Che piacere sublime ed irresistibile dà l'esplorazione.
Una pulsione primitiva che spinge a ficcare in naso nell'ignoto, apprezzando ogni piccola cosa inaspettata o la conferma di quanto immaginato.
Ma non sempre si ha fortuna; e questa domenica è stato uno di quei casi.
Le precedenti numerose incursioni sulla sponda occidentale dell'Alto Verbano avevano dato grosse soddisfazioni, sia per quanto riguarda i sentieri manutenuti, sia quelli abbandonati da almeno un secolo, scoperti per caso.
Panorami stupendi, antiche mulattiere, bei boschi di faggi e castagni.
Ma... sull'altra sponda? non è lontano, eppure non conosco nulla.
Di qua è così bello e ricco di opzioni divertenti, anche di là ci sarà qualcosa di intrigante, no?
Faccio un collage di mappe svizzere, le georeferenzio in googleearth, guardo le foto su panoramio e traccio un percorso plausibile da seguire, come al solito.
Il meteo non è dei migliori. Peccato, perché il panorama sarebbe stato eccezionale.
Partiamo con calma alle 9e30 da Caldè, frazione di Castelveccana (VA), dopo che Burden fa l'ambulante con mercanzia varia taglia XL. Ihih.
Il grande ritorno di Yura, dopo il crack al ginoccio di ottobre e la pirlaggine media della combricola ci fa ridere da subito.
L'ipotesi di raggiungere Porto Valtravaglia sul lungolago viene subito cassata da un cancello chiuso. Seguiamo quindi la traccia preparata e tra stradine e sterrate arriviamo ad imboccare una delle strade militari della Linea Cadorna che sale decisa verso il Monte Pian Nave.
ph by Burden
Rimango sempre affascinato da quelle opere mirabili del genio militare, che fortunatamente qua non hanno conosciuto le bombe della Grande Guerra, ma "solo" i rastrellamenti della Seconda.
Un tornante dopo l'altro raggiungiamo la strada che porta a San Michele. Si mette a piovere. Teniamo fede al programma e sulla strada viscida di pioggia e foglie bagnate raggiungiamo il Pian Nave, col suo laghetto ancora un po' gelato.
ph by Burden
Pochi minuti a spinta e siamo in cima al Monte 1058m. Smette di piovere.
Nonostante l'inizio tutt'altro che piacevole del sentiero, decidiamo di attenerci ancora una volta al programma e scendiamo da dove avevo tracciato.
Subito un gradone di quasi due metri, da cui dobbiamo calare le bici, introduce ad una serie di piccole radure molto pendenti (con prato fradicio e viscido), sulle quali il sentiero non c'è, ma i segni bianco-rossi sugli alberi riescono a guidarci fino ad un altro sentiero pianeggiante, dove finalmente si può pedalare tranquilli.
ph by Burden
Al tratto pianeggiante segue un entusiasmante sentierino nella pineta, che ci fa godere e pregustare (erroneamente) una prosecuzione dello stesso genere.
ph by Burden
Il panorama sarebbe grandioso, ma non è la giornata ideale...
Pranziamo davanti alla chiesetta romanica di San Michele (XI sec), che possiede un pregevole ciclo di affreschi quattrocenteschi.
Il sentiero che dovrebbe proseguire oltre, in piano... non c'è. Finisce in un alpeggio.
Optiamo per risalire per l'asfalto e intercettarlo da sopra.
Ci divertiamo a scendere abbastanza free nella boscaglia, in quanto il sentiero è spesso ostruito da alberi e rami, messi lì di traverso appositamente per intralciare il passaggio. Dai solchi profondi, sotto il manto di foglie, si può pensare che fino alla scorsa stagione passassero di lì le moto da enduro.
Perso un bivio, che avremmo dovuto prendere per la deviazione sull'itinerario originale che avevamo concordato in loco, scendiamo sulla traccia prestabilita. E' un sentiero abbandonato, molto ripido, con tornantini stretti e alcuni passaggi esposti.
Con un po' di pulizia sarebbe un'ottima discesa vert.
ph by Burden
Arrivati al tratturo "facile", ci tuffiamo nella pineta free zigzagando tra i cumuli di rami ammucchiati dai taglialegna e... ovviamente infognandoci in una roggia. Caliamo ancora una volta la bici e in breve sbuchiamo sull'asfalto (Biogno 466m).
Allegri, benché il sentiero non fosse stato del tutto praticabile, ci dividiamo.
Yura, Burden, Giorgio e Turi optano per un rientro a casa anticipato. Insistiamo, ma niente: vanno via. Bella compagnia divertente. Peccato separarci.
Io e Va Pian invece ricominciamo a salire.
Incontriamo un ragazzo, "boscaiolo indigeno", che si stupisce di dove siamo scesi, perché non sapeva dell'esistenza di quel sentiero, nonostante girasse per quei boschi da sempre. Approfittiamo però per chiedergli alcune info sugli altri sentieri che vorremmo percorrere. In particolare su uno che in mappa sembra molto ripido. "Si fa tutta... c'è una frana, ma portate in spalla la bici solo 100m... vi divertite con quelle curve strette nella parte bassa..."
