Novembre avanza e con lui l'inverno si approssima portando quella sensazione antica di malinconia e tristezza tipici delle giornate che si abbrumano, si accorciano, e il freddo e la nebbia penetrano nelle ossa. Il fango delle nostre colline spesso ci impedisce di uscire per interessanti escursioni.
Allora? che fare?
Propongo agli amici una facile escursione alla bassa.
Certamente non ha la valenza di un duro percorso montano, ma....ma ha un suo fascino. Il fascino della terra delle nebbia, del culatello....
Propongo una escursione nella terra di Giovannino Guareschi, la terra dove si fa festa al maiale..
Giusto in queste domeniche novembrine nei paesi della bassa bassa si tiene la serie di feste del November Porc.... Perchè allora non andare a pedalare da quelle parti?
Propongo così una serie di pezzi che ho composto qualche tempo fa a tal proposito...
Un pò di riflessioni e qualche notizia riguardanti il percorso.
A chi fosse interessato posso inviare anche il file gpx del percorso. detto file si può trovare e scaricare anche dalla sezione itinerari di mtb forum.
per allenarmi un po’, ho inforcato la mia MTB ….
Pedalando pedalando….ho raggiunto i campi vicino al paese…poi percorrendo una carraia ho raggiunto l’argine de Taro ..il nostro fiume…
Porca miseria ..La ruota è già a terra….
Bucata..
Fa niente….mi armo di pazienza …smonto la ruota , tolgo la camera d’aria bucata, rimetto la nuova, chiudo, gonfio, rimetto su la ruota….tutto ok…ma…
Alzo la testa e mi fermo a guardare attorno….
Ormai al tramonto, col sole che rosseggia nell’umidità estiva della pianura padana, i campi color oro, i campi di grano, brillano oltremodo….
Giugno che sei maturità dell’anno….di te ringrazio Dio…….Doni all’uomo il pane….alle femmine l’oro…
Nei campi forte il rumore delle Mieti/trebbia (meda_e_bata in dialetto)….il frumento fagocitato in breve da queste grandi macchine….
Un solo uomo a mietere in poche ore biolche e biolche di frumento….
In un solo istante mi passano davanti agli occhi, mi risuonano nelle orecchie, i racconti della mia bisnonna…..la Rosina…..quando mi raccontava della “sua“ mietitura….
…………Il solstizio d’estate…festa pagana…della fecondità della terra… diventata poi San Giovanni. festa cristiana….
Per San Giovanni, qui da noi, novelli discendenti di antiche popolazioni celtiche, si fa ancora festa, si mangiano i tortelli e si prende ancora “la rosaeda” (rugiada)…
Allora, quando si mieteva a mano….era festa grande….
Tutta la corte, donne, uomini, bambini, vecchi, ne prendevano parte….
Il tutto cominciava con la mietitura, a mano, col falcetto (la misora) si legava e si facevano i covoni (covon) poi col sole ancora alto donne e bambini, col “culo” per aria andavano a spigolare.…che allora il padrone ne donava una parte agli spigolatori…..
Poi si portava tutto nell’aia…nella corte…li c’era la “machina da batar” che separava il frumento dalla paglia…
Un enorme via vai di gente animava la corte….
Chi alimentava la macchina, chi spostava i sacchi, chi spostava la paglia, chi portava i sacchi su fino in solaio ..sacchi da 100 kg!! I bambini più piccoli, a piedi nudi ..sporchi e impolverati a guardare la grande macchina che sbuffava, cigolava, rombava, con le braccia (le legatrici) che andavano su e giù…..
Ogni tanto il fattore portava da bere ai lavoranti…il vino rosso, ma nn quello buono, portava “ al mezs ven” vino di torchiatura allungato con acqua, che dissetava di più….(le braccia e le gambe che faticavano avevano grande bisogno di energia e sali minerali...e non c’era il Gatorade...)
Le Reszdore in casa a preparare da mangiare…
A mezzogiorno la sosta per il pranzo…
Tutti si era in piedi dall’alba…. Il lavoro duro…la fame tanta….
