A Gallio sono le 7 di mattina, il cielo è coperto, ma non mi preoccupo, le previsioni meteo odierne sono rassicuranti.
Già i raggi amici del sole già si intravvedono verso Est. Sarà una bella giornata per pedalare!
Questa volta siamo solo io e la fida Specy, ho intenzione di fare un bel giro impegnativo in Altopiano prima che la fredda mano dellautunno si metta in mezzo impedendomi, come spesso in passato, di soddisfare il mio ultimo desiderio di avventura tra monti e natura.
Oggi non ho fretta, ho solo voglia di godermi il giro, di guardare i panorami, di scattare foto, di annusare il profumo dei pini, di sentire il rumore del vento attraverso i rami degli alberi, di osservare lelegante volteggiare del gheppio, .
Mi dirigo verso Val Campomulo, e la gamba sembra girare questoggi! Ottimo.
La salita è una noce mostruosa: la pendenza è notevole, la strada asfaltata è interminabile. Per di più il sole ancora non riesce a forare le nubi e la grigia tonalità del paesaggio circostante mette addosso una tristezza unica.
Fortunatamente arrivo a Campomuletto, dove inizia lo sterrato. Finalmente.
Il sole ora infdora tutto ciò che mi circonda, lumidità dei boschi inizia a salire, segno inequivocabile che un altro giorno sta nascendo per gli abitanti di questi luoghi. Ma di caprioli, scoiattoli, rapaci neppure lombra, solo tanti bovini, tanti cavalli e qualche raccoglitore di funghi che sfreccia con lauto per iniziare la ricerca prima degli altri.
Da Malga Fiara verso Piazzale Saline è bellissimo! E un tratto a me praticamente sconosciuto, scopro nuove lapidi commemorative di eventi bellici, anche curiosi, ed addirittura, nei pressi di Monte Forno, una chiesetta austro-ungarica ricostruita di cui ignoravo lesistenza.
Raggiunta la strada Val Galmarara-Bivio Italia mi sento a casa, questo sterrato lho percorso decine di volte! Al Bivio mi trovo in compagnia di 9 escursionisti vocianti, impossibile non capire che sono diretti a Cima 12.
Passando davanti a me, mentre mangio un paninazzo, uno mi chiede da dove sono paritto. Da Gallio faccio e questi esterna un però! di ammirazione. Io resto un po basito non ci vedo nulla di così eccezionale, evidentemente non mi conosce di fama eheh .
Mi chiede dove sono diretto. Portule. Porta Manazzo e Passo Vezzena
Complimenti e buon giro. Ringrazio e ricambio.
Alla soprastante bella Selletta Mecenseffy (Cima Coppi con i suoi 2056 mslm) ci arrivo bene, nonostante il fondo terribile. Tira però un vento freddo, smanicato e manicotti non sono più sufficienti, devo aggiungere anche la mantellina in goretex.
In discesa sono molto cauto, sassi mossi e pietre affioranti sono pericolosi un attimo di distrazione e potrei trovarmi a gambe..ops a ruote allaria.
Raggiunto Campo Gallina, una gradita sorpresa! Tre marmottazze belle grassocce mi appaiono a non più di 15 metri. Sono davvero buffe e la loro curiosità supera il loro timore: ritte in piedi non mi perdono di vista. Finalmente riesco a fare delle foto decenti a queste simpatiche bestiole!
Lieto di aver infuso in loro fiducia, riparto, mi attende loc. Monumenti, da dove inizia la salita per quella che sarà lultima asperità della giornata: Bocchetta Portule.
In poco tempo raggiungo il valico, il dislivello è appena di 150 metri e la gamba, come detto, gira alla grande!
Sopra guardo lorologio, nonostante tutto sono in notevole anticipo . rischio di ritornare al campo base molto presto. Un peccato avendo a disposizione lintera giornata, comincio a pensare a qualche interessante variante.
Verena! ecco dove posso andare! Cavoli, riuscirei così ad effettuare, anche se al contrario, il girazzo che avevo progettato ma mai compiuto per eccesso di fifa: Verena-B.Portule-Selletta M.-Bivio Italia.
