Mi ricordo tanti anni fa, da bambino, quella vecchia bici da uomo, e quel curioso cilindretto grigio sul manubrio, con una specie di tubicino che arrivava alla ruota.
Una lancetta arancione. Zero, dieci venti..., e il cilindretto con tanti strani numeri sotto. L'ultimo rosso.Ero lì a fissarla da tanti, interminabili minuti. Finchè un ragazzo non mi disse:
"Vuoi vedere come funziona?!?"
Una delle nozioni che pervertono l'anima dell'uomo, più raramente della donna fin dalla più tenera età, il concetto di "chilometri all'ora", ossia velocità, metri al secondo, spazio diviso tempo, aveva già abbandonato la sua natura embrionale per trasformarsi in un obiettivo, aspirazione, segreta depravazione da espiare, non importa se in terra, mare o cielo, come saggiamente suggeriscono le tre punte della stella di Stoccarda.
E allora, a cavalcioni su sta bici, con il giovane che pedalava e io seduto sulla canna, a vedere la lancettina che piano piano abbandonava la sua sede di riposo.
Zero... dieci... più pedali e più sale.
Da lì, prima con la BMX. Non serve il contachilometri quando pesi trenta chili e un cazzo, e te la fai a rotta per i campi, quando per gli altri sei un fantasma, il leader, quello che o frena più tardi o non frena proprio.
Poi, con la prima biciclettina da corsa, eredità del cugino. Bei tempi, BELLISSIMI tempi, quando le bici erano eredità da tramandare tra fratelli più grandi e più piccoli, tra amici, tra cugini, o quando l'anziano signore del palazzo di fronte ti vendeva per ventimila lire quella del nipote cresciuto. Anche lì, niente.
Ma quando cresci un po', ed erediti un'altra bici, quella da corsa dello zio, la porti dal ciclista a farla mettere a posto, allora cominci ad ostinarti.
"E il contachilometri?!?"
Dai oggi, dai domani, alla fine il papi te lo regala. Ma quello digitale! WOW! Figata.
E te lo monti tu. E metti TU la circonferenza in millimetri della ruota. Ventotto per tre e quattordici, poi per venticinque e quaranta.
Ti accorgi di aver cannato quando spingi la bici fuori dal garage, a piedi, e segna 17 km/h.
Poi aggiusti la mira, e mentre pedali a tutta, ti rendi conto che forse i 17 km/h che prima erano troppi, ora sono pochi.
Ti fermi, sudato, praticamente distrutto, davanti al negozio del ciclista, e te lo fai mettere a posto. Da lì in poi la famosa depravazione deve essere soddisfatta, con del sano onanismo da pedale. Niente da fare, a quel numero, quello in grande sul display, quando hai tra i dodici e i sedici anni, ci fai l'assuefazione: non è mai quello giusto, è sempre troppo poco.
E cominci prima a barare, cercando le discese e lanciandoti giù come se non ci fosse futuro. Trenta, quaranta, cinquanta... poi però la discesa finisce, ma la tua fame non l'hai ancora risolta. E allora giù di pedale, col rapporto più lungo, per vedere quanto ci mette l'anima ad uscire dal corpo. Ma l'anima insiste, vuole rimanere lì, e vedere quel numero a quanto arriva.
35,36,37... la sostanza non cambia: quel numero è SEMPRE troppo basso. I pochi coetanei anche loro col contachilometri, vai a sapere se la circonferenza ce l'avevano impostata giusta, tutti a far vedere la funzione "MX" del contachilometri.
"Guarda qua, 42"
"Io 45"
"41 e mezzo"
"43"
E allora sei lì e devi darti un tono: "almeno quaranta".
E il passatempo è perdersi nel sole di Luglio, con un occhio alla strada, e l'altro a quel rettangolo fissato al manubrio.
E poi ti fermi: e quando la "emme ics" registrata dal tuo fedele strumento finalmente inizia per quattro, ti senti un altro.
Certe cose ti restano dentro: mi ricordo un giorno, un tratto di trasferimento di ritorno da un'escursione in collina. Discesa su asfalto, ma come si fa ad andar piano?!? Copione già visto altri milioni di volte: giù tutti i pignoni, in piedi sulla sella, e quel primo strappo, di gamba sinistra, che è l'inizio della sfida.
Con la MTB fa sempre un po' più paura: quei gommoni che mugugnano, sono inquietanti, ma la fame resta, in tanti anni la tieni a bada, ma non la sconfiggi mai. Io avevo preso la bici da una settimana, il contakm. dovevo ancora comprarlo.
Mi si affianca il Massimo. Chiedo.
"A quanto andavamo?!?"
"Sessantotto e nove".
"STI CAZZI!!"
E dopo circa un paio di mesi, l'ho comprato.
Non è stata la stessa cosa, senza filo è troppo facile. E non ci vuole più neanche il cacciavite.