Grandi tegame di pasta asciutta e pane, sulla enorme tavolata sull’aia, all’ombra….si perché allora “al sol al piciaeva da bon” (il sole batteva davvero)
Nell’ora più calda la gente riposava un po’…..
Gli uomini lavorano per giorni , come bestie, col vino diventavano irrequieti….allora le ragazze…andavano a tenere calmi…i ragazzoni della macchina…..
Poi la macchina riprendeva il suo sbuffare fino a sera, “fin ca s’gh’e vdeva”
E a notte, dopo una lavata nell’ “erbi” si metteva la camicia bianca, i pantaloni puliti, le scarpe buone, e si faceva festa grande…con i tortelli, la carne, le torte…il vino buono….
Il rito del frumento, della fertilità della terra, stava per arrivare al suo culmine….
Nella grande corte venivano accesi grandi falò per illuminare, l’orchestrina strimpellava qualche valzer, mazurca….nonostante il duro lavoro del giorno si ballava si ballava…..
Le ragazze sceglievano il loro uomo…in quel rito dal sapore pagano di una società matriarcale.. finita da secoli.
All’alba le giovani donne sarebbero tornate con “la scosalèta” bagnata e “strafogna”
I ragazzi, con la “camisa spigaszenta”…felici, stanchi….pronti per un’altra giornata di duro lavoro…
Nei campi…
Molti sarebbero andati direttamente nella stalla….( a ghè la vaca da monszar) altri sarebbero tornati a fare i muratori.…altri ..niente fino alla prossima chiamata del caporale..
Nelle corti si rimette tutto a posto ….le galline possono tornare libere di “raspare” nel cortile….
Il maiale avrebbe fatto festa…ma ancora per poco….
I buoi indifferenti continuano a ruminare………………………
Accidenti si fa tardi….devo andare
Altrimenti addio allenamento….
Vai pedala…………………….
Mi ritrovo ad ammirare, a commuovermi, guardando, con occhi diversi questa mia terra, fertile e generosa, ma piatta....ma piatta....dove l’argine del Taro rappresenta la massima salita.......
Eppure sono qui su questo argine a faticare, a spingere sui pedali della mia MTB, a sudare fra sassi, “razse”, erba alta...e pensare ...
Mi piacerebbe far conoscere la mia terra, il mio fiume, le nostre tradizioni, i nostri monumenti, a tutti quelli hanno voglia di guardarsi attorno con occhi curiosi, con la voglia di pedalare un pò......
«Dicono che la Bassa sia piatta: ma non è vero. dicono che sia il luogo del silenzio: e neppure questo è vero». È solcata da «canali, carrarecce, strade bianche, casali, argini, terre di golena: tutta roba matta che si ingegna ad affaticare il respiro del camminatore più robusto».
(Guareschi)
“Laggiù, verso il grande fiume, la terra è buona non solo per frumento, meliga,
pomodoro, bietole eccetera, ma anche per far mattoni. Terra dura, compatta: e
i mattoni sono grevi ma suonano come campane....... A due o tre chilometri dal
paese c’era la fornace di Dino Caratti, una vecchia fornace che dava da lavorare
a una cinquantina di persone.......”.
(Guareschi)
Giovannino... già! Giovannino...
proprio lui, il testardo, sanguigno, uomo della bassa.
Uno degli scrittori italiani più letti e tradotti nel mondo (solo nelle scuole italiane non si sono mai letti i suoi libri...ma è un discorso lungo e difficile).
Già! Guareschi, proprio lui ha caratterizzato la bassa attraverso i suoi personaggi più famosi: Peppone e Don Camillo. La cinematografia ha trasportato le situazioni nel reggiano, in quel di Brescello....ma la realtà dei libri è decisamente ambientata e caratterizzata nella nostra nebbiosa bassa....la dove i due grandi fiumi della nostra bassa (Po e Taro) uniscono le loro acque e le loro nebbie più fitte.
Ho abitato per 15 anni a Trecasali, e da quando ho cominciato ad andare in mtb, il percorso che vado a descrivere è stato una palestra divertente. Per qualche tempo ho pedalato questi 40 km con il puro spirito del ciclista. Poi, invecchiando, ho rallentato i ritmi...e ho iniziato a guardarmi attorno...ho ricominciato a "respirare" l'aria della mia "bassa". Ho sentito mio ogni metro di argine....