Lentusiasmo va bene, ma devo anche valutate gli aspetti negativi: aggiungere 700-800 metri ai già 1500 accumulati ed un tot di km in più, mi incute una certa preoccupazione.
Lidea è però ben fissa in testa e la metto da parte sono quando avverto, nei tornati in discesa, la bici che derapa. Mi fermo e tasto la gomma posteriore: si sta sgonfiando.
Porca vacca, non avevo mai forato prima e questa è la terza foratura nelle ultime sei uscite in mtb. Disdetta nera!
Raggiungo Forte Busa Verle, sostituisco la camera e mi sbafo lultimo paninazzo.
Mentre azzanno guardo il forte in, ahimè, rovina. Chissà, penso, se la guarnigione A.U. avrebbe mai pensato che un giorno un tizio avrebbe aggiustata lì davanti la ruota di una strana bici con sospensioni, freni a disco e ruote artigliate
A Passo Vezzena la decisione è cruciale, se scendo verso Asiago il giro è praticamente concluso, se proseguo verso il Verena vado incontro ad un destino incerto.
Decido di proseguire verso Malga Basson, malga Camporosà quindi decisderò sul da farsi in base allo stato delle gambe.
Dopo una serie di saliscendi, anche piuttosto impegnativi, raggiungo il luogo dellimportante decisione: la deviziano per il Verena.
Sono molto titubante, la ragione mi indica la comoda discesa per Roana, il cuore la salita verso il forte. Penso anche che unaltra occasione per compiere un giro del genere difficilmente si ripresenterà Consulto un paio di volte la cartina, quasi aspettandomi da lei una risposta
Ok, proseguo verso Croce del Civello poi vedo.
Raggiungo a fatica la Croce, il tratto è breve, ma il fondo è pessimo, a volte impraticabile stando in sella.
Sono a quota 1600 e la strada di colpo migliora nettamente. Non posso tirarmi indietro: Verena, arrivo!
La gamba è ancora buona, ma capisco che il merito è più della forza di volontà. La testa, in certi casi, è più importante della prestanza fisica! Fa fare cose impensabili.
Salgo a 8 km/h costanti, direi buono, a parte lultimo km finale, quando più che la stanchezza è la fame che mi mette un po in ginocchio. Non ho più nulla da mangiare, un grave errore, ma daltra parte non avevo nemmeno previsto un giro del genere!
In cima salgo con la bici sul tetto delleccelso Dominatore dellAltopiano (il forte), il panorama è superbo!
Complice la bella giornata, distinguo in lontananza il Cevedale, le Dolomiti di Brenta, sotto la verdissima piana di Vezzena con il passo, quindi il Pizzo di Levico, Cima Manderiolo, l'imponente Portule, la sua Bocchetta con la strada che ho disceso qualche ora prima. Sono tutto solo, così ne approfitto per un po di comodità: mi distendo sulla dura copertura in cemento della fortezza utilizzando la mantellina a mo di cuscino.
Inizio subito a gradire il sollievo datomi dal sentire il corpo raddrizzarsi dopo ore curvo su una bici saltellante.
Sono 10 minuti di piacere indescrivibile!
Starei così un paio dore, ma preferisco ripartire per avere un po di tempo di recupero prima di ritornare, in auto,, a Padova. Nella discesa scorgo, lontanissimo 1000 m. più in basso, Asiago con la sagoma del suo Sacrario. Mamma che lontano meno male, penso, che ora è tutta discesa!
Ritornato a Croce del Civello, decido di scendere per la strada asfaltata: basta sassi, pietre, buche, scossoni voglio riassaporare lebbrezza di una bella discesa fatta a tutta velocità. In un battibaleno raggiungo così Roana.
Dallardito ponte ancora un po di salita prima di raggiungere Asiago, dove arrivo letteralmente spompato. Ora mi aspettano altri 3 km di salita prima di saccheggiare la dispensa del campo base. Sono morto, ma si tratta dell'ultima sofferenza che dura appena una decina di minuti.