Ma quando hai fatto e sali...
Zero, dieci, venti...
... si ricomincia.
Torno bambino.
Una lancetta arancione. Zero, dieci venti..., e il cilindretto con tanti strani numeri sotto. L'ultimo rosso.Ero lì a fissarla da tanti, interminabili minuti. Finchè un ragazzo non mi disse:
"Vuoi vedere come funziona?!?"
Una delle nozioni che pervertono l'anima dell'uomo, più raramente della donna fin dalla più tenera età, il concetto di "chilometri all'ora", ossia velocità, metri al secondo, spazio diviso tempo, aveva già abbandonato la sua natura embrionale per trasformarsi in un obiettivo, aspirazione, segreta depravazione da espiare, non importa se in terra, mare o cielo, come saggiamente suggeriscono le tre punte della stella di Stoccarda.
E allora, a cavalcioni su sta bici, con il giovane che pedalava e io seduto sulla canna, a vedere la lancettina che piano piano abbandonava la sua sede di riposo.
Zero... dieci... più pedali e più sale.
Da lì, prima con la BMX. Non serve il contachilometri quando pesi trenta chili e un cazzo, e te la fai a rotta per i campi, quando per gli altri sei un fantasma, il leader, quello che o frena più tardi o non frena proprio.
Poi, con la prima biciclettina da corsa, eredità del cugino. Bei tempi, BELLISSIMI tempi, quando le bici erano eredità da tramandare tra fratelli più grandi e più piccoli, tra amici, tra cugini, o quando l'anziano signore del palazzo di fronte ti vendeva per ventimila lire quella del nipote cresciuto. Anche lì, niente.
Ma quando cresci un po', ed erediti un'altra bici, quella da corsa dello zio, la porti dal ciclista a farla mettere a posto, allora cominci ad ostinarti.
"E il contachilometri?!?"
Dai oggi, dai domani, alla fine il papi te lo regala. Ma quello digitale! WOW! Figata.
E te lo monti tu. E metti TU la circonferenza in millimetri della ruota. Ventotto per tre e quattordici, poi per venticinque e quaranta.
Ti accorgi di aver cannato quando spingi la bici fuori dal garage, a piedi, e segna 17 km/h.
Poi aggiusti la mira, e mentre pedali a tutta, ti rendi conto che forse i 17 km/h che prima erano troppi, ora sono pochi.
Ti fermi, sudato, praticamente distrutto, davanti al negozio del ciclista, e te lo fai mettere a posto. Da lì in poi la famosa depravazione deve essere soddisfatta, con del sano onanismo da pedale. Niente da fare, a quel numero, quello in grande sul display, quando hai tra i dodici e i sedici anni, ci fai l'assuefazione: non è mai quello giusto, è sempre troppo poco.
E cominci prima a barare, cercando le discese e lanciandoti giù come se non ci fosse futuro. Trenta, quaranta, cinquanta... poi però la discesa finisce, ma la tua fame non l'hai ancora risolta. E allora giù di pedale, col rapporto più lungo, per vedere quanto ci mette l'anima ad uscire dal corpo. Ma l'anima insiste, vuole rimanere lì, e vedere quel numero a quanto arriva.
35,36,37... la sostanza non cambia: quel numero è SEMPRE troppo basso. I pochi coetanei anche loro col contachilometri, vai a sapere se la circonferenza ce l'avevano impostata giusta, tutti a far vedere la funzione "MX" del contachilometri.
"Guarda qua, 42"
"Io 45"
"41 e mezzo"
"43"
E allora sei lì e devi darti un tono: "almeno quaranta".
E il passatempo è perdersi nel sole di Luglio, con un occhio alla strada, e l'altro a quel rettangolo fissato al manubrio.
E poi ti fermi: e quando la "emme ics" registrata dal tuo fedele strumento finalmente inizia per quattro, ti senti un altro.
Certe cose ti restano dentro: mi ricordo un giorno, un tratto di trasferimento di ritorno da un'escursione in collina. Discesa su asfalto, ma come si fa ad andar piano?!? Copione già visto altri milioni di volte: giù tutti i pignoni, in piedi sulla sella, e quel primo strappo, di gamba sinistra, che è l'inizio della sfida.
Con la MTB fa sempre un po' più paura: quei gommoni che mugugnano, sono inquietanti, ma la fame resta, in tanti anni la tieni a bada, ma non la sconfiggi mai. Io avevo preso la bici da una settimana, il contakm. dovevo ancora comprarlo.
Mi si affianca il Massimo. Chiedo.
"A quanto andavamo?!?"
"Sessantotto e nove".
"STI CAZZI!!"
E dopo circa un paio di mesi, l'ho comprato.
Non è stata la stessa cosa, senza filo è troppo facile. E non ci vuole più neanche il cacciavite.
Ma quando hai fatto e sali...
Zero, dieci, venti...
... si ricomincia.
Torno bambino.