Ogni volta riprendevo un pò di me stesso...sentivo dentro l'anima pugnace e nervosa di Giovannino...ogni volta capivo meglio i miei colleghi nativi della "bassa bassa".
Sensazione stupenda.
Il tracciato.
Anche se io sono sempre partito da Trecasali, ho pensato di piazzare il punto di partenza a San Secondo. Davanti alla Rocca dei Rossi.
Diciamo che vale la pena di perdere un pò di tempo per una bella visita(magari alla fine del giro). Penso che San Secondo sia la "capitale" della bassa. Dalla Rocca dei Rossi, seguendo una nuova e pregevole pista ciclabile arriviamo fin sull'argine del Fiume Taro, uno tra i più importanti affluenti di destra del Po.
Lungo circa 125 km e con un bacino che si aggira sui 1500 km/q, il Taro, pur essendo classificato tra i fiumi, rispecchia quasi tutte le caratteristiche del torrente. Come indica il suo nome (etimologicamente "precipitoso, veloce"), il corso del Taro è caratterizzato da un primo tratto in cui le acque scorrono veloci a causa dell'elevata pendenza (l'altitudine massima del bacino è di m 1.831 s.l.m.), con conseguente trasporto a valle di ciottoli e detriti ed erosione del terreno.
All'altezza di Fornovo - Medesano, il Fiume rallenta la sua corsa e deposita il materiale solido, tanto che il greto, ora molto più ampio, è caratterizzato da una notevole quantità di ghiaia e ciottoli. Questi ultimi sono tra gli elementi più caratteristici del Fiume: diversi per forme e per colori, un tempo venivano usati dalla gente locale per la costruzione di case e muretti di recinzione.
A causa della diminuzione della pendenza e quindi della velocità, a questa altezza il letto del fiume si fa più permeabile e una parte dell'acqua si infiltra nel terreno per alimentare le falde acquifere della zona.
A Nord della Via Emilia, il Taro restringe ancora il suo alveo tanto che, in alcuni punti, sembra ridursi a un vero e proprio canale, incassato in una stretta trincea scavata nella pianura. Dopo il Comune di San Secondo e quello di Trecasali, il Fiume attraversa Sissa dove in un punto protetto da una flora rigogliosa, il Taro e il Po si incontrano, dando vita a uno scenario molto suggestivo.
Con una manovra complicata a causa di una proprietà privata scorbutica con cani nervosi, passiamo sotto al ponte sul Taro e, dopo aver attraversato la strada assai trafficata, scavalchiamo il fiume e, sempre per ciclabile asfaltata mi dirigo verso Trecasali.
Dall'alto dell'argine lo sguardo spazia per la campagna fin dove la foschia sempre presente lascia correre l'occhio. La possente sagoma del complesso industriale ex Eridania campeggia sul fondo. Dalla parte opposta lo stretto alveo del fiume con la foresta fluviale disordinata spesso infestata da preoccupanti sacchetti di plastica multicolori, lasciati dalle piene. Appare anche la sagoma della cinquecentesca "Baronessa" nelle campagne di S.Quirico. Si pedala svelti, mentre il Taro inizia il valzer delle anse. Da Trecasali al Po la strada è veramente poca, ma il Taro si prende tempo e terra, e aumenta a dismisura la distanza, come non avesse voglia di finire la sua corsa. Poco prima di Sissa finisce l'asfalto e comincia una carraia ben pedalabile.
Ci si inoltra nella campagna, le colture la fanno da padrona, mentre, tortuoso, tranquillo, il fiume scorre pigro. Nei pressi di Palasone l'ansa del Taro crea uno degli "isoloni" .
Nell'area golenale ampi campi coltivati punteggiati di antiche fattorie ormai abbandonate. Dopo la piena e l'alluvione dell'82 queste fattorie vennero fatte sgomberare.
Ora sono solo depositi di materiali e fieno. Ci si può spingere all'interno di queste golene per immergersi nella campagna più intensa. Passiamo a fianco del santuario della Madonna delle Spine.