Bene. Molto bene.
Il cielo è grigio, ma non piange.
Saliamo di buon passo. Gli scorci sul lago sarebbero stupendi se la luce fosse un'altra. Il bosco molto fitto lascerebbe vedere poco se si tardasse a tornare in quei posti, nella bella stagione.
Anche questa strada è un'opera militare della Linea Cadorna, ma è stata asfaltata.
Giungiamo alla Capanna Adamoli 970m , dove una bella cioccolata calda ci ristora.
Prima di buttarci a capofitto sulla discesa, facciamo una capatina al punto panoramico più spettacolare del Verbano Orientale, poco sotto al Pizzo Cuvignone. Il clima non è adatto ad apprezzare lo spettacolo, ma con un po' d'immaginazione...
Sono le 16e30 "Mezz'ora e siam giù, così possiamo andare a Vararo a comprare il formaggio di capra".
Le ultime parole famose...
Il sentiero serpeggia ripido e scorrevole su una piccola cresta. E' divertente e con scorci meravigliosi sul lago. Dobbiamo tornarci assolutamente col sole.
Va Pian apre la strada, visto che oggi è più in giornata di me.
Ad un certo punto i segni bianco-rossi ci portano a destra su un sentiero sottile e coperto di foglie su uno strapiombo vertiginoso.
Orcu boia.
Da quel momento si va con la bici per mano, con una forte preoccupazione ad ogni passo, dovuta all'inconsistenza del fondo nascosto dalle foglie sull'orlo dello strapiombo.
Ecco la frana. Come ci aveva annunciato il boscaiolo.
Nessuno l'ha mai attraversata. La terra sembra appena caduta. Non è per niente stabilizzata. Sembra partire da un centinaio di metri più in alto e a 50m più in basso fa un salto di altri 100 metri almeno. Cazzo.
Va Pian osa attraversare la frana per cercare un'ombra di sentiero oltre. Non sembra esserci niente. Non faccio in tempo a dire "torniamo indietro a cercare altri segni", che lui ha già fatto un passo sul conoide franoso sospeso su un tronco di traverso. La terra non ha molta voglia di di compattarsi sotto i suoi piedi. Ho il cuore in gola. Alcuni sassolini e terra molle vanno giù. Fottutamente giù. Un ammonimento inequivocabile.
Va Pian è già oltre, per esplorare un po' il versante opposto e cercare qualche traccia. Avvista subito un altro segno bianco-rosso: c'è da attraversare la frana due volte quindi, perché evidentemente il sentiero avrebbe fatto una curva in quel canalone.
Ma porc.
Fiduciosi per le parole del boscaiolo, che oltre a 100m di bici in spalla per la frana, saremmo potuti proseguire in sella per tutto il percorso, andiamo.
I pochi passi sulla frana sono da infarto. Dove i 70kg di Va Pian si erano appoggiati, s'era fatto un gradinetto che ha avuto un cedimento, fortunatamente di pochi centimetri, quando i miei quasi 100kg + bici si sono appoggiati sopra. Sassi che rotolano sullo scivolo e fanno il salto... cazzo che paura.
calare la bici di fianco alla frana non è facile per niente, perché la roccia calcarea è friabile, si stacca a blocchetti. La terra è molle. Le suole lisce e sporche di terra. Il burrone sotto di noi.
L'assenza di affidabilità del piede sul terreno per i miei scarponcini troppo consumati (le Five Ten Camp Four oggi non dovevo lasciarle a casa) mi fanno sudare freddo (anzi caldo, visto che mi ero coperto bene per la discesa finale). Allargando il braccio verso valle si aveva un verticale di 2,5-3 metri. E' ripido. E poi c'è il salto sullo strapiombo. Se scivolo muoio.
Ma quando finisce 'sto tratto? Quando torna il sentiero praticabile?! I boscaiolo aveva detto...
Dopo un po' che ci caliamo, senza mai appigli per le mani, guardo la quota e siamo ancora a 700m. Dobbiamo arrivare a 200m e sono le 17e10.
il "sentiero"
il "sentiero"
Da quel momento in poi, per altri 45 minuti almeno, abbiamo rischiato di finir giù ad ogni passo.
Ogni 30cm calavamo giù la bici, cercavamo un appoggio per un piede, poi per l'altro, spostando qualche foglia, saggiando la consistenza del terreno friabilissimo... Poi un altro passo. E così via.
Ogni tanto qualche sasso rotolava a valle prendendo subito una gran velocità e senza vedere poi dove si fermasse. Io che ero sopra dovevo stare attendo a muovermi soltanto quando non c'era in traiettoria Va Pian.
I segni bianco-rossi ogni tanto si vedevano. Ma il sentiero non era neanche pedonale. E neppure gli animali erano passati di lì.
Difficile procedere. Difficile orientarsi. Luce grigia e tramonto prossimo. Tensione altissima.
Va Pian scivola. Per fortuna nell'unico punto in cui la cosa non aveva un risultato letale quasi automatico.