Già i raggi amici del sole già si intravvedono verso Est. Sarà una bella giornata per pedalare!
Questa volta siamo solo io e la fida Specy, ho intenzione di fare un bel giro impegnativo in Altopiano prima che la fredda mano dellautunno si metta in mezzo impedendomi, come spesso in passato, di soddisfare il mio ultimo desiderio di avventura tra monti e natura.
Oggi non ho fretta, ho solo voglia di godermi il giro, di guardare i panorami, di scattare foto, di annusare il profumo dei pini, di sentire il rumore del vento attraverso i rami degli alberi, di osservare lelegante volteggiare del gheppio, .
Mi dirigo verso Val Campomulo, e la gamba sembra girare questoggi! Ottimo.
La salita è una noce mostruosa: la pendenza è notevole, la strada asfaltata è interminabile. Per di più il sole ancora non riesce a forare le nubi e la grigia tonalità del paesaggio circostante mette addosso una tristezza unica.
Fortunatamente arrivo a Campomuletto, dove inizia lo sterrato. Finalmente.
Il sole ora infdora tutto ciò che mi circonda, lumidità dei boschi inizia a salire, segno inequivocabile che un altro giorno sta nascendo per gli abitanti di questi luoghi. Ma di caprioli, scoiattoli, rapaci neppure lombra, solo tanti bovini, tanti cavalli e qualche raccoglitore di funghi che sfreccia con lauto per iniziare la ricerca prima degli altri.
Da Malga Fiara verso Piazzale Saline è bellissimo! E un tratto a me praticamente sconosciuto, scopro nuove lapidi commemorative di eventi bellici, anche curiosi, ed addirittura, nei pressi di Monte Forno, una chiesetta austro-ungarica ricostruita di cui ignoravo lesistenza.
Raggiunta la strada Val Galmarara-Bivio Italia mi sento a casa, questo sterrato lho percorso decine di volte! Al Bivio mi trovo in compagnia di 9 escursionisti vocianti, impossibile non capire che sono diretti a Cima 12.
Passando davanti a me, mentre mangio un paninazzo, uno mi chiede da dove sono paritto. Da Gallio faccio e questi esterna un però! di ammirazione. Io resto un po basito non ci vedo nulla di così eccezionale, evidentemente non mi conosce di fama eheh .
Mi chiede dove sono diretto. Portule. Porta Manazzo e Passo Vezzena
Complimenti e buon giro. Ringrazio e ricambio.
Alla soprastante bella Selletta Mecenseffy (Cima Coppi con i suoi 2056 mslm) ci arrivo bene, nonostante il fondo terribile. Tira però un vento freddo, smanicato e manicotti non sono più sufficienti, devo aggiungere anche la mantellina in goretex.
In discesa sono molto cauto, sassi mossi e pietre affioranti sono pericolosi un attimo di distrazione e potrei trovarmi a gambe..ops a ruote allaria.
Raggiunto Campo Gallina, una gradita sorpresa! Tre marmottazze belle grassocce mi appaiono a non più di 15 metri. Sono davvero buffe e la loro curiosità supera il loro timore: ritte in piedi non mi perdono di vista. Finalmente riesco a fare delle foto decenti a queste simpatiche bestiole!
Lieto di aver infuso in loro fiducia, riparto, mi attende loc. Monumenti, da dove inizia la salita per quella che sarà lultima asperità della giornata: Bocchetta Portule.
In poco tempo raggiungo il valico, il dislivello è appena di 150 metri e la gamba, come detto, gira alla grande!
Sopra guardo lorologio, nonostante tutto sono in notevole anticipo . rischio di ritornare al campo base molto presto. Un peccato avendo a disposizione lintera giornata, comincio a pensare a qualche interessante variante.
Verena! ecco dove posso andare! Cavoli, riuscirei così ad effettuare, anche se al contrario, il girazzo che avevo progettato ma mai compiuto per eccesso di fifa: Verena-B.Portule-Selletta M.-Bivio Italia.