Ancora un altro isolone, il più grande. Qui il fiume ha preso una scorciatoia....si è stufato di fare tutto l'ampio giro, e ha tagliato....e ha veramente creato un isolone.
Ora l'uomo ha ricostruito un istmo fragile per passare di la e imporre al fiume il corso classico...Sono sicuro che alla prossima piena....
A Gramignazzo attraversiamo su asfalto il "ponte del Diavolo". Questo ponte divenne la bestia nera degli aerei alleati che tentarono inutilmente di distruggerlo. Siamo ormai in territorio di Roccabianca.
A Gramignazzo esiste l’unico via di collegamento fra il territorio di Sissa e quello della vicina Roccabianca. Fino agli anni Trenta i collegamenti fra le due sponde erano assicurati da servizi di traghettamento a fune situati principalmente a Borgonovo. Nel 1936, con l’inaugurazione del ponte di Gramignazzo, sono notevolmente migliorate le relazioni fra i due vicini territori che per dirla con le parole di Giovannino Guareschi distavano “a un tiro di schioppo” ma il lungo isolamento è ancor oggi evidente nella sostanziale diversità dei dialetti parlati sulle due opposte rive del Taro.
Il ponte a tre campate, sormontate da altrettante arcate, durante l’ultimo conflitto bellico, prese il nome di “Ponte del Diavolo” per la sua resistenza ai ripetuti bombardamenti.
Fino a un decennio fa, in prossimità del ponte, il fiume Taro era centro di grande aggregazione ricreativa. Le caratteristiche “baracche” a ridosso della riva, con i relativi “Balansòn” (grandi reti da pesca sospese sul fiume e manovrate con argani) permettevano spensierate giornate di riposo a base di chiacchiere, pesce fritto, qualche fetta di “gentile” (il tipico salame insaccato in spessi budelli) e buon lambrusco o malvasia locale.
A Gramignazzo è possibile notare la “Fornace”, un’antica fabbrica di laterizi risalente al 1882 la cui ciminiera svetta sull'orizzonte del paese. L’abbondanza di argilla e la facilità di collegamento, anche fluviale, diedero un forte impulso alla locale fabbricazione di laterizi. Dai forni di Gramignazzo uscirono i mattoni usati per la costruzione del campanile di San Marco a Venezia.
L’edificio, recentemente acquistato da un gruppo di “gramignazzesi”, potrebbe a breve tornare all’antico splendore, quale centro ricreativo e culturale.
Sempre su carraia sfioriamo l'abitato dal quale spunta il castello dedicato appunto a...Bianca. Anche questo maniero merita una visita....vedete voi. Il paesaggio fluviale assume ora contorni misteriosi....Prima un piccolo cimitero semi abbandonato, poi una chiesetta semi distrutta nel golenale, portano la mente ai racconti guareschiani più struggenti e commoventi...Chiudendo gli occhi è probabile rivedere Don Camillo e Peppone in bicicletta....o la vecchia maestra....
...la chiesina ... era mal ridotta veramente.
I muri e le volte reggevano bene, ma il tetto pareva un colabrodo, l’intonaco mancava quasi completamente, il pavimento era sconnesso, le panche andavano sfasciandosi... ( Guareschi)
Fontanelle è li.
A Fontanelle è nato Giovannino....e a Fontanelle c'è uno splendido museo a lui dedicato. Veramente bello.
Costeggiamo ora lo Stirone che qui va a sfociare in Taro (comincia a filare il tutto?). Ora il percorso si complica, ci sono da scavalcare diversi affluenti del Taro. Inizia così un curioso avanti e indietro....
Il terreno inghiaiato costringe il biker a mantenere concentrazione e pedalata. Le immagini che appaiono sembrano uscite da film...eppure è tutto attuale....
Spingendo sui pedali si rientra velocemente a San Secondo....Pizzerie, ristoranti, pasticcerie sono lieti di ospitare gli affamati. I caratteristici portici di San Secondo offrono riparo e ospitalità. La classica cadenza del dialetto ci ricorda simpaticamente, la nebbia, la spalla cotta, e la fortana...
