strada è strapiena di escursionisti che sicuramente si dirigono tutti a Pizzo Vezzena. Mi chiedo come faranno a starci tutti, tuttavia non è questo dilemma il vero problema, quanto farsi largo per poter passare tra la fiumana umana. Escogito quindi un trucco: aziono il cambio. Il rumore della catena che sale o scende di pignone funziona, finalmente i camminatori si mettono da parte e mi fanno fanno passare. Alcuni mi salutano, altri, probabilmente, mi mandano a quel paese.. Intanto la fatica comincia a farsi sentire, ma è comprensibile...alla bocchetta l’altimetro indica già oltre 1800 metri di dislivello accumulati. Anche qui è pieno di vocianti escursionisti, ci sono solo un paio di bikers che si scambiano alcune palle su reciproche imprese pedalatorie. Io mi metto in disparte e, mentre azzanno un paninazzo cercando di raccogliere un po’ di forze, mi guardo il panorama, anche qui mozzafiato. Di fronte ho ora il Verena, dov’ero circa 2 ore e mezza fa. Con lo sguardo posso ripercorrere parte del percorso effettuato, davvero incredibile quanta strada ho fatto. Riprendo la bici per perdere i 150 metri di quota sino a località Monumenti, da dove inizia l’erta che porta a Bivio Italia, passando per la Selletta Meccenseffy, a quota 2056, Cima Coppi di giornata.

Alla prima pedalata avverto un dolore alle gambe terrificante, gli eleganti e (si fa per dire) potenti stantuffi stanno forse per esalare l’ultimo respiro. Dopo qualche centinaio di metri per fortuna il dolore scompare, ma la stanchezza, inevitabilmente, appare in tutto il suo… splendore. Supero Campo Gallina, e qui, ahimè, inizia lo sterrato con il peggior fondo di tutto l’Altopiano. Pendenza accentuata, sassi, pietre, rocce affioranti… impediscono agli artigli della Epic la solita potente presa. La bici slitta, saltella, si impenna, si punta contro qualche roccia…un calvario. Un paio di improvvisi scarti mi costringono a mettere velocemente piede a terra per evitare la caduta. Ci vorrebbe la potenza che non ho più per superare quegli ostacoli. Decido, incurante degli sguardi compiaciuti di di alcuni escursionisti, di salire anche a piedi, spingendo la bici che da leggiadro destriero si trasforma così in un pesante fardello. Il cuore batte talmente forte che comincio a temere per la sua (e mia) vita. Finalmente, a qualche centinaia di metri dalla selletta, il fondo migliora nettamente, tanto da consentirmi di salire in sella a di raggiungere la sommità trionfante! La soddisfazione è enorme e più che mai comprensibile, tutte le temutissime difficoltà sono state superate ed ora mi aspetta solo una piacevole discesa sino a Gallio! Non lo credevo possibile, ma nonostante tutto l’impresa è riuscita! Decido di godermi qualche minuto, osservando le aride e tragiche montagne che mi circondano, scattando e leggendo le varie lapidi commemorative. Ora posso anche sgonfiare un po’ le gomme, ed in effetti le cose in discesa migliorano, tuttavia lo sterrato impone comunque una certa cautela per non finire a…ruote all’aria. Sono talmente felice che decido di scendere piano piano per bearmi della mia contentezza e per godermi ulteriormente l’eccezionale panorama in tranquillità. Dopo Piazza Saline, un invitante prato mi convince anche a stendermi per qualche attimo di meditazione e, soprattutto, per raddrizzare le stanche membra. Ahimè, finisco invece giusto sopra una pungente pianticella che mi respinge. Pazienza, scornato, lascio perdere spiritualità e sensazioni paradisiache, preferendo lanciarmi per la velocissima discesa afaltata che da Val Campomulo porta fin al punto di partenza. Il GPS indica 89.2 km e 2300 metri di dislivello. Per oggi direi proprio che può bastare.
 

bule

Biker urlandum
16/9/10
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venezia
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Spettacolare l'altopiano ci vengo spesso in Bike e non, mi piacerebbe addirittura abitarci!
Complimenti a voi comunque x giri così lunghi il mio massimo è di 60/65 km
 

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