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Cronache da un diluvio

FRWalter

Biker urlandum
17/6/08
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Sulle nuvole
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Vediamo se indovino: con questo fanno N+1 resoconti sulla Lessinia Legend del 29 Marzo. Il mio sarà un po' più avventuroso, devo calcare la mano sulla componente emotiva, perchè quella atletica l'ho dovuta abbandonare .

Scherzi a parte, io ve la butto giù, nella speranza di farvi cosa gradita.

Sabato 28 Marzo, ore 15.00 circa.

Siamo partiti da meno di un'ora, sono in macchina con Andrea che guida. Tanto tempo per pensare. E il pensiero casca sulla cassetta pignoni. Sul rapporto più corto, in particolare.

"Io ho il 32, ma c'è anche il 34. 22-34. Non sarà troppo corto?!?" Avrò tempo, per trovare una risposta.

Arriviamo all'incirca alle 18.00, sotto un cielo capriccioso, tetro, che non promette niente di buono, ma bellissimo. In pieno cambio di stagione, con in aggiunta un bel cambio dell'ora, un emotivo come me trova pane per i suoi denti. E infatti sento la trance agonistica salirmi dentro, ancora dobbiamo mettere giù il bagaglio, ambientarci, andare fuori a cena, e io ho qualcosa dentro, un capitale che devo spendermi da solo. Mi sembra di sentire nelle orecchie "High Hopes" dei Pink Floyd, brano che mi ha spesso accompagnato in allenamento, tuonando nelle cuffiette del mio ipod come un'esortazione a non mollare. Oramai è ufficiale: il mio passato è tornato. I tanti anni spesi usando la bicicletta come mezzo di locomozione casa-panettiere o casa-bar sono già un ricordo. Il mio passato da almeno trenta km. al giorno nel doposcuola mi ha trovato, e adesso vuole il suo tributo. Che sia sotto forma di sudore, fatica, crampi, imprecazioni, ma non di rinuncia.

E su questo, mi trova d'accordo: le sue richieste sono ragionevoli.

L'organizzazione curata da Massimo (almeno penso) è impeccabile: potrebbe fare il tour-operator di professione. Ci ha trovato un bed & breakfast che è una vera sciccheria appena fuori Verona.

Passa chiassosamente e goliardicamente una serata tra amici, tra compagni di avventura. L'abitato di Zevio "si gode" la nostra rumorosa presenza, e l'avventura accoglie tra le sue braccia un personaggio locale, Marco, giovane promessa della MTB. L'indomani, sarebbe stato anche lui tra i partecipanti della Lessinia Legend.

Le ore volano, veloci, fin troppo. Per coerenza di stile, una di esse ci abbandona prima del tempo. Penso tra me e me di essere il solito stronzo: mi riprometto sempre di non bere, o meglio, di bere poco prima di una gara, poi cado puntualmente in contraddizione. Fa niente, il mio passato, vedi sopra, fa tutto un conto. E' caro e salato, ma gli servo vivo, e tutto intero. Vediamo cosa si può fare.

Ore 7.00, mi sveglio puntuale, ma sono l'ultimo a scendere. Mi ero promesso di farmi la barba, e così è stato. Circa un quarto d'ora, poi ho tirato su le mie cose in fretta e furia, e sono sceso nella sala colazioni del bed & breakfast, che sembrava aver ospitato un centinaio di dannati fuggiti dal girone dei golosi: mai come in quel momento ho maledetto la mia capacità di far tardi. Ma fa niente, butto giù un caffè in apnea, mi bevo un succo d'arancia e inalo due fette biscottate con la Nutella. Non avevo fame, lo stomaco era chiuso. Ma devono farmi sempre sto effetto le occasioni "ufficiali", dico io?!?

Alle 8.00 circa siamo già fuori, in strada. Raggiungiamo la caserma "Duca", base logistica dei lessiniani, in breve tempo. Fa freddo, ma non ho freddo, piove, ma non ci faccio caso, c'è poca luce, ma mi basta. Sono di buon umore, ma non riesco a distinguere l'umore buono da quello cattivo: le sensazioni epidermiche e intradermiche si fondono in un assieme disordinato, lo sguardo è già balzato oltre la partenza, anche se ancora non sa dov'è.

Siamo già a qualche minuto prima delle 10.00, ora della nostra partenza. Piove, cosa cui abbiamo già fatto ampiamente l'abitudine. Una folla vociante e variopinta è radunata sotto un tendone, il tepore artificiale fa da magra consolazione, è il preambolo di quello che arriva dopo, quei 46 km. che non mi sono mai studiato.