Come si fa a non reintegrare le energie disperse?
a questo indirizzo potete guardare il filmato del percorso
come giovannino.wmv - YouTube
Allora? che fare?
Propongo agli amici una facile escursione alla bassa.
Certamente non ha la valenza di un duro percorso montano, ma....ma ha un suo fascino. Il fascino della terra delle nebbia, del culatello....
Propongo una escursione nella terra di Giovannino Guareschi, la terra dove si fa festa al maiale..
Giusto in queste domeniche novembrine nei paesi della bassa bassa si tiene la serie di feste del November Porc.... Perchè allora non andare a pedalare da quelle parti?
Propongo così una serie di pezzi che ho composto qualche tempo fa a tal proposito...
Un pò di riflessioni e qualche notizia riguardanti il percorso.
A chi fosse interessato posso inviare anche il file gpx del percorso. detto file si può trovare e scaricare anche dalla sezione itinerari di mtb forum.
per allenarmi un po’, ho inforcato la mia MTB ….
Pedalando pedalando….ho raggiunto i campi vicino al paese…poi percorrendo una carraia ho raggiunto l’argine de Taro ..il nostro fiume…
Porca miseria ..La ruota è già a terra….
Bucata..
Fa niente….mi armo di pazienza …smonto la ruota , tolgo la camera d’aria bucata, rimetto la nuova, chiudo, gonfio, rimetto su la ruota….tutto ok…ma…
Alzo la testa e mi fermo a guardare attorno….
Ormai al tramonto, col sole che rosseggia nell’umidità estiva della pianura padana, i campi color oro, i campi di grano, brillano oltremodo….
Giugno che sei maturità dell’anno….di te ringrazio Dio…….Doni all’uomo il pane….alle femmine l’oro…
Nei campi forte il rumore delle Mieti/trebbia (meda_e_bata in dialetto)….il frumento fagocitato in breve da queste grandi macchine….
Un solo uomo a mietere in poche ore biolche e biolche di frumento….
In un solo istante mi passano davanti agli occhi, mi risuonano nelle orecchie, i racconti della mia bisnonna…..la Rosina…..quando mi raccontava della “sua“ mietitura….
…………Il solstizio d’estate…festa pagana…della fecondità della terra… diventata poi San Giovanni. festa cristiana….
Per San Giovanni, qui da noi, novelli discendenti di antiche popolazioni celtiche, si fa ancora festa, si mangiano i tortelli e si prende ancora “la rosaeda” (rugiada)…
Allora, quando si mieteva a mano….era festa grande….
Tutta la corte, donne, uomini, bambini, vecchi, ne prendevano parte….
Il tutto cominciava con la mietitura, a mano, col falcetto (la misora) si legava e si facevano i covoni (covon) poi col sole ancora alto donne e bambini, col “culo” per aria andavano a spigolare.…che allora il padrone ne donava una parte agli spigolatori…..
Poi si portava tutto nell’aia…nella corte…li c’era la “machina da batar” che separava il frumento dalla paglia…
Un enorme via vai di gente animava la corte….
Chi alimentava la macchina, chi spostava i sacchi, chi spostava la paglia, chi portava i sacchi su fino in solaio ..sacchi da 100 kg!! I bambini più piccoli, a piedi nudi ..sporchi e impolverati a guardare la grande macchina che sbuffava, cigolava, rombava, con le braccia (le legatrici) che andavano su e giù…..
Ogni tanto il fattore portava da bere ai lavoranti…il vino rosso, ma nn quello buono, portava “ al mezs ven” vino di torchiatura allungato con acqua, che dissetava di più….(le braccia e le gambe che faticavano avevano grande bisogno di energia e sali minerali...e non c’era il Gatorade...)
Le Reszdore in casa a preparare da mangiare…
A mezzogiorno la sosta per il pranzo…
Tutti si era in piedi dall’alba…. Il lavoro duro…la fame tanta….
Grandi tegame di pasta asciutta e pane, sulla enorme tavolata sull’aia, all’ombra….si perché allora “al sol al piciaeva da bon” (il sole batteva davvero)
Nell’ora più calda la gente riposava un po’…..