Più in basso finalmente le pendenza diminuiscono e riusciamo a fare brevissimi tratti in sella. Il terreno scappa via sotto le
ruote. Meglio ancora fare a piedi ancora un po'.
Infine riusciamo a fare 200m in sella e sbuchiamo sopra un alpeggio, che avevamo come riferimento fin dall'inizio.
Mondo porco. Fanculo. Siamo vivi. Siamo fuori prima che faccia buio.
Per fortuna non s'è messo a piovere o saremmo stati ancora più nei guai.
Non posso immaginare cosa avrebbe comportato scendere con le
scarpe impastate di terra umida, cascate di fango e sassi..
si intravedono le pareti da cui siamo scesi
Crediamo sia finita la sventura.
In mappa ci sono molte soluzioni per raggiungere il lago su sentieri. Seguiamo una mulattiera tra gli alpeggi, dove all'inizio è evidente un segno bianco-rosso.
Alla fine dei pascoli percorriamo tutto il perimetro del bosco alla ricerca di un segno bianco-rosso o di un accenno di sentiero. Niente.
Vaghiamo come anime in pena. Su e giù. Destra e sinistra... niente. Nessuna delle opzioni mappate è agibile.
Torniamo alla strada sterrata dove avevamo visto l'ultimo segnavia. Niente. Non c'è soluzione. Dobbiamo seguire la strada.
Dopo poco diventa asfaltata e incontriamo un incrocio con altri segnavia. Una freccia gialla indica per Caldè. Perfetto. In mappa c'è, va bene. La strada è senza uscita: muore nei campi dopo aver perso quota.
Ma non è possibile!!!
Risalgo un po' fino alla prima casa con le luci accese e citofono. Il sentiero lì dev'esserci! Dopo un po' di titubanza s'affaccia una signora alla finestra e mi conferma che lì c'è un sentiero "percoso da molti" ma lei non l'ha mai fatto. Sum a post.
Ci buttiamo nel fosso ri-scavato di fianco ad un campo appena arato, perché è l'unica soluzione. Un groviglio di rami tagliati e buttati lì ostruisce il passaggio sul sentiero.
Va Pian avvista addirittura una traccia di gomme di bici. Allora è giusto! bene. Giù allora a manetta tra foglie e boccioni smossi. Sembra il letto di un torrente più che un sentiero, con qualche albero riverso per rendere tutto più simpatico. Una passeggiata da pensionati confronto a quanto affrontato poco prima.
Basta.
Siamo vivi.
18e11 arriviamo alla macchina. Io sono ancora molto scosso. Ancora più che stanco.
"oltre alla frana è tutto fattibile..." seeeee... pensiamo che oltra alla frana non sia mai andato. Li mortacci!
Sono molto contento di come sia finita. Era troppo facile che andasse peggio. Troppo.
Per fortuna non ero da solo.
Per fortuna la combricola era andata a casa.
Per fortuna ero con Va Pian, che è bravissimo, in gamba e "mistico".
Per fortuna non siamo precipitati.
Per fortuna non s'è messo a piovere di nuovo.
Per fortuna siamo arrivati alla macchina prima che facesse buio.
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Oggi, lunedì, sono stato ancora sulle mie, con le immagini dei sassi che spariscono nel burrone.
E oggi ho realizzato un'altra cosa...
Abbiamo fatto un errore da principianti: non abbiamo guardato l'altimetro al momento del bivio perso.
Vedendo i segni bianco-rossi e incontrando la frana come descritto dal boscaiolo, eravamo convinti di essere sul sentiero giusto. Invece...
Bastava vedere la quota in cui abbiamo preso la deviazione esposta, a destra, per renderci conto che invece avremmo dovuto cercare meglio e proseguire sulla crestina.
Visto che dopo un po' che scendevamo sotto la frana eravamo ancora a 720m (momento in cui ho guardato l'altimetro per capire quanto mancasse), significa che abbiamo preso una deviazione verso gli 800m. Sulla mappa invece si poteva leggere che il sentiero sulla cresta non deviava a destra fino a circa 530m. Abbiamo anticipato la svolta di circa 300m (di dislivello), andando a collegarci ad un sentiero che sulla mappa svizzera si vede che scende direttissimo dalla cima del Pizzo Cuvignone e si perde nel nulla, come effettivamente è capitato.
Cazzarola. Se non avessimo saputo che c'era una frana, che pareva un riferimento certo per indicare la retta via, ci sarebbe venuto lo scrupolo di tornare a cercare un sentiero più umano...
Vaca logia.
abbiamo abbandonato involontariamente la traccia rossa e siam passati tra le 2 zeta di "Pizzo Cuvignone", preso quel tratto di sentiero verticale tra le pareti di roccia e abbiamo proseguito su quel segno marrone (che ho disegnato io. Ok, potevo farlo fucsia...
)
png image hosting
Se il sentiero giusto prosegue come la parte alta, è veramente strafikissimo. Devo indagare. Magari telefono al rifugio del CAI là sopra e chiedo.
Morale?
Imparare dagli errori.
Il freeride a volte è più estremo di quanto vorresti millantare.
Nella disavventura ci vuole più culo che nel resto della vita.
[non quotate tutto il messaggio, please]