11 giugno 1889

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Uno dei miei giri preferiti passa sulle coline accanto ad un’edicola votiva. A volte mi fermo, perché è un
posto molto bello e tranquillo.
Sotto alla statuetta della Madonna, c’è una targa alquanto sbiadita dal tempo. Vi è scritto “A San Giusep_
Pe”, probabilmente la statua del santo è andata persa o distrutta ed al suo posto non hanno trovato di
meglio che mettere quella di sua Moglie.
Oggi ero particolarmente stanco ed ho sostato più a lungo. Ho cominciato a fantasticare sulla data appos_
ta in calce alla lapide “11 giugno 1889”; sarà stata la data dell’inaugurazione, sicuramente una domenica.
Mi sono girato ed ho notato le autorità del piccolo paese poco distante: il sindaco in prima fila con la sua redingote un po’ stazzonata e la fascia tricolore portata con orgoglio (da ex garibaldino), il prevosto che
sta officiando la messa campestre, il maresciallo dei reali carabinieri, il dottore ed il farmacista.
Fa da contorno il popolino: contadini per lo più, un po’ impacciati nel vestito della festa. Le donne sotto
braccio ai mariti ascoltano la funzione, mentre via via che ci si allontana dal centro cominciano i discorsi
sul tempo, la campagna, le morti e le nascite avvenute.
Nelle retrovie i giovanotti si pavoneggiano raccontando spacconate per impressionare le ragazze. I bam_
bini giocano venendo ogni tanto zittiti dagli adulti. Ecco, proprio di fianco all’edicola arriva un viottolo in
discesa che io amo fare a rotta di collo.
Parto da casa nel 2011 e all’inizio di questa discesa mi ritrovo nel 1889. Proprio l’11 di giugno!!
Ora mi accingo a spararmi in discesa, apro l’ammo e la forka.
Vado. Ma…..che cavolo ci fa quella folla la sotto? Comincio a frenare e la bici scodinzola come una dannata;
qualcuno si gira verso di me attirato dallo stridio dei dischi e dal rumore della ruota posteriore
che inchiodata derapa sul terreno.
Dopo un primo stupore li vedo darsi di gomito ed indicarmi ai vicini. Intanto mi sono fermato in una nuvola di polvere. Anche il prete si è interrotto.
Mi sento addosso gli occhi di tutti; il maresciallo non sa cosa fare, e forse per darsi un contegno posa la ma_
no sull’elsa della sciabola, i marmocchi cominciano a girarmi intorno ed a toccare la strana cosa con cui sono piombato in mezzo a loro.
I giovanotti mi hanno circondato, lasciando le ragazze un po’ piccate per non essere più al centro della
attenzione.
E giù domande: - ma cos’è questo affare?- , - è un velocipede- risponde uno, - me lo ha detto mio cugino di Asti, in città se ne vedono alcuni-,-e questo stantuffo a cosa serve?- chiede un altro indicando l’ammo,
-Ahi!!- strilla un bambino che ha messo il dito sul disco rovente; e viene trascinato via dalla madre.
Dopo l’iniziale sorpresa, il prevosto stizzito chiede se si può proseguire e mi fulmina con lo sguardo;
penso che qualche secolo prima mi avrebbe molto volentieri arrostito sul rogo accusandomi di stre_
goneria. Io cerco di arretrare per non interrompere la cerimonia, ma non è facile. Anche i suonatori
della banda del paese vogliono vedere la “strana cosa” e forse per questo gli inni sacri vengono con
qualche stonatura.
Decido di andarmene per non disturbare oltre.
Salto una riva di mezzo metro per riguadagnare la stradina bianca in discesa inseguito dai – guarda
che roba-, -hai visto che salto?-, -ohh-,- ahh-,- accidenti-, e mi allontano pedalando il più in fretta
possibile.
Mamma mia che sogno ad occhi aperti.
Sarà meglio che rincasi, comincia a rinfrescare.
 

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