Gli uomini lavorano per giorni , come bestie, col vino diventavano irrequieti….allora le ragazze…andavano a tenere calmi…i ragazzoni della macchina…..
Poi la macchina riprendeva il suo sbuffare fino a sera, “fin ca s’gh’e vdeva”
E a notte, dopo una lavata nell’ “erbi” si metteva la camicia bianca, i pantaloni puliti, le scarpe buone, e si faceva festa grande…con i tortelli, la carne, le torte…il vino buono….
Il rito del frumento, della fertilità della terra, stava per arrivare al suo culmine….
Nella grande corte venivano accesi grandi falò per illuminare, l’orchestrina strimpellava qualche valzer, mazurca….nonostante il duro lavoro del giorno si ballava si ballava…..
Le ragazze sceglievano il loro uomo…in quel rito dal sapore pagano di una società matriarcale.. finita da secoli.
All’alba le giovani donne sarebbero tornate con “la scosalèta” bagnata e “strafogna”
I ragazzi, con la “camisa spigaszenta”…felici, stanchi….pronti per un’altra giornata di duro lavoro…
Nei campi…
Molti sarebbero andati direttamente nella stalla….( a ghè la vaca da monszar) altri sarebbero tornati a fare i muratori.…altri ..niente fino alla prossima chiamata del caporale..
Nelle corti si rimette tutto a posto ….le galline possono tornare libere di “raspare” nel cortile….
Il maiale avrebbe fatto festa…ma ancora per poco….
I buoi indifferenti continuano a ruminare………………………
Accidenti si fa tardi….devo andare
Altrimenti addio allenamento….
Vai pedala…………………….
Mi ritrovo ad ammirare, a commuovermi, guardando, con occhi diversi questa mia terra, fertile e generosa, ma piatta....ma piatta....dove l’argine del Taro rappresenta la massima salita.......
Eppure sono qui su questo argine a faticare, a spingere sui pedali della mia MTB, a sudare fra sassi, “razse”, erba alta...e pensare ...
Mi piacerebbe far conoscere la mia terra, il mio fiume, le nostre tradizioni, i nostri monumenti, a tutti quelli hanno voglia di guardarsi attorno con occhi curiosi, con la voglia di pedalare un pò......
«Dicono che la Bassa sia piatta: ma non è vero. dicono che sia il luogo del silenzio: e neppure questo è vero». È solcata da «canali, carrarecce, strade bianche, casali, argini, terre di golena: tutta roba matta che si ingegna ad affaticare il respiro del camminatore più robusto».
(Guareschi)
“Laggiù, verso il grande fiume, la terra è buona non solo per frumento, meliga,
pomodoro, bietole eccetera, ma anche per far mattoni. Terra dura, compatta: e
i mattoni sono grevi ma suonano come campane....... A due o tre chilometri dal
paese c’era la fornace di Dino Caratti, una vecchia fornace che dava da lavorare
a una cinquantina di persone.......”.
(Guareschi)
Giovannino... già! Giovannino...
proprio lui, il testardo, sanguigno, uomo della bassa.
Uno degli scrittori italiani più letti e tradotti nel mondo (solo nelle scuole italiane non si sono mai letti i suoi libri...ma è un discorso lungo e difficile).
Già! Guareschi, proprio lui ha caratterizzato la bassa attraverso i suoi personaggi più famosi: Peppone e Don Camillo. La cinematografia ha trasportato le situazioni nel reggiano, in quel di Brescello....ma la realtà dei libri è decisamente ambientata e caratterizzata nella nostra nebbiosa bassa....la dove i due grandi fiumi della nostra bassa (Po e Taro) uniscono le loro acque e le loro nebbie più fitte.
Ho abitato per 15 anni a Trecasali, e da quando ho cominciato ad andare in mtb, il percorso che vado a descrivere è stato una palestra divertente. Per qualche tempo ho pedalato questi 40 km con il puro spirito del ciclista. Poi, invecchiando, ho rallentato i ritmi...e ho iniziato a guardarmi attorno...ho ricominciato a "respirare" l'aria della mia "bassa". Ho sentito mio ogni metro di argine....
