Preso da MTB World
Anche se parla nello specifico di Marta SL, trovi le risposte ai tuoi dubbi.
Io monto le "margherite" da una stagione e ne sono entusiasta. Usura delle pastiglie?..beh, irrilevante la differenza.
Freni a disco
Magura Marta SL (2003)
di Massimo Brignardello - BdM - Mountain Bike World, giugno 2003
Disco a margherita, leva di comando al manubrio in fibre composite: la versione superleggera del Marta segna alla bilancia un peso inferiore al classico V-brake.
Nellallegra famiglia Magura sta accadendo qualcosa: ogni nuovo arrivo era stato finora celebrato con lintroduzione di un nuovo nome di battesimo (Gustav, Louise, Clara, Julie, Marta). Nel 2003 la giovane Marta si è invece sdoppiata. Due personalità diverse? Il tipico dualismo adolescenziale? Insoddisfazione e ricerca di qualcosa di altro? Visti i risultati, si sarà resa conto quanto sia difficile cercare un salto di qualità quando si parte da livelli già alti... Non a caso, la caratteristica più evidente del nuovo Marta SL rispetto alla versione originale non è legata tanto a modifiche strutturali o idrauliche, quanto allintroduzione di materiali particolarmente pregiati. Se è vero che non ci sono state modifiche su tutto ciò che serve a spingere le pastiglie contro il disco, è altrettanto vero che i tecnici Magura hanno pensato di migliorare la qualità della frenata lavorando su un altro aspetto, attribuendo al disco una migliorata capacità di sfuggire alla morsa bloccante delle pastiglie. In due parole, quindi, il livello prestazionale del Marta in versione SL è rimasto invariato a livello quantitativo ed è stato migliorato a livello qualitativo, soprattutto in fatto di reattività iniziale e di modulabilità.
La pinza
La pinza è rimasta esattamente identica a quella introdotta lanno scorso, un unico blocco di alluminio pressofuso allinterno del quale si muovono due pistoni. A differenza della norma, quindi, la pinza non si compone di due semigusci imbullonati tra loro, ma di una struttura praticamente monoblocco, in cui la rigidità flessionale sotto sforzo non è affidata al numero e alle caratteristiche delle viti presenti, ma alla forma delle sezioni resistenti e alla qualità del materiale scelto. Molto bella a livello estetico è la ghiera anodizzata che riempie la vista laterale della pinza. Per quanto accattivante, tuttavia, la sua presenza non è accessoria, ma necessaria per un semplice discorso di logica produttiva. Nel caso dei monoblocchi pressofusi, infatti, a differenza di quanto accade nelle pinze a semigusci imbullonati, per scavare le sedi per i pistoni nel blocchetto di alluminio è necessario aprire un varco laterale con una fresa e proseguire fino al lato opposto. La ghiera serve quindi a ricostituire la continuità ermetica della pinza rispetto ai pistoni, rappresenta un elemento a tutti gli effetti strutturale, e dunque il motivo per il quale non sarebbe propriamente corretto parlare di monoblocco per questo tipo di pinze: meglio forse la dicitura a guscio aperto. Lattacco International Standard è diverso tra anteriore e posteriore perché i dischi sono da 160 millimetri su entrambe le
ruote, mentre lanteriore esiste anche in versione PostMount per la compatibilità diretta con le forcelle Manitou.
I punti di accesso
I punti di accesso per lo spurgo sono molto ben studiati, nonché comodi da usare. Un altro dettaglio interessante è poi il rapporto che lega le caratteristiche dimensionali dei pistoni a quelle delle pastiglie e del disco. I pistoni hanno un diametro medio-grande (22 millimetri), e dunque sono potenzialmente in grado di produrre una spinta sostanziosa; il disco ha una pista frenante molto più ribassata della norma, e per di più ondulata (a margherita), cioè in grado di fornire una coppia bloccante ritmicamente maggiore e minore a seconda del tratto di disco che si trova ad attraversare la pinza; le pastiglie, infine, hanno una mescola organica con dimensioni tali da coprire tutto il campo di oscillazione della pista frenante, vale a dire unaltezza maggiore rispetto a quella di ogni singolo tratto della superficie ondulata, ma comunque minore rispetto a quella massima consentita dal diametro dei pistoni. In breve, accade che laderenza tra le pastiglie e il disco, per quanto potenzialmente esuberante dato il diametro dei pistoni, non risulta eccessiva perché le superfici di contatto sono minori, la coppia frenante non è fissa e lo sviluppo liscio e ultraribassato della pista è in grado di produrre una qualità di attrito omogenea, facile da gestire. Le pastiglie sono poi decentrate rispetto allasse dei pistoni: per un semplice discorso di ripartizione delle pressioni, contribuiscono a migliorare la modulabilità di risposta. La dissipazione delle temperature di esercizio, prevedibilmente alte, è affidata al grande numero di razze a spirale presenti: addirittura undici.