Lentusiasmo va bene, ma devo anche valutate gli aspetti negativi: aggiungere 700-800 metri ai già 1500 accumulati ed un tot di km in più, mi incute una certa preoccupazione.
Lidea è però ben fissa in testa e la metto da parte sono quando avverto, nei tornati in discesa, la bici che derapa. Mi fermo e tasto la gomma posteriore: si sta sgonfiando.
Porca vacca, non avevo mai forato prima e questa è la terza foratura nelle ultime sei uscite in mtb. Disdetta nera!
Raggiungo Forte Busa Verle, sostituisco la camera e mi sbafo lultimo paninazzo.
Mentre azzanno guardo il forte in, ahimè, rovina. Chissà, penso, se la guarnigione A.U. avrebbe mai pensato che un giorno un tizio avrebbe aggiustata lì davanti la ruota di una strana bici con sospensioni, freni a disco e ruote artigliate
A Passo Vezzena la decisione è cruciale, se scendo verso Asiago il giro è praticamente concluso, se proseguo verso il Verena vado incontro ad un destino incerto.
Decido di proseguire verso Malga Basson, malga Camporosà quindi decisderò sul da farsi in base allo stato delle gambe.
Dopo una serie di saliscendi, anche piuttosto impegnativi, raggiungo il luogo dellimportante decisione: la deviziano per il Verena.
Sono molto titubante, la ragione mi indica la comoda discesa per Roana, il cuore la salita verso il forte. Penso anche che unaltra occasione per compiere un giro del genere difficilmente si ripresenterà Consulto un paio di volte la cartina, quasi aspettandomi da lei una risposta
Ok, proseguo verso Croce del Civello poi vedo.
Raggiungo a fatica la Croce, il tratto è breve, ma il fondo è pessimo, a volte impraticabile stando in sella.
Sono a quota 1600 e la strada di colpo migliora nettamente. Non posso tirarmi indietro: Verena, arrivo!
La gamba è ancora buona, ma capisco che il merito è più della forza di volontà. La testa, in certi casi, è più importante della prestanza fisica! Fa fare cose impensabili.
Salgo a 8 km/h costanti, direi buono, a parte lultimo km finale, quando più che la stanchezza è la fame che mi mette un po in ginocchio. Non ho più nulla da mangiare, un grave errore, ma daltra parte non avevo nemmeno previsto un giro del genere!
In cima salgo con la bici sul tetto delleccelso Dominatore dellAltopiano (il forte), il panorama è superbo!
Complice la bella giornata, distinguo in lontananza il Cevedale, le Dolomiti di Brenta, sotto la verdissima piana di Vezzena con il passo, quindi il Pizzo di Levico, Cima Manderiolo, l'imponente Portule, la sua Bocchetta con la strada che ho disceso qualche ora prima. Sono tutto solo, così ne approfitto per un po di comodità: mi distendo sulla dura copertura in cemento della fortezza utilizzando la mantellina a mo di cuscino.
Inizio subito a gradire il sollievo datomi dal sentire il corpo raddrizzarsi dopo ore curvo su una bici saltellante.
Sono 10 minuti di piacere indescrivibile!
Starei così un paio dore, ma preferisco ripartire per avere un po di tempo di recupero prima di ritornare, in auto,, a Padova. Nella discesa scorgo, lontanissimo 1000 m. più in basso, Asiago con la sagoma del suo Sacrario. Mamma che lontano meno male, penso, che ora è tutta discesa!
Ritornato a Croce del Civello, decido di scendere per la strada asfaltata: basta sassi, pietre, buche, scossoni voglio riassaporare lebbrezza di una bella discesa fatta a tutta velocità. In un battibaleno raggiungo così Roana.
Dallardito ponte ancora un po di salita prima di raggiungere Asiago, dove arrivo letteralmente spompato. Ora mi aspettano altri 3 km di salita prima di saccheggiare la dispensa del campo base. Sono morto, ma si tratta dell'ultima sofferenza che dura appena una decina di minuti.