Ogni volta riprendevo un pò di me stesso...sentivo dentro l'anima pugnace e nervosa di Giovannino...ogni volta capivo meglio i miei colleghi nativi della "bassa bassa".
Sensazione stupenda.
Il tracciato.
Anche se io sono sempre partito da Trecasali, ho pensato di piazzare il punto di partenza a San Secondo. Davanti alla Rocca dei Rossi.
Diciamo che vale la pena di perdere un pò di tempo per una bella visita(magari alla fine del giro). Penso che San Secondo sia la "capitale" della bassa. Dalla Rocca dei Rossi, seguendo una nuova e pregevole pista ciclabile arriviamo fin sull'argine del Fiume Taro, uno tra i più importanti affluenti di destra del Po.
Lungo circa 125 km e con un bacino che si aggira sui 1500 km/q, il Taro, pur essendo classificato tra i fiumi, rispecchia quasi tutte le caratteristiche del torrente. Come indica il suo nome (etimologicamente "precipitoso, veloce"), il corso del Taro è caratterizzato da un primo tratto in cui le acque scorrono veloci a causa dell'elevata pendenza (l'altitudine massima del bacino è di m 1.831 s.l.m.), con conseguente trasporto a valle di ciottoli e detriti ed erosione del terreno.
All'altezza di Fornovo - Medesano, il Fiume rallenta la sua corsa e deposita il materiale solido, tanto che il greto, ora molto più ampio, è caratterizzato da una notevole quantità di ghiaia e ciottoli. Questi ultimi sono tra gli elementi più caratteristici del Fiume: diversi per forme e per colori, un tempo venivano usati dalla gente locale per la costruzione di case e muretti di recinzione.
A causa della diminuzione della pendenza e quindi della velocità, a questa altezza il letto del fiume si fa più permeabile e una parte dell'acqua si infiltra nel terreno per alimentare le falde acquifere della zona.
A Nord della Via Emilia, il Taro restringe ancora il suo alveo tanto che, in alcuni punti, sembra ridursi a un vero e proprio canale, incassato in una stretta trincea scavata nella pianura. Dopo il Comune di San Secondo e quello di Trecasali, il Fiume attraversa Sissa dove in un punto protetto da una flora rigogliosa, il Taro e il Po si incontrano, dando vita a uno scenario molto suggestivo.
Con una manovra complicata a causa di una proprietà privata scorbutica con cani nervosi, passiamo sotto al ponte sul Taro e, dopo aver attraversato la strada assai trafficata, scavalchiamo il fiume e, sempre per ciclabile asfaltata mi dirigo verso Trecasali.
Dall'alto dell'argine lo sguardo spazia per la campagna fin dove la foschia sempre presente lascia correre l'occhio. La possente sagoma del complesso industriale ex Eridania campeggia sul fondo. Dalla parte opposta lo stretto alveo del fiume con la foresta fluviale disordinata spesso infestata da preoccupanti sacchetti di plastica multicolori, lasciati dalle piene. Appare anche la sagoma della cinquecentesca "Baronessa" nelle campagne di S.Quirico. Si pedala svelti, mentre il Taro inizia il valzer delle anse. Da Trecasali al Po la strada è veramente poca, ma il Taro si prende tempo e terra, e aumenta a dismisura la distanza, come non avesse voglia di finire la sua corsa. Poco prima di Sissa finisce l'asfalto e comincia una carraia ben pedalabile.
Ci si inoltra nella campagna, le colture la fanno da padrona, mentre, tortuoso, tranquillo, il fiume scorre pigro. Nei pressi di Palasone l'ansa del Taro crea uno degli "isoloni" .
Nell'area golenale ampi campi coltivati punteggiati di antiche fattorie ormai abbandonate. Dopo la piena e l'alluvione dell'82 queste fattorie vennero fatte sgomberare.
Ora sono solo depositi di materiali e fieno. Ci si può spingere all'interno di queste golene per immergersi nella campagna più intensa. Passiamo a fianco del santuario della Madonna delle Spine.
Ancora un altro isolone, il più grande. Qui il fiume ha preso una scorciatoia....si è stufato di fare tutto l'ampio giro, e ha tagliato....e ha veramente creato un isolone.