E infatti via, partiti. Parto anch'io, con l'errore di sempre: spremermi da subito, nel patetico tentativo di recuperare qualche posizione. Allungo più che posso, ciuccio ruote, fagocito scie. Fatica sprecata. La prima salita è il reset. Da 42 e passa a sette all'ora scarsi, il cambio isterico che scalcia, forza la catena a salire.

Troppo corto il 34?!? Fa niente, io non ce l'ho. Nel dubbio, mi tengo buoni due pignoni.

Ma la strada non molla.

E io non voglio mollare.

E piove.

Acqua, terra, aria. Tre elementi della natura ci sono. Il quarto, il fuoco, lo devi cercare. Vorresti sentirlo nelle vene, è come una lama che ti raschia la gola, è un riflesso che passa sulle cornee mentre stringi il manubrio fin quasi a piegarlo. Sei testimone, senza saperlo, di un miracolo, mentre tieni la bocca spalancata e arranchi su una salita. Ti domandi, chi cazzo te l'ha fatto fare, ma al tempo stesso te ne freghi. Un confuso e fangoso ideogramma sul contachilometri dice che ti sei bevuto sei km., e preghi il fango che ti oscuri la visuale. Altri quaranta chilometri di non-so cosa. Salita, discesa, e se cado?!? E se foro?!? E se mi si rompe un freno?!? E se mi si smaglia la catena?!? E sti cazzi?!?

Sono partito da sprovveduto come sempre, niente attrezzi, niente lattice nelle gomme, solo una bomboletta gonfia e ripara come materializzazione della provvidenza. Intanto, presente e passato si confondono, sgocciolano come la pioggia dalla visierina del caschetto, il fango diventa la tua seconda pelle, lo strano dolore che sentivi all'altezza dei glutei non lo senti più, sei una nuvola ansante di vapore acqueo che spinge una bici su per una salita, la tua identità di uomo in quel momento non c'è, ti ha abbandonato.

Eppure, nelle orecchie, nella mente, senti come una voce, tutti i brani con cui ti alleni. La mente è in viaggio, e in vantaggio su di te. Devi raggiungerla.

I pochi istanti in cui alzi la testa, ti servono a mettere a fuoco un paesaggio onirico. La mente in vantaggio su di te non avrebbe potuto partorire di meglio: sarà la poca luce, saranno le voci di chi condivide la fatica con te, o di quelli ai lati del tracciato, ma chi lo sa, in che anno siamo?!? In quale posto del mondo ci troviamo?!? Questo luogo esiste? Esiste la fatica? Si, quella si, eppure non sento dolore. Provo ad allungare, niente, vorrei fermarmi, niente. Forse siamo salvi: una discesa.

Erba bagnata: cosa di meglio per ripiombare nella realtà?!? La bici sembra ubriaca, fa quello che vuole. Ritorna la tua identità di uomo, a chiederti di tenere tutti i muscoli rigidi nel tentativo di trovare un equilibrio che non lo sai, dov'è. Sembra non finire mai, una manciata di metri di terrore, trattieni il fiato, imprechi, bestemmi. E' andata, non cadi.

E poi le pietre. E un curioso ruscello di fango. A furia di prender botte, nonostante la forcella ammortizzata, non ti senti più le mani, ma l'uomo e la bici sono fusi insieme. Cerchi di capire, ma non hai tempo per riflettere. Ti domandi com'è che non sei ancora caduto col fondo schifoso che c'è, e forse l'unica spiegazione è che non vuoi cadere. Ogni tanto scendi dalla bici, si scivola, e la pioggia lava tutto, anche le cose brutte che ti escono di bocca. Su in sella di nuovo, dopo aver trovato un punto buono per partire. Sali la prima volta, e la ruota ti si pianta contro una roccia. Sali un'altra volta, e ti slitta la ruota dietro. Sali un'altra volta, e si pianta la catena. Te la ricordavi più facile. Intanto però, i chilometri passano, e quel rifornimento che avresti voluto tra il chilometro 14 e il chilometro 16, è lì che ti aspetta nei dintorni del chilometro 22.