La leva al manubrio
Stessa impostazione complessiva del Marta base, ma il materiale impiegato per la leva freno è costituito da fibre composite. Il risparmio di peso non è molto rilevante (24 grammi a freno), ma ciò che ne guadagna è la maggiore rigidità del meccanismo e una percezione tattile più gratificante. Per la cronaca, il Marta SL è uno dei pochi impianti a disco che può fregiarsi del fatto di essere più leggero di un tradizionale V-brake, e con i suoi 330-346 grammi si guadagna la palma del più leggero tra quelli con struttura in alluminio (ma non tra quelli in
magnesio). I condotti idraulici sono di tipo accorciabile (nella confezione è incluso un kit di boccole e di raccordi di ricambio), realizzati in una resina dichiarata resistente anche a pressioni idrauliche molto alte. Per chi volesse, comunque, alla voce accessori del catalogo Magura ci sono anche dei condotti rivestiti in maglina metallica, ancora più resistenti e sempre accorciabili. Due opzioni anche per le pastiglie: Performance (già montate di serie) ed Endurance, entrambe a mescola organica.
Migliorie tangibili
Le modifiche apportate alla versione SL rispetto al Marta base sono due, rappresentate dalla leva freno in carbonio e dalla superficie frenante del disco ondulata anziché dritta. Il fatto che il carbonio alleggerisca e aumenti le rigidezze è noto a tutti, mentre lutilità del torturare una pista frenante fino a farla diventare ondulata non è detto che sia altrettanto intuitiva. Del tutto lecito sarebbe infatti domandarsi se cè effettivamente un riscontro pratico in questa scelta tecnica, oppure se si tratta soltanto di una moda transitoria. Il dubbio ce lo stavamo ponendo da tempo, e trovandoci nella possibilità di poter confrontare la resa frenante della stessa pinza su un disco a margherita (Marta SL) oppure su un disco tradizionale (Marta), siamo andati a puntare proprio il dito sulla piaga. Ebbene, lesito è positivo. Le due risposte non sono identiche: il disco tradizionale offre una risposta più immediata, più profonda e più tenace. In pratica offre una frenata più reattiva e più corta. Il disco a margherita appare invece complessivamente più docile: la reattività iniziale non è istantanea, ma semplicemente pronta, la morsa sul disco cresce con intervalli di tempo adeguatamente prevedibili, e la potenza frenante massima arriva solo su specifica richiesta.
Il disco a margherita
Mediamente, quindi, il disco a margherita offre una frenata leggermente più lunga e gestibile. Interessanti in questottica sono le sensazioni che si percepiscono in condizioni estreme di frenata: sembra quasi che dallistante in cui ci aspetteremmo di arrivare al blocco, e di ribaltarci in avanti, il disco riesca a sfuggire ancora di qualcosa alla morsa frenante, diradando la possibilità che il biker perda definitivamente il controllo della bici. La nostra impressione è dunque che il Marta tradizionale sia consigliabile per il cross country di tipo performance, cioè energico e impulsivo, e che il Marta SL trovi la sua migliore applicazione in un contesto agonistico; questo non tanto per il vantaggio di cui gode in fatto di peso, quanto per la maggiore docilità di carattere, qualità notoriamente impagabile soprattutto quando, a fine gara, la stanchezza inizia ad appannare i riflessi di tutti i concorrenti.