Ora l'uomo ha ricostruito un istmo fragile per passare di la e imporre al fiume il corso classico...Sono sicuro che alla prossima piena....
A Gramignazzo attraversiamo su asfalto il "ponte del Diavolo". Questo ponte divenne la bestia nera degli aerei alleati che tentarono inutilmente di distruggerlo. Siamo ormai in territorio di Roccabianca.
A Gramignazzo esiste l’unico via di collegamento fra il territorio di Sissa e quello della vicina Roccabianca. Fino agli anni Trenta i collegamenti fra le due sponde erano assicurati da servizi di traghettamento a fune situati principalmente a Borgonovo. Nel 1936, con l’inaugurazione del ponte di Gramignazzo, sono notevolmente migliorate le relazioni fra i due vicini territori che per dirla con le parole di Giovannino Guareschi distavano “a un tiro di schioppo” ma il lungo isolamento è ancor oggi evidente nella sostanziale diversità dei dialetti parlati sulle due opposte rive del Taro.
Il ponte a tre campate, sormontate da altrettante arcate, durante l’ultimo conflitto bellico, prese il nome di “Ponte del Diavolo” per la sua resistenza ai ripetuti bombardamenti.
Fino a un decennio fa, in prossimità del ponte, il fiume Taro era centro di grande aggregazione ricreativa. Le caratteristiche “baracche” a ridosso della riva, con i relativi “Balansòn” (grandi reti da pesca sospese sul fiume e manovrate con argani) permettevano spensierate giornate di riposo a base di chiacchiere, pesce fritto, qualche fetta di “gentile” (il tipico salame insaccato in spessi budelli) e buon lambrusco o malvasia locale.
A Gramignazzo è possibile notare la “Fornace”, un’antica fabbrica di laterizi risalente al 1882 la cui ciminiera svetta sull'orizzonte del paese. L’abbondanza di argilla e la facilità di collegamento, anche fluviale, diedero un forte impulso alla locale fabbricazione di laterizi. Dai forni di Gramignazzo uscirono i mattoni usati per la costruzione del campanile di San Marco a Venezia.
L’edificio, recentemente acquistato da un gruppo di “gramignazzesi”, potrebbe a breve tornare all’antico splendore, quale centro ricreativo e culturale.
Sempre su carraia sfioriamo l'abitato dal quale spunta il castello dedicato appunto a...Bianca. Anche questo maniero merita una visita....vedete voi. Il paesaggio fluviale assume ora contorni misteriosi....Prima un piccolo cimitero semi abbandonato, poi una chiesetta semi distrutta nel golenale, portano la mente ai racconti guareschiani più struggenti e commoventi...Chiudendo gli occhi è probabile rivedere Don Camillo e Peppone in bicicletta....o la vecchia maestra....
...la chiesina ... era mal ridotta veramente.
I muri e le volte reggevano bene, ma il tetto pareva un colabrodo, l’intonaco mancava quasi completamente, il pavimento era sconnesso, le panche andavano sfasciandosi... ( Guareschi)
Fontanelle è li.
A Fontanelle è nato Giovannino....e a Fontanelle c'è uno splendido museo a lui dedicato. Veramente bello.
Costeggiamo ora lo Stirone che qui va a sfociare in Taro (comincia a filare il tutto?). Ora il percorso si complica, ci sono da scavalcare diversi affluenti del Taro. Inizia così un curioso avanti e indietro....
Il terreno inghiaiato costringe il biker a mantenere concentrazione e pedalata. Le immagini che appaiono sembrano uscite da film...eppure è tutto attuale....
Spingendo sui pedali si rientra velocemente a San Secondo....Pizzerie, ristoranti, pasticcerie sono lieti di ospitare gli affamati. I caratteristici portici di San Secondo offrono riparo e ospitalità. La classica cadenza del dialetto ci ricorda simpaticamente, la nebbia, la spalla cotta, e la fortana...
Come si fa a non reintegrare le energie disperse?
a questo indirizzo potete guardare il filmato del percorso
come giovannino.wmv - YouTube