Altro prezzo da pagare: arrivi dopo gli altri, e l'acqua è finita. E' servita a riempire borracce, probabilmente a sciacquare abrasioni, escoriazioni, a lavare facce madide di fango. L'aranciata va bene lo stesso, mentre ingurgiti una composizione di banana e terra, divori una barretta probabilmente con ancora l'alluminio sopra, e lo spettacolo a cui assisti è un terreno su cui giacciono decine di biciclette. La corsa riprende, disordinata. Ancora salita, ancora discesa, la fatica era da mettere ampiamente in conto e obbedisci. La forcella fa sciopero, è bloccata, non corre. Ma non sarà certo questo a fermarti. Quando arriva l'asfalto, te la rischi. Rapporti lunghissimi, frenate allo spasimo, gomme che mugugnano, grattano l'asfalto, cambiano mille volte velocità, accelerazione, momento d'inerzia, direzione, attrito, nel momento in cui il tuo sguardo abbandona un tornante e si butta sul prossimo. Tempo reale.

E intanto, la strada corre, trenta km. Il peggio è passato. Te ne restano ancora sedici, stando a chi ha messo giù il tracciato, di km. di non-so-cosa.

Pedalare nell'erba bagnata: sembra di essere nelle sabbie mobili.

L'ultimo tratto nei pressi di un campo: con un trattore non avresti fatto di meglio.

Mano a mano che si avvicina la città, e la caserma si approssima, e vedi più vicino il momento in cui saresti stato dentro al parcheggio con addosso solo un accappatoio e tanto fango, è solo uno il pensiero che ti divora: la voglia di farcela. E infatti, gli ultimi metri sono luci confuse, un velo di nebbia davanti agli occhi, pioggia, ancora tanta pioggia, e aria gelida che ti passa sopra le orecchie come una lama di ghiaccio.

E' finita.

Con buona pace di chi ci ha messo un'ora meno di te: buon per loro, con buona pace di chi ti domanda chi cazzo te lo fa fare, soprattutto te stesso, con buona pace della sfortuna o della pioggia incessante, come diceva Neruda, con buona pace delle forature, delle cadute, dei crampi, delle crisi di fame, delle tante imprecazioni che ti sono uscite di bocca.

E con buona pace del 34, che non hai tra i pignoni.
 

selvadego

Biker superioris
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villaverla (vi)
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Bravo, non faccio più gare ma hai reso perfettamente

lo spirito di chi pratica - praticava, questo sport per passione

tutte cose provate ma che non sono mai riuscito a mettere
giù cosi' bene di nuovo BRAVO.
 

pulun1

Biker superis
15/12/07
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Rosasco (PV)
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Tante.. forse troppe..
Racconto molto bello! Mi passa quasi la voglia di cominciare la stagione del circuito dei parchi... menomale che in teoria non è competitiva...
 

samuelgol

Bürgermeister des Waldes
17/7/07
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Bozen
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Methanol
Nelle giornate storte è qualcosa del genere. Ma poi ci sono le belle giornate e allora ti torna la voglia, quando vedi il tuo nome davanti a quello di tantissimi altri, quando sai che qualcuno ti evita perchè sa che se esci con lui si becca legnate (solo i codardi però fanno così, i tignosi cercano i + forti di loro per migliorare), quando altri riconoscono il tuo valore (relativo) e si chiedono come cavolo fai a fare certe cose che a loro non riescono neanche in sogno......il ciclismo è duro, ma ti ripaga con moneta pari a quello che gli dai.
 

FRWalter

Biker urlandum
17/6/08
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Sulle nuvole
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Infatti io che sono fuori allenamento da una vita riesco a limitare i danni nei confronti di gente che magari solo sto inverno si è cacciata 1000-1500 km. nelle gambe, che non ha i 7-8 kg. di zavorra che DEVO buttare giù, che ha iniziato qualche anno prima di me, che magari si studia i tracciati prima di intraprenderli, che sa come gestirsi la fatica, come risponde la bici su certi terreni e su certi altri, se vale la pena strappare in una salita e poi tirare il fiato o cercare di mantenere un passo costante. E NE HO GUSTO!! Perchè finora sono arrivato non dove potevo arrivare, ma dove VOLEVO arrivare.

E' un cammino quantomai entusiasmante: la prima cosa che ho imparato è che se la bici non è in ordine non vai da nessuna parte, poi che non serve a niente strafare, che ci sono le giornate in cui ti senti il dio Marte in persona a fare battaglia con la sua lucente spada e giornate in cui butteresti la bici giù da un crinale godendo nel vederla rotolare.

E che pur in ritardo di una vita, la prima cosa che ho pensato è che sono stato contento di rivedere i miei amici alla fine della gara.

Alla fine di OGNI gara.
 

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