QUANDO IL COMPLICE E' UN "FEDERALE": DIRIGENTE LAZIALE FCI AVVISAVA I CORRIDORI DEI CONTROLLI ANTIDOPING
GENNAIO 2008 - Ci può essere un delitto peggiore di chi, pur avendo come compito istituzionale quello di tutelare e far rispettare le regole, invece si adopera per violarle e si fa complice di altri delitti? Accade nello sport. Indovinate quale? Facile: il ciclismo, con buona pace dell'ottimo Amedeo Colombo, presidente dell'associazione corridori che si lamenta (non senza fondamento in qualche caso) perchè ci sono sempre loro di mezzo: i ciclisti. Purtroppo la cronaca incalza. Ma questa volta i ciclisti c'entrano solo di riflesso. Nell'ambito dell'inchiesta di Trento sul doping nella mountain bike emerge un dato sconfortante: un dirigente della Federciclismo, il 65enne Gianfranco Marra, responsabile per il centro Italia della struttura amatoriale della Fci, viene accusato di aver rivelato segreti d'ufficio. Come? Nella forma più squallida e odiosa; cioè avvisando - questa l'accusa del magistrato trentino - alcuni corridori del settore amatoriale di un prossimo controllo antidoping che la Guardia di Finanza avrebbe condotto durante una Gran Fondo, quella disputata a Monte S. Biagio (Latina) il 7 ottobre 2007. Di qui l'interdizione per due mesi comminata al Marra dal giudice di Trento.
Il fatto è gravissimo e non c'è bisogno di tanti giri di parole per stigmatizzare il comportamento del dirigente ciclistico. E' come se il carabiniere di vigilanza ad una banca avvisasse il ladro (i ladri) di stare attenti a possibili controlli delle forze dell'ordine per evitare di essere beccati mentre tentano di rubare. Ancora più grave il fatto che accada a ottobre scorso, nel 2007, quando ormai il ciclismo ha "bruciato" sull'altare del doping e degli scandali anche l'ultimo briciolo di credibilità. Segno che a parole tutti dicono che la situazione sta cambiando (è cambiata), mentre in realtà tutto o quasi continua come prima. Il fatto è che certe mentalità e certe abitudini non si cancellano da un giorno all'altro. Ma come si fa a combattere una seria battaglia contro il doping se perfino chi dovrebbe istituzionalmente opporsi, finisce per essere complice? Che messaggio può passare nell'ambiente se si ottiene addirittura la complicità di chi per dovere istituzionale dovrebbe essere quello che denuncia, non quello che avvisa? Come ci si può presentare davanti ad un giovane e dire: non ti devi dopare; devi rispettare le regole se i primi a calpestarle sono gli stessi dirigenti che dovrebbero farle osservare? La notizia è più devastante di cento casi di positività. Tanto più grave in quanto effettuata in un ambito di basso, infimo livello, quello amatoriale, dove non ci dovrebbero essere remore e scrupoli per fare davvero pulizia. Perchè un dirigente avvisa?
Di questa gravità dovrebbe tener conto la Federazione, che si dice schierata nella lotta al doping. Anche se con qualche contraddizione all'interno, come, ad esempio quella di affidare incarichi importanti e di responsabilità ad ex corridori già coinvolti in clamorosi casi di doping. Perchè se per il giudice ordinario il fatto è grave e vale due mesi di stop, per quello sportivo è gravissimo; è un vero e proprio attentato alla credibilità dell'intero sistema sportivo. E si aspettano sanzioni adeguate.
...sarebbe interessante risalire a quella corsa ed all'ordine di arrivo.....che dite ??
GENNAIO 2008 - Ci può essere un delitto peggiore di chi, pur avendo come compito istituzionale quello di tutelare e far rispettare le regole, invece si adopera per violarle e si fa complice di altri delitti? Accade nello sport. Indovinate quale? Facile: il ciclismo, con buona pace dell'ottimo Amedeo Colombo, presidente dell'associazione corridori che si lamenta (non senza fondamento in qualche caso) perchè ci sono sempre loro di mezzo: i ciclisti. Purtroppo la cronaca incalza. Ma questa volta i ciclisti c'entrano solo di riflesso. Nell'ambito dell'inchiesta di Trento sul doping nella mountain bike emerge un dato sconfortante: un dirigente della Federciclismo, il 65enne Gianfranco Marra, responsabile per il centro Italia della struttura amatoriale della Fci, viene accusato di aver rivelato segreti d'ufficio. Come? Nella forma più squallida e odiosa; cioè avvisando - questa l'accusa del magistrato trentino - alcuni corridori del settore amatoriale di un prossimo controllo antidoping che la Guardia di Finanza avrebbe condotto durante una Gran Fondo, quella disputata a Monte S. Biagio (Latina) il 7 ottobre 2007. Di qui l'interdizione per due mesi comminata al Marra dal giudice di Trento.
Il fatto è gravissimo e non c'è bisogno di tanti giri di parole per stigmatizzare il comportamento del dirigente ciclistico. E' come se il carabiniere di vigilanza ad una banca avvisasse il ladro (i ladri) di stare attenti a possibili controlli delle forze dell'ordine per evitare di essere beccati mentre tentano di rubare. Ancora più grave il fatto che accada a ottobre scorso, nel 2007, quando ormai il ciclismo ha "bruciato" sull'altare del doping e degli scandali anche l'ultimo briciolo di credibilità. Segno che a parole tutti dicono che la situazione sta cambiando (è cambiata), mentre in realtà tutto o quasi continua come prima. Il fatto è che certe mentalità e certe abitudini non si cancellano da un giorno all'altro. Ma come si fa a combattere una seria battaglia contro il doping se perfino chi dovrebbe istituzionalmente opporsi, finisce per essere complice? Che messaggio può passare nell'ambiente se si ottiene addirittura la complicità di chi per dovere istituzionale dovrebbe essere quello che denuncia, non quello che avvisa? Come ci si può presentare davanti ad un giovane e dire: non ti devi dopare; devi rispettare le regole se i primi a calpestarle sono gli stessi dirigenti che dovrebbero farle osservare? La notizia è più devastante di cento casi di positività. Tanto più grave in quanto effettuata in un ambito di basso, infimo livello, quello amatoriale, dove non ci dovrebbero essere remore e scrupoli per fare davvero pulizia. Perchè un dirigente avvisa?
Di questa gravità dovrebbe tener conto la Federazione, che si dice schierata nella lotta al doping. Anche se con qualche contraddizione all'interno, come, ad esempio quella di affidare incarichi importanti e di responsabilità ad ex corridori già coinvolti in clamorosi casi di doping. Perchè se per il giudice ordinario il fatto è grave e vale due mesi di stop, per quello sportivo è gravissimo; è un vero e proprio attentato alla credibilità dell'intero sistema sportivo. E si aspettano sanzioni adeguate.
...sarebbe interessante risalire a quella corsa ed all'ordine di arrivo.....